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Perch? si diventa vegetariani?

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    #451
    Perch? si diventa vegetariani?..perch? si ? ritardati:gaen:

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      #452
      Originally posted by ragnos View Post
      perch? si diventa vegetariani?..perch? si ? ritardati:gaen:
      :d:d:d:d:d:d:d:d

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        #453
        ? in libreria per minimum fax I signori del cibo. Viaggio nell’industria alimentare che sta distruggendo il pianeta, un’inchiesta di Stefano Liberti che segue la filiera di quattro prodotti alimentari: la carne di maiale, la soia, il tonno in scatola e il pomodoro concentrato. Pubblichiamo un estratto dal capitolo dedicato alla carne di maiale e vi segnaliamo che domani, gioved? 6 ottobre, alle 18 Stefano Liberti presenta il libro da Ibs-Libraccio a Roma con Giorgio Zanchini. (Foto di Stefano Liberti)

        Il mattatoio pi? grande del mondo

        I movimenti sono cadenzati, meccanici, ripetitivi. I maiali sono appesi a un gancio, che scorre lungo un nastro a velocit? regolare. Gli uomini sono disposti lungo il nastro, a distanza fissa l’uno dall’altro. Hanno tute bianche, stivali di gomma, guanti, mascherine, cuffiette per i capelli. Tra loro sono indistinguibili: non fosse per le differenze di altezza, si direbbe un esercito di robot. In mano hanno gli strumenti di lavoro: chi un coltello, chi una mannaia, chi un gancio.

        Ognuno ha il suo ruolo, ognuno compie il gesto che gli ? assegnato, piccolo ingranaggio di un meccanismo standardizzato: uno pratica un taglio sul ventre dell’animale, un altro allarga il taglio, quello dopo estrae le budella, il seguente opera un altro taglio. Le interiora sono posate in apposite vasche; i coltelli e le lame immersi in un liquido sterilizzante tra un taglio e un altro.

        Anche le bestie sono tutte identiche, l’una clone dell’altra: stessa grandezza, stessa altezza, stesso colore. Sembrano – e in verit? sono – il frutto di un esperimento genetico teso a creare l’animale perfetto per la macellazione e il consumo. La scena ha un che di ipnotico. Da dietro il vetro mi sorprendo a guardare, pi? che i maiali ridotti progressivamente in pezzi, questi uomini che si muovono a tempo, sicuri e determinati, e trattano il corpo degli animali di fronte a loro con un misto di perizia e noncuranza. Su quel corpo non si accaniscono: fanno il loro lavoro meccanico, come se dovessero mettere insieme le componenti di un’automobile. Taglia, allarga, estrai, ritaglia. Quella a cui mi trovo ad assistere ? una catena di montaggio, n? pi? n? meno: la fabbrica della carne industrializzata moderna.

        La stanza seguente ? pi? ampia, la scena ancora pi? suggestiva. Altri uomini in divisa scompongono il gi? tagliato e riducono la carne informe in pezzi definiti. Rispetto allo spazio precedente sembra di guardare attraverso un caleidoscopio, con il suo effetto moltiplicatore. Il nastro non ? unico. Ce ne sono diversi, che scorrono lungo tutto lo spazio in diagonale. Gli operai sono molti di pi?; una distesa di camici bianchi, tutti alla stessa distanza, tutti fermi al loro posto, immobili, se non fosse per quel singolo movimento che ognuno di loro ripete incessantemente. Qui i pezzi sono via via selezionati e impacchettati, quindi mandati verso la cella frigorifera. Ci sono una precisione e un ordine geometrico che stridono con la brutalit? della morte. Tutto il processo avviene in modo freddo, funzionale, pulito: non una goccia di sangue, non un pezzo di carne fuori posto. Dietro i vetri, che impediscono ogni contatto con il mondo esterno, non si sente nulla. Il mattatoio moderno ? una fabbrica perfetta e sincronizzata.

        In verit?, non tutto il processo ? cos? pacifico. Le fasi precedenti sono pi? cruente: per mandarla al macello, la bestia ? dapprima stordita mediante gas o una scarica elettrica, poi sgozzata con un taglio all’altezza della giugulare, quindi immersa in una vasca di acqua bollente, per ripulirla dal sangue. Il corpo esanime ? spellato e ulteriormente lavato facendolo entrare in una macchina speciale. La testa viene tagliata e il grande corpo appeso al gancio e mandato alla fase successiva, quella da cui ho iniziato la visita. Anche questi passaggi sono standardizzati, compiuti da uomini che ripetono gesti sempre uguali: uno stordisce, un altro taglia la giugulare, un altro aziona il nastro trasportatore che getta la bestia nella vasca. Ma il momento della morte non riesce a essere asettico: spesso l’animale si agita e si ribella al suo destino – a volte non ? sufficientemente stordito dal gas, o non muore per il taglio e urla di dolore quando ? bollito vivo nella grande vasca. A queste scene non ? dato assistere.

        Il futuro consumatore non le deve vedere, perch? non deve associare quello che ha nel piatto con il dolore di un essere senziente. Ai visitatori sono mostrate solo bestie inermi, pronte per il consumo. Pi? che animali, carne. ?Il nostro mattatoio si avvale delle tecnologie pi? avanzate. Rispetta al cento per cento le norme igieniche e anche gli standard di macellazione tesi a ridurre al minimo le sofferenze dei capi di bestiame?, mi dice l’addetto stampa che mi accompagna nel tour per i visitatori.

        Sono a Shuanghui, ?il pi? grande trasformatore di carne della Cina?, come proclama a caratteri cubitali la scritta in inglese sul palazzo che ne ospita la sede. In realt? la scritta ? vecchia: perch? Shuanghui ? ormai il pi? grande trasformatore di carne suina al mondo. Da quando, nel 2013, ha acquisito l’americana Smithfield Food – il maggior produttore e trasformatore di maiali del Nordamerica – non ha concorrenti. Ha in mano buona parte del mercato planetario della carne di maiale. E ne controlla tutta la filiera: dall’allevamento alla macellazione, dalla trasformazione alla commercializzazione. Un affare da qualche decina di miliardi di dollari.

        img-20160927-wa0009

        L’uomo che mi accompagna nel tour ? un trentenne baldanzoso che ha passato tutta la sua vita professionale nell’azienda. Mentre ci muoviamo tra i ballatoi vetrati sopra il mattatoio e osserviamo l’esercito di uomini bianchi all’opera nello stagliuzzamento, lui descrive processi, snocciola cifre, d? forma e sostanza alle scritte che campeggiano per tutto lo stabilimento e segnalano al visitatore che l’azienda ? la numero uno in Cina, che ha una strategia globale, che ? leader del mercato.

        ?Siamo i primi al mondo?, ripete con fierezza molte pi? volte del dovuto. In tutta la Cina Shuanghui ha decine di impianti di trasformazione come quello che sto visitando, oltre ai capannoni industriali da allevamento che gestisce in parte direttamente, in parte attraverso aziende sussidiarie. Questi ?purtroppo non si possono visitare perch? ? necessaria una quarantena di una settimana in modo da evitare la trasmissione di malattie?, mi dice l’uomo mostrando una qualche mortificazione d’ordinanza.

        Concluso il tour nelle stanze della macellazione, vengo introdotto in una sorta di showroom. ? una stanza ampia, in cui i vari prodotti Shuanghui sono esposti in teche, ognuna delle quali ha la propria etichetta in doppia lingua, inglese e mandarino. Ci sono le Pizza Hut Spare Ribs, ossia le costolette di maiale che vendono da Pizza Hut, le Spare Ribs with Gristle, quelle a cui ? stata lasciata la cartilagine, pi? una variet? di w?rstel di tutte le forme e i sapori come l’Hot Dog with Corn, lo Spicy Crispy Sausage e il Luncheon Square Sausage. Le scatole hanno un design fiabesco, con personaggi da cartoni animati: qui c’? un leone, l? un pesciolino, l? ancora una pannocchia di mais antropomorfa, pi? in l? un pinguino. Su una confezione ? stilizzata la bandiera degli Stati Uniti con una sfilza di salsicce al posto delle stelle. Su nessun prodotto ? raffigurato il maiale.

        La cosa non mi sorprende: per nulla al mondo la carne deve essere associata all’animale da cui proviene, ogni minimo riferimento deve essere cancellato. Nella sala attigua, un paio di hostess hanno disposto un comitato d’accoglienza in mio onore: su un fornello elettrico vengono cucinati salsicciotti, rettangolini di bacon, w?rstel al mais e altre prelibatezze di derivazione suina, che mi trovo a ingurgitare di prima mattina in una specie di imprevista seconda colazione. Tutti i prodotti in mostra qui sono destinati al mercato interno cinese. Un mercato gigantesco che vale miliardi di dollari.

        img-20160927-wa0005

        Un maiale ogni due abitanti

        Dire maiale in Cina non vuol dire poco: la met? dei suini che popolano il pianeta vive qui. All’appello, secondo le stime pi? prudenti, rispondono circa 700 milioni di capi che, calcolati su una popolazione di 1,3 miliardi, fanno pi? di un suino ogni due abitanti.

        Il maiale ? al centro della cultura cinese. Ultimo dei dodici segni dello zodiaco, ? simbolo di buona sorte. Chi ? nato durante il suo anno, ? generalmente considerato persona onesta e coraggiosa. L’espressione popolare ?un grasso maiale alla porta? associa l’animale con l’arrivo della fortuna e dell’abbondanza. E il carattere cinese 家 (jia, ?casa?) ? la somma delle componenti 宀 (?tetto?) e 豕 (?maiale?): il che fa pensare che, in tempi antichi, una casa non era considerata tale senza un suino al suo interno. Perch? tradizionalmente, ogni famiglia ne possedeva almeno uno nel cortile.

        Quella era la Cina di un tempo, il paese prevalentemente rurale in cui le famiglie mangiavano carne due volte l’anno e usavano il suino di casa perlopi? come trasformatore dei propri rifiuti in fertilizzante per i campi. Oggi, l’animale resta un simbolo di prosperit?, ma in un altro senso: per la sempre pi? massiccia e urbanizzata classe media cinese, ? marchio di status – mangiare carne rappresenta il segno pi? tangibile dell’ascesa sociale, dell’uscita dalla miseria e dalla sussistenza. Cos? il consumo di maiale ? esploso, arrivando alle stelle.

        Se nel 1970 un cinese in media ne consumava 8 chilogrammi all’anno, oggi ne mangia 39, cinque volte tanto. E per fornire 39 chili di carne a 1,3 miliardi di persone, ci vogliono tantissimi maiali. La produzione non ? pi? gestibile solo in piccoli allevamenti familiari. Deve essere organizzata su scala industriale: negli ultimi anni i maiali sono scomparsi dai cortili delle fattorie, dove grufolavano allegramente, e sono raggruppati a migliaia in grandi capannoni, chiusi, legati e con i movimenti ridotti, imbottiti di mangimi e di antibiotici.

        ? la riproduzione di quanto accaduto negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta: lo sviluppo dei CAFO (Concentrated Animal Feeding Operations), gli allevamenti su scala industriale che mirano a produrre la maggiore quantit? di carne nel pi? breve tempo possibile. Il passaggio dall’allevamento familiare all’industria dei CAFO ? stato graduale e non ? ancora concluso: se negli Stati Uniti la commercializzazione della carne di maiale ? gestita quasi completamente da quattro grandi marchi, in Cina ci sono ancora allevamenti familiari. Ma stanno gradualmente scomparendo: nel 2001 il 74% dei maiali veniva da questi piccoli allevamenti; oggi questa cifra ? scesa al 37%. Solo nel 2008 ne ? scomparsa la met?. Per quanto recente, il movimento appare inarrestabile.

        Ormai il grosso della produzione ? in mano a grandi gruppi o a gruppi di medie dimensioni che perlopi? lavorano in un regime di contract farming, cio? di esclusivit?, con qualche grande azienda: il piccolo agricoltore-allevatore di suini ? destinato a diventare un’icona del passato, in una Cina che cresce vorticosamente e appare ansiosa di riprodurre modelli mutuati dal sistema agroalimentare statunitense.

        Questo sviluppo non ? frutto del caso o della mano invisibile del mercato, ma ? stato determinato da precise politiche pubbliche: il governo centrale ha fatto una chiara scelta e deciso di favorire la concentrazione delle aziende di allevamento intensivo, macellazione e commercializzazione. La parola d’ordine ? ?integrazione verticale? (chanyehua): i grandi gruppi sono invitati attraverso un sistema di sussidi ed esenzioni fiscali ad assumere il controllo di tutte le operazioni.

        ? dalla met? degli anni Novanta che questa tendenza ? considerata priorit? dai dirigenti cinesi, non solo nel settore del maiale ma in tutti i campi dell’agroalimentare: ? allora che ? stato aperto presso il ministero dell’Agricoltura un ?ufficio per l’integrazione verticale?, con succursali in ogni provincia, attive per favorire questo sviluppo. Nel 2008, l’ufficio ha pubblicato un rapporto in cui indicava come gi? nel 2005 la met? della terra coltivata in Cina e il 37% della popolazione rurale era ?verticalmente integrata?. Stime ufficiali pi? recenti non sono disponibili, ma le percentuali sono sicuramente cresciute.

        Il fenomeno ha avuto conseguenze sociali non indifferenti. Il processo di concentrazione e razionalizzazione della produzione agricola guidato dall’alto ha investito gran parte della popolazione rurale della Cina, spinta pi? o meno a forza verso le citt?: negli ultimi vent’anni 250 milioni di contadini hanno lasciato le campagne per dirigersi verso i centri urbani, un esodo rurale gigantesco non sempre pacifico che non ha mancato di scompaginare gli equilibri sociali delle citt?. Le chiavi di questo sviluppo sono state affidate ad alcune mega-aziende che nel lessico di Pechino vengono definite ?teste di drago? (longtou qiye). La testa di drago ? un’azienda leader, che guida il processo inquadrando attori di natura diversa. La metafora in s? ha origine da una danza molto popolare, in cui il primo della fila indossa appunto una maschera da drago e gli altri danzatori ne compongono il corpo disponendosi in fila indiana dietro di lui. Fuor di metafora, l’azienda testa di drago ? il capofila di tanti anelli del processo produttivo composti da attori pi? piccoli che sono per? integrati nel comparto.

        Secondo la definizione ufficiale, le imprese teste di drago non sono ?normali imprese commerciali, ma devono essere capaci di aprire nuovi mercati, innovare in scienza e tecnologia, condurre la ristrutturazione dell’economia dei villaggi e dell’agricoltura, promuovere lo sviluppo delle produzioni, aumentare l’efficienza e gli utili degli agricoltori?. In cambio, ottengono aiuti di vario genere, esenzioni fiscali, facilitazioni nel credito e via dicendo. Non devono avere una particolare forma giuridica: possono essere pubbliche, private, risultato di partnership pubblico-private o anche joint venture con gruppi stranieri. L’importante ? che svolgano quel ruolo che ? stato affidato loro dal governo centrale: cio? portare avanti l’industrializzazione della produzione agroalimentare. Il processo ? rigidamente diretto dal centro: ? il governo a decidere quali aziende sono teste di drago, quali settori sono prioritari, quanto ci si pu? aprire a interessi esteri.

        Da questo punto di vista, il comparto della carne di porco ? assolutamente all’avanguardia. Stime ufficiali parlano del 70% della produzione ormai verticalmente integrato, monopolizzato da alcuni enormi gruppi che controllano direttamente intere fasi del processo, con allevamenti da milioni di capi, colossali impianti di macellazione e di trasformazione e una grande rete di distribuzione.

        ? minimum fax 2016, tutti i diritti riservati

        I signori del cibo di Stefano Liberti: un estratto - minima&moralia : minima&moralia

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          #454
          ? in libreria per minimum fax I signori del cibo. Viaggio nell?industria alimentare che sta distruggendo il pianeta, un?inchiesta di Stefano Liberti che segue la filiera di quattro prodotti alimentari: la carne di maiale, la soia, il tonno in scatola e il pomodoro concentrato. Pubblichiamo un estratto dal capitolo dedicato alla carne di maiale e vi segnaliamo che domani, gioved? 6 ottobre, alle 18 Stefano Liberti presenta il libro da Ibs-Libraccio a Roma con Giorgio Zanchini. (Foto di Stefano Liberti)

          Il mattatoio pi? grande del mondo

          I movimenti sono cadenzati, meccanici, ripetitivi. I maiali sono appesi a un gancio, che scorre lungo un nastro a velocit? regolare. Gli uomini sono disposti lungo il nastro, a distanza fissa l?uno dall?altro. Hanno tute bianche, stivali di gomma, guanti, mascherine, cuffiette per i capelli. Tra loro sono indistinguibili: non fosse per le differenze di altezza, si direbbe un esercito di robot. In mano hanno gli strumenti di lavoro: chi un coltello, chi una mannaia, chi un gancio.

          Ognuno ha il suo ruolo, ognuno compie il gesto che gli ? assegnato, piccolo ingranaggio di un meccanismo standardizzato: uno pratica un taglio sul ventre dell?animale, un altro allarga il taglio, quello dopo estrae le budella, il seguente opera un altro taglio. Le interiora sono posate in apposite vasche; i coltelli e le lame immersi in un liquido sterilizzante tra un taglio e un altro.

          Anche le bestie sono tutte identiche, l?una clone dell?altra: stessa grandezza, stessa altezza, stesso colore. Sembrano ? e in verit? sono ? il frutto di un esperimento genetico teso a creare l?animale perfetto per la macellazione e il consumo. La scena ha un che di ipnotico. Da dietro il vetro mi sorprendo a guardare, pi? che i maiali ridotti progressivamente in pezzi, questi uomini che si muovono a tempo, sicuri e determinati, e trattano il corpo degli animali di fronte a loro con un misto di perizia e noncuranza. Su quel corpo non si accaniscono: fanno il loro lavoro meccanico, come se dovessero mettere insieme le componenti di un?automobile. Taglia, allarga, estrai, ritaglia. Quella a cui mi trovo ad assistere ? una catena di montaggio, n? pi? n? meno: la fabbrica della carne industrializzata moderna.

          La stanza seguente ? pi? ampia, la scena ancora pi? suggestiva. Altri uomini in divisa scompongono il gi? tagliato e riducono la carne informe in pezzi definiti. Rispetto allo spazio precedente sembra di guardare attraverso un caleidoscopio, con il suo effetto moltiplicatore. Il nastro non ? unico. Ce ne sono diversi, che scorrono lungo tutto lo spazio in diagonale. Gli operai sono molti di pi?; una distesa di camici bianchi, tutti alla stessa distanza, tutti fermi al loro posto, immobili, se non fosse per quel singolo movimento che ognuno di loro ripete incessantemente. Qui i pezzi sono via via selezionati e impacchettati, quindi mandati verso la cella frigorifera. Ci sono una precisione e un ordine geometrico che stridono con la brutalit? della morte. Tutto il processo avviene in modo freddo, funzionale, pulito: non una goccia di sangue, non un pezzo di carne fuori posto. Dietro i vetri, che impediscono ogni contatto con il mondo esterno, non si sente nulla. Il mattatoio moderno ? una fabbrica perfetta e sincronizzata.

          In verit?, non tutto il processo ? cos? pacifico. Le fasi precedenti sono pi? cruente: per mandarla al macello, la bestia ? dapprima stordita mediante gas o una scarica elettrica, poi sgozzata con un taglio all?altezza della giugulare, quindi immersa in una vasca di acqua bollente, per ripulirla dal sangue. Il corpo esanime ? spellato e ulteriormente lavato facendolo entrare in una macchina speciale. La testa viene tagliata e il grande corpo appeso al gancio e mandato alla fase successiva, quella da cui ho iniziato la visita. Anche questi passaggi sono standardizzati, compiuti da uomini che ripetono gesti sempre uguali: uno stordisce, un altro taglia la giugulare, un altro aziona il nastro trasportatore che getta la bestia nella vasca. Ma il momento della morte non riesce a essere asettico: spesso l?animale si agita e si ribella al suo destino ? a volte non ? sufficientemente stordito dal gas, o non muore per il taglio e urla di dolore quando ? bollito vivo nella grande vasca. A queste scene non ? dato assistere.

          Il futuro consumatore non le deve vedere, perch? non deve associare quello che ha nel piatto con il dolore di un essere senziente. Ai visitatori sono mostrate solo bestie inermi, pronte per il consumo. Pi? che animali, carne. ?Il nostro mattatoio si avvale delle tecnologie pi? avanzate. Rispetta al cento per cento le norme igieniche e anche gli standard di macellazione tesi a ridurre al minimo le sofferenze dei capi di bestiame?, mi dice l?addetto stampa che mi accompagna nel tour per i visitatori.

          Sono a Shuanghui, ?il pi? grande trasformatore di carne della Cina?, come proclama a caratteri cubitali la scritta in inglese sul palazzo che ne ospita la sede. In realt? la scritta ? vecchia: perch? Shuanghui ? ormai il pi? grande trasformatore di carne suina al mondo. Da quando, nel 2013, ha acquisito l?americana Smithfield Food ? il maggior produttore e trasformatore di maiali del Nordamerica ? non ha concorrenti. Ha in mano buona parte del mercato planetario della carne di maiale. E ne controlla tutta la filiera: dall?allevamento alla macellazione, dalla trasformazione alla commercializzazione. Un affare da qualche decina di miliardi di dollari.

          img-20160927-wa0009

          L?uomo che mi accompagna nel tour ? un trentenne baldanzoso che ha passato tutta la sua vita professionale nell?azienda. Mentre ci muoviamo tra i ballatoi vetrati sopra il mattatoio e osserviamo l?esercito di uomini bianchi all?opera nello stagliuzzamento, lui descrive processi, snocciola cifre, d? forma e sostanza alle scritte che campeggiano per tutto lo stabilimento e segnalano al visitatore che l?azienda ? la numero uno in Cina, che ha una strategia globale, che ? leader del mercato.

          ?Siamo i primi al mondo?, ripete con fierezza molte pi? volte del dovuto. In tutta la Cina Shuanghui ha decine di impianti di trasformazione come quello che sto visitando, oltre ai capannoni industriali da allevamento che gestisce in parte direttamente, in parte attraverso aziende sussidiarie. Questi ?purtroppo non si possono visitare perch? ? necessaria una quarantena di una settimana in modo da evitare la trasmissione di malattie?, mi dice l?uomo mostrando una qualche mortificazione d?ordinanza.

          Concluso il tour nelle stanze della macellazione, vengo introdotto in una sorta di showroom. ? una stanza ampia, in cui i vari prodotti Shuanghui sono esposti in teche, ognuna delle quali ha la propria etichetta in doppia lingua, inglese e mandarino. Ci sono le Pizza Hut Spare Ribs, ossia le costolette di maiale che vendono da Pizza Hut, le Spare Ribs with Gristle, quelle a cui ? stata lasciata la cartilagine, pi? una variet? di w?rstel di tutte le forme e i sapori come l?Hot Dog with Corn, lo Spicy Crispy Sausage e il Luncheon Square Sausage. Le scatole hanno un design fiabesco, con personaggi da cartoni animati: qui c?? un leone, l? un pesciolino, l? ancora una pannocchia di mais antropomorfa, pi? in l? un pinguino. Su una confezione ? stilizzata la bandiera degli Stati Uniti con una sfilza di salsicce al posto delle stelle. Su nessun prodotto ? raffigurato il maiale.

          La cosa non mi sorprende: per nulla al mondo la carne deve essere associata all?animale da cui proviene, ogni minimo riferimento deve essere cancellato. Nella sala attigua, un paio di hostess hanno disposto un comitato d?accoglienza in mio onore: su un fornello elettrico vengono cucinati salsicciotti, rettangolini di bacon, w?rstel al mais e altre prelibatezze di derivazione suina, che mi trovo a ingurgitare di prima mattina in una specie di imprevista seconda colazione. Tutti i prodotti in mostra qui sono destinati al mercato interno cinese. Un mercato gigantesco che vale miliardi di dollari.

          img-20160927-wa0005

          Un maiale ogni due abitanti

          Dire maiale in Cina non vuol dire poco: la met? dei suini che popolano il pianeta vive qui. All?appello, secondo le stime pi? prudenti, rispondono circa 700 milioni di capi che, calcolati su una popolazione di 1,3 miliardi, fanno pi? di un suino ogni due abitanti.

          Il maiale ? al centro della cultura cinese. Ultimo dei dodici segni dello zodiaco, ? simbolo di buona sorte. Chi ? nato durante il suo anno, ? generalmente considerato persona onesta e coraggiosa. L?espressione popolare ?un grasso maiale alla porta? associa l?animale con l?arrivo della fortuna e dell?abbondanza. E il carattere cinese 家 (jia, ?casa?) ? la somma delle componenti 宀 (?tetto?) e 豕 (?maiale?): il che fa pensare che, in tempi antichi, una casa non era considerata tale senza un suino al suo interno. Perch? tradizionalmente, ogni famiglia ne possedeva almeno uno nel cortile.

          Quella era la Cina di un tempo, il paese prevalentemente rurale in cui le famiglie mangiavano carne due volte l?anno e usavano il suino di casa perlopi? come trasformatore dei propri rifiuti in fertilizzante per i campi. Oggi, l?animale resta un simbolo di prosperit?, ma in un altro senso: per la sempre pi? massiccia e urbanizzata classe media cinese, ? marchio di status ? mangiare carne rappresenta il segno pi? tangibile dell?ascesa sociale, dell?uscita dalla miseria e dalla sussistenza. Cos? il consumo di maiale ? esploso, arrivando alle stelle.

          Se nel 1970 un cinese in media ne consumava 8 chilogrammi all?anno, oggi ne mangia 39, cinque volte tanto. E per fornire 39 chili di carne a 1,3 miliardi di persone, ci vogliono tantissimi maiali. La produzione non ? pi? gestibile solo in piccoli allevamenti familiari. Deve essere organizzata su scala industriale: negli ultimi anni i maiali sono scomparsi dai cortili delle fattorie, dove grufolavano allegramente, e sono raggruppati a migliaia in grandi capannoni, chiusi, legati e con i movimenti ridotti, imbottiti di mangimi e di antibiotici.

          ? la riproduzione di quanto accaduto negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta: lo sviluppo dei CAFO (Concentrated Animal Feeding Operations), gli allevamenti su scala industriale che mirano a produrre la maggiore quantit? di carne nel pi? breve tempo possibile. Il passaggio dall?allevamento familiare all?industria dei CAFO ? stato graduale e non ? ancora concluso: se negli Stati Uniti la commercializzazione della carne di maiale ? gestita quasi completamente da quattro grandi marchi, in Cina ci sono ancora allevamenti familiari. Ma stanno gradualmente scomparendo: nel 2001 il 74% dei maiali veniva da questi piccoli allevamenti; oggi questa cifra ? scesa al 37%. Solo nel 2008 ne ? scomparsa la met?. Per quanto recente, il movimento appare inarrestabile.

          Ormai il grosso della produzione ? in mano a grandi gruppi o a gruppi di medie dimensioni che perlopi? lavorano in un regime di contract farming, cio? di esclusivit?, con qualche grande azienda: il piccolo agricoltore-allevatore di suini ? destinato a diventare un?icona del passato, in una Cina che cresce vorticosamente e appare ansiosa di riprodurre modelli mutuati dal sistema agroalimentare statunitense.

          Questo sviluppo non ? frutto del caso o della mano invisibile del mercato, ma ? stato determinato da precise politiche pubbliche: il governo centrale ha fatto una chiara scelta e deciso di favorire la concentrazione delle aziende di allevamento intensivo, macellazione e commercializzazione. La parola d?ordine ? ?integrazione verticale? (chanyehua): i grandi gruppi sono invitati attraverso un sistema di sussidi ed esenzioni fiscali ad assumere il controllo di tutte le operazioni.

          ? dalla met? degli anni Novanta che questa tendenza ? considerata priorit? dai dirigenti cinesi, non solo nel settore del maiale ma in tutti i campi dell?agroalimentare: ? allora che ? stato aperto presso il ministero dell?Agricoltura un ?ufficio per l?integrazione verticale?, con succursali in ogni provincia, attive per favorire questo sviluppo. Nel 2008, l?ufficio ha pubblicato un rapporto in cui indicava come gi? nel 2005 la met? della terra coltivata in Cina e il 37% della popolazione rurale era ?verticalmente integrata?. Stime ufficiali pi? recenti non sono disponibili, ma le percentuali sono sicuramente cresciute.

          Il fenomeno ha avuto conseguenze sociali non indifferenti. Il processo di concentrazione e razionalizzazione della produzione agricola guidato dall?alto ha investito gran parte della popolazione rurale della Cina, spinta pi? o meno a forza verso le citt?: negli ultimi vent?anni 250 milioni di contadini hanno lasciato le campagne per dirigersi verso i centri urbani, un esodo rurale gigantesco non sempre pacifico che non ha mancato di scompaginare gli equilibri sociali delle citt?. Le chiavi di questo sviluppo sono state affidate ad alcune mega-aziende che nel lessico di Pechino vengono definite ?teste di drago? (longtou qiye). La testa di drago ? un?azienda leader, che guida il processo inquadrando attori di natura diversa. La metafora in s? ha origine da una danza molto popolare, in cui il primo della fila indossa appunto una maschera da drago e gli altri danzatori ne compongono il corpo disponendosi in fila indiana dietro di lui. Fuor di metafora, l?azienda testa di drago ? il capofila di tanti anelli del processo produttivo composti da attori pi? piccoli che sono per? integrati nel comparto.

          Secondo la definizione ufficiale, le imprese teste di drago non sono ?normali imprese commerciali, ma devono essere capaci di aprire nuovi mercati, innovare in scienza e tecnologia, condurre la ristrutturazione dell?economia dei villaggi e dell?agricoltura, promuovere lo sviluppo delle produzioni, aumentare l?efficienza e gli utili degli agricoltori?. In cambio, ottengono aiuti di vario genere, esenzioni fiscali, facilitazioni nel credito e via dicendo. Non devono avere una particolare forma giuridica: possono essere pubbliche, private, risultato di partnership pubblico-private o anche joint venture con gruppi stranieri. L?importante ? che svolgano quel ruolo che ? stato affidato loro dal governo centrale: cio? portare avanti l?industrializzazione della produzione agroalimentare. Il processo ? rigidamente diretto dal centro: ? il governo a decidere quali aziende sono teste di drago, quali settori sono prioritari, quanto ci si pu? aprire a interessi esteri.

          Da questo punto di vista, il comparto della carne di porco ? assolutamente all?avanguardia. Stime ufficiali parlano del 70% della produzione ormai verticalmente integrato, monopolizzato da alcuni enormi gruppi che controllano direttamente intere fasi del processo, con allevamenti da milioni di capi, colossali impianti di macellazione e di trasformazione e una grande rete di distribuzione.

          ? minimum fax 2016, tutti i diritti riservati

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            Ho letto quasi tutto..
            Quindi?
            Last edited by LucaDB6; 15-12-16, 08:47.

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              #456
              Ho letto l'articolo

              ... ma non ho capito dove vuoi arrivare.

              ... e non ho capito perche' il 90% delle cose che posti siano copia-incolla senza nessuna aggiunta di tuo pugno

              ... sara' perche' non sono vegetariano.

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                #457
                Originally posted by Ste___86 View Post
                Ho letto l'articolo

                ... ma non ho capito dove vuoi arrivare.

                ... e non ho capito perche' il 90% delle cose che posti siano copia-incolla senza nessuna aggiunta di tuo pugno

                ... sara' perche' non sono vegetariano.
                ? semplice alla fine sai

                Titolo : xk? si diventa vegetariani?

                Forse xk? c? chi legge/documenta/ prova ?

                Forse

                Poi,come giustamente testimoni,ce chi legge e non coglie
                Last edited by arabykola; 15-12-16, 09:44.

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                  #458
                  Originally posted by arabykola View Post
                  ? semplice alla fine sai

                  Titolo : xk? si diventa vegetariani?

                  Forse xk? c? chi legge/documenta ?

                  Forse

                  Poi,come giustamente testimoni,ce chi legge e non coglie
                  Guarda,
                  alla domanda sul "perche' si diventa vegetariani" ho gia' dato la mia personale risposta qualche messaggio fa: per motivi etici; altri motivi non ne concepisco.

                  Che poi e' quello che anche il tuo articoletto lascia intendere parlando di povere creature macellate

                  Porta invece le tue esperienze, no? Perche' lo sei diventato e cosa e' cambiato in te?

                  Perche' volendo sono convinto che possa trovare un articolo anche sul fatto che la Terra sia piatta... e copiaincollarlo qui...

                  Pare che piu' di un thread in un forum sia diventato un raccoglitore di "propaganda vegetariana" senza senso...

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                    #459
                    Originally posted by arabykola View Post
                    ? semplice alla fine sai

                    Titolo : xk? si diventa vegetariani?

                    Forse xk? c? chi legge/documenta/ prova ?

                    Forse

                    Poi,come giustamente testimoni,ce chi legge e non coglie
                    Si ma ? tutto un copia incolla e post di questo tipo ... sembri un venditore impreparato !

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                      #460
                      Guarda,i motivi x cui lo sono diventato e i benefici che ho trovato li ho gi? postati

                      Cercateli

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                        #461
                        vi giuro stamani vorrei essere vegetariano!!!

                        ieri sera cena della MTB, abbiamo preso in prestito l'oratorio... porchetta e fegatini in forno...tutto fatto da noi...una bont? ineguaiabile...mah...
                        ho esagerato...
                        mi sono sfondato...
                        stamattina volevo morire...
                        in pi? fagioli zolfini...
                        sto male...

                        datemi un insalata ve prego...

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                          #462
                          Originally posted by arabykola View Post
                          Cercateli
                          Mi resta un attimo difficile in mezzo a 100 posts kilometrici di copia e incolla di qualsiasi cosa sostenga la tua tesi da nazivegetariano

                          Hai gia' postato qualcosa riguardo alla sostenibilita' di una ipotetica alimentazione vegetariana su larga scala?

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                            #463
                            Originally posted by Ste___86 View Post
                            Ho letto l'articolo

                            ... ma non ho capito dove vuoi arrivare.

                            ... e non ho capito perche' il 90% delle cose che posti siano copia-incolla senza nessuna aggiunta di tuo pugno

                            ... sara' perche' non sono vegetariano.
                            in pratica dice che il 50% dei suini nel mondo, sfama la cina...e a ruota la produzione di soya per sfamarli ..gia postato da me mesi fa..addirittura la cina si ? comprata il 5% ucraina per coltivare soya......
                            CINA

                            quindi basterebbe distruggere tutti i cinesi..e i vegani sarebbero contenti..e soprattutto noi italiani potremmo mangiare la carne senza sentirci responsabili di nulla

                            ma nessuno va a fare propaganda in cina..o sud america..o nell est europa..si vede che ci tengono alla pelle

                            p.s. il vegetariano vegano ? il piu idiota del pianeta..ed infatti siamo arrivati qui grazie ai non vegani .per avere una tecnologia come l attuale con ponti navi tv etc...si distruggono e modificano ambienti naturali etc..etc...per? non ci vogliono rinunciare....vogliono che altri si adeguino...a quel che gli fa comodo ...
                            potrebbero trasferirsi nella taiga...nel deserto del sahara...nelle foreste vergini sud americane..centro africane...o sul tibet..e potrebbero respirare aria pura...coltivarsi le rape..etc..etc...e invece no.... gli piace la comodit? la tecnologia etc..ma alle loro regole...

                            p.p.s. ma se si distruggono i cinesi..poi i vegani rimangono senza lavoro perch? da il 33% del commercio mondiale....e loro rimangono senza lavoro..casa...e si ritrovano in mezzo ad una strada... ma guarda un p?.....
                            Scambi internazionali di merci - Statistics Explained

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                              #464
                              Originally posted by Lele-R1-Crash View Post
                              Si ma ? tutto un copia incolla e post di questo tipo ... sembri un venditore impreparato !
                              Lele se nn hai voglia di leggere,non leggere


                              Ma se fanno un indagine su alcuni allevamenti che devo fare,raccontarti una storiella breve?

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                                #465
                                Originally posted by Ste___86 View Post
                                Mi resta un attimo difficile in mezzo a 100 posts kilometrici di copia e incolla di qualsiasi cosa sostenga la tua tesi da nazivegetariano

                                Hai gia' postato qualcosa riguardo alla sostenibilita' di una ipotetica alimentazione vegetariana su larga scala?
                                Abbondantemente
                                Last edited by arabykola; 15-12-16, 10:01.

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