Rapporto - I dati di AlmaLaurea. «Colpa anche dei pochi fondi per la ricerca»
Più disoccupati tra i laureati
E gli stipendi sono «leggeri»
Senza lavoro per anni. Colpiti anche i neo ingegneri
Rapporto - I dati di AlmaLaurea. «Colpa anche dei pochi fondi per la ricerca»
Più disoccupati tra i laureati
E gli stipendi sono «leggeri»
Senza lavoro per anni. Colpiti anche i neo ingegneri
ROMA—Sempre più difficile trovare lavoro per i laureati, indipendentemente dalle sedi e dalla tipologia del diploma. Non fanno eccezione neppure i titoli tradizionalmente «forti», per esempio ingegneria, conquistati dopo 5 o più anni di studi universitari. Il dodicesimo rapporto sulla condizione occupazionale di AlmaLaurea, la banca dati alla quale aderiscono 60 atenei, ha appena tirato le somme sul destino di 210 mila ragazzi che hanno tagliato il traguardo nel 2008. Il risultato è un sensibile aumento del tasso di disoccupazione rispetto al 2007. Per le lauree di primo livello, è passato dal 16,5 al 21,9 per cento. Per le specialistiche (tre anni più due) sale dal 13,9 al 20,8. Per le specialistiche a ciclo unico, (medici, architetti, veterinari) dall’8,9 al 15%. A un anno dal conseguimento della laurea, il tasso di occupazione tra i laureati di primo livello è pari al 62%, per quelli di secondo livello, al 45,5%.
Il mercato del lavoro stenta ad assorbire anche a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo. «Purtroppo anche all’Università —dice il presidente della Conferenza dei rettori (Crui), Enrico Decleva — si riflette la crisi più generale che il Paese sta attraversando. Una crisi che ha raggiunto il capitale umano meglio formato in misura preoccupante». Per Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea, se le imprese assorbono meno laureati ciò dipende anche dalla scarsità dei finanziamenti, pubblici e privati, destinati alla ricerca, il principale motore dello sviluppo economico di un Paese. In Europa l’Italia risulta agli ultimi posti per quanto riguarda la spesa per ricerca e sviluppo in rapporto al Pil: 1,2 per cento, contro l’ 1,3 della Spagna e dell’Irlanda, il 2,5 della Germania e 3,6 della Svezia. La situazione non cambia se si prende in esame la spesa per l’istruzione universitaria: investiamo lo 0,80 del Pil contro lo 0,95 della Spagna, l’1,11 della Germania, l’1,84 della Svezia e il 2,27 della Danimarca.
Lo stato di sofferenza del Paese è confermato dal calo delle richieste di profili di laureati che il mondo produttivo rivolge alla banca dati. Nei primi due mesi del 2010, rispetto allo stesso periodo del 2009, la diminuzione delle domande è stata del 31 per cento e ha riguardato tutti i percorsi: meno 37 per cento nel gruppo Economico-statistico, meno 9 per cento in Ingegneria. Diminuiscono le opportunità di lavoro e le buste paga diventano più leggere. Il guadagno mensile netto ad un anno dal «pezzo di carta» è di 1.109 euro per le lauree di primo livello, di 1.057 per le specialistiche e di 1.110 per le specialistiche a ciclo unico. Ma rispetto alla precedente rilevazione, le retribuzioni nominali risultano in calo rispettivamente del 2, del 5 e del 3 per cento. Dopo 5 anni dalla laurea lo stipendio medio è di circa 1.328 euro, con differenze sostanziali secondo le professioni. Un medico porta a casa oltre duemila euro, un ingegnere si attesta a 1.620, in fondo all’elenco insegnanti (1.099) e psicologi (1.038).
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