Announcement

Collapse
No announcement yet.

Announcement

Collapse
No announcement yet.

Aneddoti,interviste e storie curiose del MOTOMONDIALE

Collapse
X
 
  • Filter
  • Time
  • Show
Clear All
new posts

  • Font Size
    #241
    PAOLO SIMONCELLI





    "Bisogna continuare a vivere. Quando dico che ho fatto la squadra corse SIC 58 per non morire è vero. Essere impegnati e avere un lavoro che ti appassiona in un posto poi che porta il nome di Marco onestamente aiuta tantissimo. Ti fa sentire più forte e certamente siamo più “belli” ogni giorno. Quindi è un modo per sopravvivere"

    Comment


    • Font Size
      #242
      ANDREA DOVIZIOSO





      "I risultati non cambiano mai il grande quadro. Più che mi sembra che vengano visti come incidenti di percorso che infastidiscono i vertici manageriali e aziendali. Vicino al mio nome sembra esserci un asterisco che sottindente: si, però... Dovrei incazzarmi, invece no. Tecnicamente, io non mi incazzo mai, e preferisco implodere su me stesso piuttosto che esprimere le mie emozioni. Piu che altro mi cresce una frustrazione esagerata: mi chiedo dove troverò un posto come questo e se correrò ancora ad alto livello.
      La rivelazione finale arriva a Brno (2011). Li la storia dice che arrivo secondo dietro a Stoner respingendo tutti gli attacchi di Simoncelli, ma non racconta dei tormenti del sabato e della domenica mattina, quando addiritura non voglio neanche gareggiare. Le qualifiche fanno schifo; sono settimo, mentre Stoner va a bomba e Pedrosa pure. Ma la cosa peggiore è che prende consistenza quasi ufficiale ciò che io e Simone prevedevamo: la squadra Honda tornerà a due piloti e Simoncelli sarà il terzo pilota con il team Gresini. Maledetta foresta ceca. L'Automotodrom mi è stato sempre sui maroni, non mi ci sono mai trovato bene. E adesso, puntuale, arriva la conferma delle mie peggiori previsioni.
      Fanculo.
      I due anni di fango mangiati per colpa della mia Casa preferita mi fanno deflagare in un attimo. La notte non dormo e la domenica mattina ho le orecchie sotto le ascelle. Non parlo con nessuno. Sono intrattabile. Non so cosa dire, non so più cosa la gente vuole da me. Soprattutto non so più cosa voglio io. (...)
      <<Oggi non corro>>
      <<Come non corri?>>
      <<Non corro>>
      La fisioterapia, che già sembrava un funerale, finisce li. Francesco tace, sistema le sue creme e esce. Ha perso le parole pure lui, ed è tutto dire. Il mio ufficio nel camion attaccato ai box è la camera ardente di Dovizioso Andrea, fu pilota. Dopo qualche minuto di ridicola veglia di me stesso arriva il babbo. Non è mai successo: lui non interferisce in questi momenti; è uno che sa stare al suo posto, soprattuto la mattina della gara. Ma evidentemente la situazione è grave. Quando chiude la porta dietro di se ha una faccia strana che non gli ho mai visto. Non è ne incazzato ne preoccupato. Sembra piuttosto uno che è deluso: in effetti, non è questo l'atteggiamento che mi ha insegnato. Io sono seduto seduto sul divano, guardo nel vuoto, penso solo a una parola: fine. In un angolo della mente dovrei sapere che sto esagerando, ma in questo istante desidero solo l'autodistruzione. E' finita. Sono stanco. Game over. Alzo la testa, come a dirgli: e adesso che vuoi? Non sarai venuto a farmi un discorso serio proprio tu, eh? E infatti il babbo non fa nessun discorso. Gli bastano poche parole. Normali. Dirette. Nel suo stile: per lui la distanza tra due punti è sempre e solo una linea retta, mai un gomitolo di inutili cazzate. <<Oh, Andrea adesso dacci un taglio. Fai quello che devi fare e basta pugnette.>> Non aspetta replica, non aggiunge neanche un 'hai capito?', non mette neanche in conto che io possa non essere d'accordo. Semplice, come quando si riaccende un interruttore che si era spento. Parla, si volta e se ne va. In un attimo l'ufficio è di nuovo vuoto. Tutto è stato talmente rapido che non so neanche se è accaduto. Per un istante mi torna in mente il cowboy di una vita fa: anche se non ha più i baffi a manubrio, forse vale la pena dargli ascolto. Io non credo alle magie, men meno a quelle che può fare il mio babbo, che è tutto fuorchè un mago. Però se non altro mi alzo, mi vesto, scendo al box e salgo in moto. Dacci un taglio mi dico. E infatti, pronti via, si accende il semaforo e io parto come uno sparo. Stoner ha mal di schiena e non riesce a scattare come vorrebbe, il passo gara è un pò più alto del previsto. Pedrosa fatica e poi cadrà. Io non mi distraggo mai. Con Lorenzo è un duello dare e prendere. Ancora più bella è la resistenza nella lotta con Simoncelli. Un po' di classe, un po' di forza. Minimoto revival, e la spunto io.
      E' il quarto secondo posto della stagione. Un piccolo capolavoro. <<Peccato che davanti, come caposquadra, abbia un marziano>> scrive un giornalista. Ha ragione. Stoner quest'anno è imbattibile. Ma vogliamo invece parlare di Pedrosa che mi arriverà dietro nel Mondiale, io terzo e lui quarto? O di Simoncelli, che solo qui ha fatto il suo primo podio in MotoGp? Eppure sono dentro un sogno che sta per finire. Tutto è definitivamente chiaro, adesso: posti per me non ci sono; se voglio continuare a correre dovrò salire sulla Yamaha clienti. Dovrò inventarmi una nuova storia da raccontare a questo mondo. Non so come, ma qualcosa mi inventerò. Darò un altro taglio. Farò quello che devo fare."

      Comment


      • Font Size
        #243
        Originally posted by mito22 View Post
        ANDREA DOVIZIOSO





        "I risultati non cambiano mai il grande quadro. Più che mi sembra che vengano visti come incidenti di percorso che infastidiscono i vertici manageriali e aziendali. Vicino al mio nome sembra esserci un asterisco che sottindente: si, però... Dovrei incazzarmi, invece no. Tecnicamente, io non mi incazzo mai, e preferisco implodere su me stesso piuttosto che esprimere le mie emozioni. Piu che altro mi cresce una frustrazione esagerata: mi chiedo dove troverò un posto come questo e se correrò ancora ad alto livello.
        La rivelazione finale arriva a Brno (2011). Li la storia dice che arrivo secondo dietro a Stoner respingendo tutti gli attacchi di Simoncelli, ma non racconta dei tormenti del sabato e della domenica mattina, quando addiritura non voglio neanche gareggiare. Le qualifiche fanno schifo; sono settimo, mentre Stoner va a bomba e Pedrosa pure. Ma la cosa peggiore è che prende consistenza quasi ufficiale ciò che io e Simone prevedevamo: la squadra Honda tornerà a due piloti e Simoncelli sarà il terzo pilota con il team Gresini. Maledetta foresta ceca. L'Automotodrom mi è stato sempre sui maroni, non mi ci sono mai trovato bene. E adesso, puntuale, arriva la conferma delle mie peggiori previsioni.
        Fanculo.
        I due anni di fango mangiati per colpa della mia Casa preferita mi fanno deflagare in un attimo. La notte non dormo e la domenica mattina ho le orecchie sotto le ascelle. Non parlo con nessuno. Sono intrattabile. Non so cosa dire, non so più cosa la gente vuole da me. Soprattutto non so più cosa voglio io. (...)
        <<Oggi non corro>>
        <<Come non corri?>>
        <<Non corro>>
        La fisioterapia, che già sembrava un funerale, finisce li. Francesco tace, sistema le sue creme e esce. Ha perso le parole pure lui, ed è tutto dire. Il mio ufficio nel camion attaccato ai box è la camera ardente di Dovizioso Andrea, fu pilota. Dopo qualche minuto di ridicola veglia di me stesso arriva il babbo. Non è mai successo: lui non interferisce in questi momenti; è uno che sa stare al suo posto, soprattuto la mattina della gara. Ma evidentemente la situazione è grave. Quando chiude la porta dietro di se ha una faccia strana che non gli ho mai visto. Non è ne incazzato ne preoccupato. Sembra piuttosto uno che è deluso: in effetti, non è questo l'atteggiamento che mi ha insegnato. Io sono seduto seduto sul divano, guardo nel vuoto, penso solo a una parola: fine. In un angolo della mente dovrei sapere che sto esagerando, ma in questo istante desidero solo l'autodistruzione. E' finita. Sono stanco. Game over. Alzo la testa, come a dirgli: e adesso che vuoi? Non sarai venuto a farmi un discorso serio proprio tu, eh? E infatti il babbo non fa nessun discorso. Gli bastano poche parole. Normali. Dirette. Nel suo stile: per lui la distanza tra due punti è sempre e solo una linea retta, mai un gomitolo di inutili cazzate. <<Oh, Andrea adesso dacci un taglio. Fai quello che devi fare e basta pugnette.>> Non aspetta replica, non aggiunge neanche un 'hai capito?', non mette neanche in conto che io possa non essere d'accordo. Semplice, come quando si riaccende un interruttore che si era spento. Parla, si volta e se ne va. In un attimo l'ufficio è di nuovo vuoto. Tutto è stato talmente rapido che non so neanche se è accaduto. Per un istante mi torna in mente il cowboy di una vita fa: anche se non ha più i baffi a manubrio, forse vale la pena dargli ascolto. Io non credo alle magie, men meno a quelle che può fare il mio babbo, che è tutto fuorchè un mago. Però se non altro mi alzo, mi vesto, scendo al box e salgo in moto. Dacci un taglio mi dico. E infatti, pronti via, si accende il semaforo e io parto come uno sparo. Stoner ha mal di schiena e non riesce a scattare come vorrebbe, il passo gara è un pò più alto del previsto. Pedrosa fatica e poi cadrà. Io non mi distraggo mai. Con Lorenzo è un duello dare e prendere. Ancora più bella è la resistenza nella lotta con Simoncelli. Un po' di classe, un po' di forza. Minimoto revival, e la spunto io.
        E' il quarto secondo posto della stagione. Un piccolo capolavoro. <<Peccato che davanti, come caposquadra, abbia un marziano>> scrive un giornalista. Ha ragione. Stoner quest'anno è imbattibile. Ma vogliamo invece parlare di Pedrosa che mi arriverà dietro nel Mondiale, io terzo e lui quarto? O di Simoncelli, che solo qui ha fatto il suo primo podio in MotoGp? Eppure sono dentro un sogno che sta per finire. Tutto è definitivamente chiaro, adesso: posti per me non ci sono; se voglio continuare a correre dovrò salire sulla Yamaha clienti. Dovrò inventarmi una nuova storia da raccontare a questo mondo. Non so come, ma qualcosa mi inventerò. Darò un altro taglio. Farò quello che devo fare."
        da dove è preso questo testo?

        Comment


        • Font Size
          #244
          Chaz Davies, Casey Stoner, Leon Camieri





          Chaz Davies: "Quando arrivammo in Spagna, non parlavamo la lingua, non conoscevamo nessuno ed eravamo solo io, Leon e Casey. Sentivamo tutti il bisogno di appoggiarci l'uno all'altro. Viaggiavamo insieme e i nostri genitori noleggiavano le auto in comune, perchè naturalmente toccava a noi pagare quel genere di cose e dovevamo contenere le spese. Ciascuno di noi ebbe un'esperienza diversa in quel periodo. Casey e Julian Simon furono selezionati per partecipare al campionato perchè avevano subito dimostrato di essere veloci. Ma credo che quella sia stata un'ottima opportunita per tutti noi. Erano tempi duri...Ricordo che spesso Colin (il papà di Casey) si guardava intorno e diceva a mio padre: 'e' tosta qui, questo posto è un'inferno!', ma poteva anche capitare che si esprimesse in modo più colorito. Facemmo molte cose insieme in quei primi anni perché, come ho già detto, andare a giro per il mondo è costoso e bisogna fare il possibile per risparmiare. Abbiamo finito per viaggiare insieme parecchio e per condividere molte esperienze. Conservo tanti bei ricordi del periodo trascorso con mio padre, Colin e Casey."

          Casey Stoner: " Io, Leon e Chaz avevamo stretto amicizia con un altro pilota del paddock inglese, Andy "Storka" Walker. I nostri genitori ci avevano soprannominato "la banda dei monelli" e quel nomignolo è rimasto tuttora. Oggi Andy lavora come manager di Leon e più o meno ogni anno cerchiamo di organizzare un incontro in Europa o in Australia con le rispettive mogli e fidanzate. Non importa dove siamo, ci divertiamo sempre molto quando stiamo tutti insieme."

          Comment


          • Font Size
            #245
            Casey Stoner: "Non mi aspettavo che Marquez passasse in Ducati, ma capisco che se ne sia andato dalla Honda. I problemi sono iniziati quando i giapponesi hanno iniziato a seguire solo le indicazioni di Marc.





            Con tutte queste componenti extra sulla moto è molto difficile capire se a sbagliare sia stato lui o la Honda. Andare in Ducati significa capire di persona contro cosa ha gareggiato in questi ultimi anni e per capire se può fare la differenza anche lì. Non è stata una scelta sbagliata andarsene, e credo che abbia lasciato la porta aperta per tornare da loro se le cose dovessero cambiare in Honda.

            Ma Honda ascoltava molto i consigli di Marc e evitava quelli degli altri piloti, tra cui Dani Pedrosa. Questa è la ragione principale per cui io stesso ho lasciato la Honda quando ero tester. Eravamo arrivati a un punto in cui la squadra di Marc stava iniziando ad allontanare le mie indicazioni. Ho provato ad avvertirli, dicendogli che se avessero continuato a seguire solo gli sviluppi di Marc, lui sarebbe stato l’unico in grado di guidare quella moto, e gli incidenti sarebbero stati frequenti. E avevo ragione, come dimostrano i risultati del 2015, ma non mi hanno voluto ascoltare e invece hanno deciso di allontanarmi".

            Comment


            • Font Size
              #246
              CASEY STONER





              “Quando in Ducati hanno saputo che sarei tornato in Australia per ulteriori esami e riposo, saltando le gare di Brno, Indianapolis e Misano non la presero bene e ricevetti un'email da Claudio Domenicali, Amministratore Delegato di Ducati Corse, che in sostanza diceva: 'Spero che non ti aspetti di venire pagato per questo'. Filippo Preziosi e Livio Suppo rimasero leali nei miei confronti in quel periodo, cosi come Carlo Bonomi, presidente della società di investimento propretaria di Ducati, ma purtroppo non posso dire altrettanto per il resto della dirigenza. Fu una grande amarezza non avere il supporto dei miei capi in uno dei momenti più difficili della mia vita, ma sapevo che se non fossi andato alla radice del problema avrei dovuto affrontare la fine della mia carriera. (...) Tutti pensarono che non ero malato, che il problema fosse nella mia mente, che avrei dovuto ritirarmi. All'epoca non lo immaginavo, ma una volta tornato in Europa sarei stato bersagliato da critiche ancora più feroci... venni attaccato con forza dai giornalisti, dai miei colleghi e da ex piloti. (...) Tutti si sentivano in diritto di dare un giudizio. Un pilota supercompetitivo per due anni non diventa d'un tratto un perdente che sparisce dalla faccia della terra solo perchè "non ci sta con la testa" . E' assurdo solo pensarlo. Se fosse stata depressione, mancanza di motivazione o paura l'avrei detto. Le persone che mi conoscevano bene mi credevano e sapevano che non avrei mollato tutto in quel modo. Ma furono in pochi a sostenermi in quel periodo di insicurezza. Alcune amicizie uscirono rafforzate da questa esperienza, mentre altre sparirono. In un certo senso fu un bene. Mi fece capire meglio cosa significava per me gareggiare, quello che la gente pensava realmente di me e di chi mi potevo fidare. Certamente non potevo fare affidamento su alcuni dirigenti di Ducati. Mentre ero in Australia, proposero a Jorge Lorenzo di sostituirmi offrendogli un ingaggio che era il doppio del mio. Quando avevo firmato il contratto per il 2009 e il 2010 mi era stato detto che non avevano altri soldi per me, nè per lo sviluppo della moto, ma d'un tratto potevano permettersi di sborsare tutti quei quattrini per un altro pilota. Considerando i traguardi che avevamo raggiunto insieme, non potevo crederci. Mi sentii pugnalato alle spalle dalle persone in cui credevo e che in teoria avrebbero dovuto fidarsi di me. Rimasi a bocca aperta, e certamente non in senso positivo.”

              Comment


              • Font Size
                #247
                VALENTINO ROSSI





                “La prima volta che ho guidato la Ducati e’ stato uno shock. Dopo tre giri ho pensato: ‘Siamo nella merda’. Mi sono bastati per capire che avevo fatto un errore. Non avevo potuto mai provare la moto prima di firmare, ma ho firmato lo stesso. I problemi erano chiarissimi fin dall’inizio. Ho detto: `Ok, proviamo a migliorare questa moto´. Abbiamo lavorato per tutta la prima parte della stagione, ma dopo 10 gare ho cominciato a capire che non avrei mai vinto. Le voci secondo cui volevo risolvere il contratto erano vere, ma non potevo farlo, non c'era modo. Ed è stato un bene. Sarebbe stata una scelta sbagliata, troppo facile dire: `Me ne sto a casa´, quando le cose vanno male. Non bisogna arrendersi. Casey ha fatto un lavoro incredibile con la Ducati e se riguardo alla sua telemetria non capisco come abbia fatto. La gente pensa che Stoner fosse molto veloce, ma poco intelligente e per questo alla fine ha fatto il botto. Ma la realtà è che con la Ducati ha dovuto guidare sempre oltre il limite, andare più forte possibile. E se guidi così, alla fine ti schianti”.

                Comment


                • Font Size
                  #248
                  LUCIO CECCHINELLO su CASEY STONER





                  "La cosa di Stoner che mi ricordo di più, cioè quella che mi è rimasta più impressa... va bè, quella del suo debutto in MotoGP, in Qatar, la conoscete tutti, ne abbiamo già parlato... ma un'altra che mi ricordo andando indietro nel tempo : Aprilia mi contatta e mi dice 'guarda c'è un azienda, Safilo, interessata a sponsorizzare un Team in 125 e in 250' quindi io vado alla Safilo organizziamo l'accordo eccetera, io dovevo trovare i piloti. Io e De Angelis in 125 e in 250 facciamo con Stoner e David Checa. Questo nel 2002. Ma prima di decidere su Stoner chiamo la Dorna e dico 'guarda devo prendere un pilota in 250, vorrei puntare su qualche giovane...' allora mi chiama Alberto Puig e mi dice 'guarda qui a casa mia c'è Casey Stoner che dorme dentro il suo camper' allora io vado a casa di Puig, arrivo nel giardino di casa dei suoi genitori, in provincia di Barcellona, e vedo un autobus, un autobus, trasformato a camper... con dentro un casino della Madonna, un divano, una lavatrice, tutti i vestiti appesi ecc ecc.. e va bè, e c'era Stoner.. allora gli dico 'andiamo a provare a Jerez, organizziamo una prova a jerez'. Portiamo l'Aprilia a Jerez, Stoner gira e dopo i primi giri, cazzo, fa subito dei tempi a mezzo secondo da Melandri che era sull’Aprilia ufficiale e noi avevamo una moto approntata su così! Quattro decimi da Melandri, cinque decimi da Melandri.. poi tornava dentro ai box con il freno dietro che fumava...gli diciamo 'guarda forse tocchi troppo il freno dietro, bisogna abbassare la leva' gli abbassiamo la leva, lui torna dentro ancora... il freno dietro che fumava ancora...ma porca miseria. Poi torna a girare, ritorna dentro ai box.. le pastiglie fuse e il freno dietro viola. 'Cosa sta succedendo!' Allora mettiamo un sensore di pressione del freno nella telemetria.. cazzo, questo qua vediamo che aveva uno stile di guida che dentro le curve entrava con il freno di dietro tirato, cominciava ad aprire il gas con il freno tirato e al cento per cento dell'apertura del gas aveva il novanta per cento della pressione del freno di dietro tirato. E appena che mollava il freno schizzava via la moto, in un'accelerazione incredibile. E questo stile di guida abbiamo capito che era il segreto di Casey Stoner per andare forte. E sono sicurissimo che la Ducati non la guidava nessuno, perché dicevano che in quel periodo, nel 2007, era molto scorbutica e lui riusciva a guidarla perché il controllo di trazione ce l'aveva nel piede"

                  Comment


                  • Font Size
                    #249
                    ANDREA DOVIZIOSO





                    "Ero l'uomo invisibile. Un numero. C'ero ma non c'ero. 'Te, Dovi, sei del colore dell'asfalto' mi ha detto una volta Luca Cadalora. Aveva ragione: la gente non mi vedeva proprio. Se sei uno che vive di corse e cerchi disperatamente i risultati ma non vinci, e in più sei un introverso che vuole essere persona e non personaggio, non vieni notato. La massa, di base, è attenta ad altro, non ha voglia né tempo da perdere per imparare a capirti. Io non vincevo, ma non perdevo clamorosamente: ero lì, in una specie di limbo e così mi si confondeva, tipo quelli che a una festa sfumano nella tappezzeria. Adesso dico che è normale e che in un certo senso sta nelle regole del gioco. Ma per tanto tempo io mi sono sentito incompreso. Ci sono voluti anni per capire che per uno come me la via per scendere a patti con un sistema che non ti riconosce è solo una: restare quello che sei, avere una faccia sola, sfuggire alla trasparenza restando trasparente. Come puoi diventare da grigio asfalto a rosso fuoco senza neanche un trucco e un parrucco?"

                    Comment


                    • Font Size
                      #250
                      MAURO NOCCIOLI primo capo tecnico di Valentino Rossi (1996)





                      "A quei tempi Valentino non era certo uno che si allenava, non andava in palestra, tutto quello che faceva gli veniva d’istinto e naturale. Capimmo immediatamente che c’era la possibilità di vincere due o tre gare: il GP della svolta fu quello di Jerez, quando Valentino arrivò quarto, battuto in volata, dopo essere uscito primo dall’ultima curva. In quel suo primo campionato andammo vicino al successo tante volte prima di Brno, ma Rossi ne combinava sempre qualcuna in gara. (sorride)
                      Valentino, allora, era un ragazzino esuberante, spesso fuori dalle righe, tutt’altro che facile da gestire, non erano tutte rose e fiori: era estroverso e indisciplinato, un po’ come tutti a quell’età. Anzi, per meglio dire, come tutti i campioni: non ce n’è uno che sia stato semplice da domare da giovane. Noi ci riuscimmo, creando attorno a lui un gruppo di tecnici-amici, con il quale Rossi stava giorno e notte: alle gare europee dormivano insieme nel camion, fuori dal box giocavano a qualsiasi cosa. Ma per quanto riguarda gli aspetti tecnici e tutto quello che concerne una corsa in moto, Valentino era meticoloso, scrupoloso, preciso all’esasperazione: aveva un’agenda sulla quale si annotava tutto, i risultati, quello che faceva, le scelte che venivano fatte all’interno del box. Scriveva tutte le sue impressioni, annotava qualsiasi particolare: non so se lo faccia ancora, allora passava delle ore a prendere appunti e a rileggerli in ogni GP. Quel successo di 25 anni fa fu un momento magico, come lo è sempre il primo trionfo nella carriera di uno sportivo. Fu la realizzazione di un sogno dopo due anni di lavoro durissimo di Valentino e di tutta la squadra iniziato nell’ Europeo. Appena tagliato il traguardo, la gioia di Valentino fu così grande che a momenti si schiantò contro il muretto a bordo rettilineo, e una volta ai box, volarono secchiate d’acqua!".

                      Comment


                      • Font Size
                        #251
                        LUCIO CECCHINELLO su CASEY STONER





                        «Sono legato a Casey Stoner, come del resto la sua carriera è legata alla mia. I meriti dei suoi risultati sono tutti suoi, io ho avuto solo quello di avergli dato delle opportunità. Però è vero: la chance di debuttare nel mondiale nel 2002 gliel'ho data io, l'opportunità di debuttare in 250 con una moto ufficiale gliel'ho data io nel 2005; perchè nel 2002 lo avevamo fatto debuttare con una 250, ma era un Aprilia 'kit'. Poi nel 2003 lo abbiamo portato in 125 e Casey ha cominciato ad ottenere le sue prime vittorie. Poi nel 2004 ha corso con la KTM, pur restando in 125. Nel 2005 è tornato con noi, con l'Aprilia 250 ufficiale e si è giocato il titolo con Pedrosa. A fine stagione del 2005 aveva trovato l’opportunità che aspettava da tempo: andare in MotoGP. Raggiunse l’accordo con il team di Sito Pons, e fu un’ottima scelta. In novembre Casey andò a Sepang a provare la Honda 5 cilindri, ma una volta rientrati a casa la squadra di Pons ha dovuto fermarsi: lo sponsor principale non aveva rinnovato il contratto, e Sito non era riuscito a trovarne uno per rimpiazzarlo. Pur se a malincuore, decise di abbandonare il progetto. E così Stoner, che aveva appena firmato il contratto, si ritrovò a piedi. Ma quella è stata la mia grande chance di entrare in MotoGP, con il mio Team. Da quello che sarebbe stato probabilmente un programma in 250 con l’Aprilia e Anthony West (con cui però non avevo ancora raggiunto un accordo) mi ritrovai di nuovo con Casey, ma stavolta in MotoGP con la Honda 5 cilindri.
                        E già alla seconda gara, in Qatar, restammo estasiati: Casey era arrivato solo venerdi mattina (aveva perso la coincidenza dei voli dall'Australia, non gli permisero di andare in hotel, lo portarono in circuito, gli misero la tuta e lo spedirono in pista) Ha fatto subito il miglior tempo. Sabato ha conquistato la pole! Domenica è stato in testa per metà gara, alla fine ha chiuso quinto, perchè erano calate le gomme, ma è stato comunque un weekend memorabile. Nell’arco di due mesi mi è cambiata la vita."

                        Comment


                        • Font Size
                          #252
                          MASSIMO FALCIONI su GIACOMO AGOSTINI da libro di Paolo Ianieri





                          “Per me Agostini era la perfezione. Non è stato forse il più forte di tutti, ma le migliori qualità dei suoi più forti rivali in lui hanno trovato la sintesi perfetta”.

                          Comment


                          • Font Size
                            #253
                            CASEY STONER





                            "Naturalmente Gigi Dall’Igna ha fatto un buon lavoro in Ducati, ma ci è voluto tanto tempo e tanto budget per arrivare a dove sono adesso. Non sono molto felice del fatto che abbiano così tante moto in griglia, dato che possono essenzialmente controllare ogni squadra e pretendere da loro risultati che non sono corretti. È giusto eseguire gli ordini di squadra ma non dovrebbero esserci ordini dal costruttore. Ho perso molto rispetto nei loro confronti dopo che sono arrivati a questo livello. Se devono vincere a tutti i costi per me non hanno onore. So anche che di sicuro Pecco Bagnaia non avrebbe voluto vincere così. Loro vogliono vincere a tutti i costi e per me non è onorevole”.

                            Comment


                            • Font Size
                              #254
                              CASEY STONER





                              “L’unico motivo per cui amo questo sport è per la competizione, soprattutto contro me stesso. Il più grande sfidante che ho avuto sono sempre stato io, pretendevo di più; non ho mai confrontato i miei tempi sul giro con gli altri piloti e per questo sono stato in grado di andare oltre. Purtroppo per me la parte dello sport che amavo era la parte più piccola del mio lavoro ed è diventato troppo per me. Sono molto orgoglioso della mia carriera anche se avrei potuto ottenere di più. Sono molto grato per tutto quello che ho imparato ma non penso di poter essere considerato su tale livello. Sono felice di ciò che ho realizzato, è molto più di quanto tante altre persone possano aver sognato e le opportunità che ho avuto sono state incredibili. Ad esempio ho potuto guidare una 500cc per la prima volta a Goodwood, era di Kenny Roberts Junior del 2002. Semplicemente incredibile.

                              Sono deluso dal fatto che quando sono arrivato in MotoGP le 500cc non c’erano più. Credo che guidare un 2 tempi sia una forma d’arte. Tutte le mie moto sono a 2 tempi: la KX 500 del ’93, la CR 500 del ’96, la CR 250 del 2007 e la TM 300. La sensazione del 2 tempi rispetto a un 4 tempi è semplicemente diversa. Sono più difficili da guidare ma anche più eccitanti.

                              I migliori piloti della storia? Giacomo Agostini, Mick Doohan per come si è ripreso dai suoi infortuni, Valentino Rossi, Marc Marquez… difficile dirne altri. Chi ha vinto meno rispetto al suo talento è Dani Pedrosa. Tutti pensano che essere più leggeri sia un vantaggio, ma le moto sono pesanti ed estremamente potenti e non sei così stabile quando sei leggero. Per essere un ragazzo di così piccola stazza era veramente veloce. Io stesso ero piccolo per la MotoGP, pesavo 59 chili. Penso che Dani ne pesasse 55.”

                              Comment


                              • Font Size
                                #255
                                MARC MARQUEZ su MARCO SIMONCELLI





                                “C’è un aneddoto particolare che mi lega a Simoncelli, lo ricordo come se fosse ieri. Era il 2008, anno in cui vinse il Mondiale 250 in Malesia. Marco era in bagno a Sepang, stava facendo la pipì. Io stavo aspettando fuori, avevo 15 anni. Sentivo Simoncelli dentro al bagno che cantava: ‘Volaaaare, oooohhhh…’. Quando è uscito dal bagno l’ho guardato, era tranquillo. Due ore dopo ha vinto il Mondiale in pista. Quello è lo spirito giusto: se vuoi volare davvero, nessuno può prenderti“.

                                Comment

                                X
                                Working...
                                X