COVID-19Solo un altro no-vax in Senato
da Biologi per la ScienzaOttobre 7, 202105321CONDIVIDI6
Il 16 giugno scorso il senatore leghista Armando Siri ha organizzato in Senato una conferenza dal titolo “Bambini e vaccini anti Covid: pro e contro”. Come prevedibile, i “pro” discussi sono stati ben pochi, mentre si è dato ampio spazio ai “contro”, il tutto arricchito da presunti “dati” che nella migliore delle ipotesi erano le opinioni di chi parlava e nella peggiore delle tabelle di cui non avevano neanche letto il titolo.
Tra qualcuno che minimizza i rischi dell’infezione nei giovani e qualcun altro che allude vagamente all’esistenza di “terapie” domiciliari (che all’epoca, come tutt’ora, non esistono), spicca tra tutti il dottor Frajese, e non in positivo.
Il motivo per cui abbiamo deciso di scrivere questo articolo è che negli ultimi mesi numerosi genitori ci hanno inviato il video dell’intervento di questo medico preoccupati per ciò che dice riguardo alle vaccinazioni in età pediatrica. In questo capolavoro di propaganda no-vax non manca niente: abbiamo la retorica, la presentazione distorta dei dati, e perfino i dati scopiazzati male. Ci sarebbe da ridere se non fosse che questo video è circolato per mesi tra genitori confusi e spaventati, non facendo altro che accrescere la loro paura nei confronti di una pratica sicura ed efficace come la vaccinazione.
Frajese (in foto) è un medico endocrinologo, e afferma che “essendo un medico interno che cerca di capire l’essere umano nella sua interezza, avrebbe un vantaggio rispetto a chi guarda le cose nel dettaglio”.
Spoiler: no. E vi spieghiamo perché, punto per punto.
Standard impossibili
Un grande classico. Il dottore inizia chiedendo se “è sicuro al 100% vaccinare i bambini per il SARS-CoV-2 con questi tipi di vaccinazione?”. La risposta è ovviamente no, perché niente nel mondo è sicuro al 100%. Da endocrinologo, Frajese dovrebbe sapere bene che neanche l’insulina che si dà ai diabetici è sicura al 100%. Ciò la rende un farmaco pericoloso? No, perché i potenziali rischi sono ben minori dei benefici.
Lo stesso vale per i vaccini contro il COVID nella popolazione pediatrica. Il rischio di morire di COVID è molto basso nei bambini sani, ma lo stesso non si può dire del rischio di ospedalizzazione. Uno studio pubblicato su Nature [1] e condotto analizzando le cartelle cliniche di 12.000 bambini evidenzia che il 5,3% è stato ospedalizzato, e di questi il 17,6% ha avuto bisogno della terapia intensiva. Come riportano anche gli autori, è molto probabile che questo studio sovrastimi la frequenza di forme gravi di COVID tra i bambini sani, ma resta il fatto che anche se i numeri reali fossero dieci volte inferiori, staremmo comunque parlando di cinque bambini ospedalizzati ogni mille, con uno di loro che finisce addirittura in terapia intensiva, con buona pace di quelli che “nei bambini il COVID non è mai grave”.
La sperimentazione troppo veloce
Frajese procede poi con l’ormai noto cavallo di battaglia di chi vuole insinuare dubbi infondati sui vaccini contro il COVID: “la sperimentazione è stata fatta troppo di fretta”. Ovviamente non è vero, perché come si può vedere dai grafici da lui stesso riportati (!) la durata dei trial dei vaccini è stata ridotta di molto grazie all’investimento di ingenti quantità di denaro, così che le fasi di sperimentazione potessero essere fatte contemporaneamente piuttosto che una dopo l’altra. I dati così ottenuti sono stati poi presentati agli enti regolatori man mano che venivano raccolti, rendendo il processo di approvazione molto più veloce del solito.
Riassumendo: stessa quantità di dati, raccolta in meno tempo e controllata più velocemente.
Immagine tratta da un articolo del New York Times in cui viene spiegato puntualmente il processo di approvazioe seguito dai vaccini negli Stati Uniti. Un articolo che Frajese evidentemente non ha letto.La struttura dei trial
Un altro dettaglio che sembra non andare giù a Frajese è che i trial dei vaccini siano stati disegnati solo per valutare l’efficacia contro la malattia. Chiedersi se il vaccino sia in grado di prevenire anche l’infezione è lecito, far credere che si debba fare per forza nel trial no. All’epoca dell’intervento dell’endocrinologo erano tra l’altro già usciti vari studi fatti nel “mondo reale” in cui l’efficacia dei vaccini nel prevenire l’infezione era risultata superiore al 70%, quindi in ogni caso si parlava di un problema già ampiamente risolto.
Quell’insensata voglia di Riduzione del Rischio Assoluto
Sempre riguardo al trial originale di Pfizer, il medico si lamenta di come i risultati di efficacia vengano riportati come riduzione del rischio relativo (il famoso 95%) piuttosto che di rischio assoluto, una critica che è completamente priva di senso. Se io dichiaro che un farmaco è efficace al 70%, la percentuale è relativa alle persone malate che guariscono.
Facciamo un esempio. C’è un paese con 100 persone, di cui 10 sono malate di una malattia mortale. Dandogli il mio nuovo farmaco della Rezifp, 9 guariscono. Ovviamente mi interessa dire che in 9 casi su 10 il farmaco salva la vita, e di sicuro non serve a niente specificare che in tutta la popolazione di 100 persone ha prevenuto solo 9 morti perché l’efficacia dei farmaci si valuta nel contesto di una specifica malattia, non in generale.
Le miocarditi
Contro le vaccinazioni pediatriche Frajese porta anche l’argomento delle miocarditi ad esse collegate, che sembrano essere un effetto collaterale che si manifesta per la maggior parte tra gli adolescenti maschi. Ripetiamo: “per la maggior parte tra“, non “per la maggior parte degli“.
“Oddio, ma quindi ha ragione?”. No, perché la maggior parte (52% se vogliamo seguire i suoi dati) di 2,7 miocarditi su 100.000 persone vaccinate è comunque un numero decisamente più basso delle 11 miocarditi su 100.000 causate dal COVID [2].
Lo studio sugli adolescenti
Parlando dello studio di Pfizer sugli adolescenti [3], Frajese dice di non fidarsi dell’efficacia dichiarata del 100%, perché “in medicina il 100% non esiste”. Un’affermaziona giusta, ma decisamente curiosa considerando che proviene da colui che aveva iniziato il proprio intervento esigendo un 100% di sicurezza per i vaccini.
Il medico continua poi la sua critica allo studio riportando una tabella (sotto) presente nei dati supplementari, e che secondo lui dimostra che uno dei mille adolescenti ad aver ricevuto il vaccino ha rischiato di morire, lasciando intedere che potrebbe andare molto peggio se la vaccinazione fosse fatta su numeri più grandi.
Nella sezione della tabella evidenziata dalle frecce da Frajese c’è scritto che due dei partecipanti allo studio che avevano ricevuto dal vaccino si sono ritirati a causa di eventi avversi. In particolare, uno di questi eventi avversi viene considerato un pericolo di vita correlato dal vaccino. Frajese ha quindi ragione? Nì, perché dice solo mezza verità.
Come scritto nello studio, l’evento avverso in questione è infatti una febbre di 40,1°C che, stando al protocollo del trial, viene classificata come evento avverso di grado 4 o, appunto, pericolo di vita. Se da un punto di vista prettamente clinico questa classificazione è certamente corretta, dal punto di vista comunicativo è palese che ci sia un tentativo di far apparire il dato ben più grave di quello che è in realtà.
Vaghe ed eventuali
In questa parte dell’intervento Frajese butta assieme un po’ di cose all’apparenza molto spaventose ma assolutamente prive di signficato. Dice che l’EMA non ha richiesto dati su farmacocinetica, farmacodinamica, interazioni con farmaci, genotossicità e canceroginità. Questo è bellamente falso.
Non solo nel report di approvazione di approvazione dell’EMA [4] molti di questi dati sono in realtà presenti, ma quando non lo sono, viene anche spiegato spiegato il motivo (che di solito dovrebbe già essere ovvio a un medico…). Ad esempio, il motivo per cui non sono stati fatti studi di genotossicità è che L’MRNA NON MODIFICA IL DNA NEANCHE SE GLIELO CHIEDETE IN GINOCCHIO.
La tabella finale
Questa è senz’altro la chicca dell’intervento. Qui Frajese mostra una tabella in cui secondo lui si dimostra che la proteina S prodotta dal vaccino va ad accumilarsi nelle ovaie dei ratti e afferma che “non serve che aggiungo altro”.
E invece no, l’altro ce lo aggiungiamo noi.
La tabella in questione infatti compare nel report di valutazione del vaccino del Dipartimento della Salute australiano. Cosa ci dice questa tabella?
1) la tabella non parla della distribuzione della proteina S, ma dei lipidi che compongono i liposomi che trasportano l’mRNA (come si può leggere dall’unità di misura sopra la tabella “ug lipid equivalent/g”). Esatto, Frajese non sa neanche leggere una tabella;
2) in questo studio, a ogni ratto è stata somministrata una dose da uomo. Considerando che un ratto pesa più o meno 200 g e un essere umano 70 kg, questo studio può al massimo darci un’idea di cosa succederebbe se ci iniettassimo 350 dosi di Pfizer: E comunque staremmo parlando dei lipidi del liposoma, non della proteina S.
3) se supponiamo che ad accumularsi nelle ovaie fosse davvero la proteina S, in che modo questo potrebbe essere considerato un punto a sfavore della vaccinazione? Se veramente la proteina S si accumulasse nelle ovaie (no, non lo fa) ciò significherebbe che anche SARS-CoV-2 sarebbe in grado di farlo, col piccolo dettaglio di essere anche in grado di produrre un’infezione.
Giusto per finire
Ancora una volta il Senato è stato quindi utilizzato come palco per la propaganda no-vax. Così, come se fosse normale dare spazio a posizioni anti-scientifiche nelle istituzioni di uno stato. Chi ne abbia fatto le spese direttamente è difficile da determinare, ma indirettamente è palese che questa “conferenza” sia stata la causa dell’esitazione vaccinale in molti genitori spaventati, che non hanno nessuna colpa se non quella di cercare di capire cosa sia meglio fare dopo due anni di pandemia.
Chi parla di COVID e delle sue conseguenze viene spesso tacciato di essere un “terrorista” o peggio, ma come dovremmo chiamare chi si oppone all’utilizzo di quella che fino ad ora si è dimostrata l’unica arma veramente efficace, ovvero i vaccini?
No-vax? O forse dovremmo essere più onesti, e chiamarli pro-COVID