D.A.T. disposizioni anticipate di trattamento cioè il testamento biologico.
dove è il limite per trattare i pazienti no vacs ? Trattarli e prendersi una denuncia o lasciarli morire ?
Il limite per determinare se siano lucidi nelle loro decisioni ?
I no vacse del sito , se ricoverati , che limite hanno per i trattamenti a cui saranno sottoposti ?
Giusto per informazione, leggiamo che ci raccontano.
Tuttavia, per i sanitari del reparto del dottor Pavoni, come di tutti gli altri reparti Covid, il problema è il prima: «Per noi lo stress principale è decidere cosa fare: da un lato hai il dovere di fornire le migliori cure, dall’altro devi rispettare le volontà del malato, anche quando ad esempio decida di non voler essere curato. Ma il problema è che sono persone in ipossia (con scarsa ossigenazione, ndr) e quindi hai il dilemma etico di decidere cosa fare, e la difficoltà di stabilire se chi hai di fronte sia lucido o no. Perché, nonostante i no vax si dicano informati, praticamente nessuno prima di ammalarsi ha compilato le disposizioni anticipate di trattamento (le Dat, ovvero il testamento biologico, ndr)».
Così c’è chi dal letto, pur col fiato corto, minaccia di continuo denunce, per una terapia che non vuole, o al contrario perché non una che non gli viene concessa, come ad esempio il «solito» plasma iperimmune. In alcuni reparti Covid ordinari, dove i pazienti stanno meno male e sono ancora più aggressivi, sono successi casi di malati che hanno cercato di tirare via la mascherina ai sanitari o di strappare loro la tuta. Per un momento di rabbia e, non per la volontà di infettarli, ma forse per dimostrare che il virus è un’invenzione. Così, il dottor Pavoni ha trovato una soluzione, invitare i famigliari, debitamente protetti con tuta e mascherina, in reparto: «Anche se spesso condividono le posizioni del parente ammalato, il fatto di vederlo nelle condizioni in cui è, li sconvolge. E spesso sono loro a convincerlo a farsi curare». Sono le famiglie, dal vivo o per videochiamata, a fare la differenza. L’hanno fatta anche nel caso del no vax ora ricoverato. Tra gli intubati, uno su due sopravvive, uno su due non ce la fa. È la macabra lotteria di chi si è arreso troppo tardi alla realtà. Ma nella terapia intensiva Covid di Ponte a Niccheri non c’è tempo da perdere: è in arrivo da Pistoia un paziente quarantenne. È vaccinato? In reparto ancora non lo sanno.
dove è il limite per trattare i pazienti no vacs ? Trattarli e prendersi una denuncia o lasciarli morire ?
Il limite per determinare se siano lucidi nelle loro decisioni ?
I no vacse del sito , se ricoverati , che limite hanno per i trattamenti a cui saranno sottoposti ?
Giusto per informazione, leggiamo che ci raccontano.
Tuttavia, per i sanitari del reparto del dottor Pavoni, come di tutti gli altri reparti Covid, il problema è il prima: «Per noi lo stress principale è decidere cosa fare: da un lato hai il dovere di fornire le migliori cure, dall’altro devi rispettare le volontà del malato, anche quando ad esempio decida di non voler essere curato. Ma il problema è che sono persone in ipossia (con scarsa ossigenazione, ndr) e quindi hai il dilemma etico di decidere cosa fare, e la difficoltà di stabilire se chi hai di fronte sia lucido o no. Perché, nonostante i no vax si dicano informati, praticamente nessuno prima di ammalarsi ha compilato le disposizioni anticipate di trattamento (le Dat, ovvero il testamento biologico, ndr)».
Così c’è chi dal letto, pur col fiato corto, minaccia di continuo denunce, per una terapia che non vuole, o al contrario perché non una che non gli viene concessa, come ad esempio il «solito» plasma iperimmune. In alcuni reparti Covid ordinari, dove i pazienti stanno meno male e sono ancora più aggressivi, sono successi casi di malati che hanno cercato di tirare via la mascherina ai sanitari o di strappare loro la tuta. Per un momento di rabbia e, non per la volontà di infettarli, ma forse per dimostrare che il virus è un’invenzione. Così, il dottor Pavoni ha trovato una soluzione, invitare i famigliari, debitamente protetti con tuta e mascherina, in reparto: «Anche se spesso condividono le posizioni del parente ammalato, il fatto di vederlo nelle condizioni in cui è, li sconvolge. E spesso sono loro a convincerlo a farsi curare». Sono le famiglie, dal vivo o per videochiamata, a fare la differenza. L’hanno fatta anche nel caso del no vax ora ricoverato. Tra gli intubati, uno su due sopravvive, uno su due non ce la fa. È la macabra lotteria di chi si è arreso troppo tardi alla realtà. Ma nella terapia intensiva Covid di Ponte a Niccheri non c’è tempo da perdere: è in arrivo da Pistoia un paziente quarantenne. È vaccinato? In reparto ancora non lo sanno.
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