Recensione spettacolare...

Un fenomeno come Harry Potter, che vende quattrocento milioni di libri e incassa in film quanto un paio di finanziarie, pi? di qualche recensione meriterebbe un seminario a Harvard. Detto questo, bisogna constatare che questo settimo film della saga Potter ? di gran lunga il pi? brutto e confuso della serie ed ? destinato a deludere i milioni (o miliardi?) di fan della creatura di J. K. Rowling sparsi per il pianeta. E' un vero dispiacere confondersi con gli intellettualoidi detrattori del maghetto di Hogwarts, creatura magari sopravvalutata dal pubblico, ma altrettanto di sicuro sottovalutata dalla critica letteraria e cinematografica. I sette libri della Rowling sono un grande esempio di letteratura popolare, ricchi di una lussureggiante fantasia, abilissimi nel mescolare antichissime regole narrative con soluzioni nuove e perfino rivoluzionarie. Potter ? filosoficamente un anti-Peter Pan, il rovesciamento del mito del bambino che non vuole crescere, e la sua vicenda ? un modo ?magico? di raccontare la formazione di un ragazzo attraverso la crescita, l'elaborazione dei lutti, l'assunzione di responsabilit?. Rowling ? una scrittrice vera, dotata di un'immaginazione strabiliante, del respiro e della cultura dei grandi romanzieri. La saga del maghetto ? disseminata di richiami a Shakespeare e Kafka, Dickens e Milton, senza la pesantezza e l'arroganza del citazionismo. Gli stessi film sono nella media piuttosto belli, pi? affascinanti e originali delle saghe di super eroi hollywoodiane, con una qualit? di recitazione garantita dai migliori attori teatrali britannici, quindi del mondo. Con queste premesse, pi? un budget da Guerre Stellari, era difficile fare un brutto film come I doni della morte. Un film sconclusionato, irrisolto, episodico, una specie di nevrotico collage di trailer lungo due ore e venti. La storia non decolla mai, come in certi sceneggiati televisivi l'emozione si spegne quando dovrebbe accendersi. Non mancano favolosi effetti speciali, s'intende. Mancano i dialoghi, lo humour, i personaggi e gli attori formidabili dei sei precedenti. Gary Oldman e Michael Gambon, intesi come Sirius Black e Albus Silente, sono morti nelle ultime due puntate. La grandiosa Maggie Smith (Mc Granitt) ? purtroppo molto malata nella vita reale. Gli straordinari Ralph Fiennes (Voldemort), Alan Rickman (Severus), Helena Bonham Carter (Bellatrix), Jason Isaacs (Lucius Malfoy), Imelda Staunton (Dolores Umbridge), Fiona Shaw (la zia Petunia), Brendan Gleeson (Malocchio Moody), Timothy Spall (Peter Minus) sono qui ridotti a comparse con poche battute. Tutto il settimo episodio poggia sulle incerte doti di attori dei tre protagonisti. Ora, passi Emma Watson (Hermione), carina e talentuosa, ma gli altri due, Daniel Radcliffe (Harry) e Rupert Grint (Ron), con tutto l'affetto di chi li ha visti crescere, non hanno mai varcato la fatidica soglia delle due espressioni, con bacchetta e senza. Alla fine, in oltre due ore di incantesimi elettronici in 3D e di primi piani dei tre eroi, gli unici cinque minuti sublimi sono regalati dall'animazione con ombre cinesi della favola dei doni della morte, costata poche sterline. L'errore di fondo ? stato dividere l'ultimo libro in due film. Un modo per raddoppiare gli incassi, nelle intenzioni della Warner. Non in quelle della Rowling, che ? la donna pi? ricca del mondo, ma anche fra le pi? generose nel finanziare il volontariato e l?assistenza sanitaria ai bambini poveri. Il fatto ? che non si dovrebbe mai dare l'ultima parola su un film tratto da un libro all'autore del libro stesso. L'ossessione della Rowling per la fedelt? al testo ha gi? prodotto il danno incalcolabile di escludere dalla regia della serie un genio come Steven Spielberg e di limitare progressivamente la fama e quindi l'autonomia dei registi, da Chris Columbus e Alfonso Cuar?n fino al non proprio conosciutissimo David Yates. Per non tagliare la trama del settimo libro si ? deciso di spalmarlo in due puntate per un totale di sei ore, come neppure la Bibbia, pure dotata di trame complesse e di un autore suscettibile. Il risultato ? che in questa ?Parte I? accade soltanto che viene distrutto uno dei sette Horcrux in cui Voldemort, il f?hrer dei maghi, ha scisso la propria anima dannata. Il resto ? tutto un litigioso campeggio e un inseguimento. C?? soltanto da sperare che sia il prologo infelice di un gran finale, la battaglia di Hogwarts, in uscita la prossima estate.

Un fenomeno come Harry Potter, che vende quattrocento milioni di libri e incassa in film quanto un paio di finanziarie, pi? di qualche recensione meriterebbe un seminario a Harvard. Detto questo, bisogna constatare che questo settimo film della saga Potter ? di gran lunga il pi? brutto e confuso della serie ed ? destinato a deludere i milioni (o miliardi?) di fan della creatura di J. K. Rowling sparsi per il pianeta. E' un vero dispiacere confondersi con gli intellettualoidi detrattori del maghetto di Hogwarts, creatura magari sopravvalutata dal pubblico, ma altrettanto di sicuro sottovalutata dalla critica letteraria e cinematografica. I sette libri della Rowling sono un grande esempio di letteratura popolare, ricchi di una lussureggiante fantasia, abilissimi nel mescolare antichissime regole narrative con soluzioni nuove e perfino rivoluzionarie. Potter ? filosoficamente un anti-Peter Pan, il rovesciamento del mito del bambino che non vuole crescere, e la sua vicenda ? un modo ?magico? di raccontare la formazione di un ragazzo attraverso la crescita, l'elaborazione dei lutti, l'assunzione di responsabilit?. Rowling ? una scrittrice vera, dotata di un'immaginazione strabiliante, del respiro e della cultura dei grandi romanzieri. La saga del maghetto ? disseminata di richiami a Shakespeare e Kafka, Dickens e Milton, senza la pesantezza e l'arroganza del citazionismo. Gli stessi film sono nella media piuttosto belli, pi? affascinanti e originali delle saghe di super eroi hollywoodiane, con una qualit? di recitazione garantita dai migliori attori teatrali britannici, quindi del mondo. Con queste premesse, pi? un budget da Guerre Stellari, era difficile fare un brutto film come I doni della morte. Un film sconclusionato, irrisolto, episodico, una specie di nevrotico collage di trailer lungo due ore e venti. La storia non decolla mai, come in certi sceneggiati televisivi l'emozione si spegne quando dovrebbe accendersi. Non mancano favolosi effetti speciali, s'intende. Mancano i dialoghi, lo humour, i personaggi e gli attori formidabili dei sei precedenti. Gary Oldman e Michael Gambon, intesi come Sirius Black e Albus Silente, sono morti nelle ultime due puntate. La grandiosa Maggie Smith (Mc Granitt) ? purtroppo molto malata nella vita reale. Gli straordinari Ralph Fiennes (Voldemort), Alan Rickman (Severus), Helena Bonham Carter (Bellatrix), Jason Isaacs (Lucius Malfoy), Imelda Staunton (Dolores Umbridge), Fiona Shaw (la zia Petunia), Brendan Gleeson (Malocchio Moody), Timothy Spall (Peter Minus) sono qui ridotti a comparse con poche battute. Tutto il settimo episodio poggia sulle incerte doti di attori dei tre protagonisti. Ora, passi Emma Watson (Hermione), carina e talentuosa, ma gli altri due, Daniel Radcliffe (Harry) e Rupert Grint (Ron), con tutto l'affetto di chi li ha visti crescere, non hanno mai varcato la fatidica soglia delle due espressioni, con bacchetta e senza. Alla fine, in oltre due ore di incantesimi elettronici in 3D e di primi piani dei tre eroi, gli unici cinque minuti sublimi sono regalati dall'animazione con ombre cinesi della favola dei doni della morte, costata poche sterline. L'errore di fondo ? stato dividere l'ultimo libro in due film. Un modo per raddoppiare gli incassi, nelle intenzioni della Warner. Non in quelle della Rowling, che ? la donna pi? ricca del mondo, ma anche fra le pi? generose nel finanziare il volontariato e l?assistenza sanitaria ai bambini poveri. Il fatto ? che non si dovrebbe mai dare l'ultima parola su un film tratto da un libro all'autore del libro stesso. L'ossessione della Rowling per la fedelt? al testo ha gi? prodotto il danno incalcolabile di escludere dalla regia della serie un genio come Steven Spielberg e di limitare progressivamente la fama e quindi l'autonomia dei registi, da Chris Columbus e Alfonso Cuar?n fino al non proprio conosciutissimo David Yates. Per non tagliare la trama del settimo libro si ? deciso di spalmarlo in due puntate per un totale di sei ore, come neppure la Bibbia, pure dotata di trame complesse e di un autore suscettibile. Il risultato ? che in questa ?Parte I? accade soltanto che viene distrutto uno dei sette Horcrux in cui Voldemort, il f?hrer dei maghi, ha scisso la propria anima dannata. Il resto ? tutto un litigioso campeggio e un inseguimento. C?? soltanto da sperare che sia il prologo infelice di un gran finale, la battaglia di Hogwarts, in uscita la prossima estate.
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