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In Italia ci si ammazza sempre meno

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    #136
    4. Inquadramento normativo: l?imputabilit?
    Nel XIX secolo, con il fenomeno della codificazione, si ? ovunque affermato il principio giuridico della non punibilit? dei soggetti affetti da malattie mentali. Tuttavia, le specifiche soluzioni normative dettate dai legislatori dei singoli Paesi rappresentano un panorama alquanto eterogeneo. ? possibile di conseguenza sistematizzare le diverse opzioni codicistiche secondo tre fondamentali indirizzi. Secondo il metodo puramente psicopatologico, un soggetto affetto da patologia psichica, che abbia commesso un reato, viene considerato non punibile per il solo fatto che il suo disturbo rientri tra quelli specificati dal codice. Si tratta, come ? facile intuire, di un criterio squisitamente nosografico, in funzione del quale l?essere portatore di una delle infermit? catalogate dalla legge conduce per ci? stesso all?irresponsabilit? del reo/malato(34). Vi ? poi il metodo esclusivamente normativo, secondo cui, perch? un soggetto possa andare esente da responsabilit? per ragione di infermit?, ? sufficiente che egli fosse incapace di intendere e di volere al momento del fatto, a prescindere dalla diagnosi di una specifica malattia e, quindi, dall?inquadramento in una precisa categoria nosografica. Qualsiasi disturbo psichico, anche transeunte, ma che comunque abbia viziato la coscienza o la libert? di autodeterminazione del soggetto ? suscettivo di elidere o attenuare la responsabilit? penale. Infine, secondo il metodo psicopatologico-normativo, una sorta di quid mixtum tra i due modelli, adottato in Italia come nella maggior parte dei Paesi europei, bisogna procedere ad una duplice valutazione: in primo luogo occorre verificare la sussistenza di un?infermit? di mente; indi si valuta l?incidenza di quest?ultima sulla capacit? di intendere e di volere al tempus commissi delicti. In questa prospettiva l?infermit? costituisce presupposto, ma non condizione sufficiente, perch? il soggetto possa essere riconosciuto come non imputabile; occorre poi sempre verificare se e quanto la patologia abbia inciso sulla genesi del delitto. L?imputabilit? pu? essere definita come la condizione psichica nella quale deve trovarsi il soggetto per poter essere sottoposto alla pena; requisito che dipende dal possesso della capacit? di intendere e di volere. Invero il concetto di imputabilit? ?, al contempo, ?empirico? e ?normativo?: spetta in primis alle scienze comportamentali individuare i presupposti empirici, in presenza dei quali sia fondato asserire che l?essere umano ? in grado di recepire il messaggio contenuto nella norma penale; mentre compete al legislatore fissare le condizioni di rilevanza giuridica dei dati forniti dalle scienze empirico-sociali, in base agli obiettivi di tutela perseguiti dal sistema penale(35). Per quanto concerne il nostro ordinamento, il codice penale Rocco del 1930 offre una specifica definizione di imputabilit?. L?art. 85 c.p. stabilisce, infatti, che ?nessuno pu? essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui l?ha commesso, non era imputabile?; segue la definizione normativa di quest?ultimo concetto: ?? imputabile chi ha la capacit? di intendere e di volere?. Capacit? di intendere e di volere rappresentano, pertanto, la condicio sine qua non per poter essere considerati imputabili, ed entrambe le facolt? devono essere presenti (il codice adopera la disgiunzione ?o?)(36). La capacit? di intendere pu? essere definita come l?attitudine ad orientarsi nel mondo esterno secondo una percezione non distorta della realt? e, quindi, come la capacit? di discernere rettamente il significato ed il valore del proprio comportamento, nonch? le conseguenze morali e giuridiche dello stesso: in altre parole vuol dire avere consapevolezza del lecito e dell?illecito, o anche di ci? che ? bene e di ci? che ? male. Ancora, pu? definirsi come la ?capacit? di apprezzamento e di previsione della portata delle proprie azioni od omissioni, sia sul piano giuridico che su quello morale?(37). In una prospettiva di scomposizione analitica, ? possibile distinguere diversi gradi o valenze della capacit? di intendere. In primo luogo ci si riferisce alla c.d. coscienza della realt?: essa ? presente allorquando il soggetto sia consapevole di ci? che accade, mostrando una normale consapevolezza di s? e del mondo. Il soggetto deve, per?, anche rendersi conto della propria possibilit? di rapportarsi con il mondo esterno, quindi della sua capacit? di modificare la realt? esteriore (oltre che interiore), agendo su di essa, e perci? deve comprendere di poter causare delle modificazioni, migliorative o peggiorative, nella realt? che lo circonda (c.d. consapevolezza comportamentale). Vi ? infine la c.d. capacit? di critica, che consiste nella capacit? di effettuare una valutazione critica della situazione e, in via consequenziale, operare la scelta del comportamento da assumere in concreto(38). La capacit? di volere consiste, invece, nel potere di controllare gli impulsi ad agire e di determinarsi secondo il motivo che appare pi? ragionevole o preferibile in base ad una concezione di valore: essa risiede nell?attitudine a scegliere in modo consapevole tra motivi antagonistici. Per compendiare, potremmo definire tale capacit? come il libero autodeterminismo in vista di uno scopo; autodeterminismo che pu? attuarsi tanto nel senso dell?azione, quanto nel senso dell?inazione. Anche a proposito della capacit? di volere possiamo effettuare un?analitica scomposizione, in prospettiva diacronica. L?atto volitivo ?, in via generale, frazionabile secondo una certa sequenza: il primo momento ? quello sensorialepercettivo; segue la fase ideativa, ossia la rappresentazione mentale; il soggetto passa indi ad esaminare l?atto da compiere in relazione alle circostanze ambientali, ne valuta pro e contra, fattibilit?, et coetera (fase deliberativa); in una quarta fase l?individuo si decide all?azione (fase della decisione); da ultimo, la sequenza si completa con la realizzazione concreta dell?atto ideato, deliberato e deciso (fase esecutiva)(39). Il codice Rocco stabilisce che ?non ? imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermit?, in tale stato di mente da escludere la capacit? di intendere o di volere? (art. 88 c.p.: vizio totale di mente); il codice prevede, inoltre, una specifica diminuente per il caso in cui il reo, nel momento di commissione del fatto, ?era, per infermit?, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacit? di intendere o di volere?(art. 89 c.p.: vizio parziale di mente). Il sistema penale italiano sancisce, quindi, una presunzione di imputabilit? per i soggetti maggiori di et?, salvo la prova dell?intervento abolitivo o limitativo ad opera di cause patologiche. Solo i fattori morbosi sono suscettivi di determinare la non punibilit? del reo; ma tale condicio, seppur necessaria, non ? ex se sufficiente, giacch? bisogna anche dimostrare che la causa patologica abbia inciso sulla capacit? di intendere e di volere del soggetto, compromettendola. Appare pertanto di cruciale importanza concentrare l?attenzione sulla locuzione adoperata dal codice per indicare il presupposto della non imputabilit?: l?infermit?. La vexata quaestio consiste nel fornire risposta all?interrogativo se la locuzione infermit?, adottata dal codice, sia o meno equivalente a quella di malattia. Invero, la nozione di infermit? si appalesa pi? ampia, giacch? non si riferisce in modo esclusivo alle malattie mentali stricto sensu intese, precipuamente inquadrabili nella nosografia tradizionale, bens? essa appare suscettiva di ricomprendere anche disturbi psichici di diversa natura. Tale maggiore ampiezza consente di sussumere nel concetto di infermit? qualsiasi condizione morbosa che sia stata in grado di interferire sulla capacit? di intendere o di volere, anche solo transitoriamente, ovvero quei disturbi che abbiano ?valore di malattia?, cio? che agiscono come se si trattasse di un processo morboso(40). Ci? determina, in termini giuridico-normativi, due effetti di sicuro rilievo: in primis i confini applicativi dell?istituto della non imputabilit? subiscono una significativa estensione; in secondo luogo l?attenzione si concentra sull?accertamento dell?effettiva incidenza dello stato morboso sulla capacit? di intendere e di volere del reo. Dal punto di vista medico-legale, perch? si possa parlare di malattia stricto sensu intesa ? necessario che ricorrano determinate caratteristiche connotative(41). In particolare occorre che la malattia esibisca i seguenti tratti clinici: a) abnormit?, intesa come notevole deviazione da una media statistica; b)dinamicit?, nel senso che la deviazione dalla media deve assumere carattere duraturo e permanente; c) presenza di un intervento sanitario (diagnosi e terapia); d)presenza di disturbi funzionali reali e apprezzabili (locali o generali)(42). Rispondono senz?altro a tali parametri medico-legali tutte le alterazioni psichiche che prendono vita da processi morbosi ad eziologia organica, nonch? la schizofrenia e i disturbi maggiori dell?umore. Esiste per? un insieme eterogeneo di c.d. varianti abnormi dell?essere psichico non suscettivo di essere ricompreso nel termine di malattia: si pensi al ritardo mentale e alla demenza di lieve entit?, ai disturbi di personalit?, alle parafilie, alle reazioni psicogene o ai disturbi d?ansia(43). Tali condizioni patologiche, seppur non riconducibili alla nozione di malattia, presentano comunque - secondo parametri medico-legali - i caratteri del pi? ampio concetto di infermit? (utilizzato dal codice). La distinzione tra le nozioni di infermit? e di malattia appare, pertanto, fondata in primo luogo su di un chiaro dato lemmatico, decisivo secondo un?interpretazione squisitamente letterale; in secondo luogo vi ? il suffragio, tutt?altro che secondario, della letteratura medico-legale. Del resto, in prospettiva sistematica, ? opportuno evidenziare come, a fronte della specifica indicazione di ?infermit?? nell?art. 88 c.p., il legislatore altrove adoperi il diverso termine di ?malattia? (artt. 582, 583 c.p.). Ma se anche residuassero remore ad una tale opzione ermeneutica, condizionate dal timore di aprire il varco a trattamenti indulgenziali nei confronti del reo, riteniamo decisiva una lettura in chiave teleologica dell?istituto della non imputabilit? per infermit? mentale. La ratio sottesa alle norme de quibus sembra, infatti, volta non tanto ad accertare che la condizione del soggetto sia esattamente catalogabile nel novero delle malattie elencate nei trattati di medicina (in particolare il D.S.M. IV), quanto che il suo disturbo abbia in concreto l?attitudine a compromettere gravemente la capacit? sia di percepire il disvalore del fatto commesso, sia di recepire il significato del trattamento punitivo(44). Ci? che in effetti la norma sembra privilegiare ? l?incidenza eziologica dello stato patologico. Tale opzione interpretativa si presenta di cruciale importanza con riguardo al tema che precipuamente ci occupa: ove si attribuisca al concetto di infermit? l?ampio significato di cui si ? detto, si potrebbero far rifluire nell?ambito dei presupposti patologici della non imputabilit? anche i c.d. disturbi di personalit?, salvo verificare, ovviamente, la loro concreta incidenza sulla capacit? di intendere e di volere. Ma, come si ? detto, non basta che ricorra un?infermit?, sia pure connotata secondo i parametri indicati. ? necessario che l?infermit? abbia cagionato un tale ?stato di mente? da escludere la capacit? di intendere e di volere. Illustrato il concetto di infermit? occorre ora soffermarsi sull?entit? ?vizio di mente?, elemento dotato di autonoma rilevanza nell?economia della norma de qua(45). E allora, vizio di mente pu? considerarsi qualsiasi alterazione, dotata di determinata entit?, delle facolt? intellettiva o volitiva o di entrambe, riscontrabile nell?agente(46). La vigente formula codicistica consente, inoltre, di trarre un?ulteriore e significativa conseguenza a proposito delle condizioni che giustificano il riconoscimento della non imputabilit?: ci? che deve essere ?totale?, a mente dell?art. 88 c.p., ? il vizio-conseguenza e non l?infermit?-causa del vizio medesimo. Pertanto la malattia mentale non sempre e non necessariamente deve investire tutta la personalit?: ? molto frequente, infatti, riscontrare nella psiche del soggetto affetto dal disturbo aree pi? o meno vaste di residua integrit?. Vi sono poi ulteriori parametri cui resta subordinato l?accertamento della non imputabilit?. In primis viene in rilievo il profilo cronologico: il giudizio sull?imputabilit? deve essere ancorato al tempus commissi delicti e ci? comporta che, non essendovi necessariamente continuit? o immodificabilit?, n? tantomeno inguaribilit? negli stati morbosi e nelle loro manifestazioni, pu? accadere che uno stato patologico fosse presente al momento del fatto e non sia pi? in atto (o sia attenuato) al momento del giudizio psichiatrico forense(47). Vi ? ancora il discusso requisito del collegamento eziologico, ossia della coerenza tra la causa del vizio di mente e il tipo di illecito realizzato dal reo. Alcuni Autori sostengono, infatti, che debba sussistere un rapporto eziologico diretto tra il reato commesso e il settore della mente specificamente interessato dal disturbo (ad es. mania di persecuzione e omicidio del presunto persecutore); nel caso in cui manchi tale nesso andrebbe riconosciuta la imputabilit? piena del reo-malato (ad es. mania di persecuzione e violenza carnale nei confronti di una donna estranea a proiezioni persecutorie)(48). Tuttavia l?orientamento dominante propende per la soluzione pi? favorevole al reo, sul presupposto che l?art. 88 c.p., considerato nel suo tenore letterale, rapporti l?incapacit? alla condizione del soggetto al momento del fatto e non allo specifico fatto commesso: ai fini della rilevanza del vizio di mente ? sufficiente il mero nesso cronologico(49). Da ultimo appare opportuno svolgere alcune osservazioni di metodo, rilevanti in sede di accertamento psichiatrico-forense. La valutazione sulla imputabilit? deve essere informata al principio di individualizzazione; il giudizio deve essere rigorosamente ancorato all?esame del singolo caso clinico. ? ormai anacronistico il criterio secondo cui a una data diagnosi debba obbligatoriamente corrispondere un giudizio di incapacit? di intendere e di volere: il punto ? che esistono singoli soggetti disturbati, con variabili gradi di compromissione, e non malattie come entit? ontologicamente date(50). E ancora: alla diagnosi categoriale deve seguire quella funzionale; si tratta di momenti complementari, ma distinti, della perizia psichiatrica. L?analisi categoriale consente l?inquadramento nosografico del disturbo secondo i criteri del D.S.M. IV o dell?I.C.D. 10 (il codice alfanumerico) e rappresenta momento statico della perizia. ? poi per? indispensabile passare al secondo livello, ossia verificare la compromissione (e relativo grado) che il disturbo diagnosticato ha determinato sull?organizzazione e sul funzionamento di quella data personalit? (momento dinamico-funzionale)(51).
    5. Orientamenti giurisprudenziali
    Il carattere per cos? dire compromissorio del metodo psicopatologiconormativo e il tentativo di mediare tra eterogenee prospettive di inquadramento hanno determinato, nella giurisprudenza di merito e di legittimit?, l?alternanza di indirizzi ermeneutici contrapposti: talora sono prevalsi principi interpretativi improntati ad una rigida osservanza delle categorie diagnostiche della psichiatria, talaltra soluzioni pi? duttili ed estensive del concetto di infermit?(52). Invero, la complessit? dell?accertamento relativo alla imputabilit? di soggetti affetti da disturbi psichici ? allo stato attuale acuita dalla circostanza che la stessa scienza psichiatrica ? attraversata da una sorta di crisi di identit?, per cui anche nel suo ambito il concetto di malattia mentale ? tutt?altro che pacifico: la selezione dei disturbi classificabili come malattia stricto sensu intesa pu? variare a seconda che lo psichiatra adotti, quale parametro scientifico di riferimento, il modello nosografico, la prospettiva psicopatologica, il paradigma psicologico, l?indirizzo sociologico, il modello c.d. integrato ovvero che egli segua gli orientamenti della psichiatria biologica o dinamico-strutturale etc. E ci?, tra l?altro, rende conto del perch? i giudizi offerti dagli psichiatri circa l?imputabilit? di un reo siano non di rado difformi: si pensi alle polemiche e ai contrasti che al riguardo si verificano nelle aule di giustizia tra consulenti di parte e periti. La verit? ? che giudicare i fenomeni psichici e psicopatologici ? materia di per s? incerta. ? facile, quindi, intuire quali difficolt? possa incontrare il giudice che, in qualit? di peritus peritorum, deve, in ultima analisi, decidere in ordine alla imputabilit? di un soggetto. Per lungo tempo, come detto, la giurisprudenza della Suprema Corte ? stata caratterizzata dall?oscillazione tra due antinomiche linee interpretative. Secondo una prima opzione giurisprudenziale, di gran lunga dominante fino ad un recente passato, il concetto di malattia mentale deve essere ricostruito secondo un modello squisitamente ?medico?: pertanto presenta i requisiti dell?infermit? mentale soltanto il disturbo psichico che poggia su una base organica e/o che possiede caratteri patologici cos? definiti da poter essere ricondotto a un preciso quadro nosografico-clinico(53). Questo orientamento restrittivo - che esclude dall?area della non imputabilit? le mere anomalie psichiche - privilegia i parametri clinici di giudizio allo scopo di soddisfare una duplice esigenza di fondo: in primis l?ancoraggio alla nosografia psichiatrica ufficiale garantirebbe la certezza del diritto e l?uniformit? di trattamento nell?applicazione dello stesso; in secundis tale ancoraggio impedirebbe soluzioni indulgenziali, determinate da un?eccessiva dilatazione dei casi di riconosciuta incapacit?, e permetterebbe invece di tutelare con pi? efficacia esigenze di difesa sociale(54). L?orientamento giurisprudenziale alternativo tende a svincolare la valutazione giuridica dal rigido inquadramento in catalogazioni medico-nosografiche: la condizione psichica del reo pu? integrare gli estremi dell?infermit? anche se il disturbo psichico in questione non ? suscettivo di essere ricondotto ad un preciso paradigma clinico-psichiatrico, purch? esso abbia, in ogni caso, compromesso la capacit? di intendere e di volere del soggetto(55). Si tratta di aperture giurisprudenziali, sensibili agli sviluppi della psichiatria e della psicopatologia, che spostano il fulcro interpretativo della norma sul profilo relativo all?incidenza della patologia di mente (quale che ne sia la definizione ?tecnica?) sulla capacit? di intendere e di volere. ? cos? possibile, peraltro con molta cautela, riconoscere significato patologico anche alle alterazioni mentali atipiche, in particolare alle c.d. psicopatie. Inoltre, tale soluzione giurisprudenziale sembra garantire meglio il rispetto del principio di colpevolezza (art. 27 Cost.), alla cui luce devono necessariamente leggersi le norme del codice penale in tema di imputabilit?: se un addebito in termini di colpevolezza presuppone che il reo avesse la possibilit? di agire diversamente, allora si dovr? coerentemente riconoscere che anche le anomalie della personalit? possono incidere sulla capacit? di un individuo. Da ultimo la Corte di Cassazione, presa finalmente coscienza del contrasto giurisprudenziale in atto ormai da tempo, ha risolto la questione con una pronunzia a S.U., statuendo la seguente massima: ?Anche i disturbi della personalit?, come quelli da nevrosi e psicopatie, possono costituire causa idonea ad escludere o grandemente scemare, in via autonoma e specifica, la capacit? di intendere e di volere del soggetto agente ai fini degli artt. 88 e 89 c.p., sempre che siano di consistenza, intensit?, rilevanza e gravit? tali da concretamente incidere sulla stessa; per converso, non assumono rilievo ai fini della imputabilit? le altre anomalie caratteriali o gli stati emotivi e passionali, che non rivestano i suddetti connotati di incisivit? sulla capacit? di autodeterminazione del soggetto agente; ? inoltre necessario che tra il disturbo mentale ed il fatto di reato sussista un nesso eziologico, che consenta di ritenere il secondo causalmente determinato dal primo? (Cass. S.U. n. 9163 ud. 25 gennaio 2005 - dep. 8 marzo 2005). Si tratta, come ? facile intuire, di una sentenza epocale, caratterizzata peraltro da un apparato motivazionale di alto profilo giuridico e scientifico; sentenza da cui traspare evidente l?obiettivo di aggiornare l?interpretazione in materia di imputabilit? - adeguandola alla configurazione personalistica della responsabilit? penale (art. 27 Cost.), di coniugare il dato normativo con i contributi della migliore scienza psichiatrica e, soprattutto, di superare le incertezze interpretative. La Cassazione, pur riconoscendo alle psicopatie rango di infermit? ex artt. 88 e 89 c.p., ha fissato rigorosi paletti nel delimitare la rilevanza delle stesse nell?ambito del giudizio relativo all?imputabilit?. In particolare la S.C. richiede che il disturbo raggiunga una gravit? ed intensit? tali da incidere sulla capacit? di intendere o di volere, e che sussista un nesso eziologico con la specifica azione criminosa compiuta. In ordine al primo requisito va detto che gi? da tempo in psichiatria forense alcuni Autori(56) hanno introdotto l?autonoma nozione di Disturbo Grave di Personalit?: esso ? caratterizzato da un quadro borderline di personalit? con alterazioni del funzionamento affettivo-relazionale (esplosioni di rabbia, intensa disforia, instabilit? affettiva e relazionale, timore dell?abbandono etc.), disturbi dell?identit?, ricorso all?utilizzazione di meccanismi primari di difesa, alterazioni transitorie del sentimento di realt? o dell?esame di realt? (comportamenti disorganizzati, bizzarri e incongrui). Solo in presenza di tale sintomatologia comportamentale si potrebbe concludere nel senso dell?esistenza di un vizio di mente. Condivisibile appare poi il richiesto nesso eziologico: tale requisito sussiste allorquando il disturbo si sia manifestato in maniera qualitativamente o quantitativamente sufficiente a conferire ?valore di malattia? o ?significato di infermit?? al reato perpetrato, correlandosi al sottostante funzionamento psicopatologico( 57). C?? piuttosto da chiedersi perch? tale requisito non sia richiesto in relazione ai disturbi mentali stricto sensu intesi: forse anche con riguardo a tali infermit? sarebbe opportuno procedere a tale tipo di verifica, attesa la possibile sussistenza di aree funzionali non compromesse dalla malattia.
    6. Prospettive di riforma
    Il codice penale attualmente vigente risale al 1930 e precede, quindi, gli enormi sviluppi conseguiti dalle scienze psichiatriche e psicopatologiche nel corso della seconda met? del secolo scorso; pertanto, gli artt. 88 e 89 c.p. sono il frutto di scelte di politica criminale compiute da un codificatore privo del poderoso sostegno scientifico oggi offerto dalle discipline citate. Ci? premesso, bisogna anche ricordare, in una visione ben pi? ampia, come ormai da diversi anni si tenti di porre mano alla riforma del codice penale, non solo per assecondare fisiologiche esigenze di mutamento culturale, ma anche per consegnare ai cittadini un codice finalmente in linea con i principi costituzionali. In tale prospettiva diversi sono stati i progetti di riforma prodotti da commissioni di studio insediate dai Governi che si sono succeduti in questi ultimi venti anni: in particolare, degni di maggiore nota, in ordine al tema che ci occupa, appaiono i progetti elaborati dalla Commissione Pagliaro e dalla Commissione Grosso; per analizzare poi le attuali prospettive de lege ferenda, occorre verificare lo stato dei lavori cui ? giunta la commissione insediata dal Governo in carica: la Commissione Nordio. La Commissione Pagliaro, insediata nel 1988, presentava nel 1991 un disegno di legge-delega al Governo per l?emanazione di un nuovo codice penale, con relazione illustrativa di accompagnamento. Con riguardo al tema dell?imputabilit? la Commissione operava due scelte innovative di sicuro rilievo. Dal punto di vista sistematico si rinunciava alla determinazione in termini precisi della definizione di imputabilit?, cui il codice Rocco dedica una norma ad hoc. Lo sforzo del riformatore si concentrava, invece, nella individuazione delle cause di esclusione della imputabilit? (art. 34), allargandone l?ambito rispetto alla disciplina vigente tramite il richiamo ad altre ?anomalie mentali?, oltre all?infermit? di mente (art. 34.1, lett. b), e tramite il rinvio ad ogni altra causa che ponga il soggetto ?in tale stato di mente da escludere la capacit? di intendere o di volere?(58). ? evidente che, con una formulazione cos? ampia, i disturbi della personalit? potrebbero senz?altro porsi quale presupposto del riconoscimento della non imputabilit?. Da evidenziare, inoltre, come il rinvio ad ogni ?altra causa? rappresenti una clausola aperta, in grado di far rifluire nella categoria qualsiasi condizione suscettiva di incidere sulla capacit? di intendere e di volere, compromettendola. Nel 1998, la Commissione Grosso prendeva le mosse dall?analisi dei lavori svolti dalle precedenti Commissioni, con particolare riguardo al c.d. Progetto Pagliaro e al c.d. Progetto Ritz (1995). Gi? in sede di relazione preliminare la Commissione dedicava particolare attenzione al tema dell?imputabilit?, affrontando i diversi profili rilevanti, anche secondo una prospettiva comparatistica. Dal punto di vista ideologico la Commissione, pur nella consapevolezza degli aspetti di crisi dell?istituto dell?imputabilit?(59), riconosceva l?irrinunziabilit?, per un diritto penale garantista, della distinzione fra soggetti imputabili e non imputabili. In effetti la crisi dell?istituto dell?imputabilit? si era verificata proprio in ordine alla individuazione dei confini della ?non normalit? psichica?, per il venire meno di antiche (illusorie) certezze (il paradigma medico-nosografico) nelle scienze psichiatriche( 60). La linea di tendenza nelle applicazioni giurisprudenziali era stata verso un cauto allargamento delle condizioni rilevanti ai fini dell?esclusione (o riduzione) dell?imputabilit?: ?soluzioni diverse da quelle pensate dal legislatore decenni addietro, ma consentite dalla apertura dei concetti di malattia o infermit??. La Commissione osservava come le proposte di riforma del codice italiano avessero mostrato di aderire a tale mutata prospettiva di inquadramento, grazie all?inserimento di locuzioni del tipo ?altra anomalia?, ?altra causa? o ?gravissima anomalia psichica?. Tuttavia in seno ai dibattiti scientifici era emerso un orientamento critico verso l?impostazione del progetto Pagliaro che, dopo una elencazione formalmente tassativa di cause di esclusione dell?imputabilit?, la rendeva onnicomprensiva con la previsione di chiusura: ?altra causa?. In effetti l?obiettivo principale perseguito dalla Commissione era quello di garantire l?adeguamento al sapere scientifico(61), escludendo tuttavia l?adozione di clausole generali o troppo generiche. A tal fine, nonostante alcuni studiosi ritenessero (e ritengano tuttora) sufficiente la formula del codice vigente (incentrata sul concetto di infermit?), la Commissione valutava preferibile un chiarimento legislativo, in modo da rendere pi? sicura la strada per una possibile rilevanza, quali cause di esclusione dell?imputabilit?, di situazioni problematiche, come le nevrosi o psicopatie, o stati momentanei di profondo disturbo emotivo, che fossero tali da togliere base ad un ragionevole rimprovero di colpevolezza. ?Alla preoccupazione che ci? possa indebolire la ?tenuta? generalpreventiva del sistema penale si pu? rispondere che nessuna patente di irresponsabilit? si vuole dare automaticamente a realt? in cui sia mancato un controllo esigibile di impulsi emotivi: le situazioni di possibile rilevanza ai fini dell?imputabilit? sono situazioni riconoscibilmente abnormi?. Sulla base di tali osservazioni preliminari la Commissione provvedeva a redigere un progetto preliminare di articolato (2000), poi modificato in un testo definitivo (2001), al fine di recepire le indicazioni emerse nel dibattito nel frattempo sviluppatosi. Dal punto di vista sistematico la Commissione adottava la soluzione gi? indicata dalla Commissione Pagliaro, rinunciando a definire ?in positivo? l?imputabilit? e limitandosi a disciplinare le condizioni inabilitanti, in presenza delle quali l?imputabilit? ? esclusa. Le disposizioni cruciali erano contenute nell?art. 94(62). Il presupposto della non imputabilit?, di matrice psicopatologica, veniva individuato nella formula ?per infermit? o per altro grave disturbo della personalit??. In questo modo il riformatore sceglieva di conferire esplicita rilevanza ai c.d. disturbi caratteriali, ma optava anche per il riferimento ad una specifica categoria patologica, rinunziando cos? all?onnicomprensivit? della formula ?altra anomalia? (originariamente selezionata in sede di progetto preliminare). Il concetto di capacit? di intendere e di volere veniva poi sostituito con ?la possibilit? di comprendere il significato del fatto(63) o di agire in conformit? a tale valutazione?. La Commissione Nordio, insediata nel 2002 dall?attuale Governo, ? di recente giunta a conclusione dei propri lavori. Con riguardo all?oggetto del nostro studio, il c.d. Progetto Nordio - che peraltro allo stato ? possibile conoscere solo nel suo testo provvisorio e non ufficiale - prevede, all?art. 48 dell?articolato proposto, che ?nessuno pu? essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato se nel momento della condotta costitutiva non aveva, per infermit?, la capacit? di intendere e di volere, sempre che il fatto sia stato condizionato dalla incapacit?. Agli effetti della legge penale la capacit? di intendere e di volere ? intesa come possibilit? di comprendere il significato del fatto e di agire in conformit? a tale valutazione?. Dalla lettura della relazione di accompagnamento emerge con chiarezza la scelta di lasciare immutato l?attuale riferimento lessicale al termine ?infermit??, al fine di evitare paventati sbandamenti applicativi ?connessi a formule generiche ed omnicomprensive del tipo disturbo psichico, disturbo della personalit?, psicopatia?. In definitiva, dall?analisi dei progetti di riforma illustrati, ? possibile rilevare una decisa linea di tendenza volta ad allargare, con cautela, il novero dei disturbi psichici in grado di determinare la non punibilit? del reo. Solo il c.d. Progetto Nordio sembra esibire una sorta di revirement rispetto a tale orientamento o, quanto meno, prediligere un atteggiamento pi? restrittivo, se non di chiusura, proprio con riguardo ai disturbi di personalit?.
    7. Profilo comparatistico
    La rilevazione di situazioni soggettive di ?incapacit? di colpevolezza? ? una costante degli ordinamenti penali moderni, con soluzioni, peraltro, anche fortemente differenziate. Appare, quindi, opportuno, prima di rassegnare le conclusioni, offrire sintetici spunti di approfondimento in prospettiva comparatistica. L?attenzione sar? rivolta, per l?area civil law, ai sistemi penali francese e tedesco, per ragioni di contiguit? culturale e giuridica; per l?area common law, a quello degli USA. L?Ancien Code P?nal, vigente fino al 1994, prevedeva una disciplina succinta e rigorosa per la non imputabilit? conseguente ad infermit?. L?art. 64 statuiva, infatti, che ?non vi ? n? crimine n? delitto, quando il prevenuto si trova in stato di pazzia al momento dell?azione, o quando egli vi ? stato costretto da una forza alla quale egli non ha potuto resistere?(64). Si trattava, quindi, di una disposizione alquanto angusta, che poco margine lasciava all?apprezzamento, in termini di punibilit?, di patologie nosografiche diverse dalla malattia mentale intesa in senso tradizionale; da evidenziare anche l?accostamento sistematico, nel corpo della medesima norma, con la c.d. forza maggiore. Il Nouveau Code P?nal, entrato in vigore nel 1994, dedica maggiore attenzione alla disciplina dei disturbi mentali e alla loro incidenza sulla punibilit? del reo. L?art. 122-1 recita: ?Non ? penalmente responsabile la persona che ? affetta, al momento dei fatti, da un disturbo psichico o neuropsichico che abbia abolito il suo discernimento o il controllo dei suoi atti. La persona che ? affetta, al momento dei fatti, da un disturbo psichico o neuropsichico che abbia alterato il suo discernimento od ostacolato il controllo dei suoi atti rimane punibile; nondimeno, la giurisdizione tiene conto di questa circostanza quando determina la pena e ne fissa il regime?(65). La locuzione adottata dal Nouveau Code per indicare il presupposto della ?irresponsabilit? penale? consiste, quindi, nel trouble psychique ou neuropsychique, ossia un disturbo psichico o neuropsichico senz?altra specificazione. Tale norma consente oggi di dare rilievo anche al complexion (carattere, temperamento), quantomeno ai fini della determinazione della pena e del regime (comma 2 dell?art. 122-1)(66). Da guardare con particolare interesse ? poi la soluzione normativa prescelta dallo Strafgesetzbuch tedesco, riformato nel 1975. Il paragrafo 20 (?Incapacit? di colpa a causa di disturbi psichici?) stabilisce che: ?Agisce senza colpa chi, al momento della commissione del reato, a causa di un disturbo psichico patologico, a causa di un grave disturbo di coscienza o a causa di deficienza mentale o a causa di un?altra grave anomalia psichica, ? incapace di comprendere l?illiceit? del fatto o di agire in conformit? a tale valutazione?(67). Il codice tedesco ha, quindi, introdotto formule (riprese peraltro da codici pi? recenti, quale quello spagnolo e quello portoghese) che allargano i presupposti della non imputabilit?, elencando accanto alla infermit? psichica altre condizioni ritenute idonee ad incidere sulla capacit? di intendere e di volere. Inoltre, ? opportuno evidenziare come la norma sia incentrata sul nesso fra incapacit? e fatto commesso: incapacit? di comprendere il contenuto illecito del fatto, e di agire in conformit? a tale rappresentazione. Negli USA, come da orientamento ormai seguito in pi? Stati, la mera presenza di una malattia mentale non ? ex se idonea a determinare il riconoscimento della non imputabilit? in capo al soggetto; bisogna, invece, avere riguardo allo stato mentale al tempo del commesso delitto. Il trattamento dell?incapacit? varia, tuttavia, con le diverse legislazioni. In tale sede ? possibile offrire solo una sintetica panoramica dei differenti orientamenti. In alcuni Stati si osservano le c.d. regole di Mc Naughten secondo cui ?non ? responsabile colui che, durante il fatto, agiva non avendo la capacit? di ragionare (defect of reason), agiva senza avere la capacit? di rendersi conto della sua azione o era affetto da una malattia mentale (mental disease) per cui non capiva la natura e la qualit? del suo atto e non sapeva che era illecito?. A tal fine il c.d. wright-wrong test consente di accertare se l?autore del reato fosse in grado di distinguere, al momento del fatto, tra bene e male. Secondo il c.d. Durham Test, invece, ?non ? colpevole colui che, al momento del fatto, era affetto da una malattia mentale (mental disease) o da una anomalia mentale (mental defect) di cui l?atto illegale ? il prodotto?(68). In ogni caso l?onus probandi dell?esistenza di un quadro di infermit? mentale rilevante ai fini forensi incombe alla difesa (c.d. insanity defence). Recentemente ? stata poi prospettata una soluzione fortemente innovativa: l?essere ?Colpevole ma Mentalmente Malato? (CMM). Tale proposta ha suscitato diverse critiche; l?American Psychiatric Association si ? dimostrata disponibile ad appoggiare tale posizione, a condizione che l?imputato possa essere messo in grado di ricevere un trattamento mentale adeguato. Infine, bisogna ricordare che solo in una minoranza di Stati assume rilievo lo stato di semi-infermit? mentale (Diminished Mental Capacity). Esso ? applicabile esclusivamente all?omicidio e non a reati meno gravi: riconosciuto parzialmente incapace dal punto di vista psichico, un soggetto non viene processato per omicidio volontario (di I grado), bens? per manslaughter (omicidio di II grado, ossia senza premeditazione)(69).
    8. Osservazioni conclusive
    Ancora oggi problematico si rivela il trattamento forense dei c.d. disturbi di personalit?. Si guarda agli stessi con una certa diffidenza, nel timore che riconoscere loro statuto di infermit? rilevante ex artt. 88 e 89 c.p. possa condurre ad ingiustificate impunit?, magari proprio con riguardo a quei casi in cui la particolare efferatezza del delitto non sia prodotto del disturbo, bens? manifestazione di malvagit?. Ciononostante la giurisprudenza di legittimit?, dopo lustri di interpretazioni oscillanti, ha finalmente raggiunto un orientamento univoco, nel senso di riconoscere la c.d. psicopatia quale possibile causa di esclusione o diminuizione della capacit? di intendere o di volere; ci? laddove siano soddisfatti rigorosi parametri (gravit?-intensit?, nesso eziologico). Del resto, nei diversi progetti di riforma del codice penale licenziati in questi ultimi quindici anni dalle Commissioni di studio all?uopo insediate, le disposizioni relative all?imputabilit? contenevano sempre formule atte a ricomprendere, quale causa di incapacit? penale, i c.d. disturbi di personalit?. Ci? anche per l?avvertita esigenza di armonizzare il nostro sistema penale con quello di altre nazioni occidentali, con particolare riferimento a quelle culturalmente e giuridicamente a noi pi? contigue. Ma soprattutto per la opportunit? (rectius necessit?) di aggiornare il trattamento giuridico dei disturbi mentali alla luce dei contributi offerti dalla moderna psichiatria, e dei progressi dalla stessa compiuti. Ci attende quindi una nuova stagione forense, in cui occorrer? verificare le applicazioni concrete che i Giudici di merito faranno del principio di diritto affermato dalla S.C. nella citata sentenza; nonch? le posizioni che assumeranno al riguardo gli psichiatri forensi, interpellati quali periti nei processi penali. In attesa, peraltro, che tale principio possa essere cristallizzato negli articoli del nuovo codice penale italiano: riforma che ormai da troppo tempo il nostro Paese attende e che la Costituzione esige.

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      #137
      La fiera del copia - incolla: bravissimo; le tue considerazioni aggiunte sono le pi? interessanti.

      La sintesi ? assai apprezzabile ed ? elemento di cortesia ed educazione in ogni scritto ed a maggior ragione nei forum e vedo che la rispetti.

      A proposito di forum, forse non hai visto che questo non ? daideavvocati e qui i termini della lingua italiana non vengono usati per il loro significato tecnico giuridico ma il significato comune che assumono nella lingua italiana .

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        #138
        Come si vede, contrariamente a quanto qualcuno parrebbe ritenere, i legislatori hanno ritenuto che si debbano valutare banalit? quali motivazioni, stato fisico, stato psicologico...dell'autore dell'atto criminoso non solo per decidere l'eventuale pena ma anche se ? imputabile o meno.
        E questo riguarda la sola azione penale, quindi a posteriori.
        Per quanto riguarda la prevenzione cosa occorrerebbe fare, se non come prima ma non unica cosa comprendere i processi biologici (quindi compresi quelli psichici) che stanno a monte dei comportamenti in modo da attuarla nel migliore dei modi?
        Sono concetti cos? difficili? Forse i legislatori sotto sotto vogliono giustificare ogni nefandezza?
        Last edited by HighSide; 01-07-16, 19:25.

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          #139
          Originally posted by HighSide View Post
          Sono concetti cos? difficili? Forse i legislatori sotto sotto vogliono giustificare ogni nefandezza?


          sono concetti difficili da capire e da accettare nel momento in cui non rispecchiano le nostre idee

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            #140
            Originally posted by HighSide View Post
            Come si vede, contrariamente a quanto qualcuno parrebbe ritenere, i legislatori hanno ritenuto che si debbano valutare banalit? quali motivazioni, stato fisico, stato psicologico...dell'autore dell'atto criminoso non solo per decidere l'eventuale pena ma anche se ? imputabile o meno.
            E questo riguarda la sola azione penale, quindi a posteriori.
            Per quanto riguarda la prevenzione cosa occorrerebbe fare, se non come prima ma non unica cosa comprendere i processi biologici (quindi compresi quelli psichici) che stanno a monte dei comportamenti in modo da attuarla nel migliore dei modi?
            Sono concetti cos? difficili? Forse i legislatori sotto sotto vogliono giustificare ogni nefandezza?


            Congratulazioni: ? difficile mettere assieme una serie di concetti cos? confusi come hai appena fatto.
            Fra l'altro hai dimostrato che nemmeno tu stesso hai letto le pagine e pagine che hai copia-incollato e lo spero per te perch? altrimenti vuol dire che ci hai capito ben poco.

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              #141
              il sapere che nessuno legge quei papiri mi riappacifica con il mondo

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                #142
                Originally posted by Carapintadas View Post
                il sapere che nessuno legge quei papiri mi riappacifica con il mondo
                quotone lavoro da avvokati azzekka garbugli il popolo deve rimanere ignorante su questi argomenti delikati

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                  #143
                  Originally posted by massimo motta View Post
                  quotone lavoro da avvokati azzekka garbugli il popolo deve rimanere ignorante su questi argomenti delikati
                  ci combatto giornalmente per servizio con la "cartaccia"..la mia vita sul forum ? tranzolla e non lavorativa
                  ..concordo che il popolino deve restare ignorante

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