11 Marzo 2006
Grande cratere sahariano
di Claudio Elidoro - Fonte: Boston University
Finora era sfuggito a ogni rilevazione. Curioso se si pensa che si tratta di una struttura di circa 31 chilometri di diametro. Un po' meno curioso se si considera che i ricercatori - come hanno sottolineato gli scopritori Farouk El-Baz ed Eman Ghoneim - puntano la loro attenzione principalmente sulle piccole strutture, in particolare su quelle che possono essere rilevate dal suolo.
Questo possibile cratere da impatto ? invece stato individuato grazie all'analisi dei dati satellitari svolta presso il Center for Remote Sensing della Boston University, una struttura di ricerca attiva dal 1986 quale supporto nei campi dell'archeologia, della geografia e della geologia.
Al nuovo cratere ? stato assegnato il nome di Kebira. Scelta pienamente comprensibile dato che la struttura si trova nella parte settentrionale della regione Gilf Kebir nell'Egitto sud-occidentale, ma ancora pi? azzeccata se si pensa che in arabo la parola "kebira" significa "grande". E in effetti Kebira ha tutte le carte in regola per diventare la maggiore struttura da impatto africana scalzando dal primo posto Gweni-Fada, un cratere di 14 chilometri di diametro che si trova in Chad.
Da una prima analisi si ipotizza che l'origine del cratere possa risalire a 100 milioni di anni fa. Sarebbe questa, infatti, l'et? dei terreni nei quali il proiettile cosmico scav? Kebira e il dato troverebbe conferma anche nei significativi segni di erosione operata dall'acqua e dai fenomeni atmosferici. Per la datazione corretta, per?, bisogner? attendere quando verranno effettuate rilevazioni specifiche sul cratere e verranno studiate nei dettagli le sue rocce.
Se la natura di Kebira quale cratere da impatto venisse confermata, diventerebbe molto semplice dare finalmente una spiegazione plausibile della presenza di quei frammenti vetrosi giallo-verdi cos? diffusi in quella regione e chiamati Vetri del deserto. Largo, dunque, ai geologi.
Links - Collegamenti:
http://www.bu.edu/phpbin/news/releases/display.php?id=1073
Grande cratere sahariano
di Claudio Elidoro - Fonte: Boston University
Finora era sfuggito a ogni rilevazione. Curioso se si pensa che si tratta di una struttura di circa 31 chilometri di diametro. Un po' meno curioso se si considera che i ricercatori - come hanno sottolineato gli scopritori Farouk El-Baz ed Eman Ghoneim - puntano la loro attenzione principalmente sulle piccole strutture, in particolare su quelle che possono essere rilevate dal suolo.
Questo possibile cratere da impatto ? invece stato individuato grazie all'analisi dei dati satellitari svolta presso il Center for Remote Sensing della Boston University, una struttura di ricerca attiva dal 1986 quale supporto nei campi dell'archeologia, della geografia e della geologia.
Al nuovo cratere ? stato assegnato il nome di Kebira. Scelta pienamente comprensibile dato che la struttura si trova nella parte settentrionale della regione Gilf Kebir nell'Egitto sud-occidentale, ma ancora pi? azzeccata se si pensa che in arabo la parola "kebira" significa "grande". E in effetti Kebira ha tutte le carte in regola per diventare la maggiore struttura da impatto africana scalzando dal primo posto Gweni-Fada, un cratere di 14 chilometri di diametro che si trova in Chad.
Da una prima analisi si ipotizza che l'origine del cratere possa risalire a 100 milioni di anni fa. Sarebbe questa, infatti, l'et? dei terreni nei quali il proiettile cosmico scav? Kebira e il dato troverebbe conferma anche nei significativi segni di erosione operata dall'acqua e dai fenomeni atmosferici. Per la datazione corretta, per?, bisogner? attendere quando verranno effettuate rilevazioni specifiche sul cratere e verranno studiate nei dettagli le sue rocce.
Se la natura di Kebira quale cratere da impatto venisse confermata, diventerebbe molto semplice dare finalmente una spiegazione plausibile della presenza di quei frammenti vetrosi giallo-verdi cos? diffusi in quella regione e chiamati Vetri del deserto. Largo, dunque, ai geologi.
Links - Collegamenti:
http://www.bu.edu/phpbin/news/releases/display.php?id=1073