Il lavoro nel box Ducati non era per nulla semplice, sin dalla Desmosedici GP3 si scelse la strada del motore portante quindi era lui il cuore e la parte centrale dell'ossatura.
Una volta smontato "cascava" tutto quindi era un lavoro molto complesso e con tempi lunghi.
Ricordo una intervista a Jeremy Burgess una volta arrivato nel box Ducati durante i test a Valencia nel 2010 dopo l'ultima gara della stagione, si sconcertò per la mole di lavoro che attendevano i suoi uomini (i componenti del team di Rossi passati dalla Yamaha alla Ducati) perché nel box Yamaha erano abituati a ricevere parti già assemblate e di doverle solo collocare sul telaio mentre in casa Ducati si smontava di tutto e di più e di pre-assemblato non c'era quasi nulla.

ducati motogp gp3 motore portante
L'anno dopo, nel 2011, sempre l'australiano dichiarò che il passaggio ad un telaio perimetrale in alluminio servì per due motivi: il primo per creare una moto con delle quote ciclistiche, ed annesse rigidezze, simili alle giapponesi visto che il regime di monogomma non lasciava spazio ad ardite scelte. Il secondo motivo era quello di facilitare le operazioni ai box, velocizzandole.
In foto una Ducati Desmosedici GP6 che ritrae alla perfezione la mole di lavoro, ad occhio, che spettava ai meccanici di Borgo Panigale.
da wheels and chassis
Una volta smontato "cascava" tutto quindi era un lavoro molto complesso e con tempi lunghi.
Ricordo una intervista a Jeremy Burgess una volta arrivato nel box Ducati durante i test a Valencia nel 2010 dopo l'ultima gara della stagione, si sconcertò per la mole di lavoro che attendevano i suoi uomini (i componenti del team di Rossi passati dalla Yamaha alla Ducati) perché nel box Yamaha erano abituati a ricevere parti già assemblate e di doverle solo collocare sul telaio mentre in casa Ducati si smontava di tutto e di più e di pre-assemblato non c'era quasi nulla.

ducati motogp gp3 motore portante
L'anno dopo, nel 2011, sempre l'australiano dichiarò che il passaggio ad un telaio perimetrale in alluminio servì per due motivi: il primo per creare una moto con delle quote ciclistiche, ed annesse rigidezze, simili alle giapponesi visto che il regime di monogomma non lasciava spazio ad ardite scelte. Il secondo motivo era quello di facilitare le operazioni ai box, velocizzandole.
In foto una Ducati Desmosedici GP6 che ritrae alla perfezione la mole di lavoro, ad occhio, che spettava ai meccanici di Borgo Panigale.
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