Goofynomics: La crisi, la svendita, e mi’ cuggino: riflessione sull'art. 18
La crisi, la svendita, e mi? cuggino: riflessione sull'art. 18
(Un lettore mi ha appena rimproverato una scemenza detta per non aver controllato una fonte. Visto che la storia dell?euro ? una storia di perseveranza nell?errore, mi adeguo alla linea del partito, e faccio un altro breve intervento basato su una fonte secondaria, che non posso controllare.)
I saldi di fine stagione
Un lettore molto attento di questo blog (sono molto orgoglioso dei miei lettori!) mi indica che secondo Emiliano Brancaccio l?uscita dall?euro aprirebbe la strada alla svendita di imprese italiane a imprenditori esteri. L?Italia, uscendo, svaluterebbe la ?nuova lira? di circa il 20% rispetto al ?nuovo marco? o al ?neuro? (Nord-euro). Per gli imprenditori tedeschi le imprese italiane da un giorno all?altro verrebbero a costare il 20% in meno (a spanna). Lieti di questo sconto, gli imprenditori del ?centro? europeo ne approfitterebbero per comprare le migliori imprese della ?periferia?.
Notate bene: stiamo dicendo che in effetti l?uscita dall?euro favorirebbe l?afflusso di capitali esteri (che entrerebbero in Italia per comprarsi imprese). Altro che ?saremo isolati dai mercati dei capitali, i capitali fuggiranno da noi, saremmo reietti, verremo gettati nelle tenebre dell?autarchia finanziaria, ubi erit fletus et stridor dentium...?! Esattamente il contrario. Saremmo inondati di capitali esteri, in particolare sotto forma di quelli che il manuale della bilancia dei pagamenti chiama ?foreign direct investments (FDI) in reporting country? e che noi chiamiamo ?investimenti diretti esteri (IDE) in entrata?.
Lezioncina: cosa sono gli IDE
Gli IDE sono definiti dall?ottava edizione del manuale della bilancia dei pagamenti come:
?a category of cross-border investment associated with a resident in one economy having control or a significant degree of influence on the management of an enterprise that is resident in another economy? (una categoria di investimento internazionale legata al fatto che un operatore residente in una economia ? es.: la Germania ? acquisisce il controllo o comunque un significativo livello di influenza nell?amministrazione di un?impresa che risiede in un?altra economia ? es.: l?Italia). Bop manual, par. 6.8.
Se le imprese sono quotate, lo shopping avviene attraverso l?acquisto di azioni. Il Bop manual (par. 6.12) ci dice che si ritiene ?significativo livello di influenza? l?acquisto di un pacchetto di almeno il 10% del capitale, e ?controllo? l?acquisto di un pacchetto di maggioranza (pi? del 50%). Insomma, si ha un IDE quando le azioni non vengono acquistate per motivi speculativi (cio? perch? ti aspetti che il loro prezzo salga), ma per aver voce in capitolo nell?azienda. Risparmio le ulteriori complicazioni (scatole cinesi, imprese non quotate, ecc.). Il senso ? comunque che se le nostre imprese costassero da un giorno all?altro il 20% in meno, ci? attirerebbe capitali esteri, sotto forma di IDE in entrata (in Italia).
Quindi tutto bene? I capitali arrivano! I giornalisti, i nostri ?informatori?, che tanto deploravano la scarsa attrattivit? dell?Italia, dovuta (secondo loro) all?assenza di politica industriale del Satiro, tireranno un sospiro di sollievo. I sindacalisti anche, e soprattutto la Camusso, per la quale, par di capire, lo scopo della ?politica industriale? ? quello di vendere aziende alle multinazionali straniere. E gli economisti, che in tante occasioni hanno studiato la relazione fra IDE e crescita, e hanno cantato le lodi degli IDE, a causa della loro natura ?produttiva? e non ?speculativa?, e quindi della loro maggiore stabilit? (perch? chi acquisisce il controllo di un?azienda lo fa perch? questa faccia profitti, e non ? almeno in teoria ? per rivendere il pacchetto azionario il giorno dopo), si aggiungeranno al coretto degli informatori: ?Alleluia! In exitu Israel de Egipto...?. Se i capitali arrivano, vuol dire che siamo attraenti (alla nostra et? ? sempre una soddisfazione), quindi ne siamo quasi fuori. Un po? di Purgatorio, ed ? fatta.
Invece no, assolutissimamente no.
E la svalutazione dell?ipotetica ?nuova lira? non c?entra nulla. Sono convinto che la segnalazione del lettore derivi da una lettura affrettata (un po? di confusione ? scusabile quando si leggono troppe cose, soprattutto se si legge solo di economia, stante la lecita, ma un po? fuorviante, abitudine dei colleghi di dire tutto e il contrario di tutto). Brancaccio, non va dimenticato, ? stato fra i primi economisti italiani a denunciare la reale natura degli squilibri determinati dall?euro. E l?aritmetica, ne sono certo, la sa. Quindi ? difficile che abbia messo la cosa in questi termini. Vediamo perch?.
Cosa ci dice l?aritmetica.
Il 20% sembra un bello sconto, finch? non si aprono gli occhi. Quando lo si fa, e ci si guarda in giro, si vede un campo di macerie. Gli attacchi speculativi iniziati questa estate, tradottisi in vendite coordinate di titoli di stato italiani da parte di chi ne deteneva quantit? sufficienti a influenzare il mercato, hanno determinato ondate successive di panico e sbriciolato le quotazioni delle imprese italiane. Fornisco a caso alcune performance a un anno:
Geox ? 40%
Fiat ?48%
Mediobanca -39%
Mps ?68%
Safilo -63%
Unicredit -75%
(I dati vengono dal sito Finanza-Quotazioni-Azioni-Etf-Obbligazioni-Fondi-Notizie - Borsa Italiana e sono riferiti alla data di pubblicazione di questo post. Ringrazio il prof. Santarelli, PhD ai Bagni 93 Luigi di Cattolica, emerito di Goofynomics all?universit? di Topolinia, nonch? mio private banker - disoccupato, visto che col mio stipendio non riesco a risparmiare).
A chi volesse acquistare un?impresa italiana, la crisi finanziaria ha gi? fatto uno sconto che va dal 40% al 75%. Certo, la svalutazione farebbe un ulteriore sconto del 20%. Questo, per?, non andrebbe applicato ai valori di un anno fa, ma a quelli odierni, e sarebbe quindi sostanzialmente trascurabile. Esempio: supponiamo che una banca tedesca sia interessata ad acquistare Unicredit. Poniamo costasse 100 un anno fa. Oggi costerebbe 25. Se svalutassimo, costerebbe 20 (perch? il 20% di 25 ? 5). Quindi con la svalutazione del 20% il nostro fratello teutone non risparmierebbe 20, rispetto ai 100 iniziali, ma solo 5. Certo, questi 5 in pratica non sono bruscolini. Ma non mi sembra siano determinanti, rispetto ai 75 gi? risparmiati a causa della crisi finanziaria, e degli attacchi speculativi scatenati, guarda caso, dai grossi investitori istituzionali del centro (perch? i titoli li vende chi li ha, e la casalinga di Voghera, per quanto sia sfiduciata, difficilmente influenza il mercato).
Siamo seri, per favore! Agli investitori del ?centro? lo sconto glielo ha fatto l?euro, ponendo (come abbiamo pi? volte chiarito) le condizioni per la fragilit? finanziaria della periferia. Questa fragilit? e il conseguente tonfo sono stati il vero saldo di fine stagione. La svalutazione aggiungerebbe poco. Quindi non credo che Brancaccio abbia detto questa cosa (sbagliata), tanto pi? che gli ho visto spesso dire la cosa giusta, cio? che una qualche forma di controllo dei movimenti di capitale sar? un ingrediente necessario per ristabilire ordine in Europa.
Purtroppo, per?, non sono in grado di controllare la fonte perch?, guarda caso, l?articolo citato dal mio lettore, ambiziosamente intitolato ?L?unica cosa da fare?, ? anche l?unico articolo che non riesco a scaricare dal sito di Brancaccio. Chi ci riesce e me lo manda vince... una svalutazione del 20%!
Il vero sconto
Naturalmente il tonfo in borsa riguarda solo le imprese quotate in borsa. E per le altre (posto che interessino)? Mettiamola cos?: nello scenario attuale, dopo il crollo delle quotazioni, il vero sconto, il maggiore regalo agli investitori esteri, arriva dalle politiche di austerit? e di svalutazione ?interna?. Il motivo ? semplice: deprimendo la domanda sul mercato interno, quello pi? immediatamente accessibile, queste politiche intaccano pesantemente la redditivit? delle imprese italiane, mettendo alle corde (come diceva Dornbusch) i pochi imprenditori italiani rimasti. I quali, a questo punto, hanno un ovvio incentivo a svendere a imprenditori esteri e ritirarsi a vita privata. Che bello, arrivano i capitali...
Anche le politiche di ?svalutazione interna?, cio? di taglio dei salari, concorrono a questo quadro. Queste politiche ci vengono richieste dalla Germania sulla base del fatto che da loro sono state attuate, e che noi dovremmo seguire il loro virtuoso esempio. Mi chiede per? con affettuosa insistenza Marino Badiale: ?che senso ha da parte della Germania, con la quale siamo sostanzialmente in una guerra commerciale, indicarci la strada da seguire per sconfiggerla? (cio? invitarci a recuperare competitivit? con politiche dei redditi aggressive in senso commerciale: pago meno gli operai, faccio un miglior prezzo all?estero)?. La risposta ? che se lo scopo fosse quello dichiarato (indicarci la strada per essere pi? competitivi verso di loro) la cosa non avrebbe senso. Ma lo scopo ? un altro, ed ? duplice. Primo, mettere le imprese italiane in ginocchio mettendo in ginocchio i loro lavoratori. Una strada che, come ho detto pi? volte e come sta sui libri, le imprese italiane hanno imboccato da sole, ma sulle quali ora viene loro chiesto di proseguire. Tagliare i salari significa, in definitiva, compromettere il fatturato delle aziende (chi compra, se tutti hanno meno soldi?), ottenendo lo stesso risultato delle politiche di austerit?: intaccare la redditivit? per indurre a cedere le aziende. Secondo... ve lo dico dopo una breve parentesi.
M?ha detto mi cuggino...
Devo occuparmi dell?argomento ?mi? cuggino?. Eh s?, perch? quando si arriva a questo punto, quando si fa notare che la Germania ha praticato fin dal secondo dopoguerra una politica di deflazione competitiva, salta sempre fuori qualcuno che, come nella canzone di Elio, se ne esce con: ?m?ha detto mi? cuggino che alla Volkswagen stanno meglio che alla Fiat?. Se non l?ha detto ?mi? cuggino? l?ha detto ?un amico che lavora l??, se non ? un amico ? un giornale, uno di quei giornali che vi hanno informati cos? bene finora, e continuano a farlo, con professionalit? e indipendenza (da voi) seconde solo a quelle delle banche centrali.
L?argomento ?del cuggino? ? che il ?netto in busta? sarebbe pi? alto in Germania, il che rende assurdo sostenere che la Germania faccia competizione sui salari, cio? tramite una ?svalutazione interna? competitiva. Argomento sposato da un?altra mia affezionata lettrice, Dana74. Cara, carissima, adorabile Dana74:
Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.
(Gozzano, La signorina Felicita)
Vediamo insieme cosa non comprende (in my humble opinion) Dana, e in che cosa l?argumentum ad cugginum ? fallace.
I dati che mi? cuggino non conosce... (ma basta chiedere)
Una cosa credo di aver capito studiando l?economia: se si ? disposti a saltabeccare dal livello dell?analisi economica a quello dell?aneddoto, dal ritaglio di giornale ai database dell?OCSE, dalla sociologia alla statistica economica, si pu? dimostrare tutto, e il suo contrario. A me qui interessa il livello macroeconomico (gli aneddoti ben vengano nei commenti) e mi interessano i dati provenienti dalle fonti ufficiali, che come al solito vi fornir?.
Con questa premessa, faccio alcune ovvie considerazioni.
1. La Germania non ? la Volkswagen, come l?Italia non ? la Fiat. Tutti gli aneddoti sono utili, ma alla fine il risultato complessivo va valutato in termini complessivi. Ad esempio: saranno tutti cos? felici i lavoratori dell?indotto? Ma non voglio indurvi a raccontare altri aneddoti. Voglio guardare all'aggregato.
2. Nell?aggregato i salari reali tedeschi, dal changeover in poi, sono diminuiti, mentre quelli italiani sono rimasti stazionari. Il dato ? ampiamente noto (tranne che in Italia), e ampiamente ammesso dall?establishment tedesco, che, per bocca di Roland Berger, consulente della Merkel, ammette che la ricetta del successo tedesco sta nella "liberalizzazione" del mercato del lavoro e in aumenti dei salari reali inferiori a quelli della produttivit?. Che poi significa aumenti dei profitti superiori a quelli della produttivit? (a meno che lo scarto non venga dato in beneficenza). E i risultati si vedono, sono nei dati. Guardate la Fig. 1:
Si vede benissimo che dal 2003 al 2009 i salari reali tedeschi (cio? i salari corretti per la variazione del costo della vita) sono diminuiti del 6%. Quelli italiani dello 0%. Siccome c?? sempre qualche ingenuo che arrivato a questo punto mi accusa di complottismo e vuole vedere la ?smoking gun?, faccio notare che ? proprio il consulente della Merkel a dire che questa ? una delle due cause del successo tedesco (l?altra essendo la ?liberalizzazione? del mercato del lavoro). Quindi non ? complottismo: ? una precisa, univoca, dichiarata, esplicita intenzione politica che si riflette nei dati.
Ora io mi chiedo, e soprattutto lo chiedo a Dana74: lo dicono i dati, lo dicono i responsabili della politica tedesca: occorre altro per capire che la Germania fa competizione sui salari (cio? pratica una ?svalutazione interna? o deflazione competitiva)? Evidentemente a te s?. E allora mi arrendo. Hai vinto.
3: "Ma io sto meglio in Germania che in Italia, dice un altro mio carissimo lettore. Nel senso che hai pi? soldi in busta paga. Giusto. Solo che all?imprenditore non interessa quanto d? a te, ma quanto gli costi, e le due cose sono diverse. In mezzo c?? il cuneo fiscale. Il costo del lavoro non ? il netto in busta, e questo voi, che a differenza di me siete uomini pratici, lo capite meglio di me: ci sono di mezzo contributi e tasse. Quindi c?? ovviamente anche un problema di sistema fiscale, e ovviamente un enorme freno alla competitivit? italiana ? posto dall?iniquit? italiana, cio? dal fatto, talmente macroscopico che lo vedo anch?io, che sul lavoro dipendente cade il maggiore onere fiscale. E poi: sei sicuro di comprare a Brema lo stesso paniere di beni che compri a Viterbo? Perch? tu ci hai detto che guadagni di pi?, ma... non ci hai detto quanto costa un chilo di pane, quanto spendi per il biglietto dell?autobus, ecc. Siamo sicuri che in Germania la vita costi di meno? L?OCSE tanto sicura non lo ?. Se convertiamo i redditi unitari da lavoro dipendente (diciamo, il salario medio al lordo delle tasse) in una comune unit? di misura, vediamo che a parit? di potere d?acquisto i salari nominale tedeschi e italiani sono perfettamente allineati. Anzi: prima del changeover, cio? prima dell?operazione 1000 lire = 1 euro, la vita in Italia costava sensibilmente di meno, tant?? che a parit? di potere d?acquisto i nostri salari erano superiori. Lo si vede bene nella Fig. 2:
Vedete che bel "tuffo" fra 2002 e 2003? Ma naturalmente ? solo un problema di percezione. Lo abbiamo percepito noi, e l'OCSE. Il governo (Berlusconi) e i suoi apparati (Istat ecc.) un po' di meno. "Noi veggiam come quei c'ha mala luce...". Anche gli uffici statistici, forse, vedono meglio a distanza. E il tempo, comunque, ? galantuomo.
4: il mio lettore dichiara di essere rimasto allibito quando il suo capo (F?hrer) ha licenziato una sua collega dall?oggi al domani. Caro lettore, hai capito come stanno le cose? Lo sai come si chiama questo? Si chiama liberalizzazione del mercato del lavoro. Che poi sarebbe un eufemismo per disoccupazione. Perch? la diminuzione del salari reali vista in Fig. 1 non ? stata ottenuta con la moral suasion: ? stata ottenuta con la minaccia dei licenziamenti e delle delocalizzazioni, e imponendo un tasso di disoccupazione in alcuni anni fino a 3 punti pi? alto che in Italia (per citare un esempio). Non credi a me? Hai, come ognuno di noi, me compreso, un lato Dana? E allora guardati i dati della Banca Mondiale:
Vedi come decolla la disoccupazione nel 2003, l'anno che Berger indica come anno della "riscossa", delle "riforme" tedesche? Ma io so che tu lo sai...
La morale della favola (ma non ditela a mi? cuggino...)
Chiedo scusa per la lunga parentesi. Vorrei non fosse necessaria, e soprattutto vorrei non fosse inutile. Temo sar? l?uno e l?altro. Continuo quindi lasciando Dana74 al suo sbigottimento (?e lo mperch? non sanno?) e rivolgendomi agli happy few.
Riassumo: la Germania pratica una svalutazione interna competitiva che realizza comprimendo i diritti dei lavoratori, e pretende che noi adottiamo questo modello. Lo fa perch? cos? possiamo competere con lei? No. Lo fa perch? i suoi imprenditori vogliono trovare da noi, una volta acquistate le nostre aziende, le stesse condizioni di ?liberalizzazione? (leggi: licenziamenti facili e compressione dei salari reali) che gli hanno garantito elevati profitti a casa loro. L?invito alla ?virt? alamanna? ? ovviamente ?pro domo sua? (cio? loro): ?buono fantolino, a tu piace voli vola...? dalla finestra, se chiedi l?aumento all?imprenditore alamanno.
Fateci caso: in questa ottica (e solo in questa ottica) l?insistenza del governo sull?art. 18 acquista una logica che altrimenti non avrebbe. Sappiamo che esso non interessa alle aziende italiane. E allora perch? interessa tanto al governo degli italiani? Semplice: perch? sopprimere l?art. 18 interessa alle aziende tedesche (che ce lo hanno chiesto per interposta Bce). E infatti Berlusconi ? stato ?sostituito? non appena si ? capito che non ce l?avrebbe fatta a imporsi su questo punto. Tu mi intendi, vero, Marino?
Obiezioni inutili
Qualcuno potrebbe obiettare: ma se le politiche di austerit? compromettono la redditivit?, gli imprenditori esteri che affare ci fanno? E la risposta ? abbastanza ovvia: intanto, quello che si perde in traino della domanda sul nostro mercati, lo si guadagna in compressione dei salari. Ma il punto ? un altro: chi ha detto che gli imprenditori esteri siano interessati al nostro mercato? Sono interessati alla nostra eccellenza manifatturiera, che ha mercato nel mondo. Il nostro destino ? quello di diventare una gigantesca ?fabbrica cacciavite?, una specie di ?Cina? europea, dove gli imprenditori del Nord vengono a produrre per riesportare, approfittando dei bassi salari e dei bassi diritti. Direte allora: ma la Cina ci ha guadagnato! Certo: ma il processo lo ha gestito lei, con regole sulla corporate governance, sul trasferimento di tecnologia, sui requisiti occupazionali, sui contenuti nazionali minimi, ecc. Noi invece lo stiamo subendo. Direte ancora: ma comunque gli investitori esteri porteranno crescita, che alla fine ? quello che ci serve. Rispondo: certo! Come in Irlanda. Porteranno crescita, e riporteranno all?estero i profitti realizzati, dando un?ulteriore spinta in discesa all?indebitamento estero (secondo quanto ho spiegato qui).
Lasciate perdere... o anche no: non lasciate perdere: parliamone: decenni e decenni di disinformazione non possono non aver lasciato scorie. Depuriamoci insieme. L'acqua della salute ? meglio di quella del Let?, che mi sembra tutti stiano bevendo a garganella!
Concludendo
In Italia, a sinistra, va per la maggiore una certa esterofilia un po? provinciale e un po? autolesionista, alla Tafazzi. Anche chi intuisce che l?ideologia del vincolo esterno ha creato pi? problemi economici di quanti ne abbia risolti, anche chi non si nasconde la gravit? del furto di democrazia che essa ha determinato, insiste ad autoflagellarsi: ce lo meritiamo, perch? non siamo bravi come i tedeschi! I tedeschi ci confessano che in realt? la loro bravura consiste solo nel comprimere salari e diritti, ma i nostri Tafazzi non possono crederci. Confessio regina probationum, ma non per loro. Questi ingenui, che vivono nel ?mito della razza ariana?, sono poi quelli che appena arrivano all?estero cercano, come Tot? e Peppino, un ristorante italiano, preferendo un pessimo piatto di spaghetti a un?ottima Flammkuchen (salvo poi lamentarsi che gli spaghetti erano scotti... e grazie!).
Ma come non capirli? Trovare all?estero le cose di casa ? indubbiamente rassicurante, soprattutto per personalit? non sufficientemente strutturate. Flaiano, che era di Pescara (terra di spaghetti alla chitarra), definiva non a caso l?Italia una Matria (chi per la Matria muor vissuto ? assai). E quando penso ai miei studenti di Pescara, che adoro e rispetto (e loro lo sanno), capisco benissimo quanto la chitarrina della mamma (in senso gastronomico ed edipico) abbia parte nella loro feroce determinazione di non studiare le lingue (ma una cosa la sanno dire: mann?ggement ? management). E io a dirgli: ?non ascoltate me, studiate l?inglese, andatevene?. Ma il campo gravitazionale della chitarrina, anche di quella ai frutti di mare, ? invincibile (amor omnia vincit).
Ma questo non ? solo un vizio (se ? un vizio) italiano: lo condividono anche i nostri ?cuggini? tedeschi. I quali in fondo vorrebbero solo trovare qui, da noi, dopo che ci avranno comprato, le cose di casa. Un desiderio innocente: quasi modo geniti infantes. E non mi riferisco tanto alla fragrante Flammkuchen della mamma... quanto alla rassicurante e familiarmente alamanna possibilit? di licenziare in tronco i lavoratori che eventualmente desiderassero appropriarsi in busta paga di una parte degli incrementi di produttivit?.
Del resto, ci mancherebbe altro che fosse difficile licenziare in Italia quegli italiani che ? cos? facile licenziare in Germania! Non per questo abbiamo (chi?) fatto l'Europa!
(Dedicato a Dana74. Carissima, non posso volertene per l?arroganza con la quale, senza disporti all?ascolto, senza verificare le fonti dei dati, senza avere strumenti culturali e linguistici adeguati, pretendi di dare lezioni a chi sta solo cercando di capire - nonostante, suo malissimo grado, ne sappia gi? molto pi? di te. E non posso volertene non perch? io non sia permaloso e suscettibile: sono permaloso come un aspide e suscettibile come un piddino! Ma non posso volertene perch? intuisco, da come scrivi, che in questo gioco che non vuoi capire, e che mi accusi di non aver capito, e che sicuramente non ho capito nemmeno io, tu hai molto, ma molto pi? da perdere di me. Perch? io ho molte, ma molte cose pi? di te che nessun Monti pu? togliermi, e ce le ho perch? sono stato ad ascoltare gli altri, tutti gli altri - nonostante le apparenze! Beccate 'sto vagone di paternalismo, e la prossima volta, magari, se qualcosa non ? chiaro, fai una domanda. Petite et dabitur vobis).
La crisi, la svendita, e mi? cuggino: riflessione sull'art. 18
(Un lettore mi ha appena rimproverato una scemenza detta per non aver controllato una fonte. Visto che la storia dell?euro ? una storia di perseveranza nell?errore, mi adeguo alla linea del partito, e faccio un altro breve intervento basato su una fonte secondaria, che non posso controllare.)
I saldi di fine stagione
Un lettore molto attento di questo blog (sono molto orgoglioso dei miei lettori!) mi indica che secondo Emiliano Brancaccio l?uscita dall?euro aprirebbe la strada alla svendita di imprese italiane a imprenditori esteri. L?Italia, uscendo, svaluterebbe la ?nuova lira? di circa il 20% rispetto al ?nuovo marco? o al ?neuro? (Nord-euro). Per gli imprenditori tedeschi le imprese italiane da un giorno all?altro verrebbero a costare il 20% in meno (a spanna). Lieti di questo sconto, gli imprenditori del ?centro? europeo ne approfitterebbero per comprare le migliori imprese della ?periferia?.
Notate bene: stiamo dicendo che in effetti l?uscita dall?euro favorirebbe l?afflusso di capitali esteri (che entrerebbero in Italia per comprarsi imprese). Altro che ?saremo isolati dai mercati dei capitali, i capitali fuggiranno da noi, saremmo reietti, verremo gettati nelle tenebre dell?autarchia finanziaria, ubi erit fletus et stridor dentium...?! Esattamente il contrario. Saremmo inondati di capitali esteri, in particolare sotto forma di quelli che il manuale della bilancia dei pagamenti chiama ?foreign direct investments (FDI) in reporting country? e che noi chiamiamo ?investimenti diretti esteri (IDE) in entrata?.
Lezioncina: cosa sono gli IDE
Gli IDE sono definiti dall?ottava edizione del manuale della bilancia dei pagamenti come:
?a category of cross-border investment associated with a resident in one economy having control or a significant degree of influence on the management of an enterprise that is resident in another economy? (una categoria di investimento internazionale legata al fatto che un operatore residente in una economia ? es.: la Germania ? acquisisce il controllo o comunque un significativo livello di influenza nell?amministrazione di un?impresa che risiede in un?altra economia ? es.: l?Italia). Bop manual, par. 6.8.
Se le imprese sono quotate, lo shopping avviene attraverso l?acquisto di azioni. Il Bop manual (par. 6.12) ci dice che si ritiene ?significativo livello di influenza? l?acquisto di un pacchetto di almeno il 10% del capitale, e ?controllo? l?acquisto di un pacchetto di maggioranza (pi? del 50%). Insomma, si ha un IDE quando le azioni non vengono acquistate per motivi speculativi (cio? perch? ti aspetti che il loro prezzo salga), ma per aver voce in capitolo nell?azienda. Risparmio le ulteriori complicazioni (scatole cinesi, imprese non quotate, ecc.). Il senso ? comunque che se le nostre imprese costassero da un giorno all?altro il 20% in meno, ci? attirerebbe capitali esteri, sotto forma di IDE in entrata (in Italia).
Quindi tutto bene? I capitali arrivano! I giornalisti, i nostri ?informatori?, che tanto deploravano la scarsa attrattivit? dell?Italia, dovuta (secondo loro) all?assenza di politica industriale del Satiro, tireranno un sospiro di sollievo. I sindacalisti anche, e soprattutto la Camusso, per la quale, par di capire, lo scopo della ?politica industriale? ? quello di vendere aziende alle multinazionali straniere. E gli economisti, che in tante occasioni hanno studiato la relazione fra IDE e crescita, e hanno cantato le lodi degli IDE, a causa della loro natura ?produttiva? e non ?speculativa?, e quindi della loro maggiore stabilit? (perch? chi acquisisce il controllo di un?azienda lo fa perch? questa faccia profitti, e non ? almeno in teoria ? per rivendere il pacchetto azionario il giorno dopo), si aggiungeranno al coretto degli informatori: ?Alleluia! In exitu Israel de Egipto...?. Se i capitali arrivano, vuol dire che siamo attraenti (alla nostra et? ? sempre una soddisfazione), quindi ne siamo quasi fuori. Un po? di Purgatorio, ed ? fatta.
Invece no, assolutissimamente no.
E la svalutazione dell?ipotetica ?nuova lira? non c?entra nulla. Sono convinto che la segnalazione del lettore derivi da una lettura affrettata (un po? di confusione ? scusabile quando si leggono troppe cose, soprattutto se si legge solo di economia, stante la lecita, ma un po? fuorviante, abitudine dei colleghi di dire tutto e il contrario di tutto). Brancaccio, non va dimenticato, ? stato fra i primi economisti italiani a denunciare la reale natura degli squilibri determinati dall?euro. E l?aritmetica, ne sono certo, la sa. Quindi ? difficile che abbia messo la cosa in questi termini. Vediamo perch?.
Cosa ci dice l?aritmetica.
Il 20% sembra un bello sconto, finch? non si aprono gli occhi. Quando lo si fa, e ci si guarda in giro, si vede un campo di macerie. Gli attacchi speculativi iniziati questa estate, tradottisi in vendite coordinate di titoli di stato italiani da parte di chi ne deteneva quantit? sufficienti a influenzare il mercato, hanno determinato ondate successive di panico e sbriciolato le quotazioni delle imprese italiane. Fornisco a caso alcune performance a un anno:
Geox ? 40%
Fiat ?48%
Mediobanca -39%
Mps ?68%
Safilo -63%
Unicredit -75%
(I dati vengono dal sito Finanza-Quotazioni-Azioni-Etf-Obbligazioni-Fondi-Notizie - Borsa Italiana e sono riferiti alla data di pubblicazione di questo post. Ringrazio il prof. Santarelli, PhD ai Bagni 93 Luigi di Cattolica, emerito di Goofynomics all?universit? di Topolinia, nonch? mio private banker - disoccupato, visto che col mio stipendio non riesco a risparmiare).
A chi volesse acquistare un?impresa italiana, la crisi finanziaria ha gi? fatto uno sconto che va dal 40% al 75%. Certo, la svalutazione farebbe un ulteriore sconto del 20%. Questo, per?, non andrebbe applicato ai valori di un anno fa, ma a quelli odierni, e sarebbe quindi sostanzialmente trascurabile. Esempio: supponiamo che una banca tedesca sia interessata ad acquistare Unicredit. Poniamo costasse 100 un anno fa. Oggi costerebbe 25. Se svalutassimo, costerebbe 20 (perch? il 20% di 25 ? 5). Quindi con la svalutazione del 20% il nostro fratello teutone non risparmierebbe 20, rispetto ai 100 iniziali, ma solo 5. Certo, questi 5 in pratica non sono bruscolini. Ma non mi sembra siano determinanti, rispetto ai 75 gi? risparmiati a causa della crisi finanziaria, e degli attacchi speculativi scatenati, guarda caso, dai grossi investitori istituzionali del centro (perch? i titoli li vende chi li ha, e la casalinga di Voghera, per quanto sia sfiduciata, difficilmente influenza il mercato).
Siamo seri, per favore! Agli investitori del ?centro? lo sconto glielo ha fatto l?euro, ponendo (come abbiamo pi? volte chiarito) le condizioni per la fragilit? finanziaria della periferia. Questa fragilit? e il conseguente tonfo sono stati il vero saldo di fine stagione. La svalutazione aggiungerebbe poco. Quindi non credo che Brancaccio abbia detto questa cosa (sbagliata), tanto pi? che gli ho visto spesso dire la cosa giusta, cio? che una qualche forma di controllo dei movimenti di capitale sar? un ingrediente necessario per ristabilire ordine in Europa.
Purtroppo, per?, non sono in grado di controllare la fonte perch?, guarda caso, l?articolo citato dal mio lettore, ambiziosamente intitolato ?L?unica cosa da fare?, ? anche l?unico articolo che non riesco a scaricare dal sito di Brancaccio. Chi ci riesce e me lo manda vince... una svalutazione del 20%!
Il vero sconto
Naturalmente il tonfo in borsa riguarda solo le imprese quotate in borsa. E per le altre (posto che interessino)? Mettiamola cos?: nello scenario attuale, dopo il crollo delle quotazioni, il vero sconto, il maggiore regalo agli investitori esteri, arriva dalle politiche di austerit? e di svalutazione ?interna?. Il motivo ? semplice: deprimendo la domanda sul mercato interno, quello pi? immediatamente accessibile, queste politiche intaccano pesantemente la redditivit? delle imprese italiane, mettendo alle corde (come diceva Dornbusch) i pochi imprenditori italiani rimasti. I quali, a questo punto, hanno un ovvio incentivo a svendere a imprenditori esteri e ritirarsi a vita privata. Che bello, arrivano i capitali...
Anche le politiche di ?svalutazione interna?, cio? di taglio dei salari, concorrono a questo quadro. Queste politiche ci vengono richieste dalla Germania sulla base del fatto che da loro sono state attuate, e che noi dovremmo seguire il loro virtuoso esempio. Mi chiede per? con affettuosa insistenza Marino Badiale: ?che senso ha da parte della Germania, con la quale siamo sostanzialmente in una guerra commerciale, indicarci la strada da seguire per sconfiggerla? (cio? invitarci a recuperare competitivit? con politiche dei redditi aggressive in senso commerciale: pago meno gli operai, faccio un miglior prezzo all?estero)?. La risposta ? che se lo scopo fosse quello dichiarato (indicarci la strada per essere pi? competitivi verso di loro) la cosa non avrebbe senso. Ma lo scopo ? un altro, ed ? duplice. Primo, mettere le imprese italiane in ginocchio mettendo in ginocchio i loro lavoratori. Una strada che, come ho detto pi? volte e come sta sui libri, le imprese italiane hanno imboccato da sole, ma sulle quali ora viene loro chiesto di proseguire. Tagliare i salari significa, in definitiva, compromettere il fatturato delle aziende (chi compra, se tutti hanno meno soldi?), ottenendo lo stesso risultato delle politiche di austerit?: intaccare la redditivit? per indurre a cedere le aziende. Secondo... ve lo dico dopo una breve parentesi.
M?ha detto mi cuggino...
Devo occuparmi dell?argomento ?mi? cuggino?. Eh s?, perch? quando si arriva a questo punto, quando si fa notare che la Germania ha praticato fin dal secondo dopoguerra una politica di deflazione competitiva, salta sempre fuori qualcuno che, come nella canzone di Elio, se ne esce con: ?m?ha detto mi? cuggino che alla Volkswagen stanno meglio che alla Fiat?. Se non l?ha detto ?mi? cuggino? l?ha detto ?un amico che lavora l??, se non ? un amico ? un giornale, uno di quei giornali che vi hanno informati cos? bene finora, e continuano a farlo, con professionalit? e indipendenza (da voi) seconde solo a quelle delle banche centrali.
L?argomento ?del cuggino? ? che il ?netto in busta? sarebbe pi? alto in Germania, il che rende assurdo sostenere che la Germania faccia competizione sui salari, cio? tramite una ?svalutazione interna? competitiva. Argomento sposato da un?altra mia affezionata lettrice, Dana74. Cara, carissima, adorabile Dana74:
Mi piaci. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.
(Gozzano, La signorina Felicita)
Vediamo insieme cosa non comprende (in my humble opinion) Dana, e in che cosa l?argumentum ad cugginum ? fallace.
I dati che mi? cuggino non conosce... (ma basta chiedere)
Una cosa credo di aver capito studiando l?economia: se si ? disposti a saltabeccare dal livello dell?analisi economica a quello dell?aneddoto, dal ritaglio di giornale ai database dell?OCSE, dalla sociologia alla statistica economica, si pu? dimostrare tutto, e il suo contrario. A me qui interessa il livello macroeconomico (gli aneddoti ben vengano nei commenti) e mi interessano i dati provenienti dalle fonti ufficiali, che come al solito vi fornir?.
Con questa premessa, faccio alcune ovvie considerazioni.
1. La Germania non ? la Volkswagen, come l?Italia non ? la Fiat. Tutti gli aneddoti sono utili, ma alla fine il risultato complessivo va valutato in termini complessivi. Ad esempio: saranno tutti cos? felici i lavoratori dell?indotto? Ma non voglio indurvi a raccontare altri aneddoti. Voglio guardare all'aggregato.
2. Nell?aggregato i salari reali tedeschi, dal changeover in poi, sono diminuiti, mentre quelli italiani sono rimasti stazionari. Il dato ? ampiamente noto (tranne che in Italia), e ampiamente ammesso dall?establishment tedesco, che, per bocca di Roland Berger, consulente della Merkel, ammette che la ricetta del successo tedesco sta nella "liberalizzazione" del mercato del lavoro e in aumenti dei salari reali inferiori a quelli della produttivit?. Che poi significa aumenti dei profitti superiori a quelli della produttivit? (a meno che lo scarto non venga dato in beneficenza). E i risultati si vedono, sono nei dati. Guardate la Fig. 1:
Si vede benissimo che dal 2003 al 2009 i salari reali tedeschi (cio? i salari corretti per la variazione del costo della vita) sono diminuiti del 6%. Quelli italiani dello 0%. Siccome c?? sempre qualche ingenuo che arrivato a questo punto mi accusa di complottismo e vuole vedere la ?smoking gun?, faccio notare che ? proprio il consulente della Merkel a dire che questa ? una delle due cause del successo tedesco (l?altra essendo la ?liberalizzazione? del mercato del lavoro). Quindi non ? complottismo: ? una precisa, univoca, dichiarata, esplicita intenzione politica che si riflette nei dati.
Ora io mi chiedo, e soprattutto lo chiedo a Dana74: lo dicono i dati, lo dicono i responsabili della politica tedesca: occorre altro per capire che la Germania fa competizione sui salari (cio? pratica una ?svalutazione interna? o deflazione competitiva)? Evidentemente a te s?. E allora mi arrendo. Hai vinto.
3: "Ma io sto meglio in Germania che in Italia, dice un altro mio carissimo lettore. Nel senso che hai pi? soldi in busta paga. Giusto. Solo che all?imprenditore non interessa quanto d? a te, ma quanto gli costi, e le due cose sono diverse. In mezzo c?? il cuneo fiscale. Il costo del lavoro non ? il netto in busta, e questo voi, che a differenza di me siete uomini pratici, lo capite meglio di me: ci sono di mezzo contributi e tasse. Quindi c?? ovviamente anche un problema di sistema fiscale, e ovviamente un enorme freno alla competitivit? italiana ? posto dall?iniquit? italiana, cio? dal fatto, talmente macroscopico che lo vedo anch?io, che sul lavoro dipendente cade il maggiore onere fiscale. E poi: sei sicuro di comprare a Brema lo stesso paniere di beni che compri a Viterbo? Perch? tu ci hai detto che guadagni di pi?, ma... non ci hai detto quanto costa un chilo di pane, quanto spendi per il biglietto dell?autobus, ecc. Siamo sicuri che in Germania la vita costi di meno? L?OCSE tanto sicura non lo ?. Se convertiamo i redditi unitari da lavoro dipendente (diciamo, il salario medio al lordo delle tasse) in una comune unit? di misura, vediamo che a parit? di potere d?acquisto i salari nominale tedeschi e italiani sono perfettamente allineati. Anzi: prima del changeover, cio? prima dell?operazione 1000 lire = 1 euro, la vita in Italia costava sensibilmente di meno, tant?? che a parit? di potere d?acquisto i nostri salari erano superiori. Lo si vede bene nella Fig. 2:
Vedete che bel "tuffo" fra 2002 e 2003? Ma naturalmente ? solo un problema di percezione. Lo abbiamo percepito noi, e l'OCSE. Il governo (Berlusconi) e i suoi apparati (Istat ecc.) un po' di meno. "Noi veggiam come quei c'ha mala luce...". Anche gli uffici statistici, forse, vedono meglio a distanza. E il tempo, comunque, ? galantuomo.
4: il mio lettore dichiara di essere rimasto allibito quando il suo capo (F?hrer) ha licenziato una sua collega dall?oggi al domani. Caro lettore, hai capito come stanno le cose? Lo sai come si chiama questo? Si chiama liberalizzazione del mercato del lavoro. Che poi sarebbe un eufemismo per disoccupazione. Perch? la diminuzione del salari reali vista in Fig. 1 non ? stata ottenuta con la moral suasion: ? stata ottenuta con la minaccia dei licenziamenti e delle delocalizzazioni, e imponendo un tasso di disoccupazione in alcuni anni fino a 3 punti pi? alto che in Italia (per citare un esempio). Non credi a me? Hai, come ognuno di noi, me compreso, un lato Dana? E allora guardati i dati della Banca Mondiale:
Vedi come decolla la disoccupazione nel 2003, l'anno che Berger indica come anno della "riscossa", delle "riforme" tedesche? Ma io so che tu lo sai...
La morale della favola (ma non ditela a mi? cuggino...)
Chiedo scusa per la lunga parentesi. Vorrei non fosse necessaria, e soprattutto vorrei non fosse inutile. Temo sar? l?uno e l?altro. Continuo quindi lasciando Dana74 al suo sbigottimento (?e lo mperch? non sanno?) e rivolgendomi agli happy few.
Riassumo: la Germania pratica una svalutazione interna competitiva che realizza comprimendo i diritti dei lavoratori, e pretende che noi adottiamo questo modello. Lo fa perch? cos? possiamo competere con lei? No. Lo fa perch? i suoi imprenditori vogliono trovare da noi, una volta acquistate le nostre aziende, le stesse condizioni di ?liberalizzazione? (leggi: licenziamenti facili e compressione dei salari reali) che gli hanno garantito elevati profitti a casa loro. L?invito alla ?virt? alamanna? ? ovviamente ?pro domo sua? (cio? loro): ?buono fantolino, a tu piace voli vola...? dalla finestra, se chiedi l?aumento all?imprenditore alamanno.
Fateci caso: in questa ottica (e solo in questa ottica) l?insistenza del governo sull?art. 18 acquista una logica che altrimenti non avrebbe. Sappiamo che esso non interessa alle aziende italiane. E allora perch? interessa tanto al governo degli italiani? Semplice: perch? sopprimere l?art. 18 interessa alle aziende tedesche (che ce lo hanno chiesto per interposta Bce). E infatti Berlusconi ? stato ?sostituito? non appena si ? capito che non ce l?avrebbe fatta a imporsi su questo punto. Tu mi intendi, vero, Marino?
Obiezioni inutili
Qualcuno potrebbe obiettare: ma se le politiche di austerit? compromettono la redditivit?, gli imprenditori esteri che affare ci fanno? E la risposta ? abbastanza ovvia: intanto, quello che si perde in traino della domanda sul nostro mercati, lo si guadagna in compressione dei salari. Ma il punto ? un altro: chi ha detto che gli imprenditori esteri siano interessati al nostro mercato? Sono interessati alla nostra eccellenza manifatturiera, che ha mercato nel mondo. Il nostro destino ? quello di diventare una gigantesca ?fabbrica cacciavite?, una specie di ?Cina? europea, dove gli imprenditori del Nord vengono a produrre per riesportare, approfittando dei bassi salari e dei bassi diritti. Direte allora: ma la Cina ci ha guadagnato! Certo: ma il processo lo ha gestito lei, con regole sulla corporate governance, sul trasferimento di tecnologia, sui requisiti occupazionali, sui contenuti nazionali minimi, ecc. Noi invece lo stiamo subendo. Direte ancora: ma comunque gli investitori esteri porteranno crescita, che alla fine ? quello che ci serve. Rispondo: certo! Come in Irlanda. Porteranno crescita, e riporteranno all?estero i profitti realizzati, dando un?ulteriore spinta in discesa all?indebitamento estero (secondo quanto ho spiegato qui).
Lasciate perdere... o anche no: non lasciate perdere: parliamone: decenni e decenni di disinformazione non possono non aver lasciato scorie. Depuriamoci insieme. L'acqua della salute ? meglio di quella del Let?, che mi sembra tutti stiano bevendo a garganella!
Concludendo
In Italia, a sinistra, va per la maggiore una certa esterofilia un po? provinciale e un po? autolesionista, alla Tafazzi. Anche chi intuisce che l?ideologia del vincolo esterno ha creato pi? problemi economici di quanti ne abbia risolti, anche chi non si nasconde la gravit? del furto di democrazia che essa ha determinato, insiste ad autoflagellarsi: ce lo meritiamo, perch? non siamo bravi come i tedeschi! I tedeschi ci confessano che in realt? la loro bravura consiste solo nel comprimere salari e diritti, ma i nostri Tafazzi non possono crederci. Confessio regina probationum, ma non per loro. Questi ingenui, che vivono nel ?mito della razza ariana?, sono poi quelli che appena arrivano all?estero cercano, come Tot? e Peppino, un ristorante italiano, preferendo un pessimo piatto di spaghetti a un?ottima Flammkuchen (salvo poi lamentarsi che gli spaghetti erano scotti... e grazie!).
Ma come non capirli? Trovare all?estero le cose di casa ? indubbiamente rassicurante, soprattutto per personalit? non sufficientemente strutturate. Flaiano, che era di Pescara (terra di spaghetti alla chitarra), definiva non a caso l?Italia una Matria (chi per la Matria muor vissuto ? assai). E quando penso ai miei studenti di Pescara, che adoro e rispetto (e loro lo sanno), capisco benissimo quanto la chitarrina della mamma (in senso gastronomico ed edipico) abbia parte nella loro feroce determinazione di non studiare le lingue (ma una cosa la sanno dire: mann?ggement ? management). E io a dirgli: ?non ascoltate me, studiate l?inglese, andatevene?. Ma il campo gravitazionale della chitarrina, anche di quella ai frutti di mare, ? invincibile (amor omnia vincit).
Ma questo non ? solo un vizio (se ? un vizio) italiano: lo condividono anche i nostri ?cuggini? tedeschi. I quali in fondo vorrebbero solo trovare qui, da noi, dopo che ci avranno comprato, le cose di casa. Un desiderio innocente: quasi modo geniti infantes. E non mi riferisco tanto alla fragrante Flammkuchen della mamma... quanto alla rassicurante e familiarmente alamanna possibilit? di licenziare in tronco i lavoratori che eventualmente desiderassero appropriarsi in busta paga di una parte degli incrementi di produttivit?.
Del resto, ci mancherebbe altro che fosse difficile licenziare in Italia quegli italiani che ? cos? facile licenziare in Germania! Non per questo abbiamo (chi?) fatto l'Europa!
(Dedicato a Dana74. Carissima, non posso volertene per l?arroganza con la quale, senza disporti all?ascolto, senza verificare le fonti dei dati, senza avere strumenti culturali e linguistici adeguati, pretendi di dare lezioni a chi sta solo cercando di capire - nonostante, suo malissimo grado, ne sappia gi? molto pi? di te. E non posso volertene non perch? io non sia permaloso e suscettibile: sono permaloso come un aspide e suscettibile come un piddino! Ma non posso volertene perch? intuisco, da come scrivi, che in questo gioco che non vuoi capire, e che mi accusi di non aver capito, e che sicuramente non ho capito nemmeno io, tu hai molto, ma molto pi? da perdere di me. Perch? io ho molte, ma molte cose pi? di te che nessun Monti pu? togliermi, e ce le ho perch? sono stato ad ascoltare gli altri, tutti gli altri - nonostante le apparenze! Beccate 'sto vagone di paternalismo, e la prossima volta, magari, se qualcosa non ? chiaro, fai una domanda. Petite et dabitur vobis).
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