Resistere sino a gennaio per essere rieletto alla Camera. La complessità degli scenari legali sembra far propendere la strategia di Donald Trump verso l'ipotesi dell'ostruzionismo sino a nuovo anno. Ovvero procrastinare le azioni legali per impedire al Collegio elettorale di nominare il presidente, ed essere confermato dalla Camera.
In base alla legge e alla Costituzione, entro la fine di novembre gli Stati devono certificare i risultati delle elezioni, l'8 dicembre compilare le liste dei grandi elettori, e il 14 il Collegio dei grandi elettori deve votare il nuovo comandante in capo. Se Trump riuscisse a bloccare il processo, la scelta passa alla Camera, dove si decide con un singolo voto per ogni delegazione dei 50 Stati. I repubblicani sono in minoranza in termine di deputati, ma hanno 26 delegazioni, ovvero il quorum per rieleggere Trump. Scenari di straordinaria costituzionalità ma percorribili, specie dall'attuale inquilino della Casa Bianca.
Il quale conferma la volontà di non voler concedere la vittoria, sostiene su Twitter che «la gente non accetterà queste elezioni truccate», e pubblica una serie di post sui presunti brogli. Ad ora, il capo dell'agenzia federale che sovrintende il trasferimento del potere non ha firmato la procedura di transizione, il leader repubblicano al Senato Mitch McConnell non ha riconosciuto la vittoria di Biden, e solo quattro senatori del Grand Old Party si sono congratulati con il presidente eletto.
La battaglia legale sull'esito del voto prosegue in sei stati, Arizona, Georgia, Nevada, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, mentre Trump ha incassato la vittoria in Alaska, arrivando a 217 grandi elettori contro i 297 del rivale. Per restare alla Casa Bianca, dovrebbe vincere oltre che in Arizona, in North Carolina e in Georgia e ribaltare il risultato almeno in uno Stato già preso dall'avversario.
In alcuni di questi si prevedono nuovi conteggi, come quello manuale scattato in Georgia per via dello scarto inferiore allo 0,5%, ma la strada per il presidente è in salita. Da segnalare al Senato le vittorie repubblicane in North Carolina e Alaska che li portano ad avere 50 seggi, contro i 48 democratici. Fondamentale sarà l'esito dei due ballottaggi in Georgia il 5 gennaio che decideranno chi conquisterà la maggioranza. Il Gop dovrà conquistarne almeno uno per conservare la maggioranza, in caso di parità (50 a 50) i Dem possono contare sul voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris.
C'è una terza ipotesi che si profila agli orizzonti di Trump, il mito delle elezioni rubate su cui basare la ricandidatura nel 2024 sua o di uno dei figli. La politica è comunque al centro dell'agenda dell'ex tycoon: molte donazioni dei sostenitori a sostegno della battaglia legale sono dirottate su un nuovo Pac (comitato di azione politica) fondato dallo stesso Trump per sostenere candidati repubblicani e la campagna di Usa 2024. E nel giorno dedicato ai veterani, a dare l'immagine di un Paese profondamente diviso sono le scene di Trump e Biden che partecipano a funzioni differenti, ad Arlington e Philadelphia, tanto da evocare fantasie cinematografiche del tipo «I due Presidenti».
Notizia da: Francesco Semprini per ''la Stampa''
In base alla legge e alla Costituzione, entro la fine di novembre gli Stati devono certificare i risultati delle elezioni, l'8 dicembre compilare le liste dei grandi elettori, e il 14 il Collegio dei grandi elettori deve votare il nuovo comandante in capo. Se Trump riuscisse a bloccare il processo, la scelta passa alla Camera, dove si decide con un singolo voto per ogni delegazione dei 50 Stati. I repubblicani sono in minoranza in termine di deputati, ma hanno 26 delegazioni, ovvero il quorum per rieleggere Trump. Scenari di straordinaria costituzionalità ma percorribili, specie dall'attuale inquilino della Casa Bianca.
Il quale conferma la volontà di non voler concedere la vittoria, sostiene su Twitter che «la gente non accetterà queste elezioni truccate», e pubblica una serie di post sui presunti brogli. Ad ora, il capo dell'agenzia federale che sovrintende il trasferimento del potere non ha firmato la procedura di transizione, il leader repubblicano al Senato Mitch McConnell non ha riconosciuto la vittoria di Biden, e solo quattro senatori del Grand Old Party si sono congratulati con il presidente eletto.
La battaglia legale sull'esito del voto prosegue in sei stati, Arizona, Georgia, Nevada, Michigan, Wisconsin e Pennsylvania, mentre Trump ha incassato la vittoria in Alaska, arrivando a 217 grandi elettori contro i 297 del rivale. Per restare alla Casa Bianca, dovrebbe vincere oltre che in Arizona, in North Carolina e in Georgia e ribaltare il risultato almeno in uno Stato già preso dall'avversario.
In alcuni di questi si prevedono nuovi conteggi, come quello manuale scattato in Georgia per via dello scarto inferiore allo 0,5%, ma la strada per il presidente è in salita. Da segnalare al Senato le vittorie repubblicane in North Carolina e Alaska che li portano ad avere 50 seggi, contro i 48 democratici. Fondamentale sarà l'esito dei due ballottaggi in Georgia il 5 gennaio che decideranno chi conquisterà la maggioranza. Il Gop dovrà conquistarne almeno uno per conservare la maggioranza, in caso di parità (50 a 50) i Dem possono contare sul voto decisivo della vicepresidente Kamala Harris.
C'è una terza ipotesi che si profila agli orizzonti di Trump, il mito delle elezioni rubate su cui basare la ricandidatura nel 2024 sua o di uno dei figli. La politica è comunque al centro dell'agenda dell'ex tycoon: molte donazioni dei sostenitori a sostegno della battaglia legale sono dirottate su un nuovo Pac (comitato di azione politica) fondato dallo stesso Trump per sostenere candidati repubblicani e la campagna di Usa 2024. E nel giorno dedicato ai veterani, a dare l'immagine di un Paese profondamente diviso sono le scene di Trump e Biden che partecipano a funzioni differenti, ad Arlington e Philadelphia, tanto da evocare fantasie cinematografiche del tipo «I due Presidenti».
Notizia da: Francesco Semprini per ''la Stampa''
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