Cosa dice il Regolamento 953/2021?
A differenza della Risoluzione del Consiglio d’Europa, il Regolamento Ue è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato Membro, compresa quindi l’Italia. Ma cosa dice il Regolamento Ue 953/2021? A detta di molti, conterrebbe il divieto di istituzione del Green pass. Cosa affatto non vera: basta leggerne il considerato n. 6 laddove stabilisce espressamente «In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica». Del resto, anche altri Paesi, come la Francia, la Danimarca, l’Ungheria, l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo e l’Irlanda hanno istituito il certificato verde con il placet delle istituzioni Comunitarie.
Misure regionali sono state adottate in Germania e Spagna, dove spetta alle regioni stabilire se introdurre o meno un lasciapassare.
Sempre il considerato 6 stabilisce che «Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475».
Risoluzione n. 2361/2021 e Regolamento 953/2021: cosa dicono
09 Agosto 2021 Autore: Redazione
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In questi ultimi giorni, si sta parlando sempre più spesso della risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa e del Regolamento Ue n. 953/2021 da molti sbandierati come la dimostrazione che, per l’Europa, il Green pass italiano sarebbe illegittimo. Il Green Pass infatti, a detta di molti (e non a torto), si risolverebbe in un indiretto incentivo alla vaccinazione, quando invece i predetti atti dell’Ue stabilirebbero il divieto di discriminazione tra soggetti vaccinati e non.
In realtà, anche in questo caso, le norme sono state mal interpretate dai “non addetti ai lavori” generando così cattiva informazione e fake news. Andiamo quindi a vedere cosa effettivamente dice sia la risoluzione n. 2361/2021 (e qual è il suo valore), sia il regolamento Ue n. 953/21 del 14 giugno 2021.
Indice
Partiamo dal valore che ha la risoluzione del Consiglio d’Europa. Innanzitutto questa, a differenza di regolamenti e direttive Ue, non è fonte del diritto. Non è quindi vincolante e obbligatoria, né direttamente applicabile. Si tratta solo di una serie di consigli. Del resto, il Consiglio d’Europa, contrariamente a quanti molti credono, non è un’istituzione dell’Unione europea e, quindi, è estraneo ad essa: non va confuso con le istituzioni comunitarie.
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Dunque, l’eventuale contrasto tra il diritto interno di uno degli Stati europei e la Risoluzione del Consiglio d’Europa non implica mai una illegittimità delle norme nazionali.
Sbaglia quindi chi crede che lo Stato, laddove emani una legge contraria al contenuto della risoluzione n. 2361/21, sia tenuto a risarcire i cittadini o comunque a eliminare la difformità. Purtroppo di essa sono presenti solo le versioni in inglese e francese, sicché chi ne vorrà comprendere il testo dovrà essere dotato di conoscenze linguistiche adeguate.
Un’ultima considerazione: strano che una parte degli italiani, storicamente nazionalista e sovranista, si sia riscoperta all’occorrenza europeista.
Cosa dice la Risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa?
La risoluzione non limita, anzi incentiva, la vaccinazione, auspicando la cooperazione tra gli Stati.
La Risoluzione auspica che gli Stati prevedano un adeguato sistema di risarcimento dei danni da vaccinazione: risarcimento per il quale l’Italia è già “in linea”. Difatti, la Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 118/2020, ha stabilito l’obbligo per lo Stato di prevedere il risarcimento non solo per i vaccini obbligatori ma anche per quelli fortemente consigliati come appunto quello Covid-19.
Peraltro, la Corte di Cassazione, proprio qualche mese fa, con la sentenza n. 12225/2021, ha stabilito l’obbligo di risarcimento a carico della casa farmaceutica produttrice, per tutti i danni derivanti dal farmaco difettoso, anche laddove eventuali effetti indesiderati siano specificamente indicati sul bugiardino.
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La Risoluzione richiede poi il rispetto del diritto di accesso alle cure mediche senza discriminazioni e che la distribuzione del vaccino tra i vari Stati aderenti sia equa.
Infine, la Risoluzione, per garantire un elevato livello di adesione, invita gli Stati a una corretta campagna di informazione, soprattutto relativa alla non obbligatorietà del vaccino, alla sua sicurezza e ai possibili effetti indesiderati, in modo da assicurare una scelta consapevole e libera, senza alcuna forma di discriminazione o svantaggio per coloro che decideranno di non sottoporsi al vaccino.
Cosa dice il Regolamento 953/2021?
A differenza della Risoluzione del Consiglio d’Europa, il Regolamento Ue è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato Membro, compresa quindi l’Italia. Ma cosa dice il Regolamento Ue 953/2021? A detta di molti, conterrebbe il divieto di istituzione del Green pass. Cosa affatto non vera: basta leggerne il considerato n. 6 laddove stabilisce espressamente «In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica». Del resto, anche altri Paesi, come la Francia, la Danimarca, l’Ungheria, l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo e l’Irlanda hanno istituito il certificato verde con il placet delle istituzioni Comunitarie.
Misure regionali sono state adottate in Germania e Spagna, dove spetta alle regioni stabilire se introdurre o meno un lasciapassare.
Sempre il considerato 6 stabilisce che «Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475».
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Più incisivo è poi il considerato n. 7 laddove dice che «In base alle evidenze mediche attuali e tuttora in evoluzione, le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la Covid-19 e le persone che sono guarite dalla Covid-19 nei sei mesi precedenti sembrano comportare un rischio ridotto di contagiare altre persone con il SARS-CoV-2». Pertanto «la libera circolazione delle persone che, secondo solidi dati scientifici, non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, per esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggette a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. Qualora la situazione epidemiologica lo consenta, tali persone non dovrebbero essere soggette a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di Covid-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione e in linea con il principio di precauzione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie».
Insomma, la norma in commento stabilisce che chi è da poco guarito dal Covid o ha fatto almeno un ciclo di vaccinazione non deve subire alcuna limitazione alla libertà di spostamento, facendo così comprendere che, invece, chi presenta un elevato grado di contagio di altre persone (perché il virus ha vita più lunga nel corpo ospite) può essere oggetto di limitazioni alla libertà di spostamento.
Il Considerato 8 prende atto del fatto che molti Stati Membri hanno adottato il Green Pass. Il Regolamento chiede che queste certificazioni siano tra loro pienamente interoperabili, compatibili, sicure e verificabili.
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Il Considerato 13 dispone testualmente: «Sebbene lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione (…) tali restrizioni potrebbero essere revocate in particolare per le persone vaccinate».
In molti si appellano al Considerato 36 nel voler per forza trovare una norma europea che vieti l’uso del Green Pass. Come detto, tutto il Regolamento è già rivolto ad autorizzare il Green Pass. Il considerato 36 auspica solo l’assenza di discriminazioni – dirette o indirette – delle persone non ancora vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito (come i bambini), o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Si hanno quindi a riferimento non già i soggetti per i quali c’è stata la “chiamata” alla vaccinazione e che hanno optato per non vaccinarsi.
Inoltre, il Considerato 36 vieta la discriminazione tra chi ha ricevuto uno specifico vaccino rispetto a chi ne ha ricevuto un altro: questa diversità – dice la norma – «non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto».
Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati. E difatti l’Italia, salvo per alcune categorie considerate “a rischio” per il contatto con soggetti fragili (bambini e malati), non ha optato per la vaccinazione obbligatoria (sebbene la Costituzione lo consenta).
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A differenza della Risoluzione del Consiglio d’Europa, il Regolamento Ue è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato Membro, compresa quindi l’Italia. Ma cosa dice il Regolamento Ue 953/2021? A detta di molti, conterrebbe il divieto di istituzione del Green pass. Cosa affatto non vera: basta leggerne il considerato n. 6 laddove stabilisce espressamente «In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica». Del resto, anche altri Paesi, come la Francia, la Danimarca, l’Ungheria, l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo e l’Irlanda hanno istituito il certificato verde con il placet delle istituzioni Comunitarie.
Misure regionali sono state adottate in Germania e Spagna, dove spetta alle regioni stabilire se introdurre o meno un lasciapassare.
Sempre il considerato 6 stabilisce che «Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475».
09 Agosto 2021 Autore: Redazione
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Vaccini e Green Pass: cosa ne pensa l’Unione Europea e quali sono i veri significati della risoluzione n. 2361 del Consiglio d’Europa e del Regolamento n. 953.
In questi ultimi giorni, si sta parlando sempre più spesso della risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa e del Regolamento Ue n. 953/2021 da molti sbandierati come la dimostrazione che, per l’Europa, il Green pass italiano sarebbe illegittimo. Il Green Pass infatti, a detta di molti (e non a torto), si risolverebbe in un indiretto incentivo alla vaccinazione, quando invece i predetti atti dell’Ue stabilirebbero il divieto di discriminazione tra soggetti vaccinati e non.
In realtà, anche in questo caso, le norme sono state mal interpretate dai “non addetti ai lavori” generando così cattiva informazione e fake news. Andiamo quindi a vedere cosa effettivamente dice sia la risoluzione n. 2361/2021 (e qual è il suo valore), sia il regolamento Ue n. 953/21 del 14 giugno 2021.
Indice
- 1 Risoluzione n. 2361/2021: che valore ha?
- 2 Cosa dice la Risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa?
- 3 Cosa dice il Regolamento 953/2021?
Partiamo dal valore che ha la risoluzione del Consiglio d’Europa. Innanzitutto questa, a differenza di regolamenti e direttive Ue, non è fonte del diritto. Non è quindi vincolante e obbligatoria, né direttamente applicabile. Si tratta solo di una serie di consigli. Del resto, il Consiglio d’Europa, contrariamente a quanti molti credono, non è un’istituzione dell’Unione europea e, quindi, è estraneo ad essa: non va confuso con le istituzioni comunitarie.
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Dunque, l’eventuale contrasto tra il diritto interno di uno degli Stati europei e la Risoluzione del Consiglio d’Europa non implica mai una illegittimità delle norme nazionali.
Sbaglia quindi chi crede che lo Stato, laddove emani una legge contraria al contenuto della risoluzione n. 2361/21, sia tenuto a risarcire i cittadini o comunque a eliminare la difformità. Purtroppo di essa sono presenti solo le versioni in inglese e francese, sicché chi ne vorrà comprendere il testo dovrà essere dotato di conoscenze linguistiche adeguate.
Un’ultima considerazione: strano che una parte degli italiani, storicamente nazionalista e sovranista, si sia riscoperta all’occorrenza europeista.
Cosa dice la Risoluzione n. 2361/2021 del Consiglio d’Europa?
La risoluzione non limita, anzi incentiva, la vaccinazione, auspicando la cooperazione tra gli Stati.
La Risoluzione auspica che gli Stati prevedano un adeguato sistema di risarcimento dei danni da vaccinazione: risarcimento per il quale l’Italia è già “in linea”. Difatti, la Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 118/2020, ha stabilito l’obbligo per lo Stato di prevedere il risarcimento non solo per i vaccini obbligatori ma anche per quelli fortemente consigliati come appunto quello Covid-19.
Peraltro, la Corte di Cassazione, proprio qualche mese fa, con la sentenza n. 12225/2021, ha stabilito l’obbligo di risarcimento a carico della casa farmaceutica produttrice, per tutti i danni derivanti dal farmaco difettoso, anche laddove eventuali effetti indesiderati siano specificamente indicati sul bugiardino.
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La Risoluzione richiede poi il rispetto del diritto di accesso alle cure mediche senza discriminazioni e che la distribuzione del vaccino tra i vari Stati aderenti sia equa.
Infine, la Risoluzione, per garantire un elevato livello di adesione, invita gli Stati a una corretta campagna di informazione, soprattutto relativa alla non obbligatorietà del vaccino, alla sua sicurezza e ai possibili effetti indesiderati, in modo da assicurare una scelta consapevole e libera, senza alcuna forma di discriminazione o svantaggio per coloro che decideranno di non sottoporsi al vaccino.
Cosa dice il Regolamento 953/2021?
A differenza della Risoluzione del Consiglio d’Europa, il Regolamento Ue è fonte del diritto nazionale, direttamente applicabile in ogni Stato Membro, compresa quindi l’Italia. Ma cosa dice il Regolamento Ue 953/2021? A detta di molti, conterrebbe il divieto di istituzione del Green pass. Cosa affatto non vera: basta leggerne il considerato n. 6 laddove stabilisce espressamente «In conformità del diritto dell’Unione, gli Stati membri possono limitare il diritto fondamentale alla libera circolazione per motivi di sanità pubblica». Del resto, anche altri Paesi, come la Francia, la Danimarca, l’Ungheria, l’Austria, il Lussemburgo, il Portogallo e l’Irlanda hanno istituito il certificato verde con il placet delle istituzioni Comunitarie.
Misure regionali sono state adottate in Germania e Spagna, dove spetta alle regioni stabilire se introdurre o meno un lasciapassare.
Sempre il considerato 6 stabilisce che «Tutte le restrizioni alla libera circolazione delle persone all’interno dell’Unione attuate per limitare la diffusione del SARS-CoV-2 dovrebbero basarsi su motivi specifici e limitati di interesse pubblico, vale a dire la tutela della salute pubblica, come sottolineato nella raccomandazione (UE) 2020/1475».
Pubblicità
Più incisivo è poi il considerato n. 7 laddove dice che «In base alle evidenze mediche attuali e tuttora in evoluzione, le persone vaccinate o che hanno avuto di recente un risultato negativo a un test per la Covid-19 e le persone che sono guarite dalla Covid-19 nei sei mesi precedenti sembrano comportare un rischio ridotto di contagiare altre persone con il SARS-CoV-2». Pertanto «la libera circolazione delle persone che, secondo solidi dati scientifici, non costituiscono un rischio significativo per la salute pubblica, per esempio perché sono immuni da SARS-CoV-2 e non possono trasmetterlo, non dovrebbe essere soggette a restrizioni, poiché queste ultime non sarebbero necessarie a conseguire l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. Qualora la situazione epidemiologica lo consenta, tali persone non dovrebbero essere soggette a restrizioni aggiuntive alla libera circolazione connesse alla pandemia di Covid-19, come i test per motivi di viaggio per l’infezione da SARS-CoV-2 o la quarantena o l’autoisolamento per motivi di viaggio, a meno che tali restrizioni aggiuntive, sulla base degli ultimi dati scientifici a disposizione e in linea con il principio di precauzione, non siano necessarie e proporzionate allo scopo di tutelare la salute pubblica e non siano discriminatorie».
Insomma, la norma in commento stabilisce che chi è da poco guarito dal Covid o ha fatto almeno un ciclo di vaccinazione non deve subire alcuna limitazione alla libertà di spostamento, facendo così comprendere che, invece, chi presenta un elevato grado di contagio di altre persone (perché il virus ha vita più lunga nel corpo ospite) può essere oggetto di limitazioni alla libertà di spostamento.
Il Considerato 8 prende atto del fatto che molti Stati Membri hanno adottato il Green Pass. Il Regolamento chiede che queste certificazioni siano tra loro pienamente interoperabili, compatibili, sicure e verificabili.
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Il Considerato 13 dispone testualmente: «Sebbene lasci impregiudicata la competenza degli Stati membri nell’imporre restrizioni alla libera circolazione (…) tali restrizioni potrebbero essere revocate in particolare per le persone vaccinate».
In molti si appellano al Considerato 36 nel voler per forza trovare una norma europea che vieti l’uso del Green Pass. Come detto, tutto il Regolamento è già rivolto ad autorizzare il Green Pass. Il considerato 36 auspica solo l’assenza di discriminazioni – dirette o indirette – delle persone non ancora vaccinate, per esempio per motivi medici, perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito (come i bambini), o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate. Si hanno quindi a riferimento non già i soggetti per i quali c’è stata la “chiamata” alla vaccinazione e che hanno optato per non vaccinarsi.
Inoltre, il Considerato 36 vieta la discriminazione tra chi ha ricevuto uno specifico vaccino rispetto a chi ne ha ricevuto un altro: questa diversità – dice la norma – «non dovrebbe costituire una condizione preliminare per l’esercizio del diritto di libera circolazione o per l’utilizzo di servizi di trasporto».
Inoltre, il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati. E difatti l’Italia, salvo per alcune categorie considerate “a rischio” per il contatto con soggetti fragili (bambini e malati), non ha optato per la vaccinazione obbligatoria (sebbene la Costituzione lo consenta).
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