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Grande Battaglia In Casa Ducati Imola '72

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    Grande Battaglia In Casa Ducati Imola '72


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    #2
    Paul Smart sicuro ... l'altro ? Spaggiari?

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      #3
      Originally posted by jacknipper
      Paul Smart sicuro ... l'altro ? Spaggiari?

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        #4
        Paul Smart ... grandissimo
        ho trovato questo su internet proprio su quei giorni fino alla 200 miglia dalle sue parole:

        Il mio primo incontro con la nuova Ducati
        Mi imbarcai sull?aereo gi? stanco, dopo aver appena corso una gara ad Atlanta, negli Stati Uniti. Decisamente, non mi sorrideva l?idea di affrontare un lungo viaggio fino a Imola per disputare quella gara: era stata mia moglie ad impegnarsi per me, ed io non ero affatto sicuro di volerci andare.

        Arrivato in Italia, c?era una sorpresa ad aspettarmi: un macchinone venuto a prendermi all?aeroporto. Sapete, una di quelle auto con le tendine ai finestrini, una macchina da dirigente o cose del genere. Dire che il mio atteggiamento inizialmente fosse ostile ? dire poco: ero sicurissimo che il mezzo con cui avrei gareggiato fosse l?ennesima moto superata, messa insieme in qualche modo per la gara.

        Dall?aeroporto, venni accompagnato direttamente al circuito di Modena, dove trovai ad aspettarmi una folla di meccanici ed altro personale di pista in tuta blu. Un chiaro segnale che stava succedendo qualcosa di importante. Franco Farn?, che all?epoca dirigeva il reparto corse, parlava poco l?inglese, ma grazie al cielo aveva una segretaria sudafricana anglofoba. Parlando con loro, ebbi l?impressione che si stesse preparando qualcosa di grosso.

        Andammo direttamente al circuito di prova a Modena, che si trovava proprio in centro citt?. Il circuito fungeva anche da aeroporto, e c?erano degli aerei parcheggiati a bordo pista. In quello stesso circuito si teneva una prova del Campionato Italiano. La pista era circondata da condomini, e tra case e aerei, era molto facile distrarsi. Ero in Italia da meno di un giorno, eppure all?ora di pranzo mi trovavo gi? al circuito di Modena, pronto a testare una moto nuova di zecca, sotto gli occhi dell?intera squadra corse e della direzione. La 200 Miglia di Imola era in programma pochi giorni pi? tardi, il tempo stringeva.

        Vidi la moto per la prima volta gi? in pista. Pensai: "Questa cosa ? talmente lunga che non ce la far? mai a curvare ?ha perfino una cerniera nel mezzo!". Ci si fanno idee preconcette giudicando una moto dall?aspetto. Ero sceso da poco da una delle moto pi? maneggevoli del mondo, e questa nuova Ducati mi sembrava un ritorno al passato. Una bicilindrica a quattro tempi?!

        Comunque uscii e feci dieci giri. Immediatamente, mi resi conto che la grossa novit? era il motore. Evidentemente, Ducati aveva lavorato parecchio, mettendoci tanto impegno. Sembrava girare a basso regime, uno scoppio ogni morte di papa (in realt?, era solo un?impressione) ma era comunque sufficientemente veloce, e il telaio pareva a posto.

        Dopo i primi 10 giri, mi sentii di criticare solo gli pneumatici stradali TT100. Io avrei voluto gomme da gara Dunlop, ma i meccanici erano convinti che non avrebbero resistito per tutta la 200 Miglia: io comunque continuai a insistere perch? le cambiassero prima di andare a Imola. Facemmo qualche piccola modifica (le pedane, il manubrio, cose del genere) e dopo circa 20 minuti tornai a uscire.

        Feci altri dieci giri e poi rientrai nel paddock. Come ho gi? detto, ero stanchissimo e di malumore, ma quando arrivai al box, pronto a criticare e a fare a pezzi la moto, mi accorsi che era successo qualcosa. Tutti i componenti della squadra saltavano, battevano le mani e mi davano pacche sulle spalle.

        Avevo appena battuto il record sul giro del campione del mondo Agostini, e con pneumatici stradali! Tra gli altri c?era l?Ingegnere, Taglioni. Aveva sempre il sorriso sulle labbra, era sempre pronto a parlarti, a fare domande, ad analizzare la situazione. Non dimenticher? mai il suo largo sorriso di quel giorno.

        La moto era fresca di produzione, ed era stata creata assemblando pezzi dei nuovi modelli GT appena presentati. La mia sensazione era che un mezzo tanto sperimentale difficilmente sarebbe arrivato al traguardo di una 200 Miglia.

        La moto era molto pi? veloce di quanto mi aspettassi visti i suoi 84 cavalli effettivi, e non perdeva potenza quando si surriscaldava durante la corsa come le altre due tempi che avevo guidato. L?erogazione di potenza era molto morbida e mi consentiva di gestire il gas in maniera pi? aggressiva. Ero decisamente sorpreso: la nuova Ducati era molto pi? guidabile e pi? potente della Triumph con la quale avevo corso l?anno precedente.

        Non rimaneva molto da fare, Ducati aveva pensato a tutto. La mia pi? grande preoccupazione restavano le gomme, ma i tecnici non volevano ascoltarmi. Insistetti per un po?, e poi mi dissi che ci avremmo pensato se fossi arrivato a fine corsa con solo le carcasse.

        La 200 Miglia di Imola
        Era la gara pi? importante in Italia, il grande evento di Checco Costa, padre del Dr. Costa, che aveva preteso la partecipazione di tutti i costruttori italiani, e di tutti i migliori piloti. Niente scuse, non erano ammesse defezioni.


        Arrivato al circuito, incontrai alcuni personaggi che gi? conoscevo: Agostini, i piloti inglesi e un paio di altri concorrenti, tutti sorpresi nel vedermi l?. La massima riservatezza ai box Ducati, il sorriso dell?ingegner Taglioni e la mia presenza a Imola erano gli argomenti del giorno: Ducati stava preparando una sorpresa.

        Tutti i piloti e i team pi? famosi si presentarono all?appuntamento: Agostini con la sua MV Agusta campione del mondo, Villa su una fortissima Triumph, Jack Findlay su un?eccezionale Moto Guzzi, Saarinen con la sua Yamaha, Peter Williams e credo Croxford con le Nortons e il grande team Triumph con Pickford e Jefferies in sella. In pi?, c?erano le squadre Suzuki, Yamaha e Kawasaki.

        Era stato offerto ad alcuni tra i migliori piloti di guidare la nuova Ducati, ma tutti avevano rifiutato di salire su un mezzo cos? sperimentale.

        Le prove andarono molto bene, io e il mio compagno di squadra Bruno Spaggiari facemmo segnare quasi tutti i tempi migliori. Questo scaten? l?immediato malcontento di tutti coloro che prima avevano declinato l?offerta di correre con quella moto e che ora, con loro grande sorpresa, se la ritrovavano davanti.

        Agostini aveva un piano: andare fortissimo e vincere, almeno finch? la sua MV non si fosse rotta. Credo che fosse in pole position. Sono quasi certo di averlo tenuto dietro in prova, ma comunque, alla fine era in pole. Dopotutto, era il campione del mondo, e nessuno contest?.

        Io non ero particolarmente preoccupato ne? intimidito dalla concorrenza, e nemmeno dal mio compagno di squadra Spaggiari: ero arrivato a un punto della mia carriera in cui non mi lasciavo pi? impressionare dagli altri. Non mi importava chi fossero, purch? arrivassero dal secondo posto in gi?.

        Il giorno della gara, si radun? una folla incredibile. L?atmosfera era carica di elettricit?, e c?era un rumore assordante, come solo gli italiani riescono a fare. Migliaia di tifosi intasavano le strade e ci volle un eternit? a raggiungere il circuito. C?erano spettatori dappertutto, ovunque si potesse scorgere la pista, sui tetti delle case, arrampicati sugli alberi: guardandosi intorno, si vedeva una marea di facce.

        La pista ? uno dei miei ricordi pi? precisi. Era un bellissimo circuito da Grand Prix vecchio stile, che si snodava, e ancora si snoda, lungo le colline che circondano il cuore della citt? di Imola. La gara si disputava anche su un tratto di strada pubblica chiusa al traffico per l?occasione, e il tipo di tracciato favoriva le alte velocit?.

        La mia unica preoccupazione era la pioggia, in quanto il circuito era costeggiato in diversi punti da guardrail d?acciaio e alberi, e mettere una ruota fuori pista avrebbe potuto avere conseguenze piuttosto spiacevoli. L?asfalto era leggermente umido e sapevo che sarebbe stata una gara di velocit? pi? che di durata: impossibile pensare di chiudere il gas o rimanere fuori dalla mischia.

        La parte critica del circuito era la curva del Tamburello, dove poi usc? di pista Senna. Per vincere, bisognava affrontarla a gas spalancato e trovarsi nella posizione giusta per l?uscita di curva. Non bastava essere piloti esperti per fare bene questa curva: ci voleva anche una certa dose di coraggio, o di pazzia, per percorrerla a velocit? da leader della corsa. Bisognava tenere il gas aperto dalla fine della discesa fino a tutta la curva, superando le 150 miglia orarie. Quelle moto non erano affatto lente, e montavano pneumatici strettissimi rispetto a quelli di oggi.

        Il direttore della squadra Ducati Fredmano Spairani era un uomo incredibilmente determinato e assolutamente deciso a vincere. Prima della gara, per prevenire eventuali dissapori, mi aveva detto, in presenza di Spaggiari: "Stammi a sentire, tu e Bruno sarete primo e secondo. Vorrei che vi metteste d?accordo per dividervi il premio in denaro che spetta ai primi due classificati, quando vinceremo." Era talmente sicuro e convincente che ci dicemmo d?accordo. E come ciliegina sulla torta, mi disse che, se avessi vinto, avrei potuto tenere la moto.

        In gara non c?erano tabelle di segnalazione dai box, solo tre aste: rossa, pericolo, pilota vicino, gialla, mantieni la velocit? e verde, rallenta. Era prevista una fermata ai box durante la corsa, e anche in quel caso, niente segnalazioni. Avevamo una striscia trasparente sul serbatoio, per consentire ai meccanici di controllare che il serbatoio fosse pieno a fine rifornimento. Tutto molto elementare, niente di digitale allora!

        Durante l?allineamento per la partenza, tutto il contorno, le urla dei tifosi, cominciarono a dissolversi: in quel momento non pensi pi? a tutte le persone che ti stanno intorno, sei solo. Io guardavo il cielo e pensavo ?oh Cristo, ora comincia a piovere?. La partenza prevista era da fermi, con il motore acceso.

        Agitata la bandiera, la MV di Ago part? velocissima, ma io fui pi? prudente perch? volevo far durare a lungo la frizione ? e durare a lungo anch?io! Ero perfettamente cosciente di avere un intero schieramento di concorrenti agguerriti alle calcagna, e non volevo rovinare tutto al primo tornante.

        Bruno ed io raggiungemmo in fretta le prime posizioni, ma quasi subito, persi la prima marcia. Mi ha sempre colpito il fatto che Bruno non se ne sia accorto: mi super? di slancio. E? anche possibile che, senza la prima, mi sia risparmiato tante cambiate; e comunque, non credo di aver perso velocit? nelle curve da prima.

        Fatto sta che il problema pi? grosso ce lo crearono i doppiati: Imola era un circuito veloce, e c?erano tanti piloti lenti su moto lente. Inoltre, la 200 Miglia era una gara massacrante, e dovevamo evitare di continuo moto che si ritiravano o che finivano il carburante: la percentuale di abbandoni era piuttosto alta.

        Facemmo un solo rifornimento e fu la parte pi? critica di tutta la gara. Per aumentare la tensione, sia io che Spaggiari rientrammo al box nello stesso momento: fu ancora pi? spettacolare ritrovarci insieme in testa alla gara e poi rientrare insieme al box a fare rifornimento.

        Ducati non voleva solo vincere, voleva che le sue moto fossero prima e seconda, in formazione, per tutta la gara e anche durante il pit stop. Ducati voleva tutto, e riuscire nell?impresa sarebbe stato magnifico (anzi, sarebbe stato, semplicemente, un miracolo).


        Spaggiari mi aveva superato durante la gara ma io lo avevo immediatamente ripreso. Non ci riprov? fino all?ultimo giro, quando cerc? di sorpassarmi all?esterno in uscita dalle Acque Minerali. Quella parte del circuito si affrontava a gas spalancato, e quando vidi la sua ruota anteriore che mi si affiancava, per comunicargli il mio disappunto allargai la traiettoria sempre pi?...

        Non lo vidi pi? accanto a me, e quando alla fine mi voltai a guardare indietro mi venne il sospetto che fosse finito nella siepe a bordo pista! Avevamo un enorme margine di vantaggio su tutti gli altri . Negli ultimi giri, si sentivano le urla dei tifosi sovrastare il rumore dei motori. Che pubblico straordinario.

        Io e Bruno tagliammo il traguardo primo e secondo, e per la prima volta da quando ero salito su quell?aereo ad Atlanta, sentii la tensione allentarsi. Mi resi conto di quello che era successo solo quando rientrai con la moto nella corsia box, vedendo l?espressione sul volto dei componenti del team, e in particolare, di Taglioni e Spairani: esaltazione pura. Avevano scommesso, e avevano vinto.

        Quello fu per me un giorno davvero straordinario, anche per un altro motivo: era il mio compleanno ( 23 aprile 1943). Davvero un ottimo compleanno?.

        Dopo la gara
        In Italia, impazzirono tutti per me, Bruno e la Ducati. Ci caricarono insieme alle moto su un grande autocarro con una parete di vetro e attraversammo Bologna in parata, con una processione di automobilisti dietro che suonavano il clacson sventolando bandiere.

        Ci fermammo davanti alla stazione, doveva essere una sosta di un minuto ma migliaia e migliaia di persone ci circondarono e si unirono ai festeggiamenti. Io avevo ancora addosso la tuta, ero stanchissimo, stravolto dal cambiamento di fuso orario, ma era impossibile andare a dormire nel bel mezzo di quella festa. Pareva che tutta la citt? si fosse riversata in strada a celebrare la gloria di Ducati, di Bologna e dell?Italia.

        Il giorno dopo, Spairani mi ricord? che avrei potuto tenere la moto, a patto di disputare alcune gare internazionali in Gran Bretagna. Io e la mia Ducati 750 andammo a vincere la Hutchinson 100 a Brands Hatch battendo il dominatore di allora, Phil Read.

        Durante la 200 Miglia di Imola e le gare successive, entrai in grandissima sintonia con quella moto. Era veloce e infallibile. Se dovessi trovarle un difetto, direi la luce da terra in piega, ma grazie al mio stile di guida "fuori" dalla moto, non ? mai stato un grosso problema. Sono ancora il proprietario di quella moto, ma l?ho prestata alla Ducati e ora fa bella mostra di se? al Museo Ducati di Bologna.

        [fonte: MotorBox]

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          #5
          impressionante la differenza tra i 2: dall'abbigliamento (casco) alla posizione in sella

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            #6
            questo me lo faccio mettere in amarcord

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