e sono soldi di chi? ma di NESSUNO
Li creano dal nulla, come gi? ampiamente spiegato in altre discussioni ddg ma anche di recente dalla Banca di Inghilterra http://www.bankofengland.co.uk/publi...eycreation.pdf
quindi mettiamoci l'anima in pace i soldi ce ne sarebbero quanti ne vogliamo (alla faccia di quelli che "oddio ma che fai stampi moneta, sporcaccione!! ) ma veniamo tenuti alla stecca per fini politici oculatamente decisi.
Ripartono i mutui la stretta ? finita le banche lanciano segnali di svolta - Repubblica.it
L? annuncio della svolta ? arrivato dalla televisione. Non dai telegiornali: dalla pubblicit?. Dopo un paio d?anni di silenzio Unicredit e Intesa SanPaolo a livello nazionale e le popolari a livello locale, hanno cominciato a inondare il teleschermo di spot. Per vendere cosa? Mutui. E? il segnale che i soldi ci sono e si pu? ricominciare a prestarli. Ovviamente a cominciare da quella parte della clientela che tradizionalmente li ripaga, le famiglie, e attraverso un prodotto che contiene in se la garanzia, attraverso l?ipoteca sull?immobile il cui acquisto si va a finanziare. Il mercato dei mutui gi? si era mosso a partire da settembre dello scorso anno, poi nel primo trimestre del 2014 la crescita si ? fatta pi? sostenuta e siamo tornati ai livelli del 2012. In effetti qualcosa ? cambiato. Nei piani industriali che hanno accompagnato la presentazione dei bilanci 2013, quasi tutte le principali banche hanno annunciato l?intenzione di aumentare il credito, per un ammontare che di qui al 2017 dovrebbe essere di oltre 70 miliardi. A umenteranno le erogazioni Unicredit, Intesa San Paolo, il Banco Popolare, la Popolare di Milano e tante altre, l?unica che prevede invece di ridurlo ? il Monte dei Paschi, di una ventina di miliardi nel triennio. Quello che ? successo, e che le campagne pubblicitarie confermano, ? che alcuni degli ostacoli strutturali che avevano bloccato il sistema negli ultimi due anni cominciano ad essere rimossi. Il primo problema
era il capitale, insufficiente a soddisfare i requisiti previsti da Basilea III e troppo basso anche per i mercati, che infatti da una parte hanno depresso i corsi dei titoli del settore e, dall?altra, hanno smesso di prestare soldi alle aziende di credito italiane (in questo caso soprattutto per la crisi dei debiti sovrani e l?elevata percezione del rischio Italia). Ora questo problema ? per i grandi istituti superato e per buona parte di quelli medi in via di superamento. Nelle pipeline del sistema ci sono aumenti di capitale per circa dieci miliardi, varati per mettersi a posto in vista della revisione della qualit? degli attivi e degli stress test della Bce, ma che nella sostanza rimettono il sistema in condizione di ricominciare a fare credito. Se gli aumenti deliberati saranno sufficienti lo sapremo solo quando Francoforte dar? i suoi giudizi finali, ma se gli assestamenti ulteriori dovessero avere un impatto limitato, l?ostacolo rappresentato dall?adeguatezza del capitale di vigilanza dovrebbe essere superato. Il secondo problema strutturale era la liquidit?. All?inizio della crisi le banche italiane a fronte di cento euro di raccolta diretta avevano 135 euro di impieghi, e la differenza era coperta da capitali internazionali raccolti sul ?mercato all?ingrosso?. Con la crisi dei debiti sovrani quel mercato ha chiuso i rubinetti e solo grazie ai due Ltro della Banca Centrale Europea le banche dei paesi periferici sono riuscite ad andare avanti. Le italiane sono tra quelle che hanno preso di pi? e al momento restituito di meno, ma la lentezza nella restituzione sembra dovuta pi? al fatto che prendere quei soldi da Francoforte e comprarci titoli di stato consente un guadagno sicuro e facile, piuttosto che a problemi di liquidit?. Come testimonia la riduzione degli spread, la percezione dei rischi sovrani dei paesi periferici si ? allentata e i mercati hanno riaperto i rubinetti. Quel gap tra raccolta diretta e impieghi si ? nel frattempo ridotto dal 35 al 15 per cento circa e si ridurr? ancora, ma non ? pi? un problema in grado di bloccare il credito. La liquidit? c??, e continuer? prevedibilmente ad esserci. Il terzo fattore della stretta creditizia ? il costo del rischio, ovvero il fatto che una parte consistente dei crediti erogati non viene restituita. In un periodo di recessione molte imprese e anche molte famiglie non sono in grado di mantenere i loro impegni e le banche hanno pagato un prezzo salatissimo. Le sofferenze ammontano ormai a 160 miliardi di euro e i crediti deteriorati a 260. Ma anche qui c'? una novit?: mentre le sofferenze continuano a salire, e continueranno ancora nei prossimi mesi, l?andamento dei crediti deteriorati si sta stabilizzando. Le banche sono riuscite in qualche modo a isolare la parte pi? rischiosa del loro attivo e cominciano a gestirlo con strumenti dedicati al fine di ridurre quella massa. Al contempo con gli ultimi bilanci hanno aumentato considerevolmente le coperture rendendo pi? facile la cessione di pezzi di portafoglio, aumentando cos? la possibilit? di rendere il proprio attivo pi? dinamico. La conclusione ? che i problemi non sono risolti completamente ma siamo sulla buona strada e ci sono gli elementi per fare delle ipotesi su quanto avverr? nei prossimi mesi. Dal lato dell?offerta si pu? prevedere una certa prudenza finch? non si conosceranno gli esiti della revisione della qualit? degli attivi e degli stress test della Bce, ma questa prudenza incider? soprattutto sui prestiti alle imprese, mentre una maggiore apertura continuer? ad esserci nel settore dei mutui alle famiglie. La domanda sar? simmetrica: quando il ciclo economico svolta, in genere parte prima la richiesta di mutui, poi la domanda di circolante da parte delle imprese e infine la domanda di credito per investimenti. Al momento sono ripartiti i mutui e la domanda di circolante dalle imprese che esportano, per le imprese che lavorano solo sul mercato domestico dipender? dall?evoluzione della domanda interna che al momento ancora langue. Le banche, dal canto loro, hanno una ragione importante per aumentare il credito: remunerare il capitali che hanno chiesto agli azionisti. Le banche devono tornare a guadagnare e per farlo devono spingere l?acceleratore sul loro core business che ? quello di prestare denaro. Il problema ? che devono imparare a farlo in modo nuovo, che implica capacit? di valutazione delle imprese, dei settori e del rischio in gran parte perdute, e che richiede un diverso rapporto con le imprese. Vanno in questa direzione gli ingenti investimenti in formazione e riconversione del personale previsti nei piani industriali dei principali istituti. Intanto per? il rapporto tra banche e imprese sta gi? cambiando. Il primo cambiamento ? che le banche preferiscono lasciar fallire le aziende decotte piuttosto che tenerle a galla artificialmente al fine di non far emergere le sofferenze. Un cambiamento di mentalit? determinato dai nuovi requisiti di capitale di Basilea III e dalla revisione della qualit? degli asset della Bce, ma anche dal fatto che il sistema ormai accetta che ci siano sofferenze elevate e preferisce che siano esplicite. Il secondo cambiamento ? che la banca di fronte ad aziende gi? molto indebitate prima di aprire di nuovo il portafoglio comincia a pretendere che sia l?imprenditore stesso a farlo, oppure - se non ha i soldi necessari - che sia disposto a condividere il controllo con altri che li abbiano. Terzo cambiamento, le banche sempre di pi? vogliono condividere il rischio di credito con il mercato, e spingono per questo le imprese ad utilizzare di pi? strumenti come le obbligazioni. Operazione peraltro necessaria anche per ridurre quel gap ancora consistente tra raccolta diretta e impieghi senza strozzare l?economia. Questi cambiamenti che sono stati determinati dalla crisi e dalle nuove regole, alla fine di un processo che sar? ancora lungo e faticoso potrebbero tuttavia consegnarci un sistema finanziariamente e anche economicamente pi? equilibrato. Molte aziende sono gi? uscite dal mercato e altre usciranno, ma quelle che resteranno in piedi dovrebbero avere pi? mezzi propri e, per la parte debito, essere meno dipendenti dalle banche e un po? di pi? al mercato. Con un ulteriore effetto: le obbligazioni sono raccolta a medio e lungo termine, pi? stabile quindi. Ma una raccolta a lungo termine sul mercato richiede trasparenza sulla realt? economica dell?impresa e piani industriali per il futuro. E i piani industriali li fanno i manager, che fino ad oggi nelle imprese italiane hanno avuto assai poco spazio. Potremmo scoprire che Basilea III e l?Unione Bancaria cambiando le banche ancora di pi? stanno cambiando le imprese. BANCHIERI L?amministratore delegato di Banca Intesa San Paolo, Carlo Messina, con il presidente dell?Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli Nei grafici le previsioni di crescita del credito bancario nei prossimi anni e l?andamento dei mutui immobiliari che segnala una crescita rilevante nei primi mesi dell?anno in corso Nei piani industriali presentati nelle ultime settimane quasi tutti gli istituti prevedono per i prossimi anni un aumento del credito erogato
Li creano dal nulla, come gi? ampiamente spiegato in altre discussioni ddg ma anche di recente dalla Banca di Inghilterra http://www.bankofengland.co.uk/publi...eycreation.pdf
quindi mettiamoci l'anima in pace i soldi ce ne sarebbero quanti ne vogliamo (alla faccia di quelli che "oddio ma che fai stampi moneta, sporcaccione!! ) ma veniamo tenuti alla stecca per fini politici oculatamente decisi.
Ripartono i mutui la stretta ? finita le banche lanciano segnali di svolta - Repubblica.it
L? annuncio della svolta ? arrivato dalla televisione. Non dai telegiornali: dalla pubblicit?. Dopo un paio d?anni di silenzio Unicredit e Intesa SanPaolo a livello nazionale e le popolari a livello locale, hanno cominciato a inondare il teleschermo di spot. Per vendere cosa? Mutui. E? il segnale che i soldi ci sono e si pu? ricominciare a prestarli. Ovviamente a cominciare da quella parte della clientela che tradizionalmente li ripaga, le famiglie, e attraverso un prodotto che contiene in se la garanzia, attraverso l?ipoteca sull?immobile il cui acquisto si va a finanziare. Il mercato dei mutui gi? si era mosso a partire da settembre dello scorso anno, poi nel primo trimestre del 2014 la crescita si ? fatta pi? sostenuta e siamo tornati ai livelli del 2012. In effetti qualcosa ? cambiato. Nei piani industriali che hanno accompagnato la presentazione dei bilanci 2013, quasi tutte le principali banche hanno annunciato l?intenzione di aumentare il credito, per un ammontare che di qui al 2017 dovrebbe essere di oltre 70 miliardi. A umenteranno le erogazioni Unicredit, Intesa San Paolo, il Banco Popolare, la Popolare di Milano e tante altre, l?unica che prevede invece di ridurlo ? il Monte dei Paschi, di una ventina di miliardi nel triennio. Quello che ? successo, e che le campagne pubblicitarie confermano, ? che alcuni degli ostacoli strutturali che avevano bloccato il sistema negli ultimi due anni cominciano ad essere rimossi. Il primo problema
era il capitale, insufficiente a soddisfare i requisiti previsti da Basilea III e troppo basso anche per i mercati, che infatti da una parte hanno depresso i corsi dei titoli del settore e, dall?altra, hanno smesso di prestare soldi alle aziende di credito italiane (in questo caso soprattutto per la crisi dei debiti sovrani e l?elevata percezione del rischio Italia). Ora questo problema ? per i grandi istituti superato e per buona parte di quelli medi in via di superamento. Nelle pipeline del sistema ci sono aumenti di capitale per circa dieci miliardi, varati per mettersi a posto in vista della revisione della qualit? degli attivi e degli stress test della Bce, ma che nella sostanza rimettono il sistema in condizione di ricominciare a fare credito. Se gli aumenti deliberati saranno sufficienti lo sapremo solo quando Francoforte dar? i suoi giudizi finali, ma se gli assestamenti ulteriori dovessero avere un impatto limitato, l?ostacolo rappresentato dall?adeguatezza del capitale di vigilanza dovrebbe essere superato. Il secondo problema strutturale era la liquidit?. All?inizio della crisi le banche italiane a fronte di cento euro di raccolta diretta avevano 135 euro di impieghi, e la differenza era coperta da capitali internazionali raccolti sul ?mercato all?ingrosso?. Con la crisi dei debiti sovrani quel mercato ha chiuso i rubinetti e solo grazie ai due Ltro della Banca Centrale Europea le banche dei paesi periferici sono riuscite ad andare avanti. Le italiane sono tra quelle che hanno preso di pi? e al momento restituito di meno, ma la lentezza nella restituzione sembra dovuta pi? al fatto che prendere quei soldi da Francoforte e comprarci titoli di stato consente un guadagno sicuro e facile, piuttosto che a problemi di liquidit?. Come testimonia la riduzione degli spread, la percezione dei rischi sovrani dei paesi periferici si ? allentata e i mercati hanno riaperto i rubinetti. Quel gap tra raccolta diretta e impieghi si ? nel frattempo ridotto dal 35 al 15 per cento circa e si ridurr? ancora, ma non ? pi? un problema in grado di bloccare il credito. La liquidit? c??, e continuer? prevedibilmente ad esserci. Il terzo fattore della stretta creditizia ? il costo del rischio, ovvero il fatto che una parte consistente dei crediti erogati non viene restituita. In un periodo di recessione molte imprese e anche molte famiglie non sono in grado di mantenere i loro impegni e le banche hanno pagato un prezzo salatissimo. Le sofferenze ammontano ormai a 160 miliardi di euro e i crediti deteriorati a 260. Ma anche qui c'? una novit?: mentre le sofferenze continuano a salire, e continueranno ancora nei prossimi mesi, l?andamento dei crediti deteriorati si sta stabilizzando. Le banche sono riuscite in qualche modo a isolare la parte pi? rischiosa del loro attivo e cominciano a gestirlo con strumenti dedicati al fine di ridurre quella massa. Al contempo con gli ultimi bilanci hanno aumentato considerevolmente le coperture rendendo pi? facile la cessione di pezzi di portafoglio, aumentando cos? la possibilit? di rendere il proprio attivo pi? dinamico. La conclusione ? che i problemi non sono risolti completamente ma siamo sulla buona strada e ci sono gli elementi per fare delle ipotesi su quanto avverr? nei prossimi mesi. Dal lato dell?offerta si pu? prevedere una certa prudenza finch? non si conosceranno gli esiti della revisione della qualit? degli attivi e degli stress test della Bce, ma questa prudenza incider? soprattutto sui prestiti alle imprese, mentre una maggiore apertura continuer? ad esserci nel settore dei mutui alle famiglie. La domanda sar? simmetrica: quando il ciclo economico svolta, in genere parte prima la richiesta di mutui, poi la domanda di circolante da parte delle imprese e infine la domanda di credito per investimenti. Al momento sono ripartiti i mutui e la domanda di circolante dalle imprese che esportano, per le imprese che lavorano solo sul mercato domestico dipender? dall?evoluzione della domanda interna che al momento ancora langue. Le banche, dal canto loro, hanno una ragione importante per aumentare il credito: remunerare il capitali che hanno chiesto agli azionisti. Le banche devono tornare a guadagnare e per farlo devono spingere l?acceleratore sul loro core business che ? quello di prestare denaro. Il problema ? che devono imparare a farlo in modo nuovo, che implica capacit? di valutazione delle imprese, dei settori e del rischio in gran parte perdute, e che richiede un diverso rapporto con le imprese. Vanno in questa direzione gli ingenti investimenti in formazione e riconversione del personale previsti nei piani industriali dei principali istituti. Intanto per? il rapporto tra banche e imprese sta gi? cambiando. Il primo cambiamento ? che le banche preferiscono lasciar fallire le aziende decotte piuttosto che tenerle a galla artificialmente al fine di non far emergere le sofferenze. Un cambiamento di mentalit? determinato dai nuovi requisiti di capitale di Basilea III e dalla revisione della qualit? degli asset della Bce, ma anche dal fatto che il sistema ormai accetta che ci siano sofferenze elevate e preferisce che siano esplicite. Il secondo cambiamento ? che la banca di fronte ad aziende gi? molto indebitate prima di aprire di nuovo il portafoglio comincia a pretendere che sia l?imprenditore stesso a farlo, oppure - se non ha i soldi necessari - che sia disposto a condividere il controllo con altri che li abbiano. Terzo cambiamento, le banche sempre di pi? vogliono condividere il rischio di credito con il mercato, e spingono per questo le imprese ad utilizzare di pi? strumenti come le obbligazioni. Operazione peraltro necessaria anche per ridurre quel gap ancora consistente tra raccolta diretta e impieghi senza strozzare l?economia. Questi cambiamenti che sono stati determinati dalla crisi e dalle nuove regole, alla fine di un processo che sar? ancora lungo e faticoso potrebbero tuttavia consegnarci un sistema finanziariamente e anche economicamente pi? equilibrato. Molte aziende sono gi? uscite dal mercato e altre usciranno, ma quelle che resteranno in piedi dovrebbero avere pi? mezzi propri e, per la parte debito, essere meno dipendenti dalle banche e un po? di pi? al mercato. Con un ulteriore effetto: le obbligazioni sono raccolta a medio e lungo termine, pi? stabile quindi. Ma una raccolta a lungo termine sul mercato richiede trasparenza sulla realt? economica dell?impresa e piani industriali per il futuro. E i piani industriali li fanno i manager, che fino ad oggi nelle imprese italiane hanno avuto assai poco spazio. Potremmo scoprire che Basilea III e l?Unione Bancaria cambiando le banche ancora di pi? stanno cambiando le imprese. BANCHIERI L?amministratore delegato di Banca Intesa San Paolo, Carlo Messina, con il presidente dell?Associazione Bancaria Italiana Antonio Patuelli Nei grafici le previsioni di crescita del credito bancario nei prossimi anni e l?andamento dei mutui immobiliari che segnala una crescita rilevante nei primi mesi dell?anno in corso Nei piani industriali presentati nelle ultime settimane quasi tutti gli istituti prevedono per i prossimi anni un aumento del credito erogato
Comment