di Guido Meda
Il vuoto riguarda pi? la dolcezza che non l'esuberanza. Nicky Hayden non era affatto l'americano tutto show, casino, voce alta e gesti eclatanti. Anzi, nella sua vita a 300 cercava serenit? senza fare rumore. Separava gli amici veri dai conoscenti, non si metteva per forza al centro della scena e sapeva fare spazio a chi la scena la gestiva meglio di lui. Ora che non ci sono pi? le parole per spiegarsi come uno che passa la vita a correre in moto debba morire per un incidente durante un giro in bicicletta, non rimane che la necessit? di rendere giustizia alla maniera in cui Nicky Hayden aveva scelto di vivere. La semplicit? della sua famiglia, la passione schietta e avventurosa per la moto e anche la confessione cristiana a cui aderiva facevano s? che la sua fosse un'etica cos? rigorosa da farlo sembrare un pezzo antico in un mondo anche troppo moderno. Ma era per quello che veniva apprezzato. Mille ragazze? Affatto. Una, solo a patto che ne fosse innamorato, altrimenti niente. Ora c'era Jacqueline, che piange la perdita certa di un amore vero, mai buttato via nelle occasioni che l'estetica e la celebrit? gli offrivano. Seminava compostezza senza sembrare bacchettone, con simpatia, educazione e umanit? al posto giusto nel momento giusto.
Polemiche con gli avversari? Mai nessuna; neppure quando Pedrosa lo centr? in Portogallo mentre si giocava il mondiale riusc? a tenergli il muso per pi? di mezz'ora. Leggete le testimonianze dei suoi colleghi che lo piangono e troverete sobriet?. Sanno come onorarlo perch? ce l'hanno avuto vicino. E' un automatismo. Cos? come venne ricordata con sconfinata disperazione l'esplosivit? umana di Marco Simoncelli, credo che verr? ricordata con dolce ed equilibrata compostezza la figura di Nicky Hayden. Perch? erano modi diversi di essere la stessa cosa: due cari ragazzi. Non lasciatevi ingannare dai ricordi che avete dello slang sbracato del Kentucky con cui si esprimeva nelle interviste. Quelle erano solo derapate fonetiche. Era cos? che aveva imparato a parlare in America ed era cos? che mostrava di andare fiero della sua americanit?. Ma gli interessava molto pi? l'essere che l'apparire.
E' stato uno dei pochi piloti della Motogp che abbiamo visto piangere in diretta. La gioia vera e profonda, quella no che non la sapeva contenere. Pianse in mondovisione abbracciato al padre Earl quando vinse a Laguna Seca e pianse in mondovisione ancora in mezzo alla pista e a capo scoperto quando il titolo del 2006 fu suo. Ci vuole pi? coraggio a piangere a dirotto con gli occhi del mondo addosso, che non ad entrare in piega a centottanta. Lo fece con sincerit? mostrando quanto possa essere vulnerabile l'anima di un pilota della Motogp normalmente identificato come lo sportivo duro e invulnerabile per eccellenza. Non moll? mai. Non perse la pazienza nei momenti bui della sua carriera a due ruote. Non lo fece quando, con pi? di un compagno, serv? onorare il ruolo del gregario pur avendo vinto un mondiale. Dei compagni era capace di dire in conferenza stampa "Lui ? semplicemente incredibile, molto pi? bravo di me". Guardava avanti Nicky Hayden, anzi sosteneva che fermarsi a rimpiangere il passato non servisse proprio a nulla. Non moll? in alcuni momenti difficili della Ducati, non moll? quando i risultati non arrivarono pi? con la Honda. Non si consider? un reietto quando gli fu richiesto di lasciare la Motogp per la Superbike andando a guidare una moto poco competitiva. Mai un segno pubblico di dissenso a meno che non fosse strettamente necessario. Se fosse stata colpa sua nel tragico incidente di mercoled? a Misano e potesse parlare Nicky Hayden lo direbbe: "Was my fault". Se invece fosse colpa del trentenne automobilista con cui si ? scontrato e potesse sollevargli l'anima pesante lo farebbe senza pensarci un secondo: "Don't worry". Nicky Hayden era un bel ragazzo dentro e fuori, con un talento sconfinato per l'equilibrio, su ruote e nel cuore.
ADDIO NICKY
Il vuoto riguarda pi? la dolcezza che non l'esuberanza. Nicky Hayden non era affatto l'americano tutto show, casino, voce alta e gesti eclatanti. Anzi, nella sua vita a 300 cercava serenit? senza fare rumore. Separava gli amici veri dai conoscenti, non si metteva per forza al centro della scena e sapeva fare spazio a chi la scena la gestiva meglio di lui. Ora che non ci sono pi? le parole per spiegarsi come uno che passa la vita a correre in moto debba morire per un incidente durante un giro in bicicletta, non rimane che la necessit? di rendere giustizia alla maniera in cui Nicky Hayden aveva scelto di vivere. La semplicit? della sua famiglia, la passione schietta e avventurosa per la moto e anche la confessione cristiana a cui aderiva facevano s? che la sua fosse un'etica cos? rigorosa da farlo sembrare un pezzo antico in un mondo anche troppo moderno. Ma era per quello che veniva apprezzato. Mille ragazze? Affatto. Una, solo a patto che ne fosse innamorato, altrimenti niente. Ora c'era Jacqueline, che piange la perdita certa di un amore vero, mai buttato via nelle occasioni che l'estetica e la celebrit? gli offrivano. Seminava compostezza senza sembrare bacchettone, con simpatia, educazione e umanit? al posto giusto nel momento giusto.
Polemiche con gli avversari? Mai nessuna; neppure quando Pedrosa lo centr? in Portogallo mentre si giocava il mondiale riusc? a tenergli il muso per pi? di mezz'ora. Leggete le testimonianze dei suoi colleghi che lo piangono e troverete sobriet?. Sanno come onorarlo perch? ce l'hanno avuto vicino. E' un automatismo. Cos? come venne ricordata con sconfinata disperazione l'esplosivit? umana di Marco Simoncelli, credo che verr? ricordata con dolce ed equilibrata compostezza la figura di Nicky Hayden. Perch? erano modi diversi di essere la stessa cosa: due cari ragazzi. Non lasciatevi ingannare dai ricordi che avete dello slang sbracato del Kentucky con cui si esprimeva nelle interviste. Quelle erano solo derapate fonetiche. Era cos? che aveva imparato a parlare in America ed era cos? che mostrava di andare fiero della sua americanit?. Ma gli interessava molto pi? l'essere che l'apparire.
E' stato uno dei pochi piloti della Motogp che abbiamo visto piangere in diretta. La gioia vera e profonda, quella no che non la sapeva contenere. Pianse in mondovisione abbracciato al padre Earl quando vinse a Laguna Seca e pianse in mondovisione ancora in mezzo alla pista e a capo scoperto quando il titolo del 2006 fu suo. Ci vuole pi? coraggio a piangere a dirotto con gli occhi del mondo addosso, che non ad entrare in piega a centottanta. Lo fece con sincerit? mostrando quanto possa essere vulnerabile l'anima di un pilota della Motogp normalmente identificato come lo sportivo duro e invulnerabile per eccellenza. Non moll? mai. Non perse la pazienza nei momenti bui della sua carriera a due ruote. Non lo fece quando, con pi? di un compagno, serv? onorare il ruolo del gregario pur avendo vinto un mondiale. Dei compagni era capace di dire in conferenza stampa "Lui ? semplicemente incredibile, molto pi? bravo di me". Guardava avanti Nicky Hayden, anzi sosteneva che fermarsi a rimpiangere il passato non servisse proprio a nulla. Non moll? in alcuni momenti difficili della Ducati, non moll? quando i risultati non arrivarono pi? con la Honda. Non si consider? un reietto quando gli fu richiesto di lasciare la Motogp per la Superbike andando a guidare una moto poco competitiva. Mai un segno pubblico di dissenso a meno che non fosse strettamente necessario. Se fosse stata colpa sua nel tragico incidente di mercoled? a Misano e potesse parlare Nicky Hayden lo direbbe: "Was my fault". Se invece fosse colpa del trentenne automobilista con cui si ? scontrato e potesse sollevargli l'anima pesante lo farebbe senza pensarci un secondo: "Don't worry". Nicky Hayden era un bel ragazzo dentro e fuori, con un talento sconfinato per l'equilibrio, su ruote e nel cuore.
ADDIO NICKY
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