preso dal corriere.it
nonstante siivncano udienze e si producano documenti...molte volte l'evidenza non ? succifiente......
se capitano queste cose ad un'azienda..se non fallisce ? tanto......
Il caso
?Il Fisco ha perso ma vuole i miei soldi?
Vinto il ricorso, ? il contribuente che deve dimostrarlo alle Finanze
Caro direttore,
io e il mio socio siamo imprenditori del comparto design e la societ? con cui operiamo (una srl) ? soggetta agli Studi di settore. Nell'aprile 2009 riceviamo un invito al contraddittorio da parte dell'Agenzia delle entrate di Milano, che per l'anno 2004, a fronte della nostra dichiarata ?incongruit?? rispetto ai ricavi presunti dal sistema, rileva uno scostamento e presume un'evasione Ires, Irap, Iva.
Non intendiamo qui sollevare il problema specifico sugli Studi di settore, che riteniamo siano uno strumento utile all'osservatorio fiscale: ci? che vogliamo segnalare ? la qualit? del rapporto che in alcuni particolari momenti si instaura tra imprenditori (in questo caso: onesti e leali) e il Fisco.
La cifra indicata in notifica risultava per noi ingiusta rispetto ai nostri reali ricavi e alla condizione del comparto: eravamo quindi certi che saremmo stati capaci di dimostrarlo. E cos?, alla fine, ? stato. Tra maggio e settembre 2009 partecipiamo a tre appuntamenti di ?contraddittorio?, in cui presentiamo tutti i documenti giustificativi che ci vengono, legittimamente, richiesti dal Fisco. L'esame dei documenti non rileva alcuna irregolarit?. Tuttavia, il Fisco decide di esigere lo stesso l'importo, basandosi sul mero risultato dell'algoritmo. Considerate le nuove sanzioni, l'importo lievita a circa 140.000 euro. Affrontiamo il tunnel del contenzioso: nel gennaio 2010 depositiamo il ricorso (contro l'accertamento e per la sospensione della cartella), l'udienza ? fissata per il 5 maggio.
Senza attendere la sentenza, il 21 maggio l'Esattoria emette comunque la cartella con l'iscrizione a ruolo delle imposte dovute. L'11 giugno viene comunicata la sentenza alle parti: il nostro ricorso ? stato accolto. Abbiamo vinto. ? finita? No, perch? qui inizia l'emblematica seconda parte della storia. La procedura vigente prevede che sia a carico di chi ha vinto la causa occuparsi dello sgravio della cartella. S?, avete capito bene: malgrado la sentenza stabilisca che avessimo ragione noi, la cartella resta sempre attiva, come la sua scadenza. E per ?bloccarla? dobbiamo essere noi a dimostrare a chi ha perso (che ? gi? informato della sentenza), che abbiamo vinto la causa.
Il nostro legale, dopo aver inutilmente chiesto pi? volte telefonicamente l'annullamento, deposita il 18 giugno una nuova istanza. Solo il 9 luglio l'Ufficio ci spiega di non potersi occupare dello ?sgravio? prima della scadenza della cartella, perch? impegnato nella locale riorganizzazione degli uffici; ci suggerisce, per di pi?, di aprire un nuovo contenzioso con il Fisco. Un ulteriore procedimento per bloccare - con altre spese e perdite di tempo per tutti (noi, Agenzia delle entrate, Commissione tributaria e, alla fine, tutti i contribuenti) - una cartella che doveva essere gi? stata fermata. Inviamo il nuovo ricorso il 12 luglio. Il 15 settembre spediamo un fax, per avere notizie, all'Agenzia delle entrate.
Siamo davvero molto sfortunati, perch? nessuno ci ha mai risposto. E la cartella, intanto, incombe. Non ? bastato - dopo venticinque di attivit? imprenditoriale e di comportamento ineccepibile nei confronti del Fisco - affrontare un avvilente anno di contenzioso e di spese legali, con conseguenti rinvii per investimenti e innovazione, oggi fondamentali per competere sul mercato. La soddisfazione di vedere riconosciuta, con una sentenza dello Stato, la reputazione professionale e il corretto comportamento della propria piccola impresa, viene mortificata dalla sottovalutazione di un diritto. Fuor di retorica, siamo convinti che un Fisco severo ed efficiente sia da considerare per le imprese un vantaggio, un reale strumento di civilt? e di democrazia. Il Fisco, per?, non dovrebbe mai costituire una minaccia per l'impresa e per le persone oneste che attraverso il proprio lavoro ricavano le risorse per vivere e per pagare, giustamente, anche le tasse.
Franco Achilli
nonstante siivncano udienze e si producano documenti...molte volte l'evidenza non ? succifiente......
se capitano queste cose ad un'azienda..se non fallisce ? tanto......
Il caso
?Il Fisco ha perso ma vuole i miei soldi?
Vinto il ricorso, ? il contribuente che deve dimostrarlo alle Finanze
Caro direttore,
io e il mio socio siamo imprenditori del comparto design e la societ? con cui operiamo (una srl) ? soggetta agli Studi di settore. Nell'aprile 2009 riceviamo un invito al contraddittorio da parte dell'Agenzia delle entrate di Milano, che per l'anno 2004, a fronte della nostra dichiarata ?incongruit?? rispetto ai ricavi presunti dal sistema, rileva uno scostamento e presume un'evasione Ires, Irap, Iva.
Non intendiamo qui sollevare il problema specifico sugli Studi di settore, che riteniamo siano uno strumento utile all'osservatorio fiscale: ci? che vogliamo segnalare ? la qualit? del rapporto che in alcuni particolari momenti si instaura tra imprenditori (in questo caso: onesti e leali) e il Fisco.
La cifra indicata in notifica risultava per noi ingiusta rispetto ai nostri reali ricavi e alla condizione del comparto: eravamo quindi certi che saremmo stati capaci di dimostrarlo. E cos?, alla fine, ? stato. Tra maggio e settembre 2009 partecipiamo a tre appuntamenti di ?contraddittorio?, in cui presentiamo tutti i documenti giustificativi che ci vengono, legittimamente, richiesti dal Fisco. L'esame dei documenti non rileva alcuna irregolarit?. Tuttavia, il Fisco decide di esigere lo stesso l'importo, basandosi sul mero risultato dell'algoritmo. Considerate le nuove sanzioni, l'importo lievita a circa 140.000 euro. Affrontiamo il tunnel del contenzioso: nel gennaio 2010 depositiamo il ricorso (contro l'accertamento e per la sospensione della cartella), l'udienza ? fissata per il 5 maggio.
Senza attendere la sentenza, il 21 maggio l'Esattoria emette comunque la cartella con l'iscrizione a ruolo delle imposte dovute. L'11 giugno viene comunicata la sentenza alle parti: il nostro ricorso ? stato accolto. Abbiamo vinto. ? finita? No, perch? qui inizia l'emblematica seconda parte della storia. La procedura vigente prevede che sia a carico di chi ha vinto la causa occuparsi dello sgravio della cartella. S?, avete capito bene: malgrado la sentenza stabilisca che avessimo ragione noi, la cartella resta sempre attiva, come la sua scadenza. E per ?bloccarla? dobbiamo essere noi a dimostrare a chi ha perso (che ? gi? informato della sentenza), che abbiamo vinto la causa.
Il nostro legale, dopo aver inutilmente chiesto pi? volte telefonicamente l'annullamento, deposita il 18 giugno una nuova istanza. Solo il 9 luglio l'Ufficio ci spiega di non potersi occupare dello ?sgravio? prima della scadenza della cartella, perch? impegnato nella locale riorganizzazione degli uffici; ci suggerisce, per di pi?, di aprire un nuovo contenzioso con il Fisco. Un ulteriore procedimento per bloccare - con altre spese e perdite di tempo per tutti (noi, Agenzia delle entrate, Commissione tributaria e, alla fine, tutti i contribuenti) - una cartella che doveva essere gi? stata fermata. Inviamo il nuovo ricorso il 12 luglio. Il 15 settembre spediamo un fax, per avere notizie, all'Agenzia delle entrate.
Siamo davvero molto sfortunati, perch? nessuno ci ha mai risposto. E la cartella, intanto, incombe. Non ? bastato - dopo venticinque di attivit? imprenditoriale e di comportamento ineccepibile nei confronti del Fisco - affrontare un avvilente anno di contenzioso e di spese legali, con conseguenti rinvii per investimenti e innovazione, oggi fondamentali per competere sul mercato. La soddisfazione di vedere riconosciuta, con una sentenza dello Stato, la reputazione professionale e il corretto comportamento della propria piccola impresa, viene mortificata dalla sottovalutazione di un diritto. Fuor di retorica, siamo convinti che un Fisco severo ed efficiente sia da considerare per le imprese un vantaggio, un reale strumento di civilt? e di democrazia. Il Fisco, per?, non dovrebbe mai costituire una minaccia per l'impresa e per le persone oneste che attraverso il proprio lavoro ricavano le risorse per vivere e per pagare, giustamente, anche le tasse.
Franco Achilli
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