C’erano una volta le aziende europee che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi ci sono cinesi e orientali che investono e a volte acquisiscono aziende occidentali. E ci sono anche i nuovi mercati, che hanno potenzialità spaventose.
L’ADAC, l’Automobil Club tedesco, che conta 21 milioni di iscritti, ha stretto un accordo con la Yadea, per offrire i suoi scooter elettrici ai propri associati. La Yadea? Verrebbe da fare ironia su questa azienda cinese, ma basta metterne il nome su Google, per scoprire che nel 2020 ha venduto oltre 6 milioni di scooter elettrici, ed è presente in 88 paesi del mondo. Ed ha come testimonial l'attore americano Vin Diesel, come vedete nella foto d'apertura.
Milioni di pezzi venduti, 7 stabilimenti di produzione, due reparti R&D che da soli occupano 340 persone, un totale di 3mila impiegati. La Yadea è la prima azienda ad adottare la tecnologia del grafene nelle batterie dei veicoli. E nel 2019 ha venduto oltre 173mila scooter sulle piattaforme di e-commerce.
LA NUOVA CINA CHE INVESTE IN OCCIDENTE
Ecco la faccia della Cina a noi ancora poco nota. Quella di un paese che non solo è stato capace di generare una crescita del PIL pazzesca negli anni, ma anche di emancipare una buona parte della popolazione. E oggi, dopo gli anni dell’inquinamento folle, sono molte le città cinesi dove ci sono forti limitazioni se non divieti alla circolazione dei mezzi con motori termici. Così la Cina è diventata anche il paese dove si è investito di più sull’elettrico.
Tutto questo sta continuando a cambiare il baricentro del mondo motociclistico. Che vede l’Europa sempre più in una posizione residuale. Perché se da noi si fatica ad arrivare al milione di pezzi venduti nell’anno, la Cina da sola ne fa 17-18; e altri 15 milioni di pezzi li fa l’India. Mezzi economici, certo, ma i numeri in gioco si portano comunque dietro fatturati e ricavi da capogiro. Che si trasformano nella base necessaria per investire nelle aziende occidentali.
Dieci anni fa, quando parlavamo di globalizzazione ci riferivamo alle aziende occidentali che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi invece ci troviamo di fronte ad aziende orientali che investono in Occidente.
MATTEO PAGGI: ORIENTE INTERESSATO ALLA NOSTRA INDUSTRIA MOTOCICLISTICA
Matteo Paggi si occupa di acquisizioni crossboarder, transazioni internazionali fra aziende. Ha seguito lui, ad esempio, il passaggio della Moto Morini in mani cinesi. Una laurea alla Bocconi, motociclista praticante (ha una Moto Morini Milano), a lui chiediamo di darci una fotografia dello stato della globalizzazione nel settore motociclistico.
“Il potere economico ormai è a Oriente, non c’è dubbio, ma il fatto positivo è che c’è un sempre maggior interesse nei confronti dell’industria motociclistica occidentale”.
Cosa interessa ai cinesi delle aziende europee?
“La notorietà di alcuni brand e il know-how tecnico. Può sembrare strano a noi europei, ma l’attuale presidente della Moto Morini, Mr Chen, quando abbiamo trattato l’acquisizione ha dimostrato di conoscere la storia e i trofei vinti della casa alla quale era interessato. Una cosa molto comune, i vecchi marchi hanno notorietà in Cina. Quanto al know-how tecnico, ovviamente hanno l’esigenza di colmare alcuni gap tecnologici e, avendo le risorse economiche necessarie, acquistano i marchi che hanno quel bagaglio di conoscenze. In questo modo tra l’altro acquisiscono anche personale formato e stampi”.
Il know-how a volte ce l’hanno già però. Ormai le aziende cinesi hanno acquisito marchi importanti.
“Si, ma probabilmente restano deboli su alcuni fronti. Poi a volte fanno scelte azzeccate. Come il mix della Benelli, che progetta e disegna in Italia, ma produce in Cina”.
Perché la Cina ha ancora il vantaggio della manodopera a basso costo?
“Non più come prima però, tanto che anche i cinesi stanno delocalizzando in Vietnam, e in tutto il Sud-Est asiatico. Ma non sono solo loro a produrre lì. Tutte le case stanno concentrando in quella zona gli stabilimenti per la produzione di veicoli a basso e a volte bassissimo contenuto tecnologico. Quei mezzi dal costo ridotto che però fanno numeri di vendita pazzeschi in Oriente. E quindi grossi utili. Le case si tengono su quel tipo di veicoli”.
Il fatto che il baricentro sia ormai spostato così nettamente a Oriente, dove si vendono mezzi a basso costo, non può preludere a un rallentamento della ricerca sui veicoli top di gamma?
“Sicuramente sì. Anche guardando la recente vendita della Motori Minarelli alla Fantic Motor da parte della Yamaha, la sensazione è che l’Europa sia sempre più un satellite nel panorama dell’industria e del mercato motociclistico mondiale. Le grandi case stanno spostando le produzioni fuori dall’Europa, perché è opportuno produrre dove si vende di più”.
Le aziende cinesi sono molto avanti con l’elettrico.
“L’Europa è in grave ritardo, e l’impatto sarà forte. Perché l’elettrico arriverà, e i cinesi sono leader soprattutto nella produzione di batterie”.
Ci sono stati problemi con i dazi doganali negli ultimi anni, soprattutto per la politica dell’ex presidente Trump. Cosa ne pensi?
“Che le barriere al commercio sono sempre negative. Si studia su tutti i testi. E ormai siamo in un mondo sempre più globalizzato, dove hanno ancora meno senso”.
Dunque il mondo ha un mercato che si divide grosso modo in due: da una parte gli occidentali, che producono e utilizzano moto molto raffinate. Dall’altra ci sono gli orientali, che producono e utilizzano mezzi di cilindrata ridotta e a basso contenuto tecnologico.
Questi due mondi si incontrano sotto forma di accordi economici e di partnership. L’indiana Bajaj, che oggi detiene il 48% di KTM, in passato ha avuto accordi commerciali con la Piaggio, per la quale produceva la Vespa in India, e con la Kawasaki. Oggi oltre alla casa austriaca, per la quale produce le moto dai 125 ai 390 cc, e della quale commercializza la gamma in diversi paesi asiatici, Bajaj ha un accordo commerciale con la Triumph, per produrre una nuova gamma fra i 400 e gli 800 cc.
La Honda ha avuto accordi commerciali che hanno contribuito a far crescere molte case. La prima è l’indiana Hero, che oggi produce e commercializza moto per Harley-Davidson, ma anche Kymco e Sym. TVS, che oggi produce i motori BMW G310, in passato ha prodotto su licenza Suzuki, come la Hyosung. CF Moto invece, che in Cina è un marchio premium, ha una joint venture con Pierer Industry AG (la società che detiene il 51% di KTM) per uno stabilimento di produzione da 50mila pezzi l’anno e per la distribuzione in Cina del marchio KTM.
CASE E MERCATI: I VALORI IN CAMPO
Alcuni valori in campo fra le case. La Honda, che è una vera casa globale, in un anno vende 19milioni e 280mila mezzi a due ruote. In Cina ne vende 1milione, e 1milione 140mila sono quelli che piazza in Sudamerica. In Giappone vende 170mila moto, e 340mila ne vende nell’America del Nord. 370mila le assorbiamo noi europei. Poi ci sono i paesi del Sud-Est asiatico e dell’Oceania, che assorbono… 16milioni e 250mila pezzi!
Fra le altre case citiamo Hero (5,7 milioni di pezzi), Bajaj (3,05 milioni di pezzi), TVS (2,3 milioni), Italika (800mila), Niu (580mila), Kymco (422mila), Sym(400mila). Restano le case che producono moto di prestigio. Ne citiamo qualcuna: Harley-Davidson (180mila), BMW (168mila), Benelli (63mila), Triumph (56mila), Ducati (48mila).
E ora vediamo i mercati. Cina e India da sole fanno oltre 30 milioni di pezzi. Altri 10 milioni li assorbono i paesi del Sud-Est Asiatico. Poi ci sono una serie di paesi inaspettatamente forti nel settore motociclistico. Il Pakistan significa 1,5 milioni di mezzi, e Taiwan è poco sotto il milione. Al pari dell’Europa e sopra gli Stati Uniti, che viaggiano a circa 800mila pezzi. E ci sono mercati che potrebbero esplodere a breve. Come l’Iran o la Russia.
I mercato più forti sono dunque quelli sui quali si vendono mezzi di ridotta cilindrata, a volte perché ci sono divieti specifici per le alte cilindrate, a volte perché il potere d’acquisto delle famiglie è basso. C’è spazio per le nostre aziende in questi paesi? Si, a patto di sapersi muovere.
E allora, a parte la Honda, che ha un piede dappertutto, con una linea di prodotti specifici per i differenti paesi, il caso da citare è ancora una volta quello della KTM, che con visione eccezionalmente strategica, grazie a Bajaj è entrata in paesi altrimenti irraggiungibili. Come lo Sri Lanka, che vale 300mila pezzi l’anno e che vede la Bajaj presidiarlo con un incredibile 60% delle quote. Una parte di queste, visto il limite massimo della cilindrata commercializzabile a 250 cc, è fatto dalle KTM 125 prodotte e vendute da Bajaj.
notizia da:inmoto.it
L’ADAC, l’Automobil Club tedesco, che conta 21 milioni di iscritti, ha stretto un accordo con la Yadea, per offrire i suoi scooter elettrici ai propri associati. La Yadea? Verrebbe da fare ironia su questa azienda cinese, ma basta metterne il nome su Google, per scoprire che nel 2020 ha venduto oltre 6 milioni di scooter elettrici, ed è presente in 88 paesi del mondo. Ed ha come testimonial l'attore americano Vin Diesel, come vedete nella foto d'apertura.
Milioni di pezzi venduti, 7 stabilimenti di produzione, due reparti R&D che da soli occupano 340 persone, un totale di 3mila impiegati. La Yadea è la prima azienda ad adottare la tecnologia del grafene nelle batterie dei veicoli. E nel 2019 ha venduto oltre 173mila scooter sulle piattaforme di e-commerce.
LA NUOVA CINA CHE INVESTE IN OCCIDENTE
Ecco la faccia della Cina a noi ancora poco nota. Quella di un paese che non solo è stato capace di generare una crescita del PIL pazzesca negli anni, ma anche di emancipare una buona parte della popolazione. E oggi, dopo gli anni dell’inquinamento folle, sono molte le città cinesi dove ci sono forti limitazioni se non divieti alla circolazione dei mezzi con motori termici. Così la Cina è diventata anche il paese dove si è investito di più sull’elettrico.
Tutto questo sta continuando a cambiare il baricentro del mondo motociclistico. Che vede l’Europa sempre più in una posizione residuale. Perché se da noi si fatica ad arrivare al milione di pezzi venduti nell’anno, la Cina da sola ne fa 17-18; e altri 15 milioni di pezzi li fa l’India. Mezzi economici, certo, ma i numeri in gioco si portano comunque dietro fatturati e ricavi da capogiro. Che si trasformano nella base necessaria per investire nelle aziende occidentali.
Dieci anni fa, quando parlavamo di globalizzazione ci riferivamo alle aziende occidentali che delocalizzavano la produzione in Oriente. Oggi invece ci troviamo di fronte ad aziende orientali che investono in Occidente.
MATTEO PAGGI: ORIENTE INTERESSATO ALLA NOSTRA INDUSTRIA MOTOCICLISTICA
Matteo Paggi si occupa di acquisizioni crossboarder, transazioni internazionali fra aziende. Ha seguito lui, ad esempio, il passaggio della Moto Morini in mani cinesi. Una laurea alla Bocconi, motociclista praticante (ha una Moto Morini Milano), a lui chiediamo di darci una fotografia dello stato della globalizzazione nel settore motociclistico.
“Il potere economico ormai è a Oriente, non c’è dubbio, ma il fatto positivo è che c’è un sempre maggior interesse nei confronti dell’industria motociclistica occidentale”.
Cosa interessa ai cinesi delle aziende europee?
“La notorietà di alcuni brand e il know-how tecnico. Può sembrare strano a noi europei, ma l’attuale presidente della Moto Morini, Mr Chen, quando abbiamo trattato l’acquisizione ha dimostrato di conoscere la storia e i trofei vinti della casa alla quale era interessato. Una cosa molto comune, i vecchi marchi hanno notorietà in Cina. Quanto al know-how tecnico, ovviamente hanno l’esigenza di colmare alcuni gap tecnologici e, avendo le risorse economiche necessarie, acquistano i marchi che hanno quel bagaglio di conoscenze. In questo modo tra l’altro acquisiscono anche personale formato e stampi”.
Il know-how a volte ce l’hanno già però. Ormai le aziende cinesi hanno acquisito marchi importanti.
“Si, ma probabilmente restano deboli su alcuni fronti. Poi a volte fanno scelte azzeccate. Come il mix della Benelli, che progetta e disegna in Italia, ma produce in Cina”.
Perché la Cina ha ancora il vantaggio della manodopera a basso costo?
“Non più come prima però, tanto che anche i cinesi stanno delocalizzando in Vietnam, e in tutto il Sud-Est asiatico. Ma non sono solo loro a produrre lì. Tutte le case stanno concentrando in quella zona gli stabilimenti per la produzione di veicoli a basso e a volte bassissimo contenuto tecnologico. Quei mezzi dal costo ridotto che però fanno numeri di vendita pazzeschi in Oriente. E quindi grossi utili. Le case si tengono su quel tipo di veicoli”.
Il fatto che il baricentro sia ormai spostato così nettamente a Oriente, dove si vendono mezzi a basso costo, non può preludere a un rallentamento della ricerca sui veicoli top di gamma?
“Sicuramente sì. Anche guardando la recente vendita della Motori Minarelli alla Fantic Motor da parte della Yamaha, la sensazione è che l’Europa sia sempre più un satellite nel panorama dell’industria e del mercato motociclistico mondiale. Le grandi case stanno spostando le produzioni fuori dall’Europa, perché è opportuno produrre dove si vende di più”.
Le aziende cinesi sono molto avanti con l’elettrico.
“L’Europa è in grave ritardo, e l’impatto sarà forte. Perché l’elettrico arriverà, e i cinesi sono leader soprattutto nella produzione di batterie”.
Ci sono stati problemi con i dazi doganali negli ultimi anni, soprattutto per la politica dell’ex presidente Trump. Cosa ne pensi?
“Che le barriere al commercio sono sempre negative. Si studia su tutti i testi. E ormai siamo in un mondo sempre più globalizzato, dove hanno ancora meno senso”.
Dunque il mondo ha un mercato che si divide grosso modo in due: da una parte gli occidentali, che producono e utilizzano moto molto raffinate. Dall’altra ci sono gli orientali, che producono e utilizzano mezzi di cilindrata ridotta e a basso contenuto tecnologico.
Questi due mondi si incontrano sotto forma di accordi economici e di partnership. L’indiana Bajaj, che oggi detiene il 48% di KTM, in passato ha avuto accordi commerciali con la Piaggio, per la quale produceva la Vespa in India, e con la Kawasaki. Oggi oltre alla casa austriaca, per la quale produce le moto dai 125 ai 390 cc, e della quale commercializza la gamma in diversi paesi asiatici, Bajaj ha un accordo commerciale con la Triumph, per produrre una nuova gamma fra i 400 e gli 800 cc.
La Honda ha avuto accordi commerciali che hanno contribuito a far crescere molte case. La prima è l’indiana Hero, che oggi produce e commercializza moto per Harley-Davidson, ma anche Kymco e Sym. TVS, che oggi produce i motori BMW G310, in passato ha prodotto su licenza Suzuki, come la Hyosung. CF Moto invece, che in Cina è un marchio premium, ha una joint venture con Pierer Industry AG (la società che detiene il 51% di KTM) per uno stabilimento di produzione da 50mila pezzi l’anno e per la distribuzione in Cina del marchio KTM.
CASE E MERCATI: I VALORI IN CAMPO
Alcuni valori in campo fra le case. La Honda, che è una vera casa globale, in un anno vende 19milioni e 280mila mezzi a due ruote. In Cina ne vende 1milione, e 1milione 140mila sono quelli che piazza in Sudamerica. In Giappone vende 170mila moto, e 340mila ne vende nell’America del Nord. 370mila le assorbiamo noi europei. Poi ci sono i paesi del Sud-Est asiatico e dell’Oceania, che assorbono… 16milioni e 250mila pezzi!
Fra le altre case citiamo Hero (5,7 milioni di pezzi), Bajaj (3,05 milioni di pezzi), TVS (2,3 milioni), Italika (800mila), Niu (580mila), Kymco (422mila), Sym(400mila). Restano le case che producono moto di prestigio. Ne citiamo qualcuna: Harley-Davidson (180mila), BMW (168mila), Benelli (63mila), Triumph (56mila), Ducati (48mila).
E ora vediamo i mercati. Cina e India da sole fanno oltre 30 milioni di pezzi. Altri 10 milioni li assorbono i paesi del Sud-Est Asiatico. Poi ci sono una serie di paesi inaspettatamente forti nel settore motociclistico. Il Pakistan significa 1,5 milioni di mezzi, e Taiwan è poco sotto il milione. Al pari dell’Europa e sopra gli Stati Uniti, che viaggiano a circa 800mila pezzi. E ci sono mercati che potrebbero esplodere a breve. Come l’Iran o la Russia.
I mercato più forti sono dunque quelli sui quali si vendono mezzi di ridotta cilindrata, a volte perché ci sono divieti specifici per le alte cilindrate, a volte perché il potere d’acquisto delle famiglie è basso. C’è spazio per le nostre aziende in questi paesi? Si, a patto di sapersi muovere.
E allora, a parte la Honda, che ha un piede dappertutto, con una linea di prodotti specifici per i differenti paesi, il caso da citare è ancora una volta quello della KTM, che con visione eccezionalmente strategica, grazie a Bajaj è entrata in paesi altrimenti irraggiungibili. Come lo Sri Lanka, che vale 300mila pezzi l’anno e che vede la Bajaj presidiarlo con un incredibile 60% delle quote. Una parte di queste, visto il limite massimo della cilindrata commercializzabile a 250 cc, è fatto dalle KTM 125 prodotte e vendute da Bajaj.
notizia da:inmoto.it