ROMA (14 dicembre) - Qualcuno lo ha soprannominato il ?Nonno di Valentino Rossi?, ma lui, Pietro Mencaglia, classe 1927 vive in una situazione che Vale non pu? neanche immaginare. Povero, costretto a tirare avanti a oltre ottant?anni con una pensione sociale di 520 euro pi? altri 450 euro per l?accompagno. Si, perch? Pietro, oltre 140 gare vinte in carriera, 500 corse disputate, una vita passata in sella alle moto sui circuiti e le strade di tutta Italia, ? un Grande Invalido dello Sport italiano. Un brutto giorno del 1977, dopo trent?anni di corse, i freni anteriori della sua moto si bloccarono prima di una curva sul circuito di Misano: caduta, soccorsi, ospedale, 43 giorni fra la vita e la morte e poi pi? nulla. Una carriera finita cos?, senza che nessuno si sia mai pi? ricordato di lui.
Pietro Mencaglia avrebbe diritto a un vitalizio di 1.600 euro al mese grazie alla legge Onesti (la Bacchelli riservata agli sportivi), con la quale potrebbe far vivere a s? e alla moglie scampoli di vita dignitosa.
?Feci la domanda otto anni fa - racconta emozionato nella sua abitazione della periferia romana, una casetta stritolata dal cemento della borgata Finocchio - ma per lungo tempo nessuno mi rispose. Fino a quando, nel settembre del 2007 la Signora Gabriella, segretaria dell?allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, mi chiam? per darmi la bella notizia. Finalmente il mio caso era risolto, avrei percepito il vitalizio. Ma fu solo un?illusione. Il Governo Prodi cadde e con esso la mia pensione?.
Punto e a capo, tutto da rifare. Ora ? pronta una raccomandata da inviare alla Presidenza del Consiglio del Governo Berlusconi per riavviare tutta la trafila. Ma quanto tempo passer? ancora?
?Io sono vecchio e malato - racconta ancora Pietro - non credo che mi rester? molto da viveve. Non mi interessano i soldi della ?Bacchelli?, ma vorrei almeno ottenere gli arretrati del 50% della pensione di invalidit? (circa 250 euro mensili ndr) ai quali avrei diritto fin dal 1983 secondo una certificazione della Usl. Non diventerei certo ricco, ma quei soldi permetterebbero a me e a mia moglie di trascorrere dignitosamente gli ultimi mesi di vita. Per fortuna ho la mia casa e devo ringraziare il presidente della Federazione Motociclistica Italiana Paolo Sesti che, con il suo intervento, evit? che fosse messa all?asta?.
Pietro Mencaglia ? un campione dello Sport italiano. Un grande di un motociclismo pionieristico, nel quale il pilota era anche il preparatore della moto: cacciavite, filo di ferro grasso nelle mani e tanta, tanta passione. Allora non giravano milioni di euro, ma solo pochi spiccioli che venivano liquidati dopo ogni vittoria. ?Quando andava bene - ricorda Mencaglia - guadagnavamo dieci lire che spendevamo in una osteria dei Castelli. Ma accadeva anche che non ci pagassero, se gli organizzatori non rientravano delle spese?.
Un altro mondo, uno Sport che non esiste pi?. ?Vi pare giusto - si chiede Mencaglia - che gente come Valentino Rossi oggi guadagni decine di milioni di euro e io debba fare la fame? Con tutto quello che ho dato allo Sport italiano. Ora Vale ? il pi? grande, ma con le moto di allora io gli avrei girato intorno. Mi ricordo quando correvo con Giacomo Agostini. Lui era agli inizi e dividevamo una stanza d?albergo la sera prima delle gare in salita. Lo battevo quasi sempre?.
Nel seminterrato della sua casa dimessa, fra ragnatele, polvere, bottiglie di vino datate oltre trent?anni, targhe e attestati di ogni genere, Pietro Mencaglia conserva le testimonianze della sua grande passione: oltre 140 coppe d?argento, un po? ossidate, che sono ancora oggi il mondo di ricordi al quale si aggrappa per sopravvivere. Gli resta solo quello, insieme alle lacrime di commozione al momento dei saluti sotto la pioggia sul cancello di casa.
FONTE
Pietro Mencaglia avrebbe diritto a un vitalizio di 1.600 euro al mese grazie alla legge Onesti (la Bacchelli riservata agli sportivi), con la quale potrebbe far vivere a s? e alla moglie scampoli di vita dignitosa.
?Feci la domanda otto anni fa - racconta emozionato nella sua abitazione della periferia romana, una casetta stritolata dal cemento della borgata Finocchio - ma per lungo tempo nessuno mi rispose. Fino a quando, nel settembre del 2007 la Signora Gabriella, segretaria dell?allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, mi chiam? per darmi la bella notizia. Finalmente il mio caso era risolto, avrei percepito il vitalizio. Ma fu solo un?illusione. Il Governo Prodi cadde e con esso la mia pensione?.
Punto e a capo, tutto da rifare. Ora ? pronta una raccomandata da inviare alla Presidenza del Consiglio del Governo Berlusconi per riavviare tutta la trafila. Ma quanto tempo passer? ancora?
?Io sono vecchio e malato - racconta ancora Pietro - non credo che mi rester? molto da viveve. Non mi interessano i soldi della ?Bacchelli?, ma vorrei almeno ottenere gli arretrati del 50% della pensione di invalidit? (circa 250 euro mensili ndr) ai quali avrei diritto fin dal 1983 secondo una certificazione della Usl. Non diventerei certo ricco, ma quei soldi permetterebbero a me e a mia moglie di trascorrere dignitosamente gli ultimi mesi di vita. Per fortuna ho la mia casa e devo ringraziare il presidente della Federazione Motociclistica Italiana Paolo Sesti che, con il suo intervento, evit? che fosse messa all?asta?.
Pietro Mencaglia ? un campione dello Sport italiano. Un grande di un motociclismo pionieristico, nel quale il pilota era anche il preparatore della moto: cacciavite, filo di ferro grasso nelle mani e tanta, tanta passione. Allora non giravano milioni di euro, ma solo pochi spiccioli che venivano liquidati dopo ogni vittoria. ?Quando andava bene - ricorda Mencaglia - guadagnavamo dieci lire che spendevamo in una osteria dei Castelli. Ma accadeva anche che non ci pagassero, se gli organizzatori non rientravano delle spese?.
Un altro mondo, uno Sport che non esiste pi?. ?Vi pare giusto - si chiede Mencaglia - che gente come Valentino Rossi oggi guadagni decine di milioni di euro e io debba fare la fame? Con tutto quello che ho dato allo Sport italiano. Ora Vale ? il pi? grande, ma con le moto di allora io gli avrei girato intorno. Mi ricordo quando correvo con Giacomo Agostini. Lui era agli inizi e dividevamo una stanza d?albergo la sera prima delle gare in salita. Lo battevo quasi sempre?.
Nel seminterrato della sua casa dimessa, fra ragnatele, polvere, bottiglie di vino datate oltre trent?anni, targhe e attestati di ogni genere, Pietro Mencaglia conserva le testimonianze della sua grande passione: oltre 140 coppe d?argento, un po? ossidate, che sono ancora oggi il mondo di ricordi al quale si aggrappa per sopravvivere. Gli resta solo quello, insieme alle lacrime di commozione al momento dei saluti sotto la pioggia sul cancello di casa.
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