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Per chi ha votato S?...

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    #136
    X chi ha votato si :gaen:

    Archiviato il referendum, passa la paura. Anche dalle parti di Confindustria. Cos? il Centro studi di viale dell’Astronomia, che a luglio aveva previsto l’apocalisse in caso di vittoria del No, ora non solo ammette che quelle stime – boom della povert?, crollo dei posti di lavoro – erano largamente esagerate, ma rivede addirittura al rialzo le stime sul pil e al ribasso quelle sul tasso di disoccupazione. Non ? pi? tempo di catastrofismo, insomma: se restano incognite legate alla stabilit? del nuovo esecutivo Gentiloni, la “maggiore flessibilit? nel rapporto deficit pil previsa dalla legge di Bilancio” e il “forte effetto leva sugli investimenti in macchinari creato dagli stimoli fiscali” promettono ora, secondo il Centro studi guidato da Luca Paolazzi, di dare slancio alla crescita.

    I nuovi numeri sono nero su bianco nel rapporto La crisi a un punto di snodo presentato mercoled? a Roma: vi si legge che il pil crescer? dello 0,9% quest’anno contro il +0,7% stimato nel report precedente (diffuso a settembre) e dello 0,8% nel 2017 (la previsione precedente era +0,5%). Ulteriore accelerata, all’1%, nel 2018. Un bel salto rispetto alle stime di luglio, quando il Centro studi sosteneva che in caso di bocciatura della riforma costituzionale il pil sarebbe calato dello 0,7% nel 2017 e dell’1,2% nel 2018, salendo dello 0,2% solo nel 2019. Il pil pro capite, “una misura di benessere”, avrebbe dovuto poi “calare di 589 euro”, con conseguente “aumento di 430mila persone in condizione di povert?“.

    Invece, a sorpresa, ora si registra “una dinamica trimestrale pi? robusta di quella attesa per quest’anno e per gli effetti espansivi delle recenti misure governative”. La spesa delle famiglie dopo la crescita dell’1,5% del 2015, salir? dell’1,4% quest’anno, dell’1% nel 2017 e dello 0,8% nel 2018, grazie all’incremento in termini reali del reddito disponibile (+1,2% nel 2017 e +0,9% nel 2018) e all’andamento del credito alle famiglie. Quanto al mercato del lavoro, Confindustria si attende un aumento di 905mila occupati tra l’ultimo trimestre 2013 e la fine del 2018, restando inferiore di 1,1 milioni di unit? rispetto al massimo registrato a inizio 2008. Ma il tasso di disoccupazione l’anno prossimo caler? dall’11,4 all’11% (stime riviste entrambe al ribasso) e nel 2018 si ridurr? al 10,5%. A luglio, gli analisti di viale dell’Astronomia sostenevano al contrario che la bocciatura della riforma avrebbe fatto diminuire l’occupazione “complessivamente di 258mila unit?, mentre altrimenti salirebbe di 319mila”.

    Sullo sfondo restano ovviamente i rischi al ribasso legati al nuovo governo (“un’instabilit? politica depotenzierebbe gli stessi incentivi agli investimenti”), alla Brexit, alla vittoria di Trump negli Usa e alle elezioni in calendario in Italia (ancora da capire quando), Francia, Germania e Olanda. Ma non sembra che l’Italia sia subito precipitata nel baratro come ventilato durante la campagna elettorale. La scelta di dar vita ad un nuovo governo ha scongiurato lo scenario che il Csc riteneva peggiore, quello di elezioni immediate. E la recessione appare “ormai lontana”, nonostante “un contesto di arretramento del benessere e di sfilacciamento sociale e politico che non ha precedenti nel dopoguerra” e l’imminente rincaro del petrolio che insieme al ritardo accumulato nel confronto internazionale potrebbe minare lo sviluppo futuro dell’economia italiana.

    Per crescere a ritmi pi? elevati, scrive ancora il Csc, “? indispensabile mantenere alta la tensione verso la questione industriale”. In una parola “bisogna evitare che l’attuazione del piano Industria 4.0“, leggi maxi incentivi fiscali per le imprese che investono in macchinari e tecnologie, “finisca su un binario morto” e che le politiche attive del lavoro sbiadiscano. Gentiloni ? avvertito: dal governo-fotocopia gli industriali si aspettano continuit? sulle politiche di sostegno agli investimenti. Ora per Confindustria inizia poi un’altra battaglia: quella per il no al referendum per l’abolizione di alcune norme del Jobs act, sulla cui ammissibilit? la Consulta si pronuncer? il prossimo 11 gennaio. Secondo il numero uno Vincenzo Boccia aggiunge “nuova incertezza e aggrava l’ansia del Paese”. Il numero uno degli industriali, chiudendo il convegno, ha spiegato: “Se il referendum arriva cosa accade? Io imprenditore attendo e non assumo. Questi sono i capolavori italiani dell’ansiet? e dell’incertezza totale”.


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      #137
      Cio? i sindacati vorrebbero eliminare le norme del Jobs act?

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        #138
        Pare vogliano fare un referendum

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          #139
          Ah bene tanto per cambiare.stavolta chi cade?

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            #140
            Originally posted by interceptor79 View Post
            Ah bene tanto per cambiare.stavolta chi cade?

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            Sempre quelli, sempre pi? in basso

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              #141
              Originally posted by paolo_c View Post
              Sempre quelli, sempre pi? in basso
              Dubito che i sindacalisti si dimettano.

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                #142
                Casualmente ho appena visto un bel servizio girato a cortina
                Casualmente TUTTI gli intervistati hanno il terrore di grillo ,lega ecc ecc
                Casualmente TUTTI erano pro renzi ,x il si ecc ecc

                Casualmente nessuno ? un operaio o figlio di operai

                Chi vuol capire capisce,gli altri son figli di papi
                Last edited by arabykola; 14-12-16, 21:04.

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                  #143
                  Originally posted by arabykola View Post
                  Casualmente ho appena visto un bel servizio girato a cortina
                  Casualmente TUTTI gli intervistati hanno il terrore di grillo ,lega ecc ecc
                  Casualmente TUTTI erano pro renzi ,x il si ecc ecc

                  Casualmente nessuno ? un operaio o figlio di operai

                  Chi vuol capire capisce,gli altri son figli di papi
                  Quindi se fossero andati a S. Moritz o Courmayeur il risultato del sondaggio sarebbe stato lo stesso ? che sia l'aria di montagna ?

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                    #144
                    Ehh...deve essere quella

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                      #145
                      mah...io sono figlio di gente normale,ho votato M5S ma ho anche votato si al referendum come ho votato diversamente in altri ambiti...e come me tanti altri.....bisognerebbe votare nel merito non per fede politica perch? non denota appartenenza di classe quanto scarsa capacit? di valutazione personale

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                        #146
                        Originally posted by interceptor79 View Post
                        mah...io sono figlio di gente normale,ho votato M5S ma ho anche votato si al referendum come ho votato diversamente in altri ambiti...e come me tanti altri.....bisognerebbe votare nel merito non per fede politica perch? non denota appartenenza di classe quanto scarsa capacit? di valutazione personale
                        Concetti difficili da capire per chi ? abituato a portare bandiere....

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                          #147
                          eh beh,invece abbiamo certi scienziati qui

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                            #148
                            Originally posted by TommySan View Post
                            Concetti difficili da capire per chi ? abituato a portare bandiere....
                            Dipende sempre da dove ti mettono l'asta...poi c'? chi se ne accorge e chi fa finta di niente,o proprio gli piace! :gaen:

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                              #149
                              Originally posted by mauri954 View Post
                              Quindi se fossero andati a S. Moritz o Courmayeur il risultato del sondaggio sarebbe stato lo stesso ? che sia l'aria di montagna ?
                              credo...di si

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                                #150
                                Son soddisfazioni eh

                                Province, il buco nella legge Delrio. Ora pioveranno ricorsi

                                Province, il buco nella legge Delrio. Ora pioveranno ricorsi
                                E ora viene fuori anche il buco della legge sulle province, detta Delrio, quella che – anticipando la riforma costituzionale di Renzi – le ha trasformate in “enti di secondo livello” abolendo in sostanza le elezioni e incasinando la ripartizione delle competenze tra Regioni ed enti locali. Come vedremo, si attendono nuovi ricorsi ed ennesime bocciature della Consulta. Perch?? Perch? nella legge qualcuno ha voluto scrivere “in attesa della riforma” e ora la riforma non esiste pi?.

                                La colpa – al di l? dei governi e dei singoli ministri – ? di un modello legislativo che in questa legislatura ? divenuto una sorta di dogma: siccome le riforme, e s’intende quelle costituzionali, erano una sorta di imperativo categorico imposto dall’ex presidente Giorgio Napolitano al Parlamento, le Camere hanno legiferato a babbo morto, per quando cio? la nuova Costituzione futura sarebbe stata in vigore. Qual ? il problema? Non pensare che 19,4 milioni e spicci di italiani possano recarsi ai seggi per dire che la Costituzione cambiata in quel modo non va bene.

                                ? successo con la legge elettorale detta “Italicum”, che l’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato nonostante entrasse in vigore a scoppio ritardato e non si applicasse al Senato: tanto Renzi aveva abolito le elezioni… Peraltro, valendo per una sola Camera era per ci? stesso incostituzionale – vista la sentenza della Consulta del dicembre 2013 (tra i giudici c’era lo stesso Mattarella) – perch? i due rami del Parlamento vanno eletti con legge omogenea. Ora si aspetta solo che la Consulta faccia a pezzi l’Italicum.

                                Stesso metodo, stesso fallimento pure con la riforma della Pubblica amministrazione: siccome la Costituzione renziana riportava parecchie competenze sotto il controllo del governo centrale, la “legge Madia” delegava l’esecutivo a fare come gli pareva “previo parere” della conferenza Stato-Regioni. La Consulta ha di recente ricordato al governo che, in ogni caso, serve non il “parere” delle Regioni, che poi uno pu? ignorare, ma “l’intesa” secondo “il principio della leale collaborazione” tra istituzioni dello Stato (Palazzo Chigi, anche se molti lo dimenticano, non ? l’unica).

                                Un destino simile probabilmente attende la riforma delle province, nata quando il renziano Delrio era ministro degli Affari regionali di Enrico Letta e approvata dopo lo #staisereno che tutti ricordano. In sostanza, la legge istituisce le citt? metropolitane: originariamente 11, ma poi pure Messina, Reggio Calabria e Cagliari si sono aggiunte all’elenco delle metropoli italiane. Nel resto d’Italia – detratte le province di Trento e Bolzano e la Val d’Aosta – ci sono ora 93 “enti di area vasta” non elettivi falcidiati dai tagli nonostante mantengano competenze rilevantissime su scuola, strade e ambiente. Pure il trattamento del personale ? stato l’ennesimo episodio tra dilettantismo e arroganza : la met? fa quel che faceva prima, l’altra met? ? stata ricollocata in altri gangli dello Stato a caso (dai tribunali alle Regioni alle scuole), pi? qualche sfigato che ? ancora in mobilit? e rischia dunque di trovarsi per strada.

                                Ecco, tutto questa meraviglia e altre ancora sono appese a una piccola frase. La legge Delrio ? stata infatti approvata sotto forma di maxi-emendamento con la fiducia: un articolo unico con 151 commi uno dietro l’altro. E al comma 51, dopo aver istituito le citt? metropolitane, si inizia a riformare le normali province sotto quello che pu? essere considerato un auspicio con forza di legge: “In attesa della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione, le province sono disciplinate dalla presente legge”. Quest’attesa si fa ora messianica, mentre i problemi delle province – come potete leggere qui accanto – sono urgenti e immediati: nel 2015 la Consulta bocci? i ricorsi di alcune Regioni contro la legge Delrio, chiss? se oggi andrebbe alla stessa maniera. Tanto pi? che c’? quel comma 51, la legislazione nell’attesa.

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