Giusto perchè è natale....e bisogna leggere qualcosa.....e farsi 2 risate.....Voi illuminati e dotati di capacità cognitivo/comportamentali superlative( ma che non leggete un quotidiano normale o un tiggi perche mainstream...)
Potete commentare i problemi degli ospedali cinesi, che viaggiano nei vari social, compresa la scomparsa di ibuprofene etc nelle farmacie e file al p.s. e nei crematori ,nonostante la bassa patogenicità del covid omicron....e le 3 dosi di vaccino cinese fenomenale ?
Cioè, non sarebbe il caso di suggerire ai vostri guru di andare a dargli una mano? ..al posto di scassare la minchia sugli effetti avversi ?
Potreste postare ,usando i traduttori on line, su weibo o we chat....magari diventate famosi....
n è morto nessuno di Covid-19 ieri in Cina, secondo le autorità cinesi. È l’effetto del nuovo sistema di conteggio delle vittime, annunciato martedì sera dalla Commissione sanitaria nazionale: i decessi di pazienti positivi al coronavirus vengono registrati come «morti per Covid-19» solo se la fine è stata causata da polmonite e incapacità respiratoria. L’epidemiologo cinese Wang Guiqiang ha detto alla stampa che nella maggioranza dei casi di contagiati con patologie pregresse, il coronavirus non può essere considerato la causa di morte.
Ecco perché, nonostante Pechino da due settimane sia stata aggredita da un’ondata senza precedenti di infezioni, ieri nessuno è stato ucciso dal Covid. Nei certificati di morte vengono segnalati come motivo l’arresto cardiocircolatorio o altre malattie che bloccano il funzionamento di organi vitali. Il 7 dicembre le autorità si sono improvvisamente ritirate dalla trincea del «Covid Zero» : cancellati di colpo i lockdown, quarantene obbligatorie per positivi e loro contatti, tamponi quasi quotidiani. La settimana scorsa la Commissione sanitaria centrale ha smesso di includere nel numero dei contagi i positivi asintomatici o con sintomi lievi: «Impossibile avere numeri attendibili, visto che è caduto l’obbligo del tampone per i movimenti», hanno spiegato gli epidemiologi di Pechino. Il tracciamento delle infezioni è stato abbandonato e ormai ci si può basare solo su dati empirici e aneddotici per valutare la situazione.
Lo scarso traffico di Pechino; gli sfoghi degli abitanti che sui social sostengono che fino a due settimane fa conoscevano solo poche persone che avevano avuto il Covid e ora «la metà delle persone che sento lo ha preso»; le autorità che annunciano l’incremento dei posti letto in terapia intensiva; l’invio di personale sanitario per sanare i vuoti lasciati da quelli a loro volta contagiati in corsia; infine le testimonianze raccolte tra le agenzie funerarie che segnalano un incremento eccezionale nel numero dei morti. La maggior parte dei Paesi del mondo non condivide il sistema di rilevamento cinese. Benjamin Mazer, patologo della Johns Hopkins University, dice che i colleghi cinesi «perderanno il conto di un grande numero di casi di decessi per Covid-19», perché non è solo la polmonite che uccide i contagiati dal coronavirus. «Ora sappiamo che i vaccini possono proteggere dalla polmonite, anche quelli cinesi, ma ci sono molte complicazioni causate dall’infezione da Covid», spiega alla Reuters l’americano Mazer e cita i problemi cardiaci, le trombosi, in casi estremi la sepsi. Sono passati esattamente tre anni da quando nel dicembre 2020 arrivarono le prime voci, dubbi e sospetti su una «misteriosa malattia polmonare» emersa a Wuhan.
Nel febbraio del 2020 l’epidemia di Wuhan diventò pandemia: da allora nel mondo sono stati registrati quasi 700 milioni di contagi e più di sei milioni di morti. La Cina in totale ha contato 5.241 (cinquemila duecento quarantuno) decessi, quasi tutti nei primi tre mesi disastrosi di Wuhan tra gennaio e marzo 2020. In questa ondata dopo l’improvvisa ritirata dal fronte del «Covid Zero», sono stati contati 7 morti, tutti a Pechino. Eppure, è stato calcolato che il 40% dei 22 milioni di abitanti di Pechino in questi giorni sia stato contagiato e da altre città e province giungono notizie allarmanti. Il 90% dei casi in questa ondata è composto da asintomatici, anche in Cina, ma la mortalità così bassa tra i pazienti cinesi con sintomi sembra implausibile di fronte alle statistiche mondiali, che oscillano tra i 2.400 e i 3.000 decessi per milione di abitanti. Mentre la Cina è ferma a 3 per milione.
Il caso della Cina continentale sorprende anche perché Hong Kong ha registrato circa 11.000 morti in questi tre anni e ne ha dichiarati 39 lunedì e 33 martedì, su una popolazione di circa 7,2 milioni di abitanti, un terzo di quella della sola Pechino. Di nuovo, un clima di ansia, recriminazioni e sospetti si sta diffondendo nel mondo e sui social cinesi. Le agenzie di stampa internazionali hanno rilevato code di carri funebri davanti ai crematori di Pechino, deducendo che il numero dei morti in questi giorni supera notevolmente la statistica. Molti cinesi chiedono poi «Com’è possibile che i morti siano così pochi e siano tutti a Pechino? Che cosa succede nel resto della Repubblica?». Su Weibo un «funzionario di un’agenzia funebre di Chongqing» ha scritto che nel suo crematorio si bruciano «22 corpi al giorno, rispetto ai 4-5 di novembre». Il suo post è stato subito cancellato, ma lo screenshot continua a circolare sul web. Racconti simili, di bare in attesa nei corridoi, di personale in tute protettive anticontagio impiegato per il trasporto, arrivano da altre province, dall’Hebei al Nord al Guangdong a Sud.
La diffusione di questa ondata in molte province della Cina è provata dal fatto che le autorità di Chongqing, megalopoli da 30 milioni di abitanti considerando il suo grande hinterland, ha invitato i positivi asintomatici o con malessere lieve a tornare al lavoro. D’altra parte, milioni di cinesi si stanno preparando a partire per le festività del Capodanno lunare (22 gennaio) e ormai sembra inutile e impossibile cercare di fermare la circolazione del coronavirus come era stato fatto fino a poche settimane fa. Sarà l’ondata causata nelle province dai viaggi dei lavoratori migranti a inizio gennaio e poi quella riportata nelle città al loro ritorno dopo il Capodanno lunare a rappresentare la prova del fuoco per il sistema sanitario della Cina, dicono gli esperti. I modelli realizzati da diversi istituti di ricerca epidemiologica in Cina e all’estero indicano che nei prossimi mesi il Covid-19 potrebbe contagiare il 60% della popolazione cinese e anche se il 90% risulterà asintomatico o con sintomi lievi, i decessi tra i pazienti più esposti per l’età o altre patologie potrebbero oscillare da un minimo di 600 mila a un massimo di due milioni. Due le cause principali di allarme: la politica dei lockdown e delle quarantene a oltranza in questi tre anni avrebbe lasciato ora la gente improvvisamente più esposta al contagio e ai suoi effetti. Ma su questo punto ci sono valutazioni opposte a Pechino, dove le autorità sottolineano il successo della prevenzione del Covid Zero e sostengono che la linea è stata abbandonata perché «la patogenicità di Omicron è geometricamente diminuita rispetto alle varianti precedenti
Potete commentare i problemi degli ospedali cinesi, che viaggiano nei vari social, compresa la scomparsa di ibuprofene etc nelle farmacie e file al p.s. e nei crematori ,nonostante la bassa patogenicità del covid omicron....e le 3 dosi di vaccino cinese fenomenale ?
Cioè, non sarebbe il caso di suggerire ai vostri guru di andare a dargli una mano? ..al posto di scassare la minchia sugli effetti avversi ?
Potreste postare ,usando i traduttori on line, su weibo o we chat....magari diventate famosi....
n è morto nessuno di Covid-19 ieri in Cina, secondo le autorità cinesi. È l’effetto del nuovo sistema di conteggio delle vittime, annunciato martedì sera dalla Commissione sanitaria nazionale: i decessi di pazienti positivi al coronavirus vengono registrati come «morti per Covid-19» solo se la fine è stata causata da polmonite e incapacità respiratoria. L’epidemiologo cinese Wang Guiqiang ha detto alla stampa che nella maggioranza dei casi di contagiati con patologie pregresse, il coronavirus non può essere considerato la causa di morte.
Ecco perché, nonostante Pechino da due settimane sia stata aggredita da un’ondata senza precedenti di infezioni, ieri nessuno è stato ucciso dal Covid. Nei certificati di morte vengono segnalati come motivo l’arresto cardiocircolatorio o altre malattie che bloccano il funzionamento di organi vitali. Il 7 dicembre le autorità si sono improvvisamente ritirate dalla trincea del «Covid Zero» : cancellati di colpo i lockdown, quarantene obbligatorie per positivi e loro contatti, tamponi quasi quotidiani. La settimana scorsa la Commissione sanitaria centrale ha smesso di includere nel numero dei contagi i positivi asintomatici o con sintomi lievi: «Impossibile avere numeri attendibili, visto che è caduto l’obbligo del tampone per i movimenti», hanno spiegato gli epidemiologi di Pechino. Il tracciamento delle infezioni è stato abbandonato e ormai ci si può basare solo su dati empirici e aneddotici per valutare la situazione.
Lo scarso traffico di Pechino; gli sfoghi degli abitanti che sui social sostengono che fino a due settimane fa conoscevano solo poche persone che avevano avuto il Covid e ora «la metà delle persone che sento lo ha preso»; le autorità che annunciano l’incremento dei posti letto in terapia intensiva; l’invio di personale sanitario per sanare i vuoti lasciati da quelli a loro volta contagiati in corsia; infine le testimonianze raccolte tra le agenzie funerarie che segnalano un incremento eccezionale nel numero dei morti. La maggior parte dei Paesi del mondo non condivide il sistema di rilevamento cinese. Benjamin Mazer, patologo della Johns Hopkins University, dice che i colleghi cinesi «perderanno il conto di un grande numero di casi di decessi per Covid-19», perché non è solo la polmonite che uccide i contagiati dal coronavirus. «Ora sappiamo che i vaccini possono proteggere dalla polmonite, anche quelli cinesi, ma ci sono molte complicazioni causate dall’infezione da Covid», spiega alla Reuters l’americano Mazer e cita i problemi cardiaci, le trombosi, in casi estremi la sepsi. Sono passati esattamente tre anni da quando nel dicembre 2020 arrivarono le prime voci, dubbi e sospetti su una «misteriosa malattia polmonare» emersa a Wuhan.
Nel febbraio del 2020 l’epidemia di Wuhan diventò pandemia: da allora nel mondo sono stati registrati quasi 700 milioni di contagi e più di sei milioni di morti. La Cina in totale ha contato 5.241 (cinquemila duecento quarantuno) decessi, quasi tutti nei primi tre mesi disastrosi di Wuhan tra gennaio e marzo 2020. In questa ondata dopo l’improvvisa ritirata dal fronte del «Covid Zero», sono stati contati 7 morti, tutti a Pechino. Eppure, è stato calcolato che il 40% dei 22 milioni di abitanti di Pechino in questi giorni sia stato contagiato e da altre città e province giungono notizie allarmanti. Il 90% dei casi in questa ondata è composto da asintomatici, anche in Cina, ma la mortalità così bassa tra i pazienti cinesi con sintomi sembra implausibile di fronte alle statistiche mondiali, che oscillano tra i 2.400 e i 3.000 decessi per milione di abitanti. Mentre la Cina è ferma a 3 per milione.
Il caso della Cina continentale sorprende anche perché Hong Kong ha registrato circa 11.000 morti in questi tre anni e ne ha dichiarati 39 lunedì e 33 martedì, su una popolazione di circa 7,2 milioni di abitanti, un terzo di quella della sola Pechino. Di nuovo, un clima di ansia, recriminazioni e sospetti si sta diffondendo nel mondo e sui social cinesi. Le agenzie di stampa internazionali hanno rilevato code di carri funebri davanti ai crematori di Pechino, deducendo che il numero dei morti in questi giorni supera notevolmente la statistica. Molti cinesi chiedono poi «Com’è possibile che i morti siano così pochi e siano tutti a Pechino? Che cosa succede nel resto della Repubblica?». Su Weibo un «funzionario di un’agenzia funebre di Chongqing» ha scritto che nel suo crematorio si bruciano «22 corpi al giorno, rispetto ai 4-5 di novembre». Il suo post è stato subito cancellato, ma lo screenshot continua a circolare sul web. Racconti simili, di bare in attesa nei corridoi, di personale in tute protettive anticontagio impiegato per il trasporto, arrivano da altre province, dall’Hebei al Nord al Guangdong a Sud.
La diffusione di questa ondata in molte province della Cina è provata dal fatto che le autorità di Chongqing, megalopoli da 30 milioni di abitanti considerando il suo grande hinterland, ha invitato i positivi asintomatici o con malessere lieve a tornare al lavoro. D’altra parte, milioni di cinesi si stanno preparando a partire per le festività del Capodanno lunare (22 gennaio) e ormai sembra inutile e impossibile cercare di fermare la circolazione del coronavirus come era stato fatto fino a poche settimane fa. Sarà l’ondata causata nelle province dai viaggi dei lavoratori migranti a inizio gennaio e poi quella riportata nelle città al loro ritorno dopo il Capodanno lunare a rappresentare la prova del fuoco per il sistema sanitario della Cina, dicono gli esperti. I modelli realizzati da diversi istituti di ricerca epidemiologica in Cina e all’estero indicano che nei prossimi mesi il Covid-19 potrebbe contagiare il 60% della popolazione cinese e anche se il 90% risulterà asintomatico o con sintomi lievi, i decessi tra i pazienti più esposti per l’età o altre patologie potrebbero oscillare da un minimo di 600 mila a un massimo di due milioni. Due le cause principali di allarme: la politica dei lockdown e delle quarantene a oltranza in questi tre anni avrebbe lasciato ora la gente improvvisamente più esposta al contagio e ai suoi effetti. Ma su questo punto ci sono valutazioni opposte a Pechino, dove le autorità sottolineano il successo della prevenzione del Covid Zero e sostengono che la linea è stata abbandonata perché «la patogenicità di Omicron è geometricamente diminuita rispetto alle varianti precedenti
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