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“Il fatto di aver visto un infortunio banale trasformarsi in qualcosa di più serio può portare ad un’alternanza di depressione, rabbia e paura di non tornare ad essere quello di prima”. A dirlo non è un tifoso della domenica ma uno dei massimi esperti di psicologia dello sport: il Professor Alberto Cei. Ecco cosa ci ha detto sull’infortunio di Marquez, sul suo recupero, e su fatto che Valentino non abbia mai voluto farsi aiutare da un esperto…Se sul recupero fisico di Marc Marquez si è lungamente dibattuto negli ultimi mesi, tra pareri contrastanti e l’idea di fondo, confermata ultimamente anche da Valentino, che ci sia stato un errore dello spagnolo nel voler forzare i tempi, poco o nulla si è detto sul suo recupero psicologico.
Abbiamo raggiunto Alberto Cei, psicologo dello sport e Professore all’Università di Tor Vergata e presso l’Università Telematica San Raffaele, oltre che consulente di diversi atleti olimpici, per farci dire la sua opinione.
Professore, un infortunio inizialmente banale che si trasforma e costringe Marc Marquez a perdere una stagione e, forse, a compromettere quella seguente. Al di là degli aspetti fisici, che idea si è fatto su questa situazione?
"Sono sempre rimasto colpito dalla regolarità delle sue cadute: era come se fosse normale che lui cadesse e risalisse subito in sella. Marquez accetta di cadere perché la ricerca del limite, nel suo stile di guida, rappresenta un vantaggio competitivo sugli avversari. Il fatto, poi, di essere e di sentirsi un campione lo porta a credere di essere quasi immune dagli infortuni derivanti da una caduta. È una situazione che capita di frequente anche in altri sport, come l’alpinismo. In alcuni dei più grandi disastri alpinistici, si è notato che, spesso, scalatori esperti non siano stati in grado di comprendere la gravità della situazione e i propri limiti, a causa di un eccesso di fiducia verso sé stessi. La stessa che sembra aver avuto Marquez".
Quindi potremmo dire, in un certo senso, che il marziano Marquez si è scoperto, invece, normale e fallibile?
"Non lo definirei normale, perché stiamo parlando comunque di un pilota che è in grado di offrire prestazioni eccezionali in modo ripetitivo e continuativo negli anni. Ha sicuramente abilità superiori agli altri, ma credo avesse bisogno di capire di essere fallibile e di quel bagno di umiltà che, questo brutto infortunio, sembra avergli dato. Se sarà in grado di affrontare la situazione nella maniera corretta, questo momento potrà rappresentare un nuovo punto di partenza. Per fare un’analogia con il golf, anche Tiger Woods si è ritrovato a dover ripartire da zero e ha avuto la forza di tornare all’apice".
Da un punto di vista psicologico, questo infortunio che ricadute può aver avuto sullo spagnolo?
"Vive senza dubbio una situazione particolare. Se da una parte viene da anni di stati d’animo positivi dati dalle sue vittorie, il fatto di aver visto un infortunio banale trasformarsi in qualcosa di più serio può portare ad un’alternanza di depressione, rabbia e paura di non tornare ad essere quello di prima. È una cosa del tutto normale. Mi auguro che abbia già iniziato un percorso psicologico e che abbia dei professionisti al suo fianco: il fatto di non volersi far aiutare, infatti, rappresenterebbe una chiusura mentale inutile".
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