Ho pensato fosse carino condividere l'esperienza "personale" di una persona che emigra, tutto qui. Lasciate perdere la forma, ? un copia-incolla di una nota che ho scritto su facebook.
Sembra ieri, ed invece ? passato quasi un anno.
Non so cosa possa esattamente spingere una persona ad un cambio profondo, ad una decisione che per forza di cose si porta dietro delle ferite. Non ? un "prendere e partire", non ? (solo) un "il mio paese mi fa schifo", non ? un "devo rifarmi una vita". E' pi? un "perch? no?"
Non ? neanche per soldi, non ? solo per soldi, che si fanno scelte simili. Ne ho avuto la conferma, non sulla mia pelle, prendetemi sulla fiducia.
Non c'? famiglia-amore-amici-clima-cibo che tengano; si prende e si fa, se si vuole e se si hanno le possibilit?.
Cosa ? cambiato in un anno: pi? o meno tutto. Ovviamente non parlo del lavoro, o della citt? in cui vivo: ? scontato.
L'esperienza che uno pu? fare ? difficile da spiegare a parole. Tuffarsi, dall'oggi al domani, in una realt? che, nonostante la vicinanza con l'Italia, ? completamente diversa. Da solo. E' un po' come "resettare" il cervello.
Niente pi? italiano. A lavoro e fuori, nel 90% dei casi solo inglese, al punto che quando mi trovo a dover parlare italiano dopo un po' di tempo di "astinenza", mi ci vogliono 2-3 secondi per trovare alcune parole.
Fuori, dicevo? Il "mondo", nonostante molta gente parli inglese (ad un buon livello), parla tedesco. Anzi, parla ostinatamente, orgogliosamente lo svizzero tedesco. Uguale? Vicino? No. La definirei pi? come una variante del tedesco standard? Ho scritto ostinatamente non a caso. Per dare un'idea: alcune scritte "pubbliche", slogan pubblicitari etc, sono in dialetto (badate bene, non esiste nessuna regola scritta (? un po' come mettere su carta il vernacolo, si capisce, ma ognuno lo pu? scrivere un po' come gli pare!). Alla televisione, alcune pubblicit? locali (es. per il turismo) sono in dialetto. Ovviamente, i programmi "ufficiali" sono in tedesco "alto", un po' come da noi sulla RAI, ma l'accento ? quello locale, ed ? piuttosto marcato e difficile, molto difficile da capire per uno che sta provando ad imparare la lingua standard.
Per darvi un'idea del significato di "resettare" il cervello, immaginate di voler andare a comprare il pane, e non sapere come fare per chiederlo! Questo vale, naturalmente, per ogni attivit? extra-lavoro o amici debba fare qui. Il tedesco non serve, nel 70% dei casi. Perch? capiscono bene in inglese, o in italiano, ma sono fermamente convinto di essere solo un "ospite" qui, e non vedo perch? debbano essere gli altri ad adattarsi a me e non il contrario. Parliamoci chiaro: provate ad andare domani nella vostra citt? e pretendete di vivere in inglese. Vi fareste tante risate! Quindi dopo aver frequentato qualche classe (cosa che sto continuando - e continuer? a fare - quasi come un secondo lavoro?), in molti casi, ove possibile (e dove non si rischino grosse somme di denaro?), "ci provo", magari costruendomi una frase "da casa", ovvero pensandoci prima: il risultato ? che nel 60-70% dei casi non capisco la risposta, nel 30-40% capisco "il senso" non riuscendo comunque a cogliere tutte le parole. Pazienza, ci vuole tempo. E comunque posso sempre "provare" in inglese o in italiano come seconda chance.
Molta gente ? qui da anni - e non parla una parola. Mi domando come facciano a sopravvivere, ghettizzati, nel loro mondo. Che noia deve essere! Provate per un attimo ad immaginare di aver "scordato" l'italiano: radio, TV, niente. Persone che parlano, niente. Manifesti pubblicitari, niente. Succede qualcosa di importante in citt?, niente. Annunciano un treno in ritardo, niente. E cos? via?
Non saper parlare la lingua, mi ha anche dato modo di riflettere a lungo sui metodi di comunicazione. Quando interagisco con qualcuno, non parlando - dalla nascita - inglese (e probabilmente neanche l'interlocutore!), ? chiaro che mi trovi alle perse, specialmente se sto cercando di spiegare un concetto "particolare". Non solo sul lavoro. Provate a tradurre in inglese una battuta italiana, e spiegarla ad uno straniero (magari non inglese)! Qui entra in gioco, normalmente, la genuina "italianit?": la parte buona. Non c'? limite alla comunicazione: gesti, disegni, esempi stupidi, "vale tudo" pur di far capire cosa si ha in testa. E' un esercizio interessante, che sicuramente qualcuno di voi avr? provato andando in vacanza all'estero? ma che io sono talvolta "costretto" a fare, nella vita di tutti i giorni.
L'adattamento. Qui, per esperienza, ? quasi un "bianco o nero". Ci sono persone, di nuovo, qui da anni, che non hanno - neanche per un minuto - abbandonato gli usi e costumi del loro paese. Lo stile di vita, gli orari, il cibo. Ci sono tanti di quei gruppi di italiani che neanche vi immaginate. Fanno i corsi di pizzica, le commedie in pugliese? per darvi una idea.
Io propendo pi? per l'altra parte. Non mi voglio "svizzerizzare" (ma poi, in fondo, in Italia ci sono solo nato? mica ho l'etichetta, mica siamo una razza cos? diversa dalle altre!), mi voglio "adattare", altrimenti ritorniamo al discorso del ghetto.
Quindi: pranzo alle 12-12.30. Ed ? gi? tardi per qualcuno. Cena alle 19. Ho anticipato l'orario di lavoro di mezz'ora, rispetto all'Italia, (nonostante potessi non farlo) e per alcuni "locali" ? comunque tardi (alcuni fanno 7-16!). In un mondo dove i supermercati chiudono mediamente alle 20 (ed il Sabato prima, e la Domenica ? praticamente TUTTO chiuso), ed i ristoranti si svuotano alle 22, non avrei molte altre possibilit?.
Un altro grosso cambiamento; la mobilit?. Prima avevo un'auto per spostarmi - ho praticamente sempre avuto un'auto. Di tanto in tanto mi spostavo in treno. Sui bus ci sono stato in totale forse 5 volte. Avevo deciso che non potevo legare i "miei ritmi" a quelli del mediocre trasporto pubblico? l'ansia di perdere l'ultimo treno, l'attesa del bus ecc.
Qui non ho nessun'altra mezzo di trasporto se non i miei piedi. E non mi sento affatto cos? limitato; perch? funziona. Molta gente ha l'auto, ma la usa mediamente molto meno che in Italia, specialmente per andare al lavoro. La gente va a sciare in treno (!). Torno a casa nei weekend, di notte, in treno o in bus? e non sono affatto da solo. Se perdo il bus, ne ho uno dopo sei-sette minuti? si, anche con -16? o se nevica? la neve ? la stessa che in Italia eh, basta un po' di organizzazione in pi?. Alcune iniziative popolari sono volte a "penalizzare" il traffico privato, favorendo quello pubblico (pi? fermate e meno parcheggi). Per contro cammino per forza di cose molto pi? di quanto non facessi prima? Per? ? sostenibile. Nel momento in cui non lo sar? pi?, per qualsiasi motivo, mi comprer? una macchina e festa finita!
Riguardo ai "rapporti sociali". A Zurigo c'? un "substrato" sociale fatto di tanti(-ssimi) immigrati, di conseguenza ci sono - come in altre citt? - dei luoghi di aggregazione tipicamente frequentati da stranieri, dei network (anche online), dove ci si scambiano consigli (del tipo: "dove trovo un parrucchiere che parli inglese?") e si organizzano eventi. La comunit? straniera ? molto grande e, se ho capito bene una delle ultime notizie che ho letto, quest'anno ? aumentata ancora, fino a pi? del 30% rispetto al totale degli abitanti. Un ulteriore stimolo - la componente straniera ? talmente presente in citt? che ? molto frequente sentire due-tre lingue diverse mentre si prende il tram, oppure sentire parlare persone in "grezzo" svizzero-tedesco e poi improvvisamente cambiare per un pi?-ammaliante perfetto spagnolo? o pi?-divertente dialetto napoletano!
Lo shock - per le poche volte che sono tornato in patria - ? pesante, per due motivi. Il primo ? la qualit? dei servizi - lo ammetto - sono viziato ormai. L'"impatto" con Trenitalia ? evidente, per chi ha avuto un minimo a che fare con le SBB (ferrovie svizzere), per dire la prima cosa che mi viene in mente. Qui molte cose funzionano cos? bene che sono addirittura maniacali, forse pure troppo bene per certi versi, cos? bene da renderle poco umane; inutile che scenda in dettagli?
Il secondo e pi? importante ? lo shock "personale", come se il treno sia una invisibile connessione tra due vite parallele; tornare indietro ? come fare un salto indietro di 1 anno e riprendere a vivere da l? per 2-3 giorni, per poi tornare alla "realt?". Si ritrovano persone, luoghi, odori e sapori, ciascuno di questi ? sempre un po' diverso. Diversit? che vivendo l? non noterei mai, e che quindi riesco ad apprezzare durante i miei mordi-e-fuggi.
Per non parlare dello shock linguistico. Capire esattamente tutto quello di cui la gente parla, e tutto quello che leggo? mi sembra quasi un miracolo!
In definitiva, ho lasciato alle spalle molto, ora ? tempo di provare a prendere in mano "le redini", e avere obiettivi. "La vita ? fatta di priorit?" diceva qualcuno. Quindi per ora ho messo in pausa molte delle mie attivit? "ricreative", per dedicarmi a passatempi pi? alti, pur divertendomi. C'? un tempo per tutto? Ora mi sentivo di fare cos?. Magari domani fallisce tutto, e potr? comunque tornare con la coda tra le gambe, ma non senza la "certezza" di averci provato.
Per chi ha dubbi, per chi lo vorrebbe fare ma non trova lo stimolo giusto? spero che queste due righe, che poi non sono altro che la mia personale esperienza di un anno, siano d'aiuto.
"Ad maiora!"
S.
Non so cosa possa esattamente spingere una persona ad un cambio profondo, ad una decisione che per forza di cose si porta dietro delle ferite. Non ? un "prendere e partire", non ? (solo) un "il mio paese mi fa schifo", non ? un "devo rifarmi una vita". E' pi? un "perch? no?"
Non ? neanche per soldi, non ? solo per soldi, che si fanno scelte simili. Ne ho avuto la conferma, non sulla mia pelle, prendetemi sulla fiducia.
Non c'? famiglia-amore-amici-clima-cibo che tengano; si prende e si fa, se si vuole e se si hanno le possibilit?.
Cosa ? cambiato in un anno: pi? o meno tutto. Ovviamente non parlo del lavoro, o della citt? in cui vivo: ? scontato.
L'esperienza che uno pu? fare ? difficile da spiegare a parole. Tuffarsi, dall'oggi al domani, in una realt? che, nonostante la vicinanza con l'Italia, ? completamente diversa. Da solo. E' un po' come "resettare" il cervello.
Niente pi? italiano. A lavoro e fuori, nel 90% dei casi solo inglese, al punto che quando mi trovo a dover parlare italiano dopo un po' di tempo di "astinenza", mi ci vogliono 2-3 secondi per trovare alcune parole.
Fuori, dicevo? Il "mondo", nonostante molta gente parli inglese (ad un buon livello), parla tedesco. Anzi, parla ostinatamente, orgogliosamente lo svizzero tedesco. Uguale? Vicino? No. La definirei pi? come una variante del tedesco standard? Ho scritto ostinatamente non a caso. Per dare un'idea: alcune scritte "pubbliche", slogan pubblicitari etc, sono in dialetto (badate bene, non esiste nessuna regola scritta (? un po' come mettere su carta il vernacolo, si capisce, ma ognuno lo pu? scrivere un po' come gli pare!). Alla televisione, alcune pubblicit? locali (es. per il turismo) sono in dialetto. Ovviamente, i programmi "ufficiali" sono in tedesco "alto", un po' come da noi sulla RAI, ma l'accento ? quello locale, ed ? piuttosto marcato e difficile, molto difficile da capire per uno che sta provando ad imparare la lingua standard.
Per darvi un'idea del significato di "resettare" il cervello, immaginate di voler andare a comprare il pane, e non sapere come fare per chiederlo! Questo vale, naturalmente, per ogni attivit? extra-lavoro o amici debba fare qui. Il tedesco non serve, nel 70% dei casi. Perch? capiscono bene in inglese, o in italiano, ma sono fermamente convinto di essere solo un "ospite" qui, e non vedo perch? debbano essere gli altri ad adattarsi a me e non il contrario. Parliamoci chiaro: provate ad andare domani nella vostra citt? e pretendete di vivere in inglese. Vi fareste tante risate! Quindi dopo aver frequentato qualche classe (cosa che sto continuando - e continuer? a fare - quasi come un secondo lavoro?), in molti casi, ove possibile (e dove non si rischino grosse somme di denaro?), "ci provo", magari costruendomi una frase "da casa", ovvero pensandoci prima: il risultato ? che nel 60-70% dei casi non capisco la risposta, nel 30-40% capisco "il senso" non riuscendo comunque a cogliere tutte le parole. Pazienza, ci vuole tempo. E comunque posso sempre "provare" in inglese o in italiano come seconda chance.
Molta gente ? qui da anni - e non parla una parola. Mi domando come facciano a sopravvivere, ghettizzati, nel loro mondo. Che noia deve essere! Provate per un attimo ad immaginare di aver "scordato" l'italiano: radio, TV, niente. Persone che parlano, niente. Manifesti pubblicitari, niente. Succede qualcosa di importante in citt?, niente. Annunciano un treno in ritardo, niente. E cos? via?
Non saper parlare la lingua, mi ha anche dato modo di riflettere a lungo sui metodi di comunicazione. Quando interagisco con qualcuno, non parlando - dalla nascita - inglese (e probabilmente neanche l'interlocutore!), ? chiaro che mi trovi alle perse, specialmente se sto cercando di spiegare un concetto "particolare". Non solo sul lavoro. Provate a tradurre in inglese una battuta italiana, e spiegarla ad uno straniero (magari non inglese)! Qui entra in gioco, normalmente, la genuina "italianit?": la parte buona. Non c'? limite alla comunicazione: gesti, disegni, esempi stupidi, "vale tudo" pur di far capire cosa si ha in testa. E' un esercizio interessante, che sicuramente qualcuno di voi avr? provato andando in vacanza all'estero? ma che io sono talvolta "costretto" a fare, nella vita di tutti i giorni.
L'adattamento. Qui, per esperienza, ? quasi un "bianco o nero". Ci sono persone, di nuovo, qui da anni, che non hanno - neanche per un minuto - abbandonato gli usi e costumi del loro paese. Lo stile di vita, gli orari, il cibo. Ci sono tanti di quei gruppi di italiani che neanche vi immaginate. Fanno i corsi di pizzica, le commedie in pugliese? per darvi una idea.
Io propendo pi? per l'altra parte. Non mi voglio "svizzerizzare" (ma poi, in fondo, in Italia ci sono solo nato? mica ho l'etichetta, mica siamo una razza cos? diversa dalle altre!), mi voglio "adattare", altrimenti ritorniamo al discorso del ghetto.
Quindi: pranzo alle 12-12.30. Ed ? gi? tardi per qualcuno. Cena alle 19. Ho anticipato l'orario di lavoro di mezz'ora, rispetto all'Italia, (nonostante potessi non farlo) e per alcuni "locali" ? comunque tardi (alcuni fanno 7-16!). In un mondo dove i supermercati chiudono mediamente alle 20 (ed il Sabato prima, e la Domenica ? praticamente TUTTO chiuso), ed i ristoranti si svuotano alle 22, non avrei molte altre possibilit?.
Un altro grosso cambiamento; la mobilit?. Prima avevo un'auto per spostarmi - ho praticamente sempre avuto un'auto. Di tanto in tanto mi spostavo in treno. Sui bus ci sono stato in totale forse 5 volte. Avevo deciso che non potevo legare i "miei ritmi" a quelli del mediocre trasporto pubblico? l'ansia di perdere l'ultimo treno, l'attesa del bus ecc.
Qui non ho nessun'altra mezzo di trasporto se non i miei piedi. E non mi sento affatto cos? limitato; perch? funziona. Molta gente ha l'auto, ma la usa mediamente molto meno che in Italia, specialmente per andare al lavoro. La gente va a sciare in treno (!). Torno a casa nei weekend, di notte, in treno o in bus? e non sono affatto da solo. Se perdo il bus, ne ho uno dopo sei-sette minuti? si, anche con -16? o se nevica? la neve ? la stessa che in Italia eh, basta un po' di organizzazione in pi?. Alcune iniziative popolari sono volte a "penalizzare" il traffico privato, favorendo quello pubblico (pi? fermate e meno parcheggi). Per contro cammino per forza di cose molto pi? di quanto non facessi prima? Per? ? sostenibile. Nel momento in cui non lo sar? pi?, per qualsiasi motivo, mi comprer? una macchina e festa finita!
Riguardo ai "rapporti sociali". A Zurigo c'? un "substrato" sociale fatto di tanti(-ssimi) immigrati, di conseguenza ci sono - come in altre citt? - dei luoghi di aggregazione tipicamente frequentati da stranieri, dei network (anche online), dove ci si scambiano consigli (del tipo: "dove trovo un parrucchiere che parli inglese?") e si organizzano eventi. La comunit? straniera ? molto grande e, se ho capito bene una delle ultime notizie che ho letto, quest'anno ? aumentata ancora, fino a pi? del 30% rispetto al totale degli abitanti. Un ulteriore stimolo - la componente straniera ? talmente presente in citt? che ? molto frequente sentire due-tre lingue diverse mentre si prende il tram, oppure sentire parlare persone in "grezzo" svizzero-tedesco e poi improvvisamente cambiare per un pi?-ammaliante perfetto spagnolo? o pi?-divertente dialetto napoletano!
Lo shock - per le poche volte che sono tornato in patria - ? pesante, per due motivi. Il primo ? la qualit? dei servizi - lo ammetto - sono viziato ormai. L'"impatto" con Trenitalia ? evidente, per chi ha avuto un minimo a che fare con le SBB (ferrovie svizzere), per dire la prima cosa che mi viene in mente. Qui molte cose funzionano cos? bene che sono addirittura maniacali, forse pure troppo bene per certi versi, cos? bene da renderle poco umane; inutile che scenda in dettagli?
Il secondo e pi? importante ? lo shock "personale", come se il treno sia una invisibile connessione tra due vite parallele; tornare indietro ? come fare un salto indietro di 1 anno e riprendere a vivere da l? per 2-3 giorni, per poi tornare alla "realt?". Si ritrovano persone, luoghi, odori e sapori, ciascuno di questi ? sempre un po' diverso. Diversit? che vivendo l? non noterei mai, e che quindi riesco ad apprezzare durante i miei mordi-e-fuggi.
Per non parlare dello shock linguistico. Capire esattamente tutto quello di cui la gente parla, e tutto quello che leggo? mi sembra quasi un miracolo!
In definitiva, ho lasciato alle spalle molto, ora ? tempo di provare a prendere in mano "le redini", e avere obiettivi. "La vita ? fatta di priorit?" diceva qualcuno. Quindi per ora ho messo in pausa molte delle mie attivit? "ricreative", per dedicarmi a passatempi pi? alti, pur divertendomi. C'? un tempo per tutto? Ora mi sentivo di fare cos?. Magari domani fallisce tutto, e potr? comunque tornare con la coda tra le gambe, ma non senza la "certezza" di averci provato.
Per chi ha dubbi, per chi lo vorrebbe fare ma non trova lo stimolo giusto? spero che queste due righe, che poi non sono altro che la mia personale esperienza di un anno, siano d'aiuto.
"Ad maiora!"
S.
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