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Aneddoti,interviste e storie curiose del MOTOMONDIALE

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    #16
    "Ho 18 anni e 200 giorni. Sono il quarto più giovane campione del mondo di tutti i tempi. Ho guidato la classifica dalla prima gara. Sono finito nei primi quattro in tredici gare su quattordici. Ho messo dietro di me gente come Barbera, Locatelli, Lorenzo, Stoner, Bautista, Simoncelli. Per prendere il titolo mi sarebbe bastato molto meno, ma io ho deciso di esagerare.

    Mi è mancata solo la ciliegina finale, il colpo a effetto: vincere pure a Sepang. Tecnicamente non mi serviva, perchè avevo già sessantun punti di vantaggio su Barbera, lui è saltato dopo due giri, e con altre due gare in programma il gioco era già fatto. Però sarebbe stato figo, il sigillo supremo. Invece Stoner, allo sprint, mi ha chiuso tutte le porte. Tra noi solo 29 millesimi. Pazienza. Vincerò la prossima a Phillip Island. Sulla maglietta commemorativa abbiamo messo la data: 10 ottobre 2004. La ricorderò bene per sempre, e 04 diventerà il mio numero una volta che salirò in MotoGP."
    - Andrea Dovizioso

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      #17
      "Dar gas ogni giro e ogni curva, guidando con il cuore. Penso che questa sia la caratteristica che per me ha fatto la differenza rispetto ad altri. Molti piloti hanno guidato con la testa o pensando ai soldi. Io volevo vincere, essere veloce ogni giro e fare la pole ogni gara.

      Questo approccio forse non è stato il più intelligente ma è stato il modo con cui ho scelto di fare le cose. Difficilmente un team manager accetta una caduta quando hai 5 secondi di vantaggio sul secondo e tu vuoi portarli a 6 ma se poi alla fine da questi errori trai degli insegnamenti la settimana successiva l’episodio è già dimenticato. Certamente ci sono gare che rifarei in modo diverso se potessi tornare indietro. Gare in cui ho fatto errori ma, come ho detto prima, se dai tuoi errori trai insegnamenti allora è giusto che tu compia quegli errori. Ho gareggiato a livello professionistico per meno di 10 anni e i risultati vengono per quello che si è fatto. Io credo di aver fatto bene."
      - Kevin Schwantz

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        #18
        Livio Suppo: "Il ritiro di Stoner scombinò i piani della Honda: noi pensavamo che corresse per noi per un po’ di anni. Nel 2011 avevamo già firmato con Marquez, con l’idea di fare una squadra Marquez/Stoner. Marc aveva un contratto di un anno per la Moto2 e l'idea originale era di fare la coppia con lui e Casey, poi vedere cosa fare con Dani. A Jerez nel 2012, Nakamoto fece un’offerta a Casey che pensavamo fosse irrinunciabile dal punto di vista economico: erano veramente tanti soldi, ma lui disse di no.

        Credo che lui fosse arrivato all’esasperazione di quella vita. Amava questo sport, ma nel frattempo odiava molte cose che lo circondano, non amava tutte le attività di PR e i viaggi. Aveva viaggiato per tutta la vita e aveva fatto di tutto... Voglio dire, fino a 27 anni, non ha fatto altro che gareggiare, fin da quando era un ragazzino. Eravamo molto tristi, soprattutto Nakamoto-san. Nakamoto era innamorato di Casey perché è stato il primo pilota a riportare l'HRC al titolo (nel 2011). Aveva molto rispetto per lui. Non so esattamente come sarebbe stato avere entrambi nella stessa squadra, perché di sicuro Marquez è stato velocissimo fin dall'inizio, quindi, in termini di spettacolo sarebbe stata una squadra da sogno. Probabilmente per noi, che avremmo dovuto gestirla, sarebbe stato un po' più difficile, un po' diverso. Casey era un talento pazzesco, e si fossero ritrovati insieme in MotoGP sicuramente gli appassionati avrebbero visto delle bellissime gare.

        Poi dire che questo avrebbe ridotto il numero di titoli vinti da parte di Marc è difficile dirlo. Marquez è un altro fenomeno pazzesco e ha vinto battendo piloti davvero molto forti come Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo e Valentino Rossi, come sarebbe andata non si può dire e non lo può sapere nessuno."

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          #19
          Cal Crutchlow: "Penso che lo spirito competitivo sulla moto sia ancora uno sport. Le corse sono ancora uno sport, ma ovviamente c'è anche il business. Lo facciamo e sappiamo che è un business. Fondamentalmente siamo nel settore dell'intrattenimento. Si tratta di decidere se vuoi farne parte o meno. E non credo che volessi più farlo. È stato uno dei motivi per cui ho deciso di smettere. "

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            #20
            “La Yamaha 250 non andava. Io e Wayne Rainey chiamammo il nostro capo-team manager Kenny Roberts e lui arrivò dall’America al Gp di Francia, in jet. Era un ex pilota da due anni.

            Ci ascoltò, chiese tuta e casco e scese in pista a Le Castellet. Fece 5 tornate, poi scese e si cambiò. Cristo, ci aveva rifilato un secondo al giro. La riunione tecnica con lui durò 20 secondi.
            Ci disse: ‘Ora ho 2 punti fermi: 1- Siete delle teste di cazzo. 2- Salite in moto e date più gas.
            Se non ci sono domande, ora io me ne torno in California’”
            - Alan Carter

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              #21
              Marc Marquez: "Il mio ritorno in pista solo 72 ore dopo la prima operazione è stato frettoloso. Poi mi si rompe la placca a casa aprendo una finestra scorrevole, ma non si rompe lì, si rompe da tutto lo stress che si è creato a Jerez. È stato un errore ."
              Nonostante Marc non voglia puntare direttamente contro nessuno, non nasconde un certo disagio alle indicazioni che i medici gli hanno dato in quel momento, assicurandogli che avrebbe potuto guidare di nuovo la sua Honda senza rischiare di rompere la placca che fissava il suo omero: " Cosa ho imparato? Che noi piloti abbiamo una virtù e un difetto, non vediamo il rischio, non vediamo la paura. Ciò significa che devono farci vedere la paura. Lascio la prima operazione e come ogni pilota chiedo 'quando posso tornare in sella La moto?'. Questa è la prima domanda di qualsiasi atleta. Ed è lì che il medico deve sapere come frenare, essere realista . Sono andato a Jerez con la tranquillità che la placca reggeva, che andava tutto bene perché me l'hanno detto. Sono coraggioso ma non stupido, se mi dicevano che la placca si poteva rompere, non salgo sulla moto a 300 k/h se la placca si può rompere in frenata. Sono cose che si imparano e ti serviranno per il futuro, sono esperienze che speriamo mi facciano maturare ".

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                #22
                Il Dottor Costa: "Io con Valentino è un po’ che non parlo. L’ho sempre aiutato, ho fatto delle cose magnifiche con lui. Quando lui aveva una spalla malandata (2010) e io l’ho preparato per Le Mans, ha fatto pole ed era arrivato secondo a pochi millesimi da Lorenzo. Al Mugello pensavo di giocarmi la carta vincente e vederlo sul podio…

                Mi ha detto che gli era stato confessato che le mie terapie potevano aggravare la sua situazione e che sarebbe stato costretto ad operarsi a fine stagione. A quel punto gli ho detto che io non ho mai fatto niente per aggravare le situazioni di ogni pilota e lui sa quante volte sono riuscito a farlo montare sulla moto anche in condizioni difficili, come febbre sopra i 40, o quando dopo l’incidente col padre gli dissero che non avrebbe potuto più correre per un trauma cranico. Invece io lo portai a correre in Indonesia e fece primo. Gli ho detto che se lui pensava una cosa del genere offendeva la Clinica Mobile dove era stato fatto di tutto e di più per curare i piloti. Per cui non volevo che entrasse più nella Clinica. Il giorno dopo quando lui si è rotto la gamba l’ho curato io e gli altri si sono presi il merito.

                Poi nel libro dedicato a Marquez ho chiesto scusa. Perché da medico avrei dovuto accettare questo suo dubbio, cercare di comprenderlo, fargli capire che non avrei mai fatto nulla di male contro di lui, se non fargli vincere la gara e il campionato del mondo. Quando alla fine dell’anno si è operato lo stesso mi aspettavo che venisse da me. Ma non è successo. Io ho reagito in nome di tutto quello che era stato fatto in Clinica. Questo mi ha fatto perdere di vista quella che era la missione più importante che mi ero prefissato: di aiutare ogni pilota in qualsiasi situazione. Per questo nel libro ‘Magic Marquez’ ho chiesto scusa. Sono io ad aver sbagliato pur avendomi provocato."

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                  #23
                  "Ero l'uomo invisibile. Un numero. C'ero ma non c'ero. 'Te, Dovi, sei del colore dell'asfalto' mi ha detto una volta Luca Cadalora. Aveva ragione: la gente non mi vedeva proprio. Se sei uno che vive di corse e cerchi disperatamente i risultati ma non vinci, e in più sei un introverso che vuole essere persona e non personaggio, non vieni notato.

                  La massa, di base, è attenta ad altro, non ha voglia né tempo da perdere per imparare a capirti. Io non vincevo, ma non perdevo clamorosamente: ero lì, in una specie di limbo e così mi si confondeva, tipo quelli che a una festa sfumano nella tappezzeria. Adesso dico che è normale e che in un certo senso sta nelle regole del gioco. Ma per tanto tempo io mi sono sentito incompreso. Ci sono voluti anni per capire che per uno come me la via per scendere a patti con un sistema che non ti riconosce è solo una: restare quello che sei, avere una faccia sola, sfuggire alla trasparenza restando trasparente. Come puoi diventare da grigio asfalto a rosso fuoco senza neanche un trucco e un parrucco?"
                  - Andrea Dovizioso

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                    #24
                    "Il mio cognome è Marini, anche se molti scrivono ancora ‘il fratello di Valentino’. Ci sono abituato, mi spiace solo per il mio babbo”.
                    Luca Marini: “Il mio percorso è stato di tanta gavetta, partendo da zero con il mio babbo. Quando mi guardo indietro penso: ‘Wow, ne ho fatta di strada’. Non ho certo avuto le moto migliori perché ero il fratello di Valentino, come forse qualcuno pensa, ma mi è servito perché ho imparato cosa significa il sacrificio e mettere tutto te stesso in quello che ami. La svolta è stata l’ingresso nello Sky Racing Team VR46 nel 2018, che mi ha portato a sfiorare il Mondiale in Moto2 e approdare in MotoGP. Non un punto di arrivo, ma il luogo dove provare a ottenere ancora di più."

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                      #25
                      "Il nuovo anno (2003) inizia a marzo, e inizia con il botto. Il 16 la BMW organizza un premio per il tempo più veloce in qualifica. Partecipano tutti i piloti della MotoGP e ci siamo anche io e Troy con le nostre caldissime Desmosedici: abbiamo un'ora a disposizione per girare a Montmelò e ce le diamo di santa ragione. La sfida BMW è il modo perfetto per mandare a fuoco i motori a tre settimane dallo start del campionato. E c'è persino un premio in palio, che male non fa: una 330 Cd grigio metallizzato con dei cerchi da paura.
                      Troy si comporta strabene, considerando soprattutto che qui non ha mai girato: chiude decimo. Ma la berlina nuova di pacca ce la giochiamo Barros e io. Alex è un cannone e scende sotto l' 1'44", che è un giro tipo fantascienza.
                      Valentino si becca mezzo secondo senza passare dal via. Io esagero con il gas nel finale e termino la sessione facendo segnare al conometro un tempo senza senso: 1'43"634.
                      La BMW è mia, che figata!

                      Appena sceso dalla moto vado da uno dei capoccia di Monaco e mi faccio dire cosa costa, di listino, la macchina che ho appena vinto. Come mi comunica la cifra, mi precipito nel box e convoco tutti i meccanici. Del mio team e di quello di Troy. Ansimo di gioia:<<Ragazzi in questi mesi siete stati speciali. Per dimostrarvi la mia gratitudine, ho pensato di smontare la BMW che ho appena vinto e regalarvene un pezzo per uno...>>
                      Ridono tutti.
                      <<Ma poi mi son detto: spiace, è nuova di pacca! Per cui ho deciso di dividere tra voi tutti il valore dell'auto in denaro, di tasca mia. Un piccolo meritatissimo bonus di inizio anno. Spero vi faccia piacere!>>
                      Segue ovazione.
                      Direi che siamo pronti per iniziare alla grande."
                      - Loris Capirossi

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                        #26
                        «Agli esordi eravamo io e papà, insieme ne facevamo mezzo in due. Di quell'inizio mi rimane impressa la seconda selezione sulla pista di Pergusa, il 1° aprile del 1989, il tracciato siciliano è molto veloce e io ero sicuro di prenderle sul dritto. Invece,incredibilmente, la mia Hondina si mette a viaggiare. Siamo da soli, io e Pietro, e in quel periodo in due non ne facevamo uno buono, quanto a competenza tecnica.

                        "Ehhhhhh, ho capito sono le candele nuove a farla volare. Mo ci penso io" se ne esce il sor Pietro quando gli dico che sul dritto la moto è veloce. Dopo un'ora ritorna addirittura con un cartone di candele! "Adesso vedrai come fila, le cambiamo ad ogni turno" afferma deciso. E cosi facemmo.
                        Naturalmente a far prendere più giri alla Honda era stato il clima fresco e secco. La carburazione si era smagrita e il motore rendeva di più, ma questo noi non lo sapevamo.
                        Il giorno delle prove il tempo torna caldo umido e il rendimento peggiora nonostante mio padre si accanisca a cambiare una candela dopo l'altra. Non capiva. In realtà è più giusto dire che in due non ne sapevamo mezza.

                        Comunque in gara finisco in sesta posizione. Poi, botta di culo, squalificano tre piloti che mi avevano preceduto e mi ritrovo terzo. Sul podio mi sento già un professionista.
                        Non sapevo nulla di motociclismo, di strategie, di come condurre la gara e il primo anno cadevo spesso. Non avevo neanche un meccanico, ero allo sbaraglio.
                        Poi un signore, Maurizio Vitali, ha visto che avevo il carattere e i numeri. Si è offerto di farmi da capomeccanico, da coach, da amico. Ed è cambiato tutto». - Max Biaggi -

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                          #27
                          "Assen1978; il continental circus (noi lo chiamavamo cosi'...) arriva ad Assen, la lotta per il titolo è tra Barry Sheene e Kenny Roberts...sono ai ferri corti e nel primo giorno di prove l'inglese è davanti per un'inezia all'americano....le prove finiscono e i meccanici cominciano a lavorare su quelle belle belve che erano le 2 tempi di allora....nella tenda di un pilota italiano si sta mangiando e intanto si parla delle prove e della gara, di gomme e sospensioni, le sigarette si accendono una dietro l'altra e l'alcool aumenta sempre più....nella notte trovano una macchina poco lontano da un locale allegro, sapete in Olanda cosa mettono in vetrina.....ah dimenticavo, volete sapere chi c'era nella macchina capottata dentro al fossato? Barry Sheene, Kenny Roberts e Marco Lucchinelli."

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                            #28
                            "Per fortuna in quella prima gara ad Abacete avevo fatto abbastanza per attirare l'attenzione di Alberto Puig... Con l'atteggiamento brusco e severo che presto avremmo imparato a conoscere, Alberto si avvicinò zoppicando a mio padre nella corsia dei box e gli chiese senza preamboli: 'Chi è quel ragazzo?'. 'E' mio figlio, Casey Stoner' rispose papà. 'Bene, voglio che corra per me il prossimo anno nel campionato spagnolo', disse Alberto.

                            A dir la verità non sapevamo molto di Gran Prix a quell'epoca. Sapevamo soltanto che non si poteva dire di no ad Alberto Puig.
                            Per fortuna oltre che a invitare me in Spagna, Alberto aveva contattato anche Chaz Davies e Leon Camier, chiedendo loro di far parte di una squadra di otto persone, sponsorizzata Telefonica Movistar e da Dorna, che includeva anche un ragazzo tedesco, Jascha Busch, e i piloti spagnoli Julian Simon, Joan Lascorz, Jordi Torres e David Salom.
                            Chaz ricorda cosi quel periodo: 'Quando arrivammo in Spagna, non parlavamo la lingua, non conoscevamo nessuno ed eravamo soltanto io, Leon e Casey. Sentivamo tutti il bisogno di appoggiarci l'uno all'altro. Viaggiavamo insieme e i nostri genitori noleggiavano auto in comune, perchè naturalmente toccava a noi pagare quel genere di cose e dovevamo contenere le spese. Ciascuno di noi ebbe un'esperienza diversa in quel periodo. Casey e Julian Simon furono automaticamente selezionati per partecipare al campionato perchè avevano dimostrato di essere veloci. Ma credo che quella sia stata un'ottima opportunità per tutti noi'.

                            A me fece piacere dimostrare a persone come Alberto Puig che era valsa la pena investire su di me. Alberto ricorda: 'Quando arrivò in Spagna, Casey era velocissimo, era soltanto un pò acerbo. Gli fornimmo una buona moto e un buon pacchetto. Alla fine non riuscimmo a portare a casa il titolo perchè avevamo avuto dei problemi in qualche gara, ma lui era il pilota più veloce di tutti, questo è certo. Ricordo che l'anno dopo, andai da Carmelo Ezpeleta, CEO di Dorna, e gli dissi: <Ascolta, secondo me, questo ragazzo è un fenomeno, ha fatto un'ottima stagione in Spagna con una Honda 125cc, perciò devi assolutamente aiutarlo a entrare in MotoGP> '.
                            Gli amici come Alberto sono stati davvero preziosi."
                            - Casey Stoner

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                              #29
                              Cal Crutchlow: “È emozionante smettere. Ho dato tutto in questa gara. Onestamente, non ne ho più. A metà stagione, con i miei infortuni e le mie condizioni fisiche, ho pensato se continuare o meno a correre. Ho finito il mio viaggio come pilota di partenza, volevo fare questa gara per combattere di nuovo questi ragazzi. L'importante era finire la gara, anche se non potevo fare di più.

                              Mi sento sollevato perché, come ho detto prima, non ce la facevo più. Ho vinto in tutti i campionati che ho corso. Non potrei fare di più. Ho sempre detto che non avrei continuato e mi sarei ritirato se mi fossi alzato senza motivazione. Ma ho ancora la motivazione per guidare una moto. Sono ancora veloce ma non posso competere al livello attuale. Questa stagione mi ha fatto capire che volevo tornare a casa e fare qualcosa di diverso, continuerò a guidare le moto perché sarò un tester Yamaha. Sarò ancora attivo, ma guarderò le gare da casa.

                              Ho fatto una grande gara ed è stato fantastico essere il primo pilota britannico a vincere in MotoGP dopo Barry Sheene. Mi mancherà non essere in pista, mi mancheranno i miei amici. Mi mancherà la competitività, forse la trasformerò in qualcos'altro. Quello che non mi mancherà sono i viaggi e anche la politica nel paddock.”

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                                #30
                                "Ci sono due modi per arrivare al Motomondiale: pagando oppure non pagando. Sono uno dei pochi che non ha mai dovuto pagare. Ogni anno mio padre mi diceva: da questo ottobre le tue moto non ci saranno più. Ma ogni ottobre ho ricevuto un aiuto, una squadra, per quello successivo.

                                Non sono molto emotivo, però so quanto sia difficile farsi largo e ho pianto due volte in vita mia: una quando riuscìi a centrare l’ingresso alla Red Bull Rookies Cup. C’erano una dozzina di posti disponibili per centinaia di candidati, se cadevi eri spacciato, quando sono riuscito a entrare nella selezione ho liberato il pianto come una fontana. Solo con le prime vittorie in Moto3 ho provato un’emozione così forte."
                                - Joan Mir

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