Riflessione a voce alta...
In questo periodo in cui ho sotto gli occhi decine di persone che si sbattono per un posto di lavoro, che tentano in tutti i modi di resistere alle varie manovre e politiche aziendali che li costringono a casa con un 60% dello stipendio (quando va bene), riflettevo su cosa ci sto a fare io nel mio attuale posto di lavoro.
Intendiamoci, non mi lamento, lavoro stimolante e con tutti i pro di una posizione di responsabilit?, ma la situazione intorno a me, l'aria che si respira, ? davvero pesante.
Faccio un esempio: qualche tempo fa sono riuscito, tramite un amico che mi doveva un paio di favori, a far assumere una persona, peraltro valida, nella "sua" azienda.
La storia comincia verso agosto dell'anno scorso.
Quest'uomo lavorava con me, era un mio subordinato.
Arriva la "crisi", la propriet? decide di ridurre il personale, ricorre inizialmente agli ammortizzatori sociali: viene messo prima in CIGO ad orario ridotto, poi in CIGO a zero ore, infine in CIGS, ed ? rimasto in questo limbo per alcuni mesi.
Sorvolando sui motivi per cui la scelta ? ricaduta anche su di lui, il fatto mi ha colpito per una serie di motivi: ha prestato servizio con fedelt? all'azienda per pi? di vent'anni; ? prossimo alla pensione; ha una famiglia totalmente a carico con la figlia che studia all'universit?.
Un giorno, quando ancora lavorava con me, dopo aver appreso la notizia degli esuberi mi ha detto:
"Ed ora che faccio, con che faccia torno a casa? Come dico a mia figlia che quest'anno non le posso far frequentare l'universit??"
Ho provato una sensazione di sconforto allucinante; ho immaginato mio padre al posto suo...
Decido di cercare di aiutarlo, gli offro la possibilit? di fare un colloquio in un altra azienda.
Inizialmente ? titubante, perch? pensa che l'allora attuale azienda potesse tornare sui suoi passi; inoltre ? molto legato sia al lavoro che all'azienda stessa.
Alla fine si convince, fa il colloquio e viene assunto immediatamente.
Una delle poche storie a lieto fine che ho visto.
Ed ? una delle storie che mi ha fatto aprire gli occhi sul fatto che molte persone siano spietate, ed abbiano sfruttato la "scusa" della crisi per liberarsi di gente che non ritenevano pi? utile.
Altre persone, che in passato erano il fulcro dell'azienda, sono state allontanate in malo modo, perch? ritenute di mentalit? antiquata.
Peccato che quell' "antiquatezza" racchiudeva tutto il know-how, il patrimonio pi? grande dell'azienda, che ora noi giovani dobbiamo rimettere insieme a suon di musate e di ore ed ore di straordinari...
Mi domando, alla luce di quanto scritto sopra (e per molto altro che ho in testa), se tutto ci? ? giusto e sano per le persone.
Comincio a pensare che se a settembre avessi intrapreso un 'altra strada, quando mi si present? l'occasione, ora avrei qualche lira in meno in tasca, ma probabilmente vivrei enormemente pi? sereno...
Scusate il monologo...
In questo periodo in cui ho sotto gli occhi decine di persone che si sbattono per un posto di lavoro, che tentano in tutti i modi di resistere alle varie manovre e politiche aziendali che li costringono a casa con un 60% dello stipendio (quando va bene), riflettevo su cosa ci sto a fare io nel mio attuale posto di lavoro.
Intendiamoci, non mi lamento, lavoro stimolante e con tutti i pro di una posizione di responsabilit?, ma la situazione intorno a me, l'aria che si respira, ? davvero pesante.
Faccio un esempio: qualche tempo fa sono riuscito, tramite un amico che mi doveva un paio di favori, a far assumere una persona, peraltro valida, nella "sua" azienda.
La storia comincia verso agosto dell'anno scorso.
Quest'uomo lavorava con me, era un mio subordinato.
Arriva la "crisi", la propriet? decide di ridurre il personale, ricorre inizialmente agli ammortizzatori sociali: viene messo prima in CIGO ad orario ridotto, poi in CIGO a zero ore, infine in CIGS, ed ? rimasto in questo limbo per alcuni mesi.
Sorvolando sui motivi per cui la scelta ? ricaduta anche su di lui, il fatto mi ha colpito per una serie di motivi: ha prestato servizio con fedelt? all'azienda per pi? di vent'anni; ? prossimo alla pensione; ha una famiglia totalmente a carico con la figlia che studia all'universit?.
Un giorno, quando ancora lavorava con me, dopo aver appreso la notizia degli esuberi mi ha detto:
"Ed ora che faccio, con che faccia torno a casa? Come dico a mia figlia che quest'anno non le posso far frequentare l'universit??"
Ho provato una sensazione di sconforto allucinante; ho immaginato mio padre al posto suo...
Decido di cercare di aiutarlo, gli offro la possibilit? di fare un colloquio in un altra azienda.
Inizialmente ? titubante, perch? pensa che l'allora attuale azienda potesse tornare sui suoi passi; inoltre ? molto legato sia al lavoro che all'azienda stessa.
Alla fine si convince, fa il colloquio e viene assunto immediatamente.
Una delle poche storie a lieto fine che ho visto.
Ed ? una delle storie che mi ha fatto aprire gli occhi sul fatto che molte persone siano spietate, ed abbiano sfruttato la "scusa" della crisi per liberarsi di gente che non ritenevano pi? utile.
Altre persone, che in passato erano il fulcro dell'azienda, sono state allontanate in malo modo, perch? ritenute di mentalit? antiquata.
Peccato che quell' "antiquatezza" racchiudeva tutto il know-how, il patrimonio pi? grande dell'azienda, che ora noi giovani dobbiamo rimettere insieme a suon di musate e di ore ed ore di straordinari...
Mi domando, alla luce di quanto scritto sopra (e per molto altro che ho in testa), se tutto ci? ? giusto e sano per le persone.
Comincio a pensare che se a settembre avessi intrapreso un 'altra strada, quando mi si present? l'occasione, ora avrei qualche lira in meno in tasca, ma probabilmente vivrei enormemente pi? sereno...
Scusate il monologo...
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