Con ampia maggioranza
Il ddl delega ottiene il via libera a Montecitorio, ma 260 parlamentari non partecipano. Votano contro 1 di FI, 2 del Misto, 2 del Pd e 1 di PI. Il democratico Fassina: "Le parole di Renzi alimentano la sovversione"
La Camera approva il Jobs act, ma il governo Renzi resta da solo in Aula. Fuori in segno di protesta Lega Nord, Sel, Movimento 5 stelle, Forza Italia e 40 deputati del Partito democratico. Il presidente del Consiglio ha ottenuto il via libera al ddl delega lavoro (316 voti a favore, 5 astenuti e 6 contrari) che ora torna al Senato in terza lettura. Ma il clima in Parlamento resta teso su uno dei provvedimenti pi? discussi degli ultimi mesi. ?Le parole di Renzi?, ha detto il deputato Stefano Fassina, ?non aiutano la pace sociale. Alimenta le tensioni sovversive e corporative?.
Da una parte la solitudine del governo, dall?altra le proteste in aula. Durante le dichiarazioni di voto, ci sono state le contestazioni di alcuni spettatori che indossavano magliette rosse della Fiom e l?M5S ha esposto dei fogli con la scritta ?Licenziact?. La minoranza Pd ha firmato un documento in cui ha espresso le sue perplessit? e in quaranta (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato: hanno votato ?no? Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini. Anche Forza Italia ha deciso di abbandonare l?aula: ?Il governo?, ha detto Daniela Santanch?, ?ha perso una grande occasione per l?impresa e per i lavoratori. Non c?? un imprenditore che con questa riforma assumer? una sola persona. Con buona pace del presidente Squinzi?. Sono in tutto 260, i deputati che non hanno partecipato al voto. Ad essi vanno sommati poi i parlamentari Pd che hanno espresso con il non voto il loro dissenso rispetto al provvedimento. Hanno votato ?no?, in dissenso dai rispettivi gruppi, sei deputati: 1 di FI, 2 del Misto, 2 del Pd e 1 di PI.
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A Montecitorio sono state fatte alcune modifiche al testo: articolo 18 dello statuto dei lavoratori, co.co.co, ammortizzatori sociali, collocamento obbligatorio dei disabili e controlli a distanza. Il tema dei licenziamenti ? stato il pi? delicato affrontato nel corso dell?esame parlamentare, a causa delle diverse posizioni all?interno della maggioranza. Il punto d?incontro che ? stato trovato prevede l?obbligo di reintegro nei casi di licenziamenti disciplinari ingiustificati, che sar? limitato al alcune ?specifiche fattispecie?. Mentre la norma non cambia per i licenziamenti discriminatori o nulli (resta quindi l?obbilgo di reintegro) e per i licenziamenti economici (resta il risarcimento economico). Le modifiche pi? significative hanno riguardato, inoltre, i criteri di delega in materia di ammortizzatori sociali e politiche attive, di forme contrattuali flessibili, di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e di pari opportunit?.
Il presidente democratico Matteo Orfini nel pomeriggio aveva fatto un appello all?unit? del partito: ?Abbiamo raggiunto una larghissima unit? sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunit?, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula?. Nonostante ci?, la minoranza Pd ha firmato un documento, dopo una riunione a Montecitorio, in cui ha espresso le sue perplessit? al testo. Gi? ieri, 24 novembre, un gruppo di 17 deputati democratici (tra cui gli stessi Cuperlo e Fassina) avevano votato un emendamento di Sel in difesa dell?articolo 18. ?Alla fine di una discussione seria e che rispettiamo?, si legge nel testo, ?noi non possiamo votare a favore del Jobs act. L?impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente. Ci preoccupa che il cedimento culturale all?idea che la libert? d?impresa coincida con i vincoli da abolire per consentire finalmente ?il diritto di licenziare'?. Nonostante l?accordo sul testo per? la minoranza Pd non ha votato compatta contro il provvedimento: alcuni sono usciti, altri sono rimasti in Aula per esprimere il dissenso. Amareggiato Civati: ?Il tema era dare un segno che si capisse all?esterno. Secondo me o si vota contro o si esce il messaggio ? uguale?.
All?interno delle minoranze il comportamento ? stato molto differenziato. Per esempio Pierluigi Bersani e Franco Monaco (prodiano) hanno detto che non hanno votato solo per disciplina: ?L?impianto della delega resta difettoso?. ?Se si fa un lavoro per migliorare il testo ti comporti di conseguenza e lo voti ? ha detto l?ex leader della Cgil Guglielmo Epifani, oggi deputato ? Tra noi abbiamo posizioni differenziate in merito allo sciopero generale del 12 dicembre e prenderemo decisioni diverse. Questo non implicher? un rapporto di rottura tra di noi su temi come questi. Per quanto mi riguarda, uno con la mia storia che non ha mai mancato a una manifestazione della Cgil, esiste un legame affettivo e di rispetto nei confronti di quel sindacato. In un momento difficile come questo si deve aver rispetto per tutti i sindacati?.
A favore del provvedimento invece l?Italia dei valori: ?E? tra le riforme che servivano al Paese?, ha detto Nello Formisano (Idv). ?Registriamo con soddisfazione che il provvedimento venga approvato senza l?apposizione della questione di fiducia?. In dissenso con il suo gruppo, e quindi per l?approvazione del provvedimento, Massimo Corsaro di Fratelli d?Italia: ?Il Jobs Act, dice ci? che avremmo dovuto fare noi. Anche se avrebbe potuto essere pi? coraggioso, e la mezza marcia indietro di Renzi ha mostrato come il Presidente del Consiglio, nell?azione di governo, sia fortemente condizionato dagli equilibri interni al suo partito?.
Il ddl delega ottiene il via libera a Montecitorio, ma 260 parlamentari non partecipano. Votano contro 1 di FI, 2 del Misto, 2 del Pd e 1 di PI. Il democratico Fassina: "Le parole di Renzi alimentano la sovversione"
La Camera approva il Jobs act, ma il governo Renzi resta da solo in Aula. Fuori in segno di protesta Lega Nord, Sel, Movimento 5 stelle, Forza Italia e 40 deputati del Partito democratico. Il presidente del Consiglio ha ottenuto il via libera al ddl delega lavoro (316 voti a favore, 5 astenuti e 6 contrari) che ora torna al Senato in terza lettura. Ma il clima in Parlamento resta teso su uno dei provvedimenti pi? discussi degli ultimi mesi. ?Le parole di Renzi?, ha detto il deputato Stefano Fassina, ?non aiutano la pace sociale. Alimenta le tensioni sovversive e corporative?.
Da una parte la solitudine del governo, dall?altra le proteste in aula. Durante le dichiarazioni di voto, ci sono state le contestazioni di alcuni spettatori che indossavano magliette rosse della Fiom e l?M5S ha esposto dei fogli con la scritta ?Licenziact?. La minoranza Pd ha firmato un documento in cui ha espresso le sue perplessit? e in quaranta (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato: hanno votato ?no? Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini. Anche Forza Italia ha deciso di abbandonare l?aula: ?Il governo?, ha detto Daniela Santanch?, ?ha perso una grande occasione per l?impresa e per i lavoratori. Non c?? un imprenditore che con questa riforma assumer? una sola persona. Con buona pace del presidente Squinzi?. Sono in tutto 260, i deputati che non hanno partecipato al voto. Ad essi vanno sommati poi i parlamentari Pd che hanno espresso con il non voto il loro dissenso rispetto al provvedimento. Hanno votato ?no?, in dissenso dai rispettivi gruppi, sei deputati: 1 di FI, 2 del Misto, 2 del Pd e 1 di PI.
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A Montecitorio sono state fatte alcune modifiche al testo: articolo 18 dello statuto dei lavoratori, co.co.co, ammortizzatori sociali, collocamento obbligatorio dei disabili e controlli a distanza. Il tema dei licenziamenti ? stato il pi? delicato affrontato nel corso dell?esame parlamentare, a causa delle diverse posizioni all?interno della maggioranza. Il punto d?incontro che ? stato trovato prevede l?obbligo di reintegro nei casi di licenziamenti disciplinari ingiustificati, che sar? limitato al alcune ?specifiche fattispecie?. Mentre la norma non cambia per i licenziamenti discriminatori o nulli (resta quindi l?obbilgo di reintegro) e per i licenziamenti economici (resta il risarcimento economico). Le modifiche pi? significative hanno riguardato, inoltre, i criteri di delega in materia di ammortizzatori sociali e politiche attive, di forme contrattuali flessibili, di contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e di pari opportunit?.
Il presidente democratico Matteo Orfini nel pomeriggio aveva fatto un appello all?unit? del partito: ?Abbiamo raggiunto una larghissima unit? sul testo, spero che per rispetto della discussione fatta, dei cambiamenti apportati, del lavoro di ascolto reciproco e della nostra comunit?, si voglia fare tutti un ultimo sforzo in Aula?. Nonostante ci?, la minoranza Pd ha firmato un documento, dopo una riunione a Montecitorio, in cui ha espresso le sue perplessit? al testo. Gi? ieri, 24 novembre, un gruppo di 17 deputati democratici (tra cui gli stessi Cuperlo e Fassina) avevano votato un emendamento di Sel in difesa dell?articolo 18. ?Alla fine di una discussione seria e che rispettiamo?, si legge nel testo, ?noi non possiamo votare a favore del Jobs act. L?impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente. Ci preoccupa che il cedimento culturale all?idea che la libert? d?impresa coincida con i vincoli da abolire per consentire finalmente ?il diritto di licenziare'?. Nonostante l?accordo sul testo per? la minoranza Pd non ha votato compatta contro il provvedimento: alcuni sono usciti, altri sono rimasti in Aula per esprimere il dissenso. Amareggiato Civati: ?Il tema era dare un segno che si capisse all?esterno. Secondo me o si vota contro o si esce il messaggio ? uguale?.
All?interno delle minoranze il comportamento ? stato molto differenziato. Per esempio Pierluigi Bersani e Franco Monaco (prodiano) hanno detto che non hanno votato solo per disciplina: ?L?impianto della delega resta difettoso?. ?Se si fa un lavoro per migliorare il testo ti comporti di conseguenza e lo voti ? ha detto l?ex leader della Cgil Guglielmo Epifani, oggi deputato ? Tra noi abbiamo posizioni differenziate in merito allo sciopero generale del 12 dicembre e prenderemo decisioni diverse. Questo non implicher? un rapporto di rottura tra di noi su temi come questi. Per quanto mi riguarda, uno con la mia storia che non ha mai mancato a una manifestazione della Cgil, esiste un legame affettivo e di rispetto nei confronti di quel sindacato. In un momento difficile come questo si deve aver rispetto per tutti i sindacati?.
A favore del provvedimento invece l?Italia dei valori: ?E? tra le riforme che servivano al Paese?, ha detto Nello Formisano (Idv). ?Registriamo con soddisfazione che il provvedimento venga approvato senza l?apposizione della questione di fiducia?. In dissenso con il suo gruppo, e quindi per l?approvazione del provvedimento, Massimo Corsaro di Fratelli d?Italia: ?Il Jobs Act, dice ci? che avremmo dovuto fare noi. Anche se avrebbe potuto essere pi? coraggioso, e la mezza marcia indietro di Renzi ha mostrato come il Presidente del Consiglio, nell?azione di governo, sia fortemente condizionato dagli equilibri interni al suo partito?.
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