Quando il più brutale e vincente pilota in attività chiede alla Safety Commission moto più lente ci sono due domande da farsi: è cambiato e non riesce più a stare al passo della MotoGP? oppure, semplicemente, ha ragione? Ecco, forse sono vere entrambe le cose
Marc Marquez è un genio della velocità, è spietato, è vincente. Il più vincente tra i piloti che ogni domenica scattano al via, quindi un fuoriclasse. Così quando in Safety Commission chiede moto più lente e meno evolute non può che fare impressione, normalmente per un pilota cavalli e grip sono come il denaro: servono sempre e fa brutto rifiutarli. Marquez però continua a sostenere, da tempo, che alla MotoGP serve di un regolamento diverso: “Con queste moto serve una manovra molto aggressiva per sorpassare - ha raccontato dopo Le Mans - con i dispositivi, l'aerodinamica e tutte quelle cose, ora è molto difficile sorpassare”. Tema condiviso con buona parte della griglia, fatta esclusione per i piloti Ducati che, in sostanza, su motore, aerodinamica e abbassatori ci hanno costruito la moto.
In termini di spettacolo è vero che la gente vuole record e cifre folli sul tachimetro. Pensare che le MotoGP viaggiano a 360 Km/h sul rettilineo è diverso rispetto a commentare con gli amici del bar un più 'normale' 300 Km/h in fondo al dritto che ormai ogni supersportiva è in grado di raggiungere. È vero però, (ce lo diceva anche Mauro Sanchini) che moto meno potenti e più leggere regalerebbero tutt’altro spettacolo in pista. E che, dalla televisione, cinquanta chilometri orari di velocità in più non fanno alcuna differenza. Le moto vanno forte, i piloti sono incredibili e i sorpassi restano il motivo per cui la gente paga il prezzo del biglietto: "Le persone non si rendono conto se sei mezzo secondo più veloce o più lento, vogliono vedere i sorpassi”, è stata la conclusione di Marc Marquez. “Oggi invece se il pilota che hai davanti non sbaglia è quasi impossibile sorpassarlo”.
Il fatto che a farlo notare sia proprio Marc Marquez non può che far sorridere. Lui probabilmente ha ragione, ma ha dovuto correre metà campionato nelle retrovie per accorgersene. Più che il suo pensiero evidentemente è cambiato il suo punto di vista, che ora è quello di un pilota che lotta in mezzo al gruppo. Cinque anni fa, inutile dirlo, non avrebbe mai fatto un’uscita del genere.
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