Perché uno come Franco non può più rimanere a guardare.
È rimasto fin troppo tempo a lottare contro sé stesso.
Abbandonato, dimenticato abitualmente nelle retrovie.
Ingabbiato nel ruolo di zimbello del mondiale, quando fino a poco tempo prima era in lotta per la corona iridata.
Nell'anno di Mir, Morbido ha raggiunto l'apice, vincendo e sperando, prima di toccare il fondo, tra l'infortunio al ginocchio, l'operazione e il passaggio dalla Petronas alla Yamaha ufficiale che ha segnato la sua lenta e straziante discesa agli inferi.
Lontano, lontanissimo dalle piazze più prestigiose. Che, però, gli appartengono ancora, come ha voluto ricordarci nell'ultimo gran premio argentino.
Dove Franky ha tirato fuori gli artigli, lottando con i primi per tutto il weekend, per prendersi di forza un quarto posto che profuma di rinascita. Finalmente lo possiamo dire.
D'altronde, possono cambiare tante cose, ma alcune non cambieranno mai.
La fame, la grinta, il cuore, la testa, l'istinto.
E quella grande voglia di sprigionare tutta la rabbia, l'attesa, la passione.
Per imparare, di nuovo, a volare.
Per imparare, di nuovo, a sognare
da righe di sport
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