Dopo tanti anni, abbiamo un dubbio: che in questa fase della sua vita non le interessi troppo essere un mito. Conta solo correre e tutto quello che ne deriva è una conseguenza.
"Il mio ragionamento è molto semplice e mi fa strano che certa gente non lo capisca, forse il mio modo di pensare è diverso. A me piace come mi sento, la sensazione, l’adrenalina che mi dà vincere, andare sul podio o solo fare una bella gara. Sto bene per qualche giorno. Mi piace quella sensazione lì. So benissimo che alla fine il tempo l’avrà vinta, purtroppo per tutti è così, ma provo con tutte le mie forze a rendergliela il più difficile possibile, ecco. E questo è il solo motivo per cui ancora corro".
A proposito di miti: ha amato The Last Dance, la serie su Michael Jordan. Che a un certo punto confessa che si ritirerà due anni prima di quanto talento e fisico gli permetterebbero, per non vivere la fase del declino. Anche se, alla fine, fa intuire di essersi mezzo pentito.
"Queste sono sempre cose belle da dire, però, secondo me, quello che perdi smettendo di fare quel che ti piace di più, è più di quello che guadagni nello smettere quando sei all’apice della carriera. E comunque non sai mai se è veramente finita: nel 2013, al ritorno in Yamaha, per tutti ero già finito. Invece, se non mi avessero rubato il Mondiale, nel 2015 ne avrei vinto un altro, sarebbe stato il decimo e avrebbe allungato la mia vita sportiva da vincente addirittura di 6 anni. Quindi non la penso come Jordan, anche se lui è un mito per me. Ovvio, non voglio arrivare 12° o 16°. E se avessi voluto smettere all’apice avrei dovuto farlo qualche anno fa. Ma io ci credo, ci voglio provare".
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