E’ il 24 agosto 1980, e la Cagiva debutta con una moto ibrida, la 1C2, costruita a Schiranna ma con motore Yamaha TZ 500. La livrea? Manco a dirlo, argento e rosso. Il pilota, Virginio Ferrari, si qualifica nelle ultime posizioni e si ritira dopo un giro… L’inizio non è proprio trionfale.
Nel 1981 la Cagiva si presenta in griglia con una moto interamente costruita in casa, propulsore compreso, un quattro cilindri fronte marcia con alimentazione a dischi rotanti posizionati sul dorso del carter. Il telaio è a tubi tondi.
Il debutto della 2C2 non è fra i più memorabili, Ferrari alla gara iridata d’esordio di Salisburgo spunterà un 44° tempo in griglia (ma quanti erano?!) e porterà la moto al traguardo in trentesima posizione. Poco importa, l’avventura di una moto tutta italiana contro i colossi giapponesi è partita!
Dopo un 1981 passato nelle retrovie, la Cagiva presenta per la stagione 1982 la 3C2, una moto tutta nuova che vanta soluzioni tecniche analoghe a quelle delle quattro cilindri nipponiche. Infatti per il motore si sceglie una schema “in quadrato”, e il telaio viene rifatto con tubi a sezione quadra in alluminio. Il pilota, Jon Ekerold, disputerà un campionato regolare, buone qualificazioni e soprattutto regalerà alla Cagiva il primo punto mondiale ad Hockenheim, ultima gara della stagione. Sarà di buon auspicio?
In Cagiva investono per la realizzazione di una moto con soluzioni originali ma che venne terminata a stagione già iniziata. I piloti sono Ekerold e Ferrari. La 4C3 vede soluzioni inedite come il motore con funzione portante. Ci viene addirittura imbullonato il cannotto di sterzo. La moto risulterà semplicemente inguidabile.
Ferrari, richiede ed ottiene una moto con telaio più tradizionale che gli permetterà di chiudere in maniera dignitosa la stagione.
All’alba della stagione 1984 Claudio Castiglioni dichiara “Questo è un anno determinante, o riusciamo a stare nei primi dieci o molliamo. Crediamo di avere scelto il pilota giusto per riuscirci: Marco Lucchinelli”.
Il pilota spezzino ritorna alla casa varesina dopo un periodo che l’ha visto campione del mondo 1981 e strapagato pilota ufficiale Honda per le due stagioni successive. Lucchinelli fornirà prestazioni opache ed altalenanti condite da imbarazzanti episodi di carattere personale. La moto sembra avere una discreta base, la potenza non manca ed il telaio è equilibrato. Il bilancio della stagione è in netto contrasto con i proclami del suo avvio, il miglior risultato ottenuto è un decimo posto al GP di Jugoslavia.
Nel 1985, il reparto corse sforna la C10, una moto profondamente aggiornata nel telaio, ora con una struttura scatolata tipo Deltabox di Yamaha, e con un nuovo motore V4 di 90° a due alberi controrotanti con aspirazione lamellare. Nonostante tutto Lucky viene riconfermato e torna Ferrari dopo una stagione passata al team Agostini-Yamaha.
Per la Cagiva si delinea la solita stagione fatta di delusioni e di sogni infranti. Si insinua nei fratelli Castiglioni un dubbio: la carenza dei risultati dipende dalla mancata efficienza del mezzo o da scarse motivazioni dei piloti? Per sgombrare la testa da questi pensieri viene messo sul tavolo un carico da quaranta, King Kenny Roberts! Il Marziano viene ingaggiato per effettuare un test a Misano ed esprimere un giudizio sulle potenzialità della moto. Ferma i cronometri con un incoraggiante 1’21”86, appena mezzo secondo più lento del tempo fatto segnare da un velocissimo Spencer l’anno prima. Per la cronaca, però, finisce in anticipo il test per correre in California a sposarsi per la seconda volta. Che dire? Erano decisamente altri tempi! King Kenny giudica complessivamente bene la moto ed il motore “molto buono”. E tanto basta.
Arriva il 1987 e si battezza la C587. Il nuovo ds è Francis Batta, che porta alla squadra, oltre a Didier De Radigues, anche lo sponsor Bastos ed un paio di meccanici. La carena perde l’argento dalla livrea: ci si lascia così alle spalle l’ideale legame cromatico con le mitiche Mv e si arriva ad una tonalità interamente rossa che vagamente ricorda quella della Ferrari (è in realtà il “main color” delle sigarette belghe). La moto in quell’anno passa da 140 a 145 CV e molla i carburatori Dell’Orto per i Mikuni. L’angolazione dei cilindri passa da 90 a 56 gradi e arriva una forcella rovesciata Öhlins. Le modifiche hanno la finalità di aumentare la compattezza e la maneggevolezza del mezzo anche attraverso la riduzione del peso, che si attesterà sui 122 chili a secco. Ad affiancare De Radigues arriva il francese Raymond Roche (ex ufficiale Honda). Un po’ alla volta i sogni lasciano posto alla realtà, l’idea di produrre una moto tutta italiana anche nella componentistica lascia spazio ad un più prosaico e terreno obiettivo: vincere!
Oltre all’addio delle partenze a spinta, dopo vent’anni il motociclismo mondiale ritornò in Giappone. Raymond Roche vi esordì con un fortunoso 10° posto, firmando così la prima gara in Cagiva con un punticino. Ma il profumo della vittoria era ancora lontano… La Cagiva disputò un ottimo finale di stagione: alla penultima prova in Brasile piazzò De Radigues al quarto posto e nell’ultima gara, disputata in Argentina, portò a casa un quinto posto con Roche.
Il 1988 partì sotto i migliori auspici. La casa dell’elefantino ora con la C588, ingaggiò il vice campione del mondo Randy Mamola. Al suo fianco, il confermato Roche. Andati via ds e sponsor, la moto rimane lo stesso rossa. Al momento, l’accostamento della 500 varesina non è più col passato della gloriosa Mv, ma con la Ferrari Engineering con la quale vengono stretti accordi di collaborazione tecnica.
Quell’anno vennero introdotte alcune modifiche sulla ciclistica e la ruota posteriore passò da 17 a 18 pollici. Così arrivarono anche i risultati.
Mamola al GP del Belgio salirà sul podio! Il piazzamento finale in campionato sarà il 12° e la squadra riponeva così grandi aspettative per la stagione successiva. Ricordiamo brevemente che la Cagiva nel 1988 ha corso ufficialmente anche nella 125. Pierpaolo Bianchi è arrivato quarto nel GP delle Nazioni ad Imola. Il progetto (un monocilindrico derivato da quello che vinceva nel cross) verrà abbandonato a fine stagione. La 500 ha la priorità su tutto.
Gennaio 1989.
Claudio Castiglioni esordisce con: “È la stagione della verità!”.
In un certo senso è così, ma non quella sperata: si rinnoverà la trama di un film già visto. Randy Mamola dava l’impressione di impegnarsi più nello spettacolo che nella concretezza dei risultati. Kenny Roberts lo bollò come “un bel personaggio per l’immagine degli sponsor”. Ma l’episodio clou a conferma di questa visione fu il cappottamento al giro di allineamento ad Assen. Pernat dichiarò a caldo: “Bisognerebbe strozzarlo!”
Oltre al pilota, altro problema furono gli errori tecnici che compromisero la stagione 1989, in primis l’errata distribuzione dei pesi che comportò grosse difficoltà nella erogazione della potenza.
Vennero stretti nuovi accordi con Ferrari Engineering e venne portata in pista una bellissima moto con telaio e forcellone in carbonio, il peso era ancora un po’ elevato, ma la rigidità del mezzo aumentò del 30%. Si accresceva così la maneggevolezza e spuntava anche una evoluzione del motore in ottica 1991. Intanto Pierfrancesco Chili vinceva il campionato italiano Open ed il mercato piloti era in fermento. Lawson non sembrava più così deciso al passaggio in Suzuki.
Arrivò quindi la firma con la Cagiva per due anni, a partire dal 1991. La sua sfida personale era partita: dimostrare al mondo di essere ancora un pilota carico ed in grado di guidare una squadra con ambizioni mondiali. E, nel frattempo, la squadra andò a riconfermare Alex Barros come seconda guida.
Le prime impressioni furono confortanti per la ciclistica, ma il motore venne giudicato scarso di potenza e modesto in accelerazione. Dalle indicazioni di Eddie nacque la C591, vennero modificate le geometrie, puntando principalmente alle regolazioni dell’anteriore e sul posizionamento del motore (arretrato di 15 mm). Un aiuto arrivò anche dal nuovo regolamento che impose 130 Kg come peso minimo delle 500, alzandolo così di 15 kg. La Cagiva, da sempre la moto più pesante del lotto, ne trasse così beneficio. Schwantz invece non digerì questa modifica del regolamento, tanto che apostrofò la sua Suzuki come “una moto di merda”!
L’inizio della stagione 1991 fu incoraggiante. Dopo dieci prove del campionato 1991 Lawson viaggia ad un passo dal podio tallonando i soliti Rainey, Doohan e Schwantz.
Intanto Agostini (nuovo ds) compie cinquant’anni e dimostra la propria stoffa dichiarando convintamente in un’intervista che l’obiettivo di vincere una gara mondiale è molto, molto vicino.
Al GP d’Europa disputato a Barcellona il podio è occupato dai “soliti 3”, ma Lawson dopo essere partito davanti è quarto e a ridosso dei primi. La speranza si riaccende. Al GP d’Olanda conquista la pole. Eddie Lawson si sente molto vicino al mantenere la promessa data. E finalmente arriva la grande giornata! All’ Hungaroring la Cagiva corona un sogno cullato per dodici anni, conquistando una meritatissima vittoria! Eddie riuscì a portare una Rossa sul gradino più alto del podio, la missione era compiuta. Il campionato andrà a Rainey per soli quattro punti su Doohan, gravemente infortunato ad Assen. Lawson si piazzò al nono posto nella classifica mondiale. Avendo mantenuto la promessa data, gli fu così possibile lasciare il circus a testa alta.
1993
La moto è la C593. Le caratteristiche tecniche sono di prim’ordine, si introducono componenti in titanio, il motore adotta una distribuzione di scoppi a big bang e si adottano valvole allo scarico con comando elettronico. Per le coperture si ritorna alle Michelin. La moto si dimostrerà molto buona, ma i piloti non riusciranno a riportare risultati veramente incisivi.
Succede che John Kocinski va a litigare con la Suzuki ed Agostini con una mossa assai azzeccata riesce ad accaparrarselo per le ultime quattro gare del campionato.
I risultati arrivano subito.
Al GP degli Usa, su quel tracciato di Laguna Seca ove anni prima John from Little Rock si fece conoscere da tutto il mondo, Kocinski ottiene la prima (e unica) vittoria di stagione per la Cagiva. Finisce così il 1993, con il sorriso sulle labbra e con un Kocinski in gran spolvero che andrà a dichiarare: “Voglio vincere il mondiale ’94!”.
Più che vincere John diede una paga mica da ridere a gente che sino a quel momento aveva solo preso in giro la Rossa Varesina…
Anche Carl Fogarty nel 1993 partecipa al GP di Gran Bretagna con la Cagiva 500 e chiude al quarto posto, dopo esser rimasto senza benzina a pochi passi dal traguardo, al sicuro sul podio.
La moto per il 1994 è la C594. Come sempre, è bellissima, la più bella del lotto. Ma stavolta la bellezza non è la sua unica virtù. All’esordio, in Australia conquista il GP grazie ad un grande Kocinski. Ma sarà l’ultima, l’ultima vittoria della Cagiva in una gara mondiale.
La Cagiva chiuderà la sua avventura iridata con la sua migliore stagione.
La moto partecipò simbolicamente anche al GP d’Italia del 1995, guidata da Pierfrancesco Chili.
La sua ultima apparizione in una competizione fu a Sugo, alla BIG ROAD RACE con Nobuatsu Aoki.
da noaltc
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