Dopo «Il primo re», Matteo Rovere torna a indagare il mito della nascita di Roma in «Romulus», la nuova serie Sky Original co-prodotta da Cattleya e Groenlandia in onda dal 6 novembre su Sky Atlantic. Noi l'abbiamo vista in anteprima: ecco perché non dovete perdervela
De Il primo re, il film di Matteo Rovere del 2019 dedicato al mito fondativo della città di Roma, Romulus conserva lo spirito e l’energia primitiva, l’attenzione per i dettagli e la riproduzione fedele di un mondo dominato dalla legge del più forte. Quello che la nuova serie Sky Original, al via il 6 novembre in prima serata su Sky Atlantic e Now Tv, porta con sé è, però, soprattutto la voglia di superare i limiti imposti dalla tradizione seriale facendo sì che la narrazione si prenda i suoi tempi per tradurre i pensieri nelle azioni.
L’esperimento, ideato dallo stesso Rovere e sviluppato con una cura e un’attenzione quasi maniacale, è ambizioso: sei puntate girate in protolatinoche ci immergono in un periodo storico, quello del Lazio dell’VIII secolo, che profuma di una primordialità antica, dove tutto si ottiene o uccidendo o mutilando, assecondando il volere di Dei implacabili che non sembrano avere particolarmente a cuore le sorti dell’uomo.
Si inizia dai tumulti che la siccità provoca nei trenta popoli che costituiscono la Lega Latina, guidata dal re di Alba Numitur (Yorgo Voyagis). Non piove da mesi, i raccolti sono aridi e la speranza è sempre più fioca, almeno fino a quando l’auspice spiega che l’unico modo per annientare la carestia è esiliare Numitur e cedere il trono ai suoi due nipoti, Enitos (Giovanni Buselli) e Yemos (Andrea Arcangeli), nati da sua figlia Silvia (Vanessa Scalera).
Contro il volere dei divini non c’è legge umana che tenga e, così, Numitur non ha altra scelta se non quella di accondiscendere a farsi ciecare gli occhi con un ferro incandescente e andare per la sua strada. Le cose, però, non saranno facili per i legittimi eredi: a mettergli i bastoni tra le ruote sarà, infatti, Amulius (Sergio Romano) che, un po’ come Scar nel Re Leone, spinto dalla sete di potere della moglie Gala (Ivana Lotito), decide di approfittare della situazione per prendere il controllo e detronizzare i nipoti. È a questo punto che Romulus, che diventa anche una trilogia di romanzi scritta da Luca Azzolini e pubblicata da HarperCollins Italia, entra nel vivo, portandoci per mano in un’avventura che vede Yemos desiderare la vendetta cercando al contempo di sopravvivere alla minaccia dei Luperci, un gruppo di iniziati obbligato a trasferirsi in un bosco per sopravvivere a Rumina, dea selvaggia e misteriosa.
Attraverso la particolarità delle location che hanno portato la produzione a ricreare le capanne di terra e di argilla della Lega Latina e a restituire la bellezza mozzafiato della Solfatara di Pomezia e delle zone lungo la Pontina, rese ancora più scintillanti dalla fotografia di Vladan Radovic e dai suoi giochi di luci e ombre, Romulus conserva i tratti della più classica delle epopee epiche – con l’eroe che cerca di ristabilire l’ordine messo in discussione – portando avanti più storie parallele.
Da una parte c’è Yemos, interpretato da un grande Andrea Arcangeli, il principe fuggiasco che trova nell’orfano Wiros (Francesco Di Napoli) non solo un alleato ma anche un fratello; dall’altra c’è Gala, una sorta di Lady Macbeth con il volto di Ivana Lotito; e dall’altra ancora Ilia (Marianna Fontana), una giovane sacerdotessa confinata nel tempio di Vesta che lotta per trovare sé stessa e la sua strada.
I punti focali della storia, dalla brama di potere al sogno di fondare una città che accolga tutti i diseredati del mondo conosciuto, Roma appunto, vengono sviluppati da Rovere in maniera molto sofisticata e spettacolare, rappresentando un unicum per la serialità italiana. Sappiamo che il prodotto è estremamente di nicchia e che troverà il benestare soprattutto degli appassionati del genere, tuttavia sarebbe bello che Romulus inaugurasse un nuovo modo di affrontare le nostre radici della nostra Storia in televisione, puntando non solo su un cast di giovani emergenti, ma anche su uno sviluppo che si prende i suoi tempi e non ha alcun bisogno di correre.
notizia da: Vanityfair.it
De Il primo re, il film di Matteo Rovere del 2019 dedicato al mito fondativo della città di Roma, Romulus conserva lo spirito e l’energia primitiva, l’attenzione per i dettagli e la riproduzione fedele di un mondo dominato dalla legge del più forte. Quello che la nuova serie Sky Original, al via il 6 novembre in prima serata su Sky Atlantic e Now Tv, porta con sé è, però, soprattutto la voglia di superare i limiti imposti dalla tradizione seriale facendo sì che la narrazione si prenda i suoi tempi per tradurre i pensieri nelle azioni.
L’esperimento, ideato dallo stesso Rovere e sviluppato con una cura e un’attenzione quasi maniacale, è ambizioso: sei puntate girate in protolatinoche ci immergono in un periodo storico, quello del Lazio dell’VIII secolo, che profuma di una primordialità antica, dove tutto si ottiene o uccidendo o mutilando, assecondando il volere di Dei implacabili che non sembrano avere particolarmente a cuore le sorti dell’uomo.
Si inizia dai tumulti che la siccità provoca nei trenta popoli che costituiscono la Lega Latina, guidata dal re di Alba Numitur (Yorgo Voyagis). Non piove da mesi, i raccolti sono aridi e la speranza è sempre più fioca, almeno fino a quando l’auspice spiega che l’unico modo per annientare la carestia è esiliare Numitur e cedere il trono ai suoi due nipoti, Enitos (Giovanni Buselli) e Yemos (Andrea Arcangeli), nati da sua figlia Silvia (Vanessa Scalera).
Contro il volere dei divini non c’è legge umana che tenga e, così, Numitur non ha altra scelta se non quella di accondiscendere a farsi ciecare gli occhi con un ferro incandescente e andare per la sua strada. Le cose, però, non saranno facili per i legittimi eredi: a mettergli i bastoni tra le ruote sarà, infatti, Amulius (Sergio Romano) che, un po’ come Scar nel Re Leone, spinto dalla sete di potere della moglie Gala (Ivana Lotito), decide di approfittare della situazione per prendere il controllo e detronizzare i nipoti. È a questo punto che Romulus, che diventa anche una trilogia di romanzi scritta da Luca Azzolini e pubblicata da HarperCollins Italia, entra nel vivo, portandoci per mano in un’avventura che vede Yemos desiderare la vendetta cercando al contempo di sopravvivere alla minaccia dei Luperci, un gruppo di iniziati obbligato a trasferirsi in un bosco per sopravvivere a Rumina, dea selvaggia e misteriosa.
Attraverso la particolarità delle location che hanno portato la produzione a ricreare le capanne di terra e di argilla della Lega Latina e a restituire la bellezza mozzafiato della Solfatara di Pomezia e delle zone lungo la Pontina, rese ancora più scintillanti dalla fotografia di Vladan Radovic e dai suoi giochi di luci e ombre, Romulus conserva i tratti della più classica delle epopee epiche – con l’eroe che cerca di ristabilire l’ordine messo in discussione – portando avanti più storie parallele.
Da una parte c’è Yemos, interpretato da un grande Andrea Arcangeli, il principe fuggiasco che trova nell’orfano Wiros (Francesco Di Napoli) non solo un alleato ma anche un fratello; dall’altra c’è Gala, una sorta di Lady Macbeth con il volto di Ivana Lotito; e dall’altra ancora Ilia (Marianna Fontana), una giovane sacerdotessa confinata nel tempio di Vesta che lotta per trovare sé stessa e la sua strada.
I punti focali della storia, dalla brama di potere al sogno di fondare una città che accolga tutti i diseredati del mondo conosciuto, Roma appunto, vengono sviluppati da Rovere in maniera molto sofisticata e spettacolare, rappresentando un unicum per la serialità italiana. Sappiamo che il prodotto è estremamente di nicchia e che troverà il benestare soprattutto degli appassionati del genere, tuttavia sarebbe bello che Romulus inaugurasse un nuovo modo di affrontare le nostre radici della nostra Storia in televisione, puntando non solo su un cast di giovani emergenti, ma anche su uno sviluppo che si prende i suoi tempi e non ha alcun bisogno di correre.
notizia da: Vanityfair.it