da gpone
Accovacciati nell'erba, con lo sguardo nel teleobiettivo, li si poteva sentire arrivare da lontano. L'urlo delle 500 due tempi saliva rapido, con la successione dei cambi di marcia fino a stabilizzarsi in un forte ronzio da calabrone incazzato il cui improvviso silenzio preavvisa l'assalto. In questo caso non accadeva: il sibilo, lacerante, improvvisamente lasciava il posto al silenzio pi? assoluto. Si poteva ascoltare nuovamente il frinio di un grillo, nell'estate finlandese, ed il rumore come di panni battuti dal vento che si infrangeva contro la carenatura.
Questa era la "staccata" che tutti, o quasi tutti, i piloti facevano al termine di un turno di prove alla fine del lungo rettilineo di Imatra: un dritto allucinante fra due file di alberi che sollecitava cos? tanto le gomme che una volta le GoodYear di Roberts andarono in pezzi.
Non c'era elettronica, nessuna telemetria a cui affidarsi, cos? semplicemente i corridori spegnevano il motore mentre erano ancora in pieno in modo che i meccanici ai box potessero, leggendo il colore dell'elettrodo delle candele, determinare se la carburazione era corretta.
I box, in questo caso, erano un campo sportivo, con annessa pista di atletica, al fianco del rettilineo principale. Cos? negli ultimi minuti di prove i meccanici si affollavano tutti insieme per mettersi in cammino, subito dopo il passaggio dell'ultimo pilota, verso la prima curva, una piega sulla destra, resa famosa dal famigerato passaggio a livello.
La pista era quella di Imatra ed era una bella camminata dal passaggio al livello al paddock. Non cos? lunga, comunque, da spaventare un giovanissimo Jeremy Burgess che in ciabatte infradito qui ? ritratto mentre spinge la Suzuki-Heron di Randy Mamola. Dietro cammina Graeme "Croz" Crosby. Un neozelandese di gran talento, gran bevitore di birra, battuta sempre pronta. Un suo libro di ricordi ? arrivato recentemente e lo trovate qui.
Bei tempi
Accovacciati nell'erba, con lo sguardo nel teleobiettivo, li si poteva sentire arrivare da lontano. L'urlo delle 500 due tempi saliva rapido, con la successione dei cambi di marcia fino a stabilizzarsi in un forte ronzio da calabrone incazzato il cui improvviso silenzio preavvisa l'assalto. In questo caso non accadeva: il sibilo, lacerante, improvvisamente lasciava il posto al silenzio pi? assoluto. Si poteva ascoltare nuovamente il frinio di un grillo, nell'estate finlandese, ed il rumore come di panni battuti dal vento che si infrangeva contro la carenatura.
Questa era la "staccata" che tutti, o quasi tutti, i piloti facevano al termine di un turno di prove alla fine del lungo rettilineo di Imatra: un dritto allucinante fra due file di alberi che sollecitava cos? tanto le gomme che una volta le GoodYear di Roberts andarono in pezzi.
Non c'era elettronica, nessuna telemetria a cui affidarsi, cos? semplicemente i corridori spegnevano il motore mentre erano ancora in pieno in modo che i meccanici ai box potessero, leggendo il colore dell'elettrodo delle candele, determinare se la carburazione era corretta.
I box, in questo caso, erano un campo sportivo, con annessa pista di atletica, al fianco del rettilineo principale. Cos? negli ultimi minuti di prove i meccanici si affollavano tutti insieme per mettersi in cammino, subito dopo il passaggio dell'ultimo pilota, verso la prima curva, una piega sulla destra, resa famosa dal famigerato passaggio a livello.
La pista era quella di Imatra ed era una bella camminata dal passaggio al livello al paddock. Non cos? lunga, comunque, da spaventare un giovanissimo Jeremy Burgess che in ciabatte infradito qui ? ritratto mentre spinge la Suzuki-Heron di Randy Mamola. Dietro cammina Graeme "Croz" Crosby. Un neozelandese di gran talento, gran bevitore di birra, battuta sempre pronta. Un suo libro di ricordi ? arrivato recentemente e lo trovate qui.
Bei tempi
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