Qui ? ora di finirla, non se ne pu? pi? di leggere queste notizie.
Ma come CAXXO si pu? parlare di regime di semi libert? per un delinquente pluriomicida che ? stato condannato al fottuto ERGASTOLO!?!?
E tanto per gradire questa ? la definizione di ERGASTOLO: l'ergastolo ? una pena detentiva a carattere perpetuo inflitta a chi ha commesso un delitto.
CHE RABBIA!
La notizia:
Travolta dal clamore e dalla reazione dei familiari delle vittime, delle istituzioni e della gente comune, la titolare del negozio di Sarnico (Bergamo) dove l'ergastolano Renato Vallanzasca ha lavorato come magazziniere in regime di semi-libert? nelle ultime settimane, ha deciso di licenziarlo. La donna, Maria Fiore Testa, ieri ha inviato un fax al carcere di Bollate, dove Vallanzasca ? detenuto, per chiedere che il progetto venga interrotto. La vicenda ? riportata oggi su L'Eco di Bergamo. ?Tengo a sottolineare - ha spiegato la titolare dell' attivit? - che Renato non c'entra niente con questa decisione, lui si ? sempre comportato bene, sono io che forse non avevo ben misurato che il suo nome, purtroppo, si porta dietro troppo dolore e una notoriet? che non gli d? scampo?.
Cos? tanto per...questo ? il "curriculum" del soggetto...
Renato Vallanzasca Costantini nasce in via Nicola Antonio Porpora 162, zona Lambrate di Milano, dove la madre aveva un negozio d'abbigliamento. A Renato viene dato il cognome materno Vallanzasca Costantini, poich? il padre, Osvaldo Pistoia, era gi? sposato con un'altra donna dalla quale aveva avuto tre figli.
Il suo primo incontro con la giustizia avviene all'et? di soli otto anni, quando cerca di far uscire dalla sua gabbia la tigre di un circo che aveva piantato il tendone proprio nelle vicinanze di casa sua. Il giorno successivo a quell'atto, Renato viene prelevato direttamente dalla polizia mentre sta giocando a pallone con i propri amici e portato al carcere minorile Beccaria. La vicenda gli costa il successivo trasferimento e affidamento forzato a casa di una zia (la Zia Rosa, che in realt? era la prima moglie del padre), in via degli Apuli, nel quartiere del Giambellino, periferia sud-ovest di Milano; praticamente nella parte opposta della citt? rispetto alla casa dei genitori. Nel 1965 frequenta la scuola della professoressa Enrica Tosi in via Ponchielli, iscrivendosi al biennio di Ragioneria e ritornando a vivere con la madre.
? al Giambellino che forma la sua prima combriccola di piccoli delinquenti, ragazzini dediti a furti e taccheggi. Nonostante la giovanissima et?, Vallanzasca rivela gi? il carisma di un capo criminale; comincia a farsi un nome anche negli ambienti della lig?ra, la vecchia mala milanese, con la quale inizia precocemente ad intrattenere rapporti. In breve tempo per?, sentendosi andare strette le regole della malavita vecchio stampo, decide di delinquere autonomamente e di formare una propria banda. La cosiddetta Banda della Comasina diviene probabilmente il pi? potente e feroce gruppo criminale presente a Milano in quegli anni, contrapponendosi ad una gang altrettanto famosa nel medesimo periodo, la banda di Francis Turatello.
L'arresto il 28 febbraio 1972, Vallanzasca tra gli uomini della squadra mobile di Milano
Gli anni '70 [modifica]
In poco tempo, grazie ai furti e alle rapine, Vallanzasca accumula ingenti ricchezze e inizia a condurre e ad ostentare un tenore di vita molto sfarzoso: vestiti firmati, orologi d'oro, auto di lusso, bella vita e belle donne. ? anche un ragazzo dotato di un aspetto particolarmente avvenente e affascinante, con un bel viso dagli occhi cerulei, viene per questo soprannominato "Il bel Ren?" (nomignolo da lui detestato). La prima interruzione nell'ascesa della carriera criminale de "Il bel Ren?" avviene nel 1972 quando, una decina di giorni dopo una rapina ad un supermercato, viene arrestato dagli uomini della squadra mobile di Milano, all'epoca diretta da Achille Serra.
Lo stesso Serra racconta che, durante la perquisizione in casa del bandito, Vallanzasca si sfila il Rolex d'oro che porta al polso e appoggiandolo sul tavolo della sala gli dice con tono di sfida: "Se riesci a incastrarmi questo ? tuo!". Pochi momenti dopo il maresciallo Oscuri trova nel cestino della spazzatura la prova che lo incastrer?, ovvero i pezzettini di un foglietto che, una volta riordinati, mostreranno la lista degli stipendi dei dipendenti del supermercato rapinato[2].
Vallanzasca viene incarcerato inizialmente a San Vittore, trascorrendo i successivi quattro anni e mezzo di prigionia con un unico intento: trovare un modo per evadere. Durante questo periodo non mantiene per? un comportamento da detenuto modello. Oltre a rendersi responsabile di vari tentativi d'evasione falliti, di risse e di pestaggi, partecipa attivamente anche a diverse sommosse di detenuti, che, durante questi anni, spesso agitano l'ambiente carcerario italiano. A seguito di ogni pestaggio, rivolta, o tentativo di evasione, viene deciso il suo trasferimento dall'istituto di pena in cui si trova: tutto ci? lo vede cambiare 36 penitenziari. Fino a che non escogita il modo per contrarre volontariamente l'epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, con l'intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale. ? da l?, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l'aiuto di un poliziotto compiacente, che riesce nel suo intento di evadere[3].
Il monumento alla memoria dei due poliziotti uccisi il 6 febbraio 1977 presso il casello autostradale di Dalmine.
Dopo la fuga, durante la sua latitanza, Vallanzasca riesce a ricostituire la sua banda. Con essa mette a segno una settantina di rapine a mano armata che lasciano dietro di s? anche una lunga scia di omicidi, tra cui si contano quelli di quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Nel medesimo periodo avviene inoltre un'ulteriore evoluzione nell'attivit? criminale del gruppo, con il passaggio dall'esecuzione delle sole rapine, a quello dei sequestri di persona (saranno quattro, di cui due mai denunciati). Una delle sue vittime ? Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, che viene tenuta segregata per circa un mese e mezzo, dal dicembre 1976 al gennaio 1977, e quindi liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. A questo episodio criminoso, il 6 febbraio 1977, fa subito seguito l'uccisione di due uomini della polizia stradale che, in un posto di blocco ad un casello autostradale nei pressi di Dalmine, fermano per un controllo la macchina su cui Vallanzasca viaggia; ne segue uno scontro a fuoco in cui gli agenti Luigi D'Andrea e Renato Barborini perdono la vita e in cui il bandito stesso viene colpito. Ferito e braccato, Vallanzasca cerca rifugio a Roma, ma dopo pochi giorni, 15 febbraio 1977, viene rintracciato e catturato. Tutto ci? quando ancora non ha compiuto 27 anni.
Una volta tornato in carcere, decide di sposarsi il 14 luglio del 1979 con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli scrivono. Come suo testimone di nozze, durante il matrimonio, decide di avere il criminale del clan dei Marsigliesi Albert Bergamelli e come "compare di anelli" proprio l'ex nemico Francis Turatello, a suggello di un'alleanza con quest'ultimo. Due anni pi? tardi, quando ancora si trova in carcere, Turatello verr? per? ucciso da alcuni sicari incaricati da mandanti ignoti; sar? un'esecuzione dalle modalit? estremamente efferate e cruente, di cui ancora sono oscure le ragioni.
Nel frattempo, il 28 aprile 1980, Vallanzasca si rende protagonista di un nuovo tentativo di evasione dal carcere milanese di San Vittore. Durante l'ora d'aria compaiono in mano ai detenuti tre pistole, introdotte misteriosamente. Un gruppo di carcerati, tra i quali anche Vallanzasca, riesce a farsi strada tenendo in ostaggio il brigadiere Romano Saccoccio. Ne segue una sparatoria per le vie di Milano che prosegue persino all'interno del tunnel della metropolitana. Vallanzasca, nuovamente ferito, viene ricatturato assieme ad altri nove compagni di fuga.
Gli anni '80 [modifica]
Questa voce o sezione sull'argomento biografie ? ritenuta non neutrale.
Motivo: La sezione riporta delle deduzioni che, seppur basate su delle fonti, rimangono dei lavori di elaborazione personale e quindi delle ricerche originali, in particolare sui fatti relativi all'uccisione di Loi e sulle presunte posizioni contraddittorie di Vallanzasca.
Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finch? la disputa non ? risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
Nella prigione di Novara, nel 1981, Vallanzasca contribuisce a fomentare un'ennesima rivolta carceraria durante la quale vengono uccisi alcuni collaboratori di giustizia. Fra questi vi ? anche un giovane membro della sua banda, Massimo Loi. La vittima, poco pi? che ventenne, aveva deciso di abbandonare definitivamente la vita criminale, come ricorda anche Achille Serra, per iniziarne una nuova. Il Loi per?, un tempo legato da un rapporto fraterno a Vallanzasca, si era reso responsabile di errori e di atti contro di lui ed i suoi genitori che, agli occhi del suo capo, avevano profondamente tradito la fiducia e l'amicizia concessagli. Si racconta che Vallanzasca pertanto, aiutato da alcuni suoi compagni di prigionia, armatosi di coltello, avrebbe approfittato della rivolta in atto per andarsi a vendicare e non dare pi? modo al ragazzo (che si trovava recluso nel medesimo carcere) di lasciare il penitenziario vivo: dopo averlo raggiunto all'interno di una cella, Vallanzasca lo avrebbe colpito ripetutamente al petto con il coltello, infierendo poi con ulteriori atrocit? sul corpo del giovane ormai esanime, arrivando a decapitarlo ed infine a giocare a pallone con la sua testa. Della morte di Loi, Vallanzasca ha per? continuato a negare per decenni la responsabilit? diretta e lo sfregio del corpo. Anche in un'intervista concessa a L'Europeo il 2 aprile 2006[4][5], continua a ribadire la propria estraneit? e il legame d'affetto che aveva con il ragazzo, adducendo come testimonianza diretta e a favore, quello che il noto criminale Vincenzo Andraous avrebbe riportato nel proprio libro di memorie, nelle quali quest'ultimo, tra le molte atrocit? di cui si dichiara colpevole, confessa il suo ruolo nell'efferata vicenda (Andraous verr? infatti condannato in quanto partecipe come uno degli assassini del Loi); queste dichiarazioni contraddicono per? anche la stessa autobiografia, "Il fiore del male. Bandito a Milano", che Vallanzasca scrive attraverso la testimonianza raccolta da Carlo Bonini, giornalista del quotidiano La Repubblica. Nel 2010, per?, all'interno di un nuovo libro biografico scritto insieme a Leonardo Coen[6], lo stesso Vallanzasca ammette il proprio atroce delitto, descrivendo nei particolari anche i motivi e il modo in cui si sarebbe compiuto[7].
Dopo la vicenda di tale rivolta, viene condannato al regime di carcere duro. Riesce per? ad evadere nuovamente, il 18 luglio 1987, scappando rocambolescamente attraverso un obl? del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo al carcere dell'Asinara, in Sardegna. I 5 carabinieri di scorta, tutti con meno di 25 anni vengono successivamente condannati da un tribunale militare. Ricercato e senza fonti di reddito viene comunque fermato ad un posto di blocco neppure tre settimane dopo, mentre cerca di raggiungere Trieste.
L'ultimo tentativo di evasione e gli anni successivi [modifica]
Nel settembre 1990 divorzia da Giuliana Brusa[8].
Tornato in galera tenta un'altra volta la fuga, nel 1995, questa volta dal carcere di Nuoro. Per questo tentativo di evasione viene sospettata e accusata di averlo aiutato la sua stessa Legale, con la quale si dice che Vallanzasca avesse stretto un forte legame che sarebbe andato oltre il semplice rapporto di assistito[9]. Dal 1999 ? rinchiuso nel carcere speciale di Voghera.
All'inizio del mese di maggio 2005, dopo aver usufruito di un permesso speciale di tre ore per incontrare l'anziana madre, ha formalizzato la richiesta di grazia, inviando una lettera al ministro di Grazia e Giustizia e al magistrato di sorveglianza di Pavia. Nel luglio del 2006 la madre Maria ha scritto al presidente Napolitano e al Ministro di Giustizia Mastella chiedendo la grazia per il figlio. Il 15 settembre 2007 gli viene notificata la mancata concessione della grazia da parte del Capo dello Stato: Vallanzasca continuer? quindi a scontare la sua pena nel Carcere di Opera a Milano.
L'8 maggio 2008 viene data la notizia del matrimonio con la sua amica d'infanzia Antonella D'Agostino. Il matrimonio ? stato formalizzato con rito civile il 5 maggio 2008[10].
Renato Vallanzasca ha aperto un blog, gestito tramite terzi, successivamente chiuso. Si pensa che il motivo della chiusura del suo spazio web sia un permesso non concesso.
Ultimi anni [modifica]
A partire dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca pu? usufruire del beneficio del lavoro esterno. Gli viene concesso di uscire dal carcere alle 7.30 per lavorare, e rientrarvi alle 19.00. Ha prestato servizio in una pelletteria, che ? anche una cooperativa sociale nel milanese, mentre oggi lavora in un negozio di abbigliamento a Sarnico in provincia di Bergamo. Il 30 maggio 2011 Il Tribunale di Milano ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perch? l'ex bandito violava le regole di utilizzo del beneficio, in particolare per incontrarsi segretamente con una donna; inoltre, sempre nel mese di maggio 2011, la Corte di Cassazione ha condannato Vallanzasca a rimborsare allo Stato le spese di mantenimento in carcere[11]. Nel febbraio 2012 ha riottenuto il beneficio di poter lavorare all'esterno del carcere, come magazziniere.
Ma come CAXXO si pu? parlare di regime di semi libert? per un delinquente pluriomicida che ? stato condannato al fottuto ERGASTOLO!?!?
E tanto per gradire questa ? la definizione di ERGASTOLO: l'ergastolo ? una pena detentiva a carattere perpetuo inflitta a chi ha commesso un delitto.
CHE RABBIA!

La notizia:
Travolta dal clamore e dalla reazione dei familiari delle vittime, delle istituzioni e della gente comune, la titolare del negozio di Sarnico (Bergamo) dove l'ergastolano Renato Vallanzasca ha lavorato come magazziniere in regime di semi-libert? nelle ultime settimane, ha deciso di licenziarlo. La donna, Maria Fiore Testa, ieri ha inviato un fax al carcere di Bollate, dove Vallanzasca ? detenuto, per chiedere che il progetto venga interrotto. La vicenda ? riportata oggi su L'Eco di Bergamo. ?Tengo a sottolineare - ha spiegato la titolare dell' attivit? - che Renato non c'entra niente con questa decisione, lui si ? sempre comportato bene, sono io che forse non avevo ben misurato che il suo nome, purtroppo, si porta dietro troppo dolore e una notoriet? che non gli d? scampo?.
Cos? tanto per...questo ? il "curriculum" del soggetto...
Renato Vallanzasca Costantini nasce in via Nicola Antonio Porpora 162, zona Lambrate di Milano, dove la madre aveva un negozio d'abbigliamento. A Renato viene dato il cognome materno Vallanzasca Costantini, poich? il padre, Osvaldo Pistoia, era gi? sposato con un'altra donna dalla quale aveva avuto tre figli.
Il suo primo incontro con la giustizia avviene all'et? di soli otto anni, quando cerca di far uscire dalla sua gabbia la tigre di un circo che aveva piantato il tendone proprio nelle vicinanze di casa sua. Il giorno successivo a quell'atto, Renato viene prelevato direttamente dalla polizia mentre sta giocando a pallone con i propri amici e portato al carcere minorile Beccaria. La vicenda gli costa il successivo trasferimento e affidamento forzato a casa di una zia (la Zia Rosa, che in realt? era la prima moglie del padre), in via degli Apuli, nel quartiere del Giambellino, periferia sud-ovest di Milano; praticamente nella parte opposta della citt? rispetto alla casa dei genitori. Nel 1965 frequenta la scuola della professoressa Enrica Tosi in via Ponchielli, iscrivendosi al biennio di Ragioneria e ritornando a vivere con la madre.
? al Giambellino che forma la sua prima combriccola di piccoli delinquenti, ragazzini dediti a furti e taccheggi. Nonostante la giovanissima et?, Vallanzasca rivela gi? il carisma di un capo criminale; comincia a farsi un nome anche negli ambienti della lig?ra, la vecchia mala milanese, con la quale inizia precocemente ad intrattenere rapporti. In breve tempo per?, sentendosi andare strette le regole della malavita vecchio stampo, decide di delinquere autonomamente e di formare una propria banda. La cosiddetta Banda della Comasina diviene probabilmente il pi? potente e feroce gruppo criminale presente a Milano in quegli anni, contrapponendosi ad una gang altrettanto famosa nel medesimo periodo, la banda di Francis Turatello.
L'arresto il 28 febbraio 1972, Vallanzasca tra gli uomini della squadra mobile di Milano
Gli anni '70 [modifica]
In poco tempo, grazie ai furti e alle rapine, Vallanzasca accumula ingenti ricchezze e inizia a condurre e ad ostentare un tenore di vita molto sfarzoso: vestiti firmati, orologi d'oro, auto di lusso, bella vita e belle donne. ? anche un ragazzo dotato di un aspetto particolarmente avvenente e affascinante, con un bel viso dagli occhi cerulei, viene per questo soprannominato "Il bel Ren?" (nomignolo da lui detestato). La prima interruzione nell'ascesa della carriera criminale de "Il bel Ren?" avviene nel 1972 quando, una decina di giorni dopo una rapina ad un supermercato, viene arrestato dagli uomini della squadra mobile di Milano, all'epoca diretta da Achille Serra.
Lo stesso Serra racconta che, durante la perquisizione in casa del bandito, Vallanzasca si sfila il Rolex d'oro che porta al polso e appoggiandolo sul tavolo della sala gli dice con tono di sfida: "Se riesci a incastrarmi questo ? tuo!". Pochi momenti dopo il maresciallo Oscuri trova nel cestino della spazzatura la prova che lo incastrer?, ovvero i pezzettini di un foglietto che, una volta riordinati, mostreranno la lista degli stipendi dei dipendenti del supermercato rapinato[2].
Vallanzasca viene incarcerato inizialmente a San Vittore, trascorrendo i successivi quattro anni e mezzo di prigionia con un unico intento: trovare un modo per evadere. Durante questo periodo non mantiene per? un comportamento da detenuto modello. Oltre a rendersi responsabile di vari tentativi d'evasione falliti, di risse e di pestaggi, partecipa attivamente anche a diverse sommosse di detenuti, che, durante questi anni, spesso agitano l'ambiente carcerario italiano. A seguito di ogni pestaggio, rivolta, o tentativo di evasione, viene deciso il suo trasferimento dall'istituto di pena in cui si trova: tutto ci? lo vede cambiare 36 penitenziari. Fino a che non escogita il modo per contrarre volontariamente l'epatite, iniettandosi urine per via endovenosa, ingerendo uova marce e inalando gas propano, con l'intento di essere conseguentemente ricoverato in ospedale. ? da l?, grazie ad una vigilanza meno stretta e con l'aiuto di un poliziotto compiacente, che riesce nel suo intento di evadere[3].
Il monumento alla memoria dei due poliziotti uccisi il 6 febbraio 1977 presso il casello autostradale di Dalmine.
Dopo la fuga, durante la sua latitanza, Vallanzasca riesce a ricostituire la sua banda. Con essa mette a segno una settantina di rapine a mano armata che lasciano dietro di s? anche una lunga scia di omicidi, tra cui si contano quelli di quattro poliziotti, un medico e un impiegato di banca. Nel medesimo periodo avviene inoltre un'ulteriore evoluzione nell'attivit? criminale del gruppo, con il passaggio dall'esecuzione delle sole rapine, a quello dei sequestri di persona (saranno quattro, di cui due mai denunciati). Una delle sue vittime ? Emanuela Trapani, figlia di un imprenditore milanese, che viene tenuta segregata per circa un mese e mezzo, dal dicembre 1976 al gennaio 1977, e quindi liberata dietro il pagamento di un riscatto di un miliardo di lire. A questo episodio criminoso, il 6 febbraio 1977, fa subito seguito l'uccisione di due uomini della polizia stradale che, in un posto di blocco ad un casello autostradale nei pressi di Dalmine, fermano per un controllo la macchina su cui Vallanzasca viaggia; ne segue uno scontro a fuoco in cui gli agenti Luigi D'Andrea e Renato Barborini perdono la vita e in cui il bandito stesso viene colpito. Ferito e braccato, Vallanzasca cerca rifugio a Roma, ma dopo pochi giorni, 15 febbraio 1977, viene rintracciato e catturato. Tutto ci? quando ancora non ha compiuto 27 anni.
Una volta tornato in carcere, decide di sposarsi il 14 luglio del 1979 con Giuliana Brusa, una delle tante ammiratrici che gli scrivono. Come suo testimone di nozze, durante il matrimonio, decide di avere il criminale del clan dei Marsigliesi Albert Bergamelli e come "compare di anelli" proprio l'ex nemico Francis Turatello, a suggello di un'alleanza con quest'ultimo. Due anni pi? tardi, quando ancora si trova in carcere, Turatello verr? per? ucciso da alcuni sicari incaricati da mandanti ignoti; sar? un'esecuzione dalle modalit? estremamente efferate e cruente, di cui ancora sono oscure le ragioni.
Nel frattempo, il 28 aprile 1980, Vallanzasca si rende protagonista di un nuovo tentativo di evasione dal carcere milanese di San Vittore. Durante l'ora d'aria compaiono in mano ai detenuti tre pistole, introdotte misteriosamente. Un gruppo di carcerati, tra i quali anche Vallanzasca, riesce a farsi strada tenendo in ostaggio il brigadiere Romano Saccoccio. Ne segue una sparatoria per le vie di Milano che prosegue persino all'interno del tunnel della metropolitana. Vallanzasca, nuovamente ferito, viene ricatturato assieme ad altri nove compagni di fuga.
Gli anni '80 [modifica]
Questa voce o sezione sull'argomento biografie ? ritenuta non neutrale.
Motivo: La sezione riporta delle deduzioni che, seppur basate su delle fonti, rimangono dei lavori di elaborazione personale e quindi delle ricerche originali, in particolare sui fatti relativi all'uccisione di Loi e sulle presunte posizioni contraddittorie di Vallanzasca.
Per contribuire, correggi i toni enfatici o di parte e partecipa alla discussione. Non rimuovere questo avviso finch? la disputa non ? risolta. Segui i suggerimenti del progetto di riferimento.
Nella prigione di Novara, nel 1981, Vallanzasca contribuisce a fomentare un'ennesima rivolta carceraria durante la quale vengono uccisi alcuni collaboratori di giustizia. Fra questi vi ? anche un giovane membro della sua banda, Massimo Loi. La vittima, poco pi? che ventenne, aveva deciso di abbandonare definitivamente la vita criminale, come ricorda anche Achille Serra, per iniziarne una nuova. Il Loi per?, un tempo legato da un rapporto fraterno a Vallanzasca, si era reso responsabile di errori e di atti contro di lui ed i suoi genitori che, agli occhi del suo capo, avevano profondamente tradito la fiducia e l'amicizia concessagli. Si racconta che Vallanzasca pertanto, aiutato da alcuni suoi compagni di prigionia, armatosi di coltello, avrebbe approfittato della rivolta in atto per andarsi a vendicare e non dare pi? modo al ragazzo (che si trovava recluso nel medesimo carcere) di lasciare il penitenziario vivo: dopo averlo raggiunto all'interno di una cella, Vallanzasca lo avrebbe colpito ripetutamente al petto con il coltello, infierendo poi con ulteriori atrocit? sul corpo del giovane ormai esanime, arrivando a decapitarlo ed infine a giocare a pallone con la sua testa. Della morte di Loi, Vallanzasca ha per? continuato a negare per decenni la responsabilit? diretta e lo sfregio del corpo. Anche in un'intervista concessa a L'Europeo il 2 aprile 2006[4][5], continua a ribadire la propria estraneit? e il legame d'affetto che aveva con il ragazzo, adducendo come testimonianza diretta e a favore, quello che il noto criminale Vincenzo Andraous avrebbe riportato nel proprio libro di memorie, nelle quali quest'ultimo, tra le molte atrocit? di cui si dichiara colpevole, confessa il suo ruolo nell'efferata vicenda (Andraous verr? infatti condannato in quanto partecipe come uno degli assassini del Loi); queste dichiarazioni contraddicono per? anche la stessa autobiografia, "Il fiore del male. Bandito a Milano", che Vallanzasca scrive attraverso la testimonianza raccolta da Carlo Bonini, giornalista del quotidiano La Repubblica. Nel 2010, per?, all'interno di un nuovo libro biografico scritto insieme a Leonardo Coen[6], lo stesso Vallanzasca ammette il proprio atroce delitto, descrivendo nei particolari anche i motivi e il modo in cui si sarebbe compiuto[7].
Dopo la vicenda di tale rivolta, viene condannato al regime di carcere duro. Riesce per? ad evadere nuovamente, il 18 luglio 1987, scappando rocambolescamente attraverso un obl? del traghetto che da Genova avrebbe dovuto portarlo al carcere dell'Asinara, in Sardegna. I 5 carabinieri di scorta, tutti con meno di 25 anni vengono successivamente condannati da un tribunale militare. Ricercato e senza fonti di reddito viene comunque fermato ad un posto di blocco neppure tre settimane dopo, mentre cerca di raggiungere Trieste.
L'ultimo tentativo di evasione e gli anni successivi [modifica]
Nel settembre 1990 divorzia da Giuliana Brusa[8].
Tornato in galera tenta un'altra volta la fuga, nel 1995, questa volta dal carcere di Nuoro. Per questo tentativo di evasione viene sospettata e accusata di averlo aiutato la sua stessa Legale, con la quale si dice che Vallanzasca avesse stretto un forte legame che sarebbe andato oltre il semplice rapporto di assistito[9]. Dal 1999 ? rinchiuso nel carcere speciale di Voghera.
All'inizio del mese di maggio 2005, dopo aver usufruito di un permesso speciale di tre ore per incontrare l'anziana madre, ha formalizzato la richiesta di grazia, inviando una lettera al ministro di Grazia e Giustizia e al magistrato di sorveglianza di Pavia. Nel luglio del 2006 la madre Maria ha scritto al presidente Napolitano e al Ministro di Giustizia Mastella chiedendo la grazia per il figlio. Il 15 settembre 2007 gli viene notificata la mancata concessione della grazia da parte del Capo dello Stato: Vallanzasca continuer? quindi a scontare la sua pena nel Carcere di Opera a Milano.
L'8 maggio 2008 viene data la notizia del matrimonio con la sua amica d'infanzia Antonella D'Agostino. Il matrimonio ? stato formalizzato con rito civile il 5 maggio 2008[10].
Renato Vallanzasca ha aperto un blog, gestito tramite terzi, successivamente chiuso. Si pensa che il motivo della chiusura del suo spazio web sia un permesso non concesso.
Ultimi anni [modifica]
A partire dall'8 marzo 2010 Renato Vallanzasca pu? usufruire del beneficio del lavoro esterno. Gli viene concesso di uscire dal carcere alle 7.30 per lavorare, e rientrarvi alle 19.00. Ha prestato servizio in una pelletteria, che ? anche una cooperativa sociale nel milanese, mentre oggi lavora in un negozio di abbigliamento a Sarnico in provincia di Bergamo. Il 30 maggio 2011 Il Tribunale di Milano ha sospeso Vallanzasca dal beneficio del lavoro esterno perch? l'ex bandito violava le regole di utilizzo del beneficio, in particolare per incontrarsi segretamente con una donna; inoltre, sempre nel mese di maggio 2011, la Corte di Cassazione ha condannato Vallanzasca a rimborsare allo Stato le spese di mantenimento in carcere[11]. Nel febbraio 2012 ha riottenuto il beneficio di poter lavorare all'esterno del carcere, come magazziniere.
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