Ferruccio de Bortoli: “Gentiloni deve essere libero, Renzi ha tenuto tutta l’Italia in ostaggio”
Ferruccio de Bortoli –
A Milano, la citt? del S?, parliamo della vittoria del No con Ferruccio de Bortoli, che alla riforma si era pubblicamente opposto. ? il giorno dell’incarico a Gentiloni: “? stato un buon ministro degli Esteri”, spiega l’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore. “Dovr? per? dimostrare di essere autonomo da Renzi, il leader che lo ‘tolse dal frigorifero’ mandandolo alla Farnesina. Da lui ci si aspetta subito qualche gesto di discontinuit?, anche nella composizione del governo, che rafforzi il suo profilo istituzionale, la sua credibilit? anche all’estero. Vedremo, per esempio, se Luca Lotti rester? sottosegretario”.
Perch? ? cos? importante se resta o no?
Ai renziani preme molto gestire la prossima tornata di nomine delle imprese pubbliche. Accelerarono la caduta di Letta, nel 2014, anche per questa ragione. Due piani paralleli di governo, con quello ombra gestito dal segretario del Pd, sarebbero dannosi per il Paese. Avremmo il cerchio magico con il suo potere intatto e il governo ridotto a un cerchio inutile. Ma penso che Gentiloni ci stupir? in positivo. E Mattarella gli dar? sicuramente una mano preziosa.
Veniamo al referendum. Come legge l’esito del voto?
Dalle urne esce un solo perdente. E nessun vincitore. Il centrodestra ha ricevuto un balsamo che gli consentir? di lenire i propri mali e che coprir? per un certo periodo l’assoluta inconcludenza di idee e programmi. Il vero perdente ? Renzi che ha voluto caricare questa consultazione di significati impropri, trasformando il referendum in un voto politico. L’alta affluenza ci dice che questo Paese tiene molto alla partecipazione democratica: ? stata una grande lezione civica. Il 40% non appartiene a Renzi come il 60 non appartiene all’opposizione”.
Cos? non sembra pensare il segretario del Pd.
Questo dimostra che il referendum, nel suo modo di pensare, aveva valenze che andavano al di l? del merito. Era uno strumento per affermare il proprio potere, ottenere un viatico popolare, fare un bottino pieno e poi andare a incassare il premio alle elezioni. Renzi ha sbagliato la campagna elettorale, piegando la legge di bilancio a una serie di consensi da comprare per categorie. Chi votava No era contro la stabilit? perch? avrebbe esposto il Paese a conseguenze sui mercati che non ci sono state. Chi votava No era per l’immobilismo e rifiutava le riforme: possiamo dire che il 60 per cento di coloro che hanno votato – 33 milioni di italiani – rifiuta le riforme? No, possiamo dire che vuole riforme diverse da questa. Perch?, bisogna dirlo, era scritta e pensata male. La grande partecipazione ? anche il grido di un’Italia che vuole scegliere i propri rappresentanti e crede nella democrazia.
Renzi ha fatto, da premier, una campagna tutta incentrata sull’antipolitica: una clamorosa contraddizione.
Non si ? reso conto che dopo quasi tre anni di governo era lui il potere: non doveva usare i toni anticasta di Beppe Grillo. Cos? come ora non si pu? mettere nella stessa posizione del Movimento Cinque stelle e dire “si vada al voto subito”. ? una dimostrazione di scarsa responsabilit? istituzionale. Ha pagato l’abbraccio soffocante dell’establishment che trasmetteva agli altri – in particolare agli esclusi – l’idea che questa fosse l’ultima spiaggia e che con la vittoria del No saremmo scivolati nel Medioevo. Si ? sottovalutato il fatto che la democrazia ? cara agli italiani e la riforma, con l’Italicum, indeboliva la possibilit? di scegliere i propri rappresentanti. Sono favorevole a una democrazia decidente, ma i contrappesi nella riforma erano soltanto promessi. ? stato un errore non approvare prima la riforma dell’articolo 49 della Costituzione. Il messaggio sarebbe stato: il partito che chiede agli elettori di cambiare le regole che li riguardano prima cambia le proprie, diventando pi? democratico e trasparente.
Nel 2006 abbiamo votato una riforma costituzionale che in comune con questa aveva molti tratti ed ? stata sonoramente bocciata. Perch? a distanza di dieci anni si ? voluto ignorare quel risultato? Smetteranno di usare la Carta come grimaldello?
Bisogna sempre parlare della qualit? delle riforme, chiedersi se rispondono a un progetto coerente ed equilibrato. Quel che non si pu? fare ? piegare le regole comuni e le dinamiche istituzionali agli interessi di parte. C’? stata un’eccessiva confusione tra governo e Parlamento. La nostra storia politica dimostra – penso all’atteggiamento dei democristiani durante la Prima Repubblica – che quando si trattava di regole condivise il governo, saggiamente, faceva un passo indietro. Renzi si ? impossessato totalmente della proposta di revisione costituzionale: agli occhi degli italiani la riforma ? diventata la sua proposta. Perch? la maggioranza ha chiesto il referendum, raccogliendo anche le firme? Poteva non farlo. Sarebbe utile che adesso arrivasse un’autocritica su tutti i comportamenti che abbiamo elencato. Invece no: assistiamo ad atteggiamenti indispettiti, “Fatele voi del 60 per cento le riforme”. Ma attenzione: in quel 60 per cento ci sono anche elettori del Pd e certamente elettori di una sinistra pi? larga. Renzi nella sua bulimia, in quella visione tolemaica del potere per cui tutto ruota attorno a lui, ha preso in ostaggio la riforma che avrebbe dovuto consacrarlo e quindi le istituzioni che doveva servire. E’ stata inferta una ferita inutile al Paese che per? si ? dimostrato pi? saggio della propria classe dirigente. Criminalizzare il No come fosse una posizione irresponsabile si ? rivelato un autogol. Abbiamo perso tempo, ma non ? stato a causa del no.
La logica sembra essere: avete vinto voi, ora sono fatti vostri.
? troppo comodo cos?… Andiamo con ordine: questa sconfitta pu? fare bene a Renzi, cui si devono riconoscere delle qualit?. ? un grande comunicatore, un politico di razza, un innovatore. Gli vanno riconosciuti anche successi: l’attenzione ai diritti civili, il Jobs act, con un dubbio legittimo sui costi, la per ora solo annunciata riforma del terzo settore, le politiche per la povert?. Per Renzi questa ? l’occasione di guardarsi allo specchio, riconoscere i propri errori, essere sincero. Pu? dimostrare di essere – se lo ? – uno statista. Pu? farlo stando in seconda fila, anche favorendo la nascita di un governo che per forza deve avere un mandato pieno e una fiducia non a scadenza. Senza la tentazione di dirigerlo nei fatti, con una playstation dal Nazareno. Nel ’95, dopo l’abbandono di Bossi, Berlusconi favor? il governo tecnico di Lamberto Dini, che era stato il suo ministro del Tesoro, mostrando senso di responsabilit? istituzionale. Lo ebbe Berlusconi, perch? non dovrebbe averlo Renzi? Deve capire che ora non ? al centro della scena: ha guidato un’auto – quella italiana che magari ha le gomme sgonfie, ma non il motore inceppato – ed ? uscito di strada. Ora non pu? dire “me ne vado, ? colpa vostra”. La colpa ? sua, lui ha fatto sbandare l’auto. Ora si deve dar da fare per rimettere a posto le cose, anche perch? ? il segretario del Pd. Il nuovo governo dovr? essere sostenuto dal partito, che dovr? essere leale al contrario di ci? che fu fatto ai tempi dell’esecutivo Letta a causa di un disegno completamente personale.
Ha perso anche il Presidente emerito Napolitano?
Napolitano creduto alla promessa fatta da Renzi al momento dell’incarico. Aveva accettato il secondo mandato chiedendo a gran voce che il progetto di riforma procedesse. Negli ultimi tempi credo fosse indispettito dall’atteggiamento di Renzi, soprattutto dalla polemica sterile e costosa nei confronti dell’Europa, quello sventolare veti poche settimane dopo Ventotene. Una sceneggiata estiva.
Perch? sterile?
Sui migranti il premier aveva ragione. L’Europa si ? dimostrata miope ed egoista. Ma sulla finanza pubblica io credo che invece abbia sbagliato. La flessibilit? ? stata usata male, guardando al consenso pi? che alla crescita. Sono scese solo le spese per gli interessi, le altre sono aumentate. La regola del debito ? stata dimenticata. Ne parlano gli stranieri, noi la ignoriamo. Lodevoli le scelte sul super ammortamento, su industria 4.0, la riduzione al 24 per cento delle tassazione delle imprese. Ma abbiamo messo in pericolo i conti pubblici per una crescita che, al netto degli aiuti della Bce, ? modesta: questa ? una verit? che bisogna affermare con chiarezza. C’? stato un dibattito opaco e insufficiente sulla funzionalit? delle misure economiche prese. Solo nell’ultima legge di bilancio c’? stata attenzione agli investimenti che hanno toccato il minimo storico rispetto al Pil. Il guaio ? che gli investimenti, a differenza dei bonus, non danno risultati immediati in termini di consenso perch? dispiegano il loro effetto in tempi lunghi.
Renzi ha 42 anni: non ? paradossale la sua assenza di prospettiva? Dovrebbe avere uno sguardo lungo e costruttivo proprio in virt? della sua giovinezza.
Qui rileva la visione del potere: quella di Renzi ? esclusiva ed escludente, come ha sostenuto Prodi. Di cui vorrei dire, per inciso: il suo S? ? stato il pi? forte No a Renzi. Giustificato in tal modo da mettere a nudo i limiti di una gestione vecchia del potere. Penso al cerchio magico, ai fedelissimi, a quella che chiamer? “consorteria toscana”, per citare Ernesto Galli Della Loggia. Al premier ho sempre contestato non le idee, ma il modo di gestire il potere a tratti perfino gretto. La vicenda delle banche ? emblematica. Prendiamo Mps: arriviamo ora a un intervento di salvataggio dello Stato, che poteva essere fatto mesi fa, escluso solo per ragioni di calcolo politico. La saggezza e il senso delle istituzioni avrebbero dovuto suggerire di agire ben prima. Ora se le banche vengono salvate, giustamente, con soldi pubblici, possiamo chiedere la lista dei loro principali debitori, per esempio del Monte Paschi?
La frattura ? anche dentro il Pd: tira un’aria da redde rationem.
L’Italia ha pagato negli anni, non solo in quest’ultima era renziana, un prezzo altissimo prima alla composizione del Pd e poi alle sue numerose fratture. Il Pd ? un grande partito di massa, guida il Paese ma deve riscoprire quella responsabilit? che i partiti classici avevano. Il partito ? stato considerato una struttura ancillare del governo: ora deve recuperare autonomia. C’? un problema di disciplina della minoranza rispetto alla maggioranza, ma c’? anche un problema di rispetto della maggioranza verso la minoranza.
Ma si pu? invocare la disciplina di partito sulla Costituzione?
Il Pd non pu? essere un luogo di ostracismi ed esclusione. Senn? andiamo verso una balcanizzazione della societ?. Continuando a dividere il Paese, come ha fatto Renzi, dopo un po’ si diventa antipatici, specie quando si occupa la televisione in questo modo militare e ossessivo. Una cosa cos? non si era mai vista, nemmeno con Berlusconi che pure le televisioni le possedeva. Se il Pd si dovesse spaccare sarebbe un danno per l’intero Paese: il Pd ritrovi la virt? di un confronto democratico aperto. Soprattutto il Pd deve essere in grado di trovare un’indipendenza rispetto alla vita dell’esecutivo: Renzi quando conquist? il partito democratico lo fece vivere di una vita propria rispetto al governo Letta, che poi affoss?. Si riparta da l?.
L’informazione ? rimasta spiazzata dal risultato.
Interroghiamoci sul perch? tutti, negli ultimi giorni prima del voto, eravamo convinti che il S? stesse recuperando posizioni. Forse questo segnala un’eccessiva vicinanza dei media al potere che spaccia – non in modiche quantit? – informazioni avariate, spiffera retroscena ad arte, come l’idea che Renzi volesse prendersi un sabbatico e lasciare la politica. Forse non abbiamo pi? i ricettori giusti, forse chi fa informazione non sa raccontare il Paese perch? frequenta troppo i palazzi e poco il popolo. E’ un’autocritica che dobbiamo fare, che devo fare anch’io. Siamo nell’era della post verit?, ma sono state abbonate troppe vaghe promesse e troppe bufale. Bisogna riconoscere ci? che di giusto c’? nell’eredit? renziana. Ed essere un po’ indulgenti: Renzi ha perso, ma ci si deve augurare che il perdente non ricatti le istituzioni scaricando la propria rabbia e frustrazione su altri. La responsabilit? di ricucire il Paese ? anche delle forze politiche che hanno votato No. Siamo reduci da una violenta campagna elettorale, ? il momento della distensione. Questo Paese si mostra pi? solido e pacato di molte persone che lo governano. O tentano di governarlo.
Ferruccio de Bortoli –
A Milano, la citt? del S?, parliamo della vittoria del No con Ferruccio de Bortoli, che alla riforma si era pubblicamente opposto. ? il giorno dell’incarico a Gentiloni: “? stato un buon ministro degli Esteri”, spiega l’ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore. “Dovr? per? dimostrare di essere autonomo da Renzi, il leader che lo ‘tolse dal frigorifero’ mandandolo alla Farnesina. Da lui ci si aspetta subito qualche gesto di discontinuit?, anche nella composizione del governo, che rafforzi il suo profilo istituzionale, la sua credibilit? anche all’estero. Vedremo, per esempio, se Luca Lotti rester? sottosegretario”.
Perch? ? cos? importante se resta o no?
Ai renziani preme molto gestire la prossima tornata di nomine delle imprese pubbliche. Accelerarono la caduta di Letta, nel 2014, anche per questa ragione. Due piani paralleli di governo, con quello ombra gestito dal segretario del Pd, sarebbero dannosi per il Paese. Avremmo il cerchio magico con il suo potere intatto e il governo ridotto a un cerchio inutile. Ma penso che Gentiloni ci stupir? in positivo. E Mattarella gli dar? sicuramente una mano preziosa.
Veniamo al referendum. Come legge l’esito del voto?
Dalle urne esce un solo perdente. E nessun vincitore. Il centrodestra ha ricevuto un balsamo che gli consentir? di lenire i propri mali e che coprir? per un certo periodo l’assoluta inconcludenza di idee e programmi. Il vero perdente ? Renzi che ha voluto caricare questa consultazione di significati impropri, trasformando il referendum in un voto politico. L’alta affluenza ci dice che questo Paese tiene molto alla partecipazione democratica: ? stata una grande lezione civica. Il 40% non appartiene a Renzi come il 60 non appartiene all’opposizione”.
Cos? non sembra pensare il segretario del Pd.
Questo dimostra che il referendum, nel suo modo di pensare, aveva valenze che andavano al di l? del merito. Era uno strumento per affermare il proprio potere, ottenere un viatico popolare, fare un bottino pieno e poi andare a incassare il premio alle elezioni. Renzi ha sbagliato la campagna elettorale, piegando la legge di bilancio a una serie di consensi da comprare per categorie. Chi votava No era contro la stabilit? perch? avrebbe esposto il Paese a conseguenze sui mercati che non ci sono state. Chi votava No era per l’immobilismo e rifiutava le riforme: possiamo dire che il 60 per cento di coloro che hanno votato – 33 milioni di italiani – rifiuta le riforme? No, possiamo dire che vuole riforme diverse da questa. Perch?, bisogna dirlo, era scritta e pensata male. La grande partecipazione ? anche il grido di un’Italia che vuole scegliere i propri rappresentanti e crede nella democrazia.
Renzi ha fatto, da premier, una campagna tutta incentrata sull’antipolitica: una clamorosa contraddizione.
Non si ? reso conto che dopo quasi tre anni di governo era lui il potere: non doveva usare i toni anticasta di Beppe Grillo. Cos? come ora non si pu? mettere nella stessa posizione del Movimento Cinque stelle e dire “si vada al voto subito”. ? una dimostrazione di scarsa responsabilit? istituzionale. Ha pagato l’abbraccio soffocante dell’establishment che trasmetteva agli altri – in particolare agli esclusi – l’idea che questa fosse l’ultima spiaggia e che con la vittoria del No saremmo scivolati nel Medioevo. Si ? sottovalutato il fatto che la democrazia ? cara agli italiani e la riforma, con l’Italicum, indeboliva la possibilit? di scegliere i propri rappresentanti. Sono favorevole a una democrazia decidente, ma i contrappesi nella riforma erano soltanto promessi. ? stato un errore non approvare prima la riforma dell’articolo 49 della Costituzione. Il messaggio sarebbe stato: il partito che chiede agli elettori di cambiare le regole che li riguardano prima cambia le proprie, diventando pi? democratico e trasparente.
Nel 2006 abbiamo votato una riforma costituzionale che in comune con questa aveva molti tratti ed ? stata sonoramente bocciata. Perch? a distanza di dieci anni si ? voluto ignorare quel risultato? Smetteranno di usare la Carta come grimaldello?
Bisogna sempre parlare della qualit? delle riforme, chiedersi se rispondono a un progetto coerente ed equilibrato. Quel che non si pu? fare ? piegare le regole comuni e le dinamiche istituzionali agli interessi di parte. C’? stata un’eccessiva confusione tra governo e Parlamento. La nostra storia politica dimostra – penso all’atteggiamento dei democristiani durante la Prima Repubblica – che quando si trattava di regole condivise il governo, saggiamente, faceva un passo indietro. Renzi si ? impossessato totalmente della proposta di revisione costituzionale: agli occhi degli italiani la riforma ? diventata la sua proposta. Perch? la maggioranza ha chiesto il referendum, raccogliendo anche le firme? Poteva non farlo. Sarebbe utile che adesso arrivasse un’autocritica su tutti i comportamenti che abbiamo elencato. Invece no: assistiamo ad atteggiamenti indispettiti, “Fatele voi del 60 per cento le riforme”. Ma attenzione: in quel 60 per cento ci sono anche elettori del Pd e certamente elettori di una sinistra pi? larga. Renzi nella sua bulimia, in quella visione tolemaica del potere per cui tutto ruota attorno a lui, ha preso in ostaggio la riforma che avrebbe dovuto consacrarlo e quindi le istituzioni che doveva servire. E’ stata inferta una ferita inutile al Paese che per? si ? dimostrato pi? saggio della propria classe dirigente. Criminalizzare il No come fosse una posizione irresponsabile si ? rivelato un autogol. Abbiamo perso tempo, ma non ? stato a causa del no.
La logica sembra essere: avete vinto voi, ora sono fatti vostri.
? troppo comodo cos?… Andiamo con ordine: questa sconfitta pu? fare bene a Renzi, cui si devono riconoscere delle qualit?. ? un grande comunicatore, un politico di razza, un innovatore. Gli vanno riconosciuti anche successi: l’attenzione ai diritti civili, il Jobs act, con un dubbio legittimo sui costi, la per ora solo annunciata riforma del terzo settore, le politiche per la povert?. Per Renzi questa ? l’occasione di guardarsi allo specchio, riconoscere i propri errori, essere sincero. Pu? dimostrare di essere – se lo ? – uno statista. Pu? farlo stando in seconda fila, anche favorendo la nascita di un governo che per forza deve avere un mandato pieno e una fiducia non a scadenza. Senza la tentazione di dirigerlo nei fatti, con una playstation dal Nazareno. Nel ’95, dopo l’abbandono di Bossi, Berlusconi favor? il governo tecnico di Lamberto Dini, che era stato il suo ministro del Tesoro, mostrando senso di responsabilit? istituzionale. Lo ebbe Berlusconi, perch? non dovrebbe averlo Renzi? Deve capire che ora non ? al centro della scena: ha guidato un’auto – quella italiana che magari ha le gomme sgonfie, ma non il motore inceppato – ed ? uscito di strada. Ora non pu? dire “me ne vado, ? colpa vostra”. La colpa ? sua, lui ha fatto sbandare l’auto. Ora si deve dar da fare per rimettere a posto le cose, anche perch? ? il segretario del Pd. Il nuovo governo dovr? essere sostenuto dal partito, che dovr? essere leale al contrario di ci? che fu fatto ai tempi dell’esecutivo Letta a causa di un disegno completamente personale.
Ha perso anche il Presidente emerito Napolitano?
Napolitano creduto alla promessa fatta da Renzi al momento dell’incarico. Aveva accettato il secondo mandato chiedendo a gran voce che il progetto di riforma procedesse. Negli ultimi tempi credo fosse indispettito dall’atteggiamento di Renzi, soprattutto dalla polemica sterile e costosa nei confronti dell’Europa, quello sventolare veti poche settimane dopo Ventotene. Una sceneggiata estiva.
Perch? sterile?
Sui migranti il premier aveva ragione. L’Europa si ? dimostrata miope ed egoista. Ma sulla finanza pubblica io credo che invece abbia sbagliato. La flessibilit? ? stata usata male, guardando al consenso pi? che alla crescita. Sono scese solo le spese per gli interessi, le altre sono aumentate. La regola del debito ? stata dimenticata. Ne parlano gli stranieri, noi la ignoriamo. Lodevoli le scelte sul super ammortamento, su industria 4.0, la riduzione al 24 per cento delle tassazione delle imprese. Ma abbiamo messo in pericolo i conti pubblici per una crescita che, al netto degli aiuti della Bce, ? modesta: questa ? una verit? che bisogna affermare con chiarezza. C’? stato un dibattito opaco e insufficiente sulla funzionalit? delle misure economiche prese. Solo nell’ultima legge di bilancio c’? stata attenzione agli investimenti che hanno toccato il minimo storico rispetto al Pil. Il guaio ? che gli investimenti, a differenza dei bonus, non danno risultati immediati in termini di consenso perch? dispiegano il loro effetto in tempi lunghi.
Renzi ha 42 anni: non ? paradossale la sua assenza di prospettiva? Dovrebbe avere uno sguardo lungo e costruttivo proprio in virt? della sua giovinezza.
Qui rileva la visione del potere: quella di Renzi ? esclusiva ed escludente, come ha sostenuto Prodi. Di cui vorrei dire, per inciso: il suo S? ? stato il pi? forte No a Renzi. Giustificato in tal modo da mettere a nudo i limiti di una gestione vecchia del potere. Penso al cerchio magico, ai fedelissimi, a quella che chiamer? “consorteria toscana”, per citare Ernesto Galli Della Loggia. Al premier ho sempre contestato non le idee, ma il modo di gestire il potere a tratti perfino gretto. La vicenda delle banche ? emblematica. Prendiamo Mps: arriviamo ora a un intervento di salvataggio dello Stato, che poteva essere fatto mesi fa, escluso solo per ragioni di calcolo politico. La saggezza e il senso delle istituzioni avrebbero dovuto suggerire di agire ben prima. Ora se le banche vengono salvate, giustamente, con soldi pubblici, possiamo chiedere la lista dei loro principali debitori, per esempio del Monte Paschi?
La frattura ? anche dentro il Pd: tira un’aria da redde rationem.
L’Italia ha pagato negli anni, non solo in quest’ultima era renziana, un prezzo altissimo prima alla composizione del Pd e poi alle sue numerose fratture. Il Pd ? un grande partito di massa, guida il Paese ma deve riscoprire quella responsabilit? che i partiti classici avevano. Il partito ? stato considerato una struttura ancillare del governo: ora deve recuperare autonomia. C’? un problema di disciplina della minoranza rispetto alla maggioranza, ma c’? anche un problema di rispetto della maggioranza verso la minoranza.
Ma si pu? invocare la disciplina di partito sulla Costituzione?
Il Pd non pu? essere un luogo di ostracismi ed esclusione. Senn? andiamo verso una balcanizzazione della societ?. Continuando a dividere il Paese, come ha fatto Renzi, dopo un po’ si diventa antipatici, specie quando si occupa la televisione in questo modo militare e ossessivo. Una cosa cos? non si era mai vista, nemmeno con Berlusconi che pure le televisioni le possedeva. Se il Pd si dovesse spaccare sarebbe un danno per l’intero Paese: il Pd ritrovi la virt? di un confronto democratico aperto. Soprattutto il Pd deve essere in grado di trovare un’indipendenza rispetto alla vita dell’esecutivo: Renzi quando conquist? il partito democratico lo fece vivere di una vita propria rispetto al governo Letta, che poi affoss?. Si riparta da l?.
L’informazione ? rimasta spiazzata dal risultato.
Interroghiamoci sul perch? tutti, negli ultimi giorni prima del voto, eravamo convinti che il S? stesse recuperando posizioni. Forse questo segnala un’eccessiva vicinanza dei media al potere che spaccia – non in modiche quantit? – informazioni avariate, spiffera retroscena ad arte, come l’idea che Renzi volesse prendersi un sabbatico e lasciare la politica. Forse non abbiamo pi? i ricettori giusti, forse chi fa informazione non sa raccontare il Paese perch? frequenta troppo i palazzi e poco il popolo. E’ un’autocritica che dobbiamo fare, che devo fare anch’io. Siamo nell’era della post verit?, ma sono state abbonate troppe vaghe promesse e troppe bufale. Bisogna riconoscere ci? che di giusto c’? nell’eredit? renziana. Ed essere un po’ indulgenti: Renzi ha perso, ma ci si deve augurare che il perdente non ricatti le istituzioni scaricando la propria rabbia e frustrazione su altri. La responsabilit? di ricucire il Paese ? anche delle forze politiche che hanno votato No. Siamo reduci da una violenta campagna elettorale, ? il momento della distensione. Questo Paese si mostra pi? solido e pacato di molte persone che lo governano. O tentano di governarlo.
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