Carlo Freccero firma referendum contro green pass, "strumento del Grande Reset"
“Oltremodo scorretto” il comportamento del Governo Draghi, "incrinato il patto di lealtà tra istituzioni e popolo"
Carlo Freccero firma per il referendum contro il green pass e spiega in una lettera alla Stampa le sue motivazioni. Innanzitutto, il celebre autore televisivo definisce “oltremodo scorretto” il comportamento del Governo Draghi “nell’incrinare il patto di lealtà tra istituzioni e popolo”. Questo anche perché “l’attuale normativa sul Green Pass ignora totalmente l’appello a evitare discriminazioni”.
Secondo Freccero, “dietro il Green Pass in realtà, c’è molto di più”.
Secondo Carlo Freccero ”è giusto che il popolo, l’oggetto di quanto è in divenire, possa, come accade in tutte le democrazie, farsi soggetto e decidere se desidera o meno proseguire per la strada tracciata dalle élite. La risposta verrà dopo. Nella mia testa i referendum sono destinati ad aprire finalmente un dibattito ampio su tutti questi quesiti aperti”.
Origini e deliri della teoria del Grande Reset
L'ennesimo complotto mondiale evocato da Carlo Freccero e le responsabilità degli intellettuali
Grande Reset è in via di attuazione. Così scrive Carlo Freccero in una lettera a La Stampa, dove spiega il suo sostegno alla raccolta di firme per un referendum abrogativo delle norme relative al Green Pass. L’espressione fu coniata dal Principe Carlo nel maggio 2020 per sintetizzare le riflessioni del World Economic Forum (WEF) dello stesso anno su nuove politiche globali per un capitalismo più sostenibile, alla luce dell’esperienza in corso della pandemia del Covid-19.
Immediatamente, però, “The Great Reset” si è trasformato nell’ennesima teoria cospirazionista costruita e divulgata dalla composita galassia complottista che abita le nostre democrazie. QAnon in testa. Come ha scritto lo studioso Sebastian Schuller “A partire da un breve videoclip nel quale il Primo ministro Justin Trudeau spiegava le linee del programma del WEF, nell’universo degli utenti Twitter si interpretavano i limitati piani di riforma del medesimo come la prova di una macchinazione mondiale comunista che apertamente dichiarava il suo obiettivo di eliminare il sistema capitalistico basato sulla libera impresa. A sua volta, questa lettura entrava nella mitologia di QAnon e diveniva un tema cruciale della estrema destra libertaria”. L’incontro di leader politici, religiosi, dei media, di organizzazioni non governative per discutere delle pericolose contraddizioni nel funzionamento del mondo globale, rese manifeste dalla pandemia, ha – in altre parole – rappresentato un’occasione troppo ghiotta per i complottisti delle varie latitudini. Un’occasione che non si sono lasciati scappare per disegnare una nuova cospirazione delle élite mondiali per controllare l’economia e la vita sociale globali e trasformarle secondo un modello ‘collettivista’. Naturalmente, seguendo i medesimi schemi narrativi delle tante teorie complottiste che hanno visto la luce e si sono diffuse tra Sette, Otto e Novecento.
Perché le teorie complottiste altro non sono che narrazioni, che non hanno bisogno di prove, ma semplicemente di segni, di parole pronunciate, di schegge di fatti. Tutti reinterpretati in modo funzionale alla storia che si racconta. Si tratterebbe di pure letteratura fantastica, utopica o distopica, se non fosse che quelle parole sono maledettamente performative, costruiscono mondi ai quali in tanti credono, per poi agire conseguentemente. Proprio qualche giorno fa il filosofo Giorgio Agamben ha immaginato la concretizzazione della resistenza alla “tirannide senza scrupoli” che ci governa e usa strumentalmente la pandemia, attraverso la creazione di una nuova forma di clandestinità “una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro la società dell’inimicizia e della distanza”. Insomma, sia nel pensiero di Freccero sia in quello di Agamben il Green pass è quel segno che ci rivela ciò che chi detiene il potere ci nasconde: la bramosia di controllo tendenzialmente totale. “Dietro il Green Pass c’è molto di più” ha appunto scritto Freccero.
Ha ragione il direttore Massimo Giannini nella breve replica alla sua lettera, laddove afferma che non trova “alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti” alla teoria del Grande Reset. È ovvio che non lo trovi: quel fondamento non esiste. Non vi è la benché minima prova che questo complotto sia in atto. Esistono solo reinterpretazioni, veri e propri slittamenti di significato, di una riflessione comune avviata a livello internazionale e che è stata sviluppata, ad esempio, nel volume di Klaus Schwab e Thierry Malleret: “Covid-19: The Great Reset”. Citato da Freccero nientemeno che come ‘prova’ del Gran Reset in atto. Un segno. Un segno che viene ‘montato’ insieme ad altri segni (il Green pass, ad esempio) per costruire la fiaba nera del complotto. Un grande disegno di conquista e dominio che – come ha ad esempio ben spiegato Alessandro Campi nei suoi scritti sul tema, ben distinguendo tra la natura metafisica dei complotti e la concretezza delle semplici congiure di cui è piena la storia – ancor prima che privo di ogni fondamento empirico, manca di ogni fondamento logico. Questo come altri complotti, infatti, presupporrebbe una vastità e complessità di accordi, dei livelli di segretezza, un’onnipotenza degli artefici della trama, una capacità di controllo sul mondo tali che può esistere solo nell’universo delle fiction.
Però in tanti ci credono, perché come tanti psicologi hanno spiegato, il funzionamento della nostra mente ci induce ad aderire a spiegazioni soddisfacenti del mondo, soddisfacenti perché forniscono un senso (e l’uomo è alla continua e disperata ricerca di senso) e coinvolgono le nostre emozioni, specie quando esse scaturiscono dalle nostre frustrazioni.
Gli intellettuali possono inserirsi in modi diversi in questi processi. Possono tentare di introdurre elementi di razionalità nel discorso pubblico, ad esempio rimarcando la complessità dei fenomeni, il loro essere spesso esito di incroci casuali e anche inintenzionali. Senza necessariamente sminuire la dimensione emotiva e valoriale della partecipazione alla discussione collettiva, possono fornire e giustificare scale di valori compatibili con il funzionamento di una società liberale. Possono spiegare la complessità del vivere in comunità e l’inevitabile dialettica tra valori, che ci costringe sempre a interrogarci su come contemperarli, libertà e sicurezza in primis. E così via. Oppure possono cavalcare la paura, la rabbia, l’ostilità, la manichea divisione del mondo tra élite malvagie e popolo buono e bistrattato, tra poteri occulti e l’innocente uomo comune. In altri termini, possono cavalcare la deriva irrazionalista che sempre incombe sul sentire condiviso delle società, esattamente come fanno i tanti leader populisti di questa nostra epoca, miscelando appunto logiche populiste e logiche complottiste, le seconde consequenziali alle prime, nella misura in cui la macchinazione oscura è strumento delle élite per soggiogare il popolo. Quel popolo che non a caso Freccero richiama nella sua lettera, entità indefinibile, ma utile a chi vuole farsene portavoce, leader politico o intellettuale che sia.
Gli intellettuali possono scegliere, dunque. E le loro scelte non sono prive di conseguenze per la collettività. Ognuno si assume le proprie responsabilità.
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“Oltremodo scorretto” il comportamento del Governo Draghi, "incrinato il patto di lealtà tra istituzioni e popolo"
Carlo Freccero firma per il referendum contro il green pass e spiega in una lettera alla Stampa le sue motivazioni. Innanzitutto, il celebre autore televisivo definisce “oltremodo scorretto” il comportamento del Governo Draghi “nell’incrinare il patto di lealtà tra istituzioni e popolo”. Questo anche perché “l’attuale normativa sul Green Pass ignora totalmente l’appello a evitare discriminazioni”.
“Il mio ruolo è quello di esperto della comunicazione e, in quanto tale, non ho potuto fare a meno di rilevare la massiccia campagna di propaganda e disinformazione condotta dai media mainstream con un’unanimità che non ha precedenti nella storia del paese. Il referendum è un’occasione per avere accesso a spazi istituzionali e per fare arrivare i nostri argomenti all’elettorato. Dopodiché i cittadini decideranno liberamente e non sotto la pressione della paura innescata dalla pandemia”.
Secondo Freccero, “dietro il Green Pass in realtà, c’è molto di più”.
”È destinato a diventare l’embrione della futura tessera di identificazione digitale a cui mira il Grande Reset in via di attuazione. Per chi non sapesse di cosa si tratta, rimando a due libri dell’economista Klaus Schwab “Covid 19 The Great Reset” e “Quarta rivoluzione digitale”. Secondo Schwab la pandemia è un’occasione irripetibile per conseguire il “Grande Reset” già illustrato nel saggio “La quarta rivoluzione industriale”. Tutto ciò è confermato dal progetto di Recovery Fund, che si pone come obiettivo lo stesso obiettivo del “Grande Reset”. Credo che la nuova normalità in cui stiamo vivendo non finirà coi vaccini, ma continuerà nel tempo, con la rivoluzione digitale e la rivoluzione verde. Diciamo la verità: non è la pandemia ad avere causato la crisi economica. E piuttosto la crisi economica ad avere causato la pandemia, o quanto meno, ad averla amplificata al fine di ultimare il “Grande Reset”.
Secondo Carlo Freccero ”è giusto che il popolo, l’oggetto di quanto è in divenire, possa, come accade in tutte le democrazie, farsi soggetto e decidere se desidera o meno proseguire per la strada tracciata dalle élite. La risposta verrà dopo. Nella mia testa i referendum sono destinati ad aprire finalmente un dibattito ampio su tutti questi quesiti aperti”.
Origini e deliri della teoria del Grande Reset
L'ennesimo complotto mondiale evocato da Carlo Freccero e le responsabilità degli intellettuali
Grande Reset è in via di attuazione. Così scrive Carlo Freccero in una lettera a La Stampa, dove spiega il suo sostegno alla raccolta di firme per un referendum abrogativo delle norme relative al Green Pass. L’espressione fu coniata dal Principe Carlo nel maggio 2020 per sintetizzare le riflessioni del World Economic Forum (WEF) dello stesso anno su nuove politiche globali per un capitalismo più sostenibile, alla luce dell’esperienza in corso della pandemia del Covid-19.
Immediatamente, però, “The Great Reset” si è trasformato nell’ennesima teoria cospirazionista costruita e divulgata dalla composita galassia complottista che abita le nostre democrazie. QAnon in testa. Come ha scritto lo studioso Sebastian Schuller “A partire da un breve videoclip nel quale il Primo ministro Justin Trudeau spiegava le linee del programma del WEF, nell’universo degli utenti Twitter si interpretavano i limitati piani di riforma del medesimo come la prova di una macchinazione mondiale comunista che apertamente dichiarava il suo obiettivo di eliminare il sistema capitalistico basato sulla libera impresa. A sua volta, questa lettura entrava nella mitologia di QAnon e diveniva un tema cruciale della estrema destra libertaria”. L’incontro di leader politici, religiosi, dei media, di organizzazioni non governative per discutere delle pericolose contraddizioni nel funzionamento del mondo globale, rese manifeste dalla pandemia, ha – in altre parole – rappresentato un’occasione troppo ghiotta per i complottisti delle varie latitudini. Un’occasione che non si sono lasciati scappare per disegnare una nuova cospirazione delle élite mondiali per controllare l’economia e la vita sociale globali e trasformarle secondo un modello ‘collettivista’. Naturalmente, seguendo i medesimi schemi narrativi delle tante teorie complottiste che hanno visto la luce e si sono diffuse tra Sette, Otto e Novecento.
Perché le teorie complottiste altro non sono che narrazioni, che non hanno bisogno di prove, ma semplicemente di segni, di parole pronunciate, di schegge di fatti. Tutti reinterpretati in modo funzionale alla storia che si racconta. Si tratterebbe di pure letteratura fantastica, utopica o distopica, se non fosse che quelle parole sono maledettamente performative, costruiscono mondi ai quali in tanti credono, per poi agire conseguentemente. Proprio qualche giorno fa il filosofo Giorgio Agamben ha immaginato la concretizzazione della resistenza alla “tirannide senza scrupoli” che ci governa e usa strumentalmente la pandemia, attraverso la creazione di una nuova forma di clandestinità “una società nella società, una comunità degli amici e dei vicini dentro la società dell’inimicizia e della distanza”. Insomma, sia nel pensiero di Freccero sia in quello di Agamben il Green pass è quel segno che ci rivela ciò che chi detiene il potere ci nasconde: la bramosia di controllo tendenzialmente totale. “Dietro il Green Pass c’è molto di più” ha appunto scritto Freccero.
Ha ragione il direttore Massimo Giannini nella breve replica alla sua lettera, laddove afferma che non trova “alcun fondamento concreto nella realtà dei fatti” alla teoria del Grande Reset. È ovvio che non lo trovi: quel fondamento non esiste. Non vi è la benché minima prova che questo complotto sia in atto. Esistono solo reinterpretazioni, veri e propri slittamenti di significato, di una riflessione comune avviata a livello internazionale e che è stata sviluppata, ad esempio, nel volume di Klaus Schwab e Thierry Malleret: “Covid-19: The Great Reset”. Citato da Freccero nientemeno che come ‘prova’ del Gran Reset in atto. Un segno. Un segno che viene ‘montato’ insieme ad altri segni (il Green pass, ad esempio) per costruire la fiaba nera del complotto. Un grande disegno di conquista e dominio che – come ha ad esempio ben spiegato Alessandro Campi nei suoi scritti sul tema, ben distinguendo tra la natura metafisica dei complotti e la concretezza delle semplici congiure di cui è piena la storia – ancor prima che privo di ogni fondamento empirico, manca di ogni fondamento logico. Questo come altri complotti, infatti, presupporrebbe una vastità e complessità di accordi, dei livelli di segretezza, un’onnipotenza degli artefici della trama, una capacità di controllo sul mondo tali che può esistere solo nell’universo delle fiction.
Però in tanti ci credono, perché come tanti psicologi hanno spiegato, il funzionamento della nostra mente ci induce ad aderire a spiegazioni soddisfacenti del mondo, soddisfacenti perché forniscono un senso (e l’uomo è alla continua e disperata ricerca di senso) e coinvolgono le nostre emozioni, specie quando esse scaturiscono dalle nostre frustrazioni.
Gli intellettuali possono inserirsi in modi diversi in questi processi. Possono tentare di introdurre elementi di razionalità nel discorso pubblico, ad esempio rimarcando la complessità dei fenomeni, il loro essere spesso esito di incroci casuali e anche inintenzionali. Senza necessariamente sminuire la dimensione emotiva e valoriale della partecipazione alla discussione collettiva, possono fornire e giustificare scale di valori compatibili con il funzionamento di una società liberale. Possono spiegare la complessità del vivere in comunità e l’inevitabile dialettica tra valori, che ci costringe sempre a interrogarci su come contemperarli, libertà e sicurezza in primis. E così via. Oppure possono cavalcare la paura, la rabbia, l’ostilità, la manichea divisione del mondo tra élite malvagie e popolo buono e bistrattato, tra poteri occulti e l’innocente uomo comune. In altri termini, possono cavalcare la deriva irrazionalista che sempre incombe sul sentire condiviso delle società, esattamente come fanno i tanti leader populisti di questa nostra epoca, miscelando appunto logiche populiste e logiche complottiste, le seconde consequenziali alle prime, nella misura in cui la macchinazione oscura è strumento delle élite per soggiogare il popolo. Quel popolo che non a caso Freccero richiama nella sua lettera, entità indefinibile, ma utile a chi vuole farsene portavoce, leader politico o intellettuale che sia.
Gli intellettuali possono scegliere, dunque. E le loro scelte non sono prive di conseguenze per la collettività. Ognuno si assume le proprie responsabilità.
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