ieri sera ho trovato questa (la riporto da un blog, sotto metto il link al sito Istat così chi vuole può controllarsela, è di facile lettura e scorre bene)
ho trovato cose che già sapevo () ma che per molti (soprattutto nordici, spero ) potrebbero risultare inusuali...
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Non è certo una novità che in Italia i titoli di studio e il merito valgano poco, e le Agenzie per l’Impiego ancora meno, però adesso arriva la certificazione dell’Istat. Per la prima volta infatti l’Istituto Nazionale di Statistica ha svolto un’indagine sull’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, dalla quale emerge che “poco meno del 5% del totale dei giovani” in Italia trova lavoro grazie all’intermediazione dei Centri per l’impiego e delle Agenzie per il Lavoro. E’ noto come la maggior parte dei giovani trovi invece lavoro, anche se è un po’ sconfortante averne conferma anche dall’Istat: “Circa il 55% dei giovani trova la prima occupazione attraverso le segnalazioni di parenti e amici, senza particolari differenze di genere”. Perlomeno è un canale che non fa differenza tra uomini e donne.
In mezzo, tra il canale più efficace e quello largamente minoritario, ci sono i canali riservati ai giovani che presentano un alto livello di istruzione, e cioè richiesta diretta a un datore di lavoro, al secondo posto, e inserzioni sulla stampa e utilizzo del web, al terzo: sono praticati da circa un quarto dei giovani.
Solo il 29% dei giovani (tra i 15 e i 34 anni) sperimenta la prima esperienza significativa di lavoro nell’arco di un anno dall’uscita del sistema di istruzione. Rimane però il fatto che “oltre due milioni di giovani, terminati gli studi, non hanno avuto alcuna esperienza di lavoro di durata superiore ai tre mesi”. Sono giovani, ricorda l’Istat, “che non lavorano e non frequentano alcun corso di studi”: per la statistica si chiamano Neet (not in education, employment or training). Il 60% di questo gruppo è rappresentato da donne. C’è anche da dire che “la quota dei giovani meridionali entrati nel mercato del lavoro entro un anno dalla conclusione degli studi (15,8% del totale) è nettamente inferiore a quella del Nord e del Centro, rispettivamente 38,7 e 34,9%.
I pochi fortunati che lavorano, cosa fanno? La metà svolgono professioni “meno qualificate”: addetti al commercio e ai servizi, operai e artigiani. Ma non è detto che si tratti di giovani meno qualificati: infatti, rileva l’Istat, il 47,1% dei giovani possiede un titolo superiore a quello maggiormente richiesto per svolgere quella professione. L’indagine si riferisce al secondo semestre 2009, e costituisce un approfondimento della statistica sulle forze di lavoro, che l’Istat svolge invece regolarmente ogni trimestre.
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fonte: http://www.istat.it/salastampa/comun...o/20100930_00/
a lato sotto "download c'è il testo integrale"
la prima grassettata è una cosa ormai arcinota ....ma sinceramente non pensavo potesse assumere una percentuale così grande (che qui al centro o al sud rasenterà un buon 80% tranne i profili ultraskilled )
la seconda mi ha fatto riflettere: il nostro Stato, grazie sempre al nostro atipico mercato del lavoro, in pratica butta via quasi la metà dei soldi che investe per la formazione dei giovani (perchè come sappiamo, l'istruzione fino alle superiori è gratuita e l'uni in parte è pagata dalle tasse studenti ma l'altra parte la mette lo Stato)
cosa ne pensate?
ho trovato cose che già sapevo () ma che per molti (soprattutto nordici, spero ) potrebbero risultare inusuali...
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Non è certo una novità che in Italia i titoli di studio e il merito valgano poco, e le Agenzie per l’Impiego ancora meno, però adesso arriva la certificazione dell’Istat. Per la prima volta infatti l’Istituto Nazionale di Statistica ha svolto un’indagine sull’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, dalla quale emerge che “poco meno del 5% del totale dei giovani” in Italia trova lavoro grazie all’intermediazione dei Centri per l’impiego e delle Agenzie per il Lavoro. E’ noto come la maggior parte dei giovani trovi invece lavoro, anche se è un po’ sconfortante averne conferma anche dall’Istat: “Circa il 55% dei giovani trova la prima occupazione attraverso le segnalazioni di parenti e amici, senza particolari differenze di genere”. Perlomeno è un canale che non fa differenza tra uomini e donne.
In mezzo, tra il canale più efficace e quello largamente minoritario, ci sono i canali riservati ai giovani che presentano un alto livello di istruzione, e cioè richiesta diretta a un datore di lavoro, al secondo posto, e inserzioni sulla stampa e utilizzo del web, al terzo: sono praticati da circa un quarto dei giovani.
Solo il 29% dei giovani (tra i 15 e i 34 anni) sperimenta la prima esperienza significativa di lavoro nell’arco di un anno dall’uscita del sistema di istruzione. Rimane però il fatto che “oltre due milioni di giovani, terminati gli studi, non hanno avuto alcuna esperienza di lavoro di durata superiore ai tre mesi”. Sono giovani, ricorda l’Istat, “che non lavorano e non frequentano alcun corso di studi”: per la statistica si chiamano Neet (not in education, employment or training). Il 60% di questo gruppo è rappresentato da donne. C’è anche da dire che “la quota dei giovani meridionali entrati nel mercato del lavoro entro un anno dalla conclusione degli studi (15,8% del totale) è nettamente inferiore a quella del Nord e del Centro, rispettivamente 38,7 e 34,9%.
I pochi fortunati che lavorano, cosa fanno? La metà svolgono professioni “meno qualificate”: addetti al commercio e ai servizi, operai e artigiani. Ma non è detto che si tratti di giovani meno qualificati: infatti, rileva l’Istat, il 47,1% dei giovani possiede un titolo superiore a quello maggiormente richiesto per svolgere quella professione. L’indagine si riferisce al secondo semestre 2009, e costituisce un approfondimento della statistica sulle forze di lavoro, che l’Istat svolge invece regolarmente ogni trimestre.
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fonte: http://www.istat.it/salastampa/comun...o/20100930_00/
a lato sotto "download c'è il testo integrale"
la prima grassettata è una cosa ormai arcinota ....ma sinceramente non pensavo potesse assumere una percentuale così grande (che qui al centro o al sud rasenterà un buon 80% tranne i profili ultraskilled )
la seconda mi ha fatto riflettere: il nostro Stato, grazie sempre al nostro atipico mercato del lavoro, in pratica butta via quasi la metà dei soldi che investe per la formazione dei giovani (perchè come sappiamo, l'istruzione fino alle superiori è gratuita e l'uni in parte è pagata dalle tasse studenti ma l'altra parte la mette lo Stato)
cosa ne pensate?
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