Denaro e risultati, ma anche sponsor e infortuni. I contratti dei piloti in MotoGP sono complicati e pieni di clausole che, più di una volta, hanno cambiato le corse. Ecco come sono fatti questi accordi in cui, tra le altre cose, si firma anche la morte
I piloti, quelli bravi, dicono che il segreto è divertirsi. Il che è semplicissimo quando corri con le minimoto e può diventare impossibile se arrivi in MotoGP. Il motivo, chiaramente, è che per quanto resti un impiego da privilegiati, arrivati ad un certo punto correre è un lavoro a tutti gli effetti: di base, aziende con fatturati stellari affidano il meglio della propria tecnologia a un manipolo di ventenni con la terza media venuti su con la smania per la velocità. Può essere grandioso, ma anche un disastro. Ecco perché dietro alla semplicità di un ‘ti pago per correre’ ci sono i contratti. Lunghi, a volte lunghissimi. Manuel Pecino, giornalista spagnolo di grandissima esperienza, è riuscito ad averne uno tra le mani e racconta nel dettaglio come è organizzato. Proviamo a sintetizzare partendo dal presupposto che tutti - piloti, manager, squadre - lavorano col buonsenso, cercando di adattare il freddo della carta stampata alle necessità di ognuno. Trattandosi di corse in moto però non sempre le cose vanno come ci si aspetta e, spesso, nei periodi difficili un contratto firmato come una formalità diventa un’arma da sbattere sul tavolo del box per alzare la voce. Comunque: i contratti dei piloti in MotoGP sono divisi in due parti, Pecino spiega che in passato erano addirittura documenti separati. Nella prima parte si fissa lo stipendio, ovvero quanto, come e in che modo viene pagato il pilota. Cifre insomma, qualche pagina. La seconda invece ha un numero delle pagine direttamente proporzionale alla fama del pilota: si definiscono i rapporti con gli sponsor, gli eventi, l’utilizzo del marchio e una lunga serie di possibilità, inclusa la morte. Il contratto di Valentino Rossi - lo raccontava Razlan Razali - è quattro volte più lungo di quello di un altro pilota, quello di Marc Marquez sarà quasi altrettanto complesso e, viene da pensare, quello di un rookie si fermerà a una ventina di pagine.
Poi, al netto di tutte le variazioni sul tema che ogni casa applica a propria discrezione, la seconda parte di un contratto è divisa in un’abbondante dozzina di voci, a partire dalla durata dell’accordo per arrivare ai bonus previsti per determinati obiettivi. Ve li riassiumiamo per punti.
Durata del contratto e obiettivi da raggiungere
Normalmente i contratti dei piloti sono biennali, fatta qualche eccezione (Marc Marquez ha firmato per quattro anni, Darryn Binder per uno) con l’obiettivo di dare a chi entra in una nuova squadra il tempo di adattarsi nella stagione di approdo e rendere al meglio in quella successiva, in cui si ridiscuterà l’accordo. Va detto anche che, se possibile, case e manager dei piloti cercano di portare in scadenza i contratti durante lo stesso anno così da favorire il mercato. Di prassi poi i contratti scadono il 31 dicembre, motivo per cui non sempre ai piloti che cambiano casa viene permesso di testare la nuova moto a Valencia. Valentino Rossi, ad esempio, non ha potuto farlo nel 2004 (da Honda a Yamaha) ma ha avuto questa possibilità nel 2010 (da Yamaha a Ducati). La scelta è a discrezione delle case, che normalmente permettono ai piloti di salire sulla nuova moto dopo l’ultima gara.
Per quanto riguarda gli obiettivi il discorso è più complesso e, soprattutto, variabile in base alla situazione del pilota. Fissare un’asticella permette al team manager di rescindere anticipatamente il contratto “per giusta causa” nel caso in cui gli obiettivi non venissero raggiunti. Si tratta, comunque, di una pratica che vediamo di rado, perché spesso i divorzi in MotoGP sono consensuali: nessuno, in MotoGP, corre per fare peggio di come si aspettava, che poi è il motivo per cui sia Johann Zarco che Maverick Vinales (gli ultimi due a rescindere un contratto a stagione in corso) hanno lasciato la propria squadra di comune accordo con il costruttore.
La moto
Il mezzo tecnico, ovviamente, è tra i motivi principali per cui un pilota decide di firmare o meno con un costruttore. In questa parte del contratto viene chiarito il livello del mezzo proposto al pilota, cosa fondamentale, per esempio, quando si parla di team satellite con appoggio ufficiale - come per Ducati Pramac. C’è poi una parte relativa agli sponsor in cui la squadra si riserva il diritto di scegliere la livrea e quali adesivi mettere sulle carene: di norma il pilota può applicare i suoi sponsor personali esclusivamente sull’abbigliamento. Oltretutto, viene specificato che il pilota (e di conseguenza la sua squadra) non può modificare in alcun modo la moto senza prima avere il via libera dai responsabili del progetto. La parte più interessante però è quella sulle prime guide, in cui si stabilisce quale dei due piloti ha la priorità nella scelta di nuovi materiali e, viceversa, di non testare soluzioni inedite durante il weekend di gara per concentrarsi sulla corsa. Pecino racconta anche che un manager spagnolo, nel contratto con una casa italiana, ha inserito una clausola affinché la moto del suo assistito avesse una velocità massima superiore di un certo numero di chilometri rispetto agli altri piloti dello stesso marchio: classico esempio di come, a volte, la tecnica non basti a capire le corse.
Gare e ordini di squadra
Il primo dei due punti era stato pensato per manifestazioni esterne al campionato come, ad esempio, la 8 Ore di Suzuka, che però i piloti della MotoGP hanno smesso di correre da quando il calendario è così fitto di appuntamenti. Gli ordini di squadra, invece, sottolineano come il pilota sia impiegato per l’azienda con tutto quello che ne consegue, incluse multe non meglio precisate per i trasgressori. Chissà se, oltre alle multe, sono previsti anche premi in denaro (di cui parliamo più avanti) per chi invece rinuncia ad un piazzamento in favore del compagno di squadra.
Main sponsor e sponsor personali
Qui si parte dalla semplicità: il primo sponsor del pilota, in ogni situazione, è la casa con cui lavora. Questo impone anche che il pilota indossi l’abbigliamento ufficiale della squadra durante tutti i weekend di gara e agli eventi promozionali. Ci sono poi gli sponsor del marchio, che però si interfacciano direttamente con l’azienda: i soldi, insomma, arrivano al costruttore a prescindere da premi e risultati. Va detto poi che gli sponsor privati del pilota possono essere adottati esclusivamente se non vanno ad interferire in qualunque maniera (per motivi etici o di concorrenza, ad esempio) con quelli della squadra. Per quanto riguarda gli sponsor personali, generalmente il pilota può applicarli su tuta, casco e stivali una volta avuta l’autorizzazione della squadra, mentre (di norma) non può applicare adesivi sulla moto. I colori del team e dell’abbigliamento, invece, vengono decisi con il costruttore che ha sempre l’ultima parola.
Diritti d’immagine
Questa voce, spiega Pecino, è estremamente variabile in base al pilota. Di norma i diritti d’immagine a favore del costruttore coprono tutte le situazioni in cui il pilota è impegnato nel suo mestiere, il che però diventa difficilissimo da stabilire. Non ci si ferma alla pista, ma non si arriva alla palestra. La questione, tuttavia, risulta piuttosto spinosa quando l’atleta in questione ha un’immagine importante.
Le condizioni fisiche, l’assicurazione, le tasse
Quando si parla di condizioni fisiche è perché il costruttore ha la possibilità, a sue spese, di richiedere tre volte l’anno un test (praticato da un’equipe medica indicata dal team) per stabilire se il pilota è in condizioni adeguate (sia fisiche che mentali) per correre. Una volta ricevuto il responso dei medici, la squadra potrà stabilire se il pilota ha o meno diritto di correre. Per quanto riguarda l’assicurazione, a tutti i piloti viene richiesto di stipulare la propria, che dovrà essere presentata alla squadra entro due settimane dalla firma del contratto. La priorità, in questo caso, è che l’assicurazione copra eventuali disabilità. Discorso simile per quanto riguarda le tasse, anche queste a gestione esclusiva del pilota: trova un buon commercialista e paga le tue tasse.
Rinnovo contrattuale e diritto di prelazione
Di questa possibilità si parla spesso e volentieri durante i mesi del mercato. Se un’azienda fa un’offerta per un pilota, la casa che lo ha sotto contratto può esercitare (se è presente nell’accordo) il suo diritto di prelazione pareggiando l’offerta, il tutto in un tempo pmassimo di 10 giorni. Può scegliere di farlo o meno, anche se trattenere un pilota che vuole andarsene non è quasi mai una buona idea. Ad ogni modo, se la casa pareggia l’offerta e il pilota vuole comunque lasciare è costretto a pagare una penale normalmente piuttosto salata.
Rescissione del contratto
Principalmente le squadre hanno cinque diverse situazioni in cui possono licenziare un pilota prima della scadenza contrattuale. La prima motivazione: la morte. E, con questa, anche l’incapacità a scendere in pista per un periodo prestabilito che superi un certo lasso di tempo (ad esempio tre mesi) o nell’eventualità che un pilota si rifiuti di scendere in pista. Si continua poi con procedimenti penali, crimini e altri comportamenti che potrebbero danneggiare l’azienda o i suoi partner, cosa che vale anche nel caso in cui il pilota risultasse positivo ai test antidroga. Si continua poi con infortuni di lungo corso: ogni 21 giorni di infortunio, la casa può accorciare il contratto di 1/20 del tempo, cosa che - ad esempio - Honda si è ben guardata di fare con Marc Marquez. La squadra può invece concludere un contratto in anticipo se l’infortunio va oltre la scadenza. E, come detto sopra, se il pilota non raggiunge gli obiettivi prefissati all'inizio del contratto.
Trasporti e premi
La squadra paga le trasferte del pilota, nonché i costi di trasferimento del motorhome (Pecino parla di 750 € a GP), i costi per i trasferimenti agli eventi e il cibo durante i weekend di gara. Infine, i bonus: oltre alla cifra pattuita ad inizio anno, i piloti hanno diritto a premi in denaro in base alla posizione d’arrivo in gara così come in campionato, che poi è il motivo per cui vincere un mondiale è importante ma il secondo non è esattamente il primo dei perdenti. Dulcis in fundo, se vinci un titolo mondiale puoi tenerti la moto. Il che, tuttavia, più che una legge scolpita nella pietra è un accordo tra le parti.
Da mowmag.com
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