Roma, 4 dicembre 2014 - Il picco negativo della crisi ? ormai alle spalle, ne ? convinto il 47% degli italiani, il 12% in pi? rispetto allo scorso anno. Ma per oltre il 60% pu? capitare a chiunque di finire in povert?.
E' quanto emerge dal 48esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese, presentato oggi. A prevalere ora, spiega il Centro Studi Investimenti Sociali, ? l'incertezza. Nel nostro Paese c'? una vulnerabilit? diffusa tanto che il 60% degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povert?, quota che sale al 67% tra gli operai e al 64% tra i 45-64enni.
Una delle conferme viene anche dal tasso di natalit?: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 ? colpa proprio della crisi.
Pensando al futuro, il 29,2% degli italiani ? inquieto perch? ha un retroterra fragile, il 29% in ansia perch? non ha una rete di copertura, il 24% dice di non avere le idee chiare perch? tutto ? molto incerto e solo poco pi? del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte. Tra i giovani (18-34 anni) sale al 43% la quota di chi si sente inquieto e con un retroterra fragile e scende ad appena il 12% la quota di chi si sente al sicuro.
L'incertezza sul futuro si riflette anche sulla gestione dei soldi da parte delle famiglie. A giugno 2014 ? cresciuta fino a 1.219 miliardi di euro la massa finanziaria liquida di contanti e depositi bancari delle famiglie italiane. Il 44,6% dei nuclei familiari destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia, il 36,1% lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte. La parola d'ordine ?: tenere i soldi vicini per ogni evenienza. Secondo le stime del Censis, inoltre, 6,5 milioni di persone negli ultimi 12 mesi, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto integrare il reddito familiare mensile con risparmi, prestiti, anticipi di conto corrente o in altro modo, magari per affrontare una spesa imprevista.
CAPITALE UMANO INUTILIZZATO - E' di quasi 8 milioni di individui il capitale umano inutilizzato che non si trasforma in energia lavorativa. A questa cifra si arriva se si guarda al numero di disoccupati, che nel 2013 sono pi? di 3 milioni e si aggiungono i circa 1.780.000 cittadini in et? lavorativa inattivi perch? scoraggiati e gli oltre 3 milioni di persone che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero disponibili a lavorare. Il Censis sottolinea come i pi? penalizzati siano i giovani. I 15-34enni costituiscono il 50,9% dei disoccupati totali. E i Neet, cio? i 15-29enni che non sono impegnati in percorsi di istruzione o formazione, non hanno un impiego n? lo cercano, sono in continua crescita: da 1.832.000 nel 2007 a 2.435.000 nel 2013. Il potenziale femminile ? anch'esso ampiamente mortificato, prosegue il Censis nella sua analisi. Le donne, infatti, costituiscono il 45,3% dei disoccupati, ma soprattutto il 65,8% degli inattivi scoraggiati e il 60,6% delle persone disponibili a lavorare. Sul fronte dell'occupazione, il Centro Studi Investimenti Sociali evidenzia un disequilibrato e antieconomico utilizzo dell'offerta di lavoro: il capitale umano sottoutilizzato, composto dagli occupati part time involontari (2,5 milioni nel 2013, raddoppiati rispetto al 2007) e dagli occupati in Cassa integrazione, il cui numero di ore ? passato nel periodo 2007-2013 da poco pi? di 184.000 a quasi 1,2 milioni, corrispondenti a 240.000 lavoratori sottoutilizzati. C'e' anche il capitale umano sotto inquadrato, cioe' persone che ricoprono posizioni lavorative per le quali sarebbe sufficiente un titolo di studio inferiore a quello posseduto: sono pi? di 4 milioni di lavoratori, il 19,5% degli occupati. Di questi il 53,3% ? costituito da diplomati (2,3 milioni di lavoratori) e un ulteriore 41,3% da laureati.
CALANO I CAPITALI STRANIERI, MA BENE TURISMO ED EXPORT - L'Italia piace all'estero ma non attrae capitali stranieri. Se da un lato, infatti, cala la capacit? del nostro paese di attrarre capitali stranieri (nel 2013 sono stati pari a 12,4 miliardi di euro) cresce, invece, l'export dei prodotti made in Italy alimentari, di abbigliamento, arredo e automazione (+30,1% tra il 2009 e il 2013) e il Belpaese ? la quinta destinazione turistica al mondo. Nel 2013 ? diminuita la capacit? dell'Italia di attrarre i capitali stranieri, lo scorso anno sono stati pari a 12,4 miliardi di euro. Una flessione di circa il 60% rispetto il 2007. Nel periodo precedente all'esplosione delle turbolenze finanziarie, i flussi in entrata di investimenti diretti esteri si erano attestati su un livello superiore ai 30 miliardi di euro all'anno e nel 2012 di appena 72 milioni. A pesare, secondo il Censis, un deficit reputazionale. Inoltre, il nostro paese detiene solo l'1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri contro il 2,8% della Spagna, il 3,3% della Germania, il 4,2% della Francia, il 6,3% del Regno Unito. L'export delle 4 A del made in Italy (alimentari, abbigliamento, arredo-casa e automazione) ? aumentato del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. Nel capitolo del Rapporto, dedicato all' "Italian way of life: cosa piace di noi all'estero" si evidenzia come sempre pi? persone parlino la nostra lingua: circa 200 milioni nel mondo. E crescono le reti di aziende italiane in franchising all'estero: 149 reti nel 2013 per un totale di 7.731 punti vendita (+5,3% rispetto al 2011). L'interesse suscitato all'estero dall'Italia, sebbene non adeguatamente sfruttato, non conosce crisi. Siamo la quinta destinazione turistica al mondo, con 186,1 milioni di presenze turistiche straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi (+6,8% rispetto al 2012).
MIGRANTI SOCCORSI: 1 SU 5 E' MINORE - Dal primo gennaio a met? ottobre sulle coste italiane sono stati gestiti 918 sbarchi, nel corso dei quali sono arrivati 146.922 migranti, per l'11% donne e per il 21,2% minori. Censis, per l'ultimo anno, parla di una "emergenza senza precedenti" e di "numeri che destano allarme: nel 2011, anno record per gli effetti delle 'primavere arabe', gli arrivi erano stati 63mila, 13mila nel 2012 e 43mila in tutto il 2013". I dati di Frontex indicano una prevalenza di eritrei e siriani tra coloro che hanno attraversato il Mediterraneo nei primi otto mesi del 2014; seguono i cittadini di Mali, Nigeria, Gambia e Somalia. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni stima che siano stati oltre 3mila i morti nel Mediterraneo tra gennaio e settembre 2014, e 22.400 quelli che complessivamente hanno perso la vita dal 2000 ad oggi (quasi dieci volte il numero delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle). Una tragica media di 1.500 morti ogni anno, che diventano oltre 3mila nei soli primi nove mesi del 2014. Numeri che, secondo il Censis, "mettono a dura prova anche il sistema di accoglienza di chi riesce a giungere a terra". Complessivamente, al 30 settembre le strutture di diversa natura presenti sul territorio nazionale ospitavano 61.536 migranti, collocati per piu' della meta' in soluzioni alloggiative temporanee (il 52,8%, con un maggiore presenza in Sicilia, Lombardia e Campania), per un ulteriore 30% nelle strutture facenti capo allo Sprar (soprattutto nel Lazio, in Sicilia e in Puglia) e per il 17% circa nei centri governativi (i maggiori si trovano in Sicilia, Puglia e Calabria).
BOOM DI OVER 50 OCCCUPATI - Boom di occupati over 50, giovani con lavori "ibridi" e ripetuti periodi di inattivit? lavorativa. Dal 2011 a oggi si registra un boom di occupati over 50 (+19,1%), in concomitanza del crollo osservato tra quanti hanno un'et? inferiore (-11,5%). Se da un lato - spiega il Centro Studi Investimenti Sociali - ? un effetto diretto delle riforme previdenziali entrate a regime, dall'altro contiene in s? le disfunzioni di un mercato del lavoro che chiude le porte alle nuove leve e le spalanca ai lavoratori pi? anziani, oltre ai numerosi casi di chi sceglie di restare al lavoro pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento per non intaccare il livello di reddito e di coloro che si erano chiamati fuori dal mercato del lavoro ma sono stati indotti a rimettersi in gioco dal peggiorare delle condizioni economiche. E' pari al 50,7% la quota dei lavoratori "ibridi" tra gli occupati di et? compresa tra i 15 e i 24 anni. Quest'area di lavoro comprende temporanei, intermittenti, collaboratori, finte partite Iva e prestatori d'opera occasionale. La quota degli "ibridi" scende progressivamente all'aumentare dell'et? (il 22,9% tra i 25 e i 34 anni) e risale in prossimit? dell'uscita definitiva dal mercato del lavoro (il 20,6% tra gli over 65).
Il 14% degli occupati si ? trovato negli ultimi tre anni a interrompere il proprio percorso professionale, incorrendo in uscite temporanee o ripetute dall'attivit? lavorativa. Tale rischio ? maggiore nelle fasce generazionali pi? giovani (tra i 16 e i 24 anni), dove ben il 20,5% degli occupati si ? trovato a vivere periodi di non lavoro. Lo sottolinea il Censis riportando i dati dell'Istat. Spiragli incoraggianti emergono per? grazie alla voglia di fare dei giovani italiani, i quali aspirano in pi? casi a creare da s? un business. Il 22% di loro, infatti, ha gi? avviato una start up o intende seriamente farlo nei prossimi dati. Il Censis sottolinea che il dato ? perfettamente in linea con il resto d'Europa. Tale universo di giovani intraprendenti sarebbe ancora pi? ampio se solo ci fosse un tessuto di imprese e istituzioni pronto a dare loro sostegno nell'avvio di una nuova attivit?, il 38% sarebbe infatti interessato ad avviare un proprio business ma ritiene che sia troppo complicato mentre in Europa tale quota scende al 22% e in Germania al 12%.
PER ITALIANI SSN FONDAMENTALE - Il Servizio sanitario nazionale, nonostante i suoi difetti ? "fondamentale per garantire salute e benessere a tutti". Lo ritiene l'86,7% dei cittadini. Il Servizio sanitario rimane dunque "una istituzione essenziale e non puo' essere smantellato o ridimensionato drasticamente". Le manovre sulla sanit?, la spending review e i Piani di rientro nelle regioni in cui sono attivati hanno contributo all'ampliamento delle vecchie disparit? e alla creazione di nuove nelle opportunit? di cura. Il 50,2% degli italiani ? convinto che tali politiche di contenimento abbiano aumentato le disuguaglianze.
La spesa sanitaria privata ? cresciuta da 29.578 milioni di euro nel 2007 a 31.408 milioni di euro nel 2013, con una dinamica incrementale interrotta solo nell'ultimo anno, presumibilmente per la convergenza di spese di altro tipo sui bilanci di tante famiglie. Nel nuovo contesto si registra non solo un approfondimento di disuguaglianze antiche, ma anche l'insorgenza di disuguaglianze inedite legate alla nuova geografia dei confini pubblico-privato in sanit?, e all'espansione della sanit? a pagamento o, per chi non ce la fa, la rinuncia a curarsi e a fare prevenzione. Non ? un caso che alla richiesta di indicare i fattori pi? importanti in caso di malattia di una persona, il 48,1% degli italiani richiami il denaro che si possiede. Pi? disuguaglianze, quindi, che penalizzano i soggetti pi? fragili dal punto di vista socioeconomico e che nascono da una erosione di fatto della copertura pubblica, e dalla necessit? per i cittadini di ricorrere in misura maggiore all'acquisto di prestazioni nel privato.
E' quanto emerge dal 48esimo rapporto del Censis sulla situazione del Paese, presentato oggi. A prevalere ora, spiega il Centro Studi Investimenti Sociali, ? l'incertezza. Nel nostro Paese c'? una vulnerabilit? diffusa tanto che il 60% degli italiani ritiene che possa capitare a chiunque di finire in povert?, quota che sale al 67% tra gli operai e al 64% tra i 45-64enni.
Una delle conferme viene anche dal tasso di natalit?: in Italia si fanno sempre meno figli, per 8 su 10 ? colpa proprio della crisi.
Pensando al futuro, il 29,2% degli italiani ? inquieto perch? ha un retroterra fragile, il 29% in ansia perch? non ha una rete di copertura, il 24% dice di non avere le idee chiare perch? tutto ? molto incerto e solo poco pi? del 17% dichiara di sentirsi abbastanza sicuro e con le spalle coperte. Tra i giovani (18-34 anni) sale al 43% la quota di chi si sente inquieto e con un retroterra fragile e scende ad appena il 12% la quota di chi si sente al sicuro.
L'incertezza sul futuro si riflette anche sulla gestione dei soldi da parte delle famiglie. A giugno 2014 ? cresciuta fino a 1.219 miliardi di euro la massa finanziaria liquida di contanti e depositi bancari delle famiglie italiane. Il 44,6% dei nuclei familiari destina il proprio risparmio alla copertura da possibili imprevisti, come la perdita del lavoro o la malattia, il 36,1% lo finalizza alla voglia di sentirsi con le spalle coperte. La parola d'ordine ?: tenere i soldi vicini per ogni evenienza. Secondo le stime del Censis, inoltre, 6,5 milioni di persone negli ultimi 12 mesi, per la prima volta nella loro vita, hanno dovuto integrare il reddito familiare mensile con risparmi, prestiti, anticipi di conto corrente o in altro modo, magari per affrontare una spesa imprevista.
CAPITALE UMANO INUTILIZZATO - E' di quasi 8 milioni di individui il capitale umano inutilizzato che non si trasforma in energia lavorativa. A questa cifra si arriva se si guarda al numero di disoccupati, che nel 2013 sono pi? di 3 milioni e si aggiungono i circa 1.780.000 cittadini in et? lavorativa inattivi perch? scoraggiati e gli oltre 3 milioni di persone che pur non cercando attivamente lavoro sarebbero disponibili a lavorare. Il Censis sottolinea come i pi? penalizzati siano i giovani. I 15-34enni costituiscono il 50,9% dei disoccupati totali. E i Neet, cio? i 15-29enni che non sono impegnati in percorsi di istruzione o formazione, non hanno un impiego n? lo cercano, sono in continua crescita: da 1.832.000 nel 2007 a 2.435.000 nel 2013. Il potenziale femminile ? anch'esso ampiamente mortificato, prosegue il Censis nella sua analisi. Le donne, infatti, costituiscono il 45,3% dei disoccupati, ma soprattutto il 65,8% degli inattivi scoraggiati e il 60,6% delle persone disponibili a lavorare. Sul fronte dell'occupazione, il Centro Studi Investimenti Sociali evidenzia un disequilibrato e antieconomico utilizzo dell'offerta di lavoro: il capitale umano sottoutilizzato, composto dagli occupati part time involontari (2,5 milioni nel 2013, raddoppiati rispetto al 2007) e dagli occupati in Cassa integrazione, il cui numero di ore ? passato nel periodo 2007-2013 da poco pi? di 184.000 a quasi 1,2 milioni, corrispondenti a 240.000 lavoratori sottoutilizzati. C'e' anche il capitale umano sotto inquadrato, cioe' persone che ricoprono posizioni lavorative per le quali sarebbe sufficiente un titolo di studio inferiore a quello posseduto: sono pi? di 4 milioni di lavoratori, il 19,5% degli occupati. Di questi il 53,3% ? costituito da diplomati (2,3 milioni di lavoratori) e un ulteriore 41,3% da laureati.
CALANO I CAPITALI STRANIERI, MA BENE TURISMO ED EXPORT - L'Italia piace all'estero ma non attrae capitali stranieri. Se da un lato, infatti, cala la capacit? del nostro paese di attrarre capitali stranieri (nel 2013 sono stati pari a 12,4 miliardi di euro) cresce, invece, l'export dei prodotti made in Italy alimentari, di abbigliamento, arredo e automazione (+30,1% tra il 2009 e il 2013) e il Belpaese ? la quinta destinazione turistica al mondo. Nel 2013 ? diminuita la capacit? dell'Italia di attrarre i capitali stranieri, lo scorso anno sono stati pari a 12,4 miliardi di euro. Una flessione di circa il 60% rispetto il 2007. Nel periodo precedente all'esplosione delle turbolenze finanziarie, i flussi in entrata di investimenti diretti esteri si erano attestati su un livello superiore ai 30 miliardi di euro all'anno e nel 2012 di appena 72 milioni. A pesare, secondo il Censis, un deficit reputazionale. Inoltre, il nostro paese detiene solo l'1,6% dello stock mondiale di investimenti esteri contro il 2,8% della Spagna, il 3,3% della Germania, il 4,2% della Francia, il 6,3% del Regno Unito. L'export delle 4 A del made in Italy (alimentari, abbigliamento, arredo-casa e automazione) ? aumentato del 30,1% in termini nominali tra il 2009 e il 2013. Nel capitolo del Rapporto, dedicato all' "Italian way of life: cosa piace di noi all'estero" si evidenzia come sempre pi? persone parlino la nostra lingua: circa 200 milioni nel mondo. E crescono le reti di aziende italiane in franchising all'estero: 149 reti nel 2013 per un totale di 7.731 punti vendita (+5,3% rispetto al 2011). L'interesse suscitato all'estero dall'Italia, sebbene non adeguatamente sfruttato, non conosce crisi. Siamo la quinta destinazione turistica al mondo, con 186,1 milioni di presenze turistiche straniere nel 2013 e 20,7 miliardi di euro spesi (+6,8% rispetto al 2012).
MIGRANTI SOCCORSI: 1 SU 5 E' MINORE - Dal primo gennaio a met? ottobre sulle coste italiane sono stati gestiti 918 sbarchi, nel corso dei quali sono arrivati 146.922 migranti, per l'11% donne e per il 21,2% minori. Censis, per l'ultimo anno, parla di una "emergenza senza precedenti" e di "numeri che destano allarme: nel 2011, anno record per gli effetti delle 'primavere arabe', gli arrivi erano stati 63mila, 13mila nel 2012 e 43mila in tutto il 2013". I dati di Frontex indicano una prevalenza di eritrei e siriani tra coloro che hanno attraversato il Mediterraneo nei primi otto mesi del 2014; seguono i cittadini di Mali, Nigeria, Gambia e Somalia. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni stima che siano stati oltre 3mila i morti nel Mediterraneo tra gennaio e settembre 2014, e 22.400 quelli che complessivamente hanno perso la vita dal 2000 ad oggi (quasi dieci volte il numero delle vittime degli attentati alle Torri Gemelle). Una tragica media di 1.500 morti ogni anno, che diventano oltre 3mila nei soli primi nove mesi del 2014. Numeri che, secondo il Censis, "mettono a dura prova anche il sistema di accoglienza di chi riesce a giungere a terra". Complessivamente, al 30 settembre le strutture di diversa natura presenti sul territorio nazionale ospitavano 61.536 migranti, collocati per piu' della meta' in soluzioni alloggiative temporanee (il 52,8%, con un maggiore presenza in Sicilia, Lombardia e Campania), per un ulteriore 30% nelle strutture facenti capo allo Sprar (soprattutto nel Lazio, in Sicilia e in Puglia) e per il 17% circa nei centri governativi (i maggiori si trovano in Sicilia, Puglia e Calabria).
BOOM DI OVER 50 OCCCUPATI - Boom di occupati over 50, giovani con lavori "ibridi" e ripetuti periodi di inattivit? lavorativa. Dal 2011 a oggi si registra un boom di occupati over 50 (+19,1%), in concomitanza del crollo osservato tra quanti hanno un'et? inferiore (-11,5%). Se da un lato - spiega il Centro Studi Investimenti Sociali - ? un effetto diretto delle riforme previdenziali entrate a regime, dall'altro contiene in s? le disfunzioni di un mercato del lavoro che chiude le porte alle nuove leve e le spalanca ai lavoratori pi? anziani, oltre ai numerosi casi di chi sceglie di restare al lavoro pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento per non intaccare il livello di reddito e di coloro che si erano chiamati fuori dal mercato del lavoro ma sono stati indotti a rimettersi in gioco dal peggiorare delle condizioni economiche. E' pari al 50,7% la quota dei lavoratori "ibridi" tra gli occupati di et? compresa tra i 15 e i 24 anni. Quest'area di lavoro comprende temporanei, intermittenti, collaboratori, finte partite Iva e prestatori d'opera occasionale. La quota degli "ibridi" scende progressivamente all'aumentare dell'et? (il 22,9% tra i 25 e i 34 anni) e risale in prossimit? dell'uscita definitiva dal mercato del lavoro (il 20,6% tra gli over 65).
Il 14% degli occupati si ? trovato negli ultimi tre anni a interrompere il proprio percorso professionale, incorrendo in uscite temporanee o ripetute dall'attivit? lavorativa. Tale rischio ? maggiore nelle fasce generazionali pi? giovani (tra i 16 e i 24 anni), dove ben il 20,5% degli occupati si ? trovato a vivere periodi di non lavoro. Lo sottolinea il Censis riportando i dati dell'Istat. Spiragli incoraggianti emergono per? grazie alla voglia di fare dei giovani italiani, i quali aspirano in pi? casi a creare da s? un business. Il 22% di loro, infatti, ha gi? avviato una start up o intende seriamente farlo nei prossimi dati. Il Censis sottolinea che il dato ? perfettamente in linea con il resto d'Europa. Tale universo di giovani intraprendenti sarebbe ancora pi? ampio se solo ci fosse un tessuto di imprese e istituzioni pronto a dare loro sostegno nell'avvio di una nuova attivit?, il 38% sarebbe infatti interessato ad avviare un proprio business ma ritiene che sia troppo complicato mentre in Europa tale quota scende al 22% e in Germania al 12%.
PER ITALIANI SSN FONDAMENTALE - Il Servizio sanitario nazionale, nonostante i suoi difetti ? "fondamentale per garantire salute e benessere a tutti". Lo ritiene l'86,7% dei cittadini. Il Servizio sanitario rimane dunque "una istituzione essenziale e non puo' essere smantellato o ridimensionato drasticamente". Le manovre sulla sanit?, la spending review e i Piani di rientro nelle regioni in cui sono attivati hanno contributo all'ampliamento delle vecchie disparit? e alla creazione di nuove nelle opportunit? di cura. Il 50,2% degli italiani ? convinto che tali politiche di contenimento abbiano aumentato le disuguaglianze.
La spesa sanitaria privata ? cresciuta da 29.578 milioni di euro nel 2007 a 31.408 milioni di euro nel 2013, con una dinamica incrementale interrotta solo nell'ultimo anno, presumibilmente per la convergenza di spese di altro tipo sui bilanci di tante famiglie. Nel nuovo contesto si registra non solo un approfondimento di disuguaglianze antiche, ma anche l'insorgenza di disuguaglianze inedite legate alla nuova geografia dei confini pubblico-privato in sanit?, e all'espansione della sanit? a pagamento o, per chi non ce la fa, la rinuncia a curarsi e a fare prevenzione. Non ? un caso che alla richiesta di indicare i fattori pi? importanti in caso di malattia di una persona, il 48,1% degli italiani richiami il denaro che si possiede. Pi? disuguaglianze, quindi, che penalizzano i soggetti pi? fragili dal punto di vista socioeconomico e che nascono da una erosione di fatto della copertura pubblica, e dalla necessit? per i cittadini di ricorrere in misura maggiore all'acquisto di prestazioni nel privato.
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