veramente non so se la sezione ? giusta, ma magari se non va potete spostarlo...
sono nuovo... per chi avr? voglia di leggerla....
foto e video sono alla fine, ma prima va letta la storia...
Per quelli che hanno seguito il nostro itinerario non c'e' stato nulla di eroico. Partendo gioved? e arrivando al campo venerd? non abbiamo avuto nessun genere di difficolt?, strade pulite, tempo clemente, freddo, freddissimo, ma eravamo pi? che attrezzati.
Il nostro elefante si ? svolto nel migliore dei modi: a me bastava arrivare, essendo il mio primo. Riccardo (Ducati st2)voleva dormire nella fossa, cosa che non aveva ancora fatto. Riccardok (gs1200) voleva scendere con la moto nella fossa. Mauro (casagregory) non so bene cosa volesse fare, ma le ha fatte tutte, e penso che sia soddisfatto.
Le notti in tenda, il fuoco, la carne sulla brace, i vari gemellaggi con personaggi che difficilmente ci capiter? di rivedere; sono tutte cose che rimarranno per sempre nel mio ricordo. Ma tutto ? stato offuscato dal viaggio di ritorno.
Appena ripartiti dal campo, il sottile strato di neve sciolta (da noi definito "papocchia") non ci ha dato nessun problema, anzi ha rafforzato la nostra sicurezza. Errore madornale, almeno da parte mia.
Una volta superata solla, e finito il pericolo neve (pensavo), ci siamo trovati ad affrontare una discesa, che terminava con una lunga curva a destra. Purtroppo a causa della pendenza della strada (poi notata su google earth) non ci siamo accorti che la curva era completamente bianca, di neve battuta dal passaggio di altri mezzi. Siamo entrati troppo veloci, io, almeno, sento di essere entrato troppo veloce. Frenando col posteriore non rallento abbastanza (si parla di 40-50 km/h) a met? curva Riccardo (ducati st2) cade e mi si para davanti. La sua moto sembra occupare tutta la strada e io non so che fare. Non riesco a fermarmi. Quando mancano 10 metri tento di superarlo ma appena sterzo la ruota anteriore non esce dal canale e cado. Il dolore alla caviglia ? immediato. La moto mi trascina qualche metro (star? andando a 10 km/h) e poi mi sgancio e mi ritrovo in ginocchio sulla neve. Batto qualche pugno. Capisco immediatamente l'entit? del danno.
La mia diagnosi, malleolo rotto e legamenti del ginocchio sx distorti (ricordi Mauro che te lo avevo detto al benzinaio?) sar? poi confermata, con un semplice stiramento dei legamenti e non una distorsione.
Non faccio in tempo a rialzarmi che mi trovo circondato da persone che mi chiedono come sto, in inglese. I miei compagni di viaggio stanno ancora cercando di uscire dalla neve. Mi alzo ma il dolore dopo 2 passi mi rimette in ginocchio, mentre mani amiche mi sostengono e mi confortano. Con la coda dell'occhio vedo che stanno alzando le 2 moto, ma mentre Riccardo se la ride io non riesco a rialzarmi.
Riccardok si avvicina. Non capisce subito la gravit? della situazione e mi dice di risalire in moto. Sta nevicando troppo ed il rischio di rimanere bloccati sale di minuto in minuto. Zoppico terribilmente fino alla moto. Salgo. Poggio il piede sulla pedana e provo a cambiare marcia. Nulla daffare. Riesco a mettere la terza con dolore immane. Ripartiamo. Ogni metro che faccio capisco che il problema ? pi? grande di me e che ho bisogno di un ospedale. La strada non corre veloce. D'improvviso un altro pavimento ghiacciato. Iniziano ad uscire le lacrime. Non ce la faccio a passare. Mi fermo e ho paura. Riccardo mi supera. Gli altri rimangono dietro a "spingere", sento che mi dicono "dai, dai". Mollo la frizione ed entro nella lastra di neve ghiacciata. La pendenza in discesa fa tutto da sola. Posso poggiare solo un piede e ho tutti i miei 100 kg su di lui, ad arare l'asfalto nel tentativo di rallentare la moto. Faccio 1 o 2 km/h, ma mi sembra di volare. I 15 km che ci separano dall'autostrada sono un calvario. Ogni macchia scura sull'asfalto mi fa rallentare. Ogni traccia di neve o papocchia mi ferma e mi fa ricominciare a piangere. Riccardok mi si mette davanti e spalanca il gas per mostrarmi che la strada tiene alla grande. Mi da coraggio, per fare qualche altro chilometro...
L'arrivo al benzinaio ( cento metri prima dell'autostrada) ? pi? traumatico del previsto... il piazzale ? tutto ghiacciato e io non riesco ad entrare, dalla paura.
Attendo qualche minuto, paralizzato, ma poi mi accorgo che gli altri, parcheggiate le moto, mi stanno chiamando, indicandomi la traiettoria pulita.
Scendo e mi siedo sul marciapiede, a questo punto in un mare di lacrime... non so che fare. Chiamare l'ambulanza o raggiungere l'ospedale significa diventare un problema per il gruppo e lasciare la moto a 1000 km da casa.
Proseguire... non lo so che significa; perch? non so se le strade sono pulite, se cadr? di nuovo, se le vibrazioni potrebbero peggiorare le mie condizioni.
Mentre aspettiamo si ferma un francese che avevamo "raccolto" qualche km prima che cadessi. Parla tedesco, e siccome Mauro (casagregory) auto battezzatosi all?inizio dell?avventura"madrelingua", parla francese. Lasciandoci a bocca aperta, in un quasi perfetto francese si accordano con la cassiera del benzinaio per chiamare, nel caso lo scegliessi, l'ambulanza.
"Non riesco a cambiare, non riesco a cambiare" sono le poche parole che mi escono quando Riccardok mi interpella per conoscere le mie condizioni. Ma bastano a mettere in moto il meccanismo che mi porter? a casa.
Mi portano un'aspirina, un paio di brioche e una red bull, mi fanno sedere al caldo, mentre continuo a piangere (ho 30 anni) un po? per il dolore, un po? per la paura della scelta che mi trovo a fare.
Guardo fuori. Stanno legando un filo alla leva del cambio per farmi mettere le marce. Mi rabboccano l'olio... la fazer consuma un po?... e mi fanno benzina. Rientrano.
"Che vuoi fare?"
Partiamo, finch? ce la faccio, finch? il dolore non prender? il sopravvento.
Entro in autostrada. La prima cambiata ? impegnativa, tiro la terza a 160 km/h, lascio la mano del gas, tiro la frizione e ed impugno il filo, legato sul serbatoio ai lacci del gaucho. Innesto la quarta, la quinta e la sesta. mi rimetto in assetto, trovando la migliore posa per la gamba. E' incredibile... non mi fa male, tranne quando cerco di spostarla. Ma va tutto bene sento che ce la posso fare. Alzo il pollice agli altri, gli faccio capire che sto bene. Riccadok mi segnala che la media sar? di 130 km/h. Faccio cenno che va bene, ma vorrei che fosse tanto pi? alta. Penso solo "portatemi a casa al pi? presto".
Dopo una 50ina di chilometri sento che va tutto bene, continuo a piangere, ma il piede sta comodo. La visiera si appanna nonostante la doppia membrana. Se non la smetto di versare lacrime tra un po non vedr? pi? nulla. Sono triste, e non so se ce la far?. Sono sempre pi? deciso ad abbandonare tutto, non appena arrivo a casa.
Dalla lieve nebbia che si ? formata all'interno della visiera vedo apparire delle moto, in lontananza. La lunga e semi deserta autostrada tedesca scopre una fila di moto, lente ed ancora molto lontane. Le guardo con attenzione, cerco di spostare su di loro la mia concentrazione, in modo da lasciarmi per un attimo il ricordo del dolore alle spalle.
Una volta raggiunte riconosco la prima. Ha due sci verticali fissati al portapacchi. E' il francese che mi ha aiutato al benzinaio. Riccardo davanti a me lo riconosce subito (impossibile non notare i due sci giallo fosforescente) e lo saluta, poi tocca a me. Lo affianco e lo saluto lasciando la mano dall'acceleratore, agitandola come farebbe un bambino al culmine della felicit?. Dapprima il suo saluto ? amichevole, ma quando mi riconosce fa uno scatto, come impazzito e inizia quasi a saltellare sulla moto per incitarmi e darmi coraggio (io l'ho interpretato cos?), poi conclude il saluto con il pollice alto, ed io caricato dal suo gesto chiudo la mano intenta a salutarlo e a pugno chiuso gli faccio capire che terr? duro, poi anche io alzo il pollice, rimetto la mano sul gas e do di acceleratore. Probabilmente non lo vedr? mai pi?.
Proseguiamo rapidi e veloci fino a Innsbruk, oramai non ho pi? lacrime da versare ed anche il fioretto di vendere tutto e ritirarmi non appena arrivo a casa... diventa un lascivo ricordo...
A 4 km dall'uscita c'e' un'area di sosta e ci fermiamo. Mi fanno scendere e mi siedono su una panchina. Riccardok mi offre un toscanello, e Mauro una brioche. Poi, mentre mangio e fumo compiaciuto, si mettono a confabulare sul da farsi. Sono le 17 e la notte ? gi? arrivata. Arrivare a Trento significa congelare, ma per me non ? un problema... ho un termosifone al posto della caviglia e mi scalda a dovere.
Con palmare e gps calcolano i tempi di arrivo. All'una siamo a casa. Si voltano verso di me, "che facciamo?"
"Io voglio un ospedale. Se ci fermiamo mi lasciate in ospedale e cercate un albergo. Ma sono pi? contento di andare a casa."
Ok, si va a casa.
Il dolore ? minimo e ho scoperto che la moto parte benissimo senza problemi anche di sesta, quindi caselli e autogrill diventano aree di sosta, e non calvari dove trovare sistemi per scalare e metter marce, evitando si sbilanciare la moto sulla sinistra per non evitare di sfracellarmi.
A Trento salutiamo Mauro che prosegue per Alessandria, anche se poi ce lo troveremo dietro fino al raccordo di Verona.
Non scendo pi? dalla moto e lascio a Riccardo e Riccardok l'onere di comperare da mangiare e da fumare (i toscanelli che mi fanno tanta compagnia).
Ad ogni sosta 3 rustichelle, tre red bull e tre caff?... tengo il morale alto...
La mia storia finisce qui, con i saluti ai compagni di viaggio e con la notizia, il giorno successivo al pronto soccorso di Ancona, dei 35 gg di gesso per il malleolo fratturato.
Per? sono contento, sfigato, ma contento. Avr? qualcosa da raccontare...
ciao ciao
Federico
fine
per chi non ha visto le foto
per chi non ha visto i video
riccardo scende nella fossa
un pazzo col sidecar si fa il giro della fossa
due inglesi nudi si fanno un giro in moto...
in sella alla moto di riccardo lungo la strada che porta all'entrata
uno scorcio di vita da campo
sono nuovo... per chi avr? voglia di leggerla....
foto e video sono alla fine, ma prima va letta la storia...
Per quelli che hanno seguito il nostro itinerario non c'e' stato nulla di eroico. Partendo gioved? e arrivando al campo venerd? non abbiamo avuto nessun genere di difficolt?, strade pulite, tempo clemente, freddo, freddissimo, ma eravamo pi? che attrezzati.
Il nostro elefante si ? svolto nel migliore dei modi: a me bastava arrivare, essendo il mio primo. Riccardo (Ducati st2)voleva dormire nella fossa, cosa che non aveva ancora fatto. Riccardok (gs1200) voleva scendere con la moto nella fossa. Mauro (casagregory) non so bene cosa volesse fare, ma le ha fatte tutte, e penso che sia soddisfatto.
Le notti in tenda, il fuoco, la carne sulla brace, i vari gemellaggi con personaggi che difficilmente ci capiter? di rivedere; sono tutte cose che rimarranno per sempre nel mio ricordo. Ma tutto ? stato offuscato dal viaggio di ritorno.
Appena ripartiti dal campo, il sottile strato di neve sciolta (da noi definito "papocchia") non ci ha dato nessun problema, anzi ha rafforzato la nostra sicurezza. Errore madornale, almeno da parte mia.
Una volta superata solla, e finito il pericolo neve (pensavo), ci siamo trovati ad affrontare una discesa, che terminava con una lunga curva a destra. Purtroppo a causa della pendenza della strada (poi notata su google earth) non ci siamo accorti che la curva era completamente bianca, di neve battuta dal passaggio di altri mezzi. Siamo entrati troppo veloci, io, almeno, sento di essere entrato troppo veloce. Frenando col posteriore non rallento abbastanza (si parla di 40-50 km/h) a met? curva Riccardo (ducati st2) cade e mi si para davanti. La sua moto sembra occupare tutta la strada e io non so che fare. Non riesco a fermarmi. Quando mancano 10 metri tento di superarlo ma appena sterzo la ruota anteriore non esce dal canale e cado. Il dolore alla caviglia ? immediato. La moto mi trascina qualche metro (star? andando a 10 km/h) e poi mi sgancio e mi ritrovo in ginocchio sulla neve. Batto qualche pugno. Capisco immediatamente l'entit? del danno.
La mia diagnosi, malleolo rotto e legamenti del ginocchio sx distorti (ricordi Mauro che te lo avevo detto al benzinaio?) sar? poi confermata, con un semplice stiramento dei legamenti e non una distorsione.
Non faccio in tempo a rialzarmi che mi trovo circondato da persone che mi chiedono come sto, in inglese. I miei compagni di viaggio stanno ancora cercando di uscire dalla neve. Mi alzo ma il dolore dopo 2 passi mi rimette in ginocchio, mentre mani amiche mi sostengono e mi confortano. Con la coda dell'occhio vedo che stanno alzando le 2 moto, ma mentre Riccardo se la ride io non riesco a rialzarmi.
Riccardok si avvicina. Non capisce subito la gravit? della situazione e mi dice di risalire in moto. Sta nevicando troppo ed il rischio di rimanere bloccati sale di minuto in minuto. Zoppico terribilmente fino alla moto. Salgo. Poggio il piede sulla pedana e provo a cambiare marcia. Nulla daffare. Riesco a mettere la terza con dolore immane. Ripartiamo. Ogni metro che faccio capisco che il problema ? pi? grande di me e che ho bisogno di un ospedale. La strada non corre veloce. D'improvviso un altro pavimento ghiacciato. Iniziano ad uscire le lacrime. Non ce la faccio a passare. Mi fermo e ho paura. Riccardo mi supera. Gli altri rimangono dietro a "spingere", sento che mi dicono "dai, dai". Mollo la frizione ed entro nella lastra di neve ghiacciata. La pendenza in discesa fa tutto da sola. Posso poggiare solo un piede e ho tutti i miei 100 kg su di lui, ad arare l'asfalto nel tentativo di rallentare la moto. Faccio 1 o 2 km/h, ma mi sembra di volare. I 15 km che ci separano dall'autostrada sono un calvario. Ogni macchia scura sull'asfalto mi fa rallentare. Ogni traccia di neve o papocchia mi ferma e mi fa ricominciare a piangere. Riccardok mi si mette davanti e spalanca il gas per mostrarmi che la strada tiene alla grande. Mi da coraggio, per fare qualche altro chilometro...
L'arrivo al benzinaio ( cento metri prima dell'autostrada) ? pi? traumatico del previsto... il piazzale ? tutto ghiacciato e io non riesco ad entrare, dalla paura.
Attendo qualche minuto, paralizzato, ma poi mi accorgo che gli altri, parcheggiate le moto, mi stanno chiamando, indicandomi la traiettoria pulita.
Scendo e mi siedo sul marciapiede, a questo punto in un mare di lacrime... non so che fare. Chiamare l'ambulanza o raggiungere l'ospedale significa diventare un problema per il gruppo e lasciare la moto a 1000 km da casa.
Proseguire... non lo so che significa; perch? non so se le strade sono pulite, se cadr? di nuovo, se le vibrazioni potrebbero peggiorare le mie condizioni.
Mentre aspettiamo si ferma un francese che avevamo "raccolto" qualche km prima che cadessi. Parla tedesco, e siccome Mauro (casagregory) auto battezzatosi all?inizio dell?avventura"madrelingua", parla francese. Lasciandoci a bocca aperta, in un quasi perfetto francese si accordano con la cassiera del benzinaio per chiamare, nel caso lo scegliessi, l'ambulanza.
"Non riesco a cambiare, non riesco a cambiare" sono le poche parole che mi escono quando Riccardok mi interpella per conoscere le mie condizioni. Ma bastano a mettere in moto il meccanismo che mi porter? a casa.
Mi portano un'aspirina, un paio di brioche e una red bull, mi fanno sedere al caldo, mentre continuo a piangere (ho 30 anni) un po? per il dolore, un po? per la paura della scelta che mi trovo a fare.
Guardo fuori. Stanno legando un filo alla leva del cambio per farmi mettere le marce. Mi rabboccano l'olio... la fazer consuma un po?... e mi fanno benzina. Rientrano.
"Che vuoi fare?"
Partiamo, finch? ce la faccio, finch? il dolore non prender? il sopravvento.
Entro in autostrada. La prima cambiata ? impegnativa, tiro la terza a 160 km/h, lascio la mano del gas, tiro la frizione e ed impugno il filo, legato sul serbatoio ai lacci del gaucho. Innesto la quarta, la quinta e la sesta. mi rimetto in assetto, trovando la migliore posa per la gamba. E' incredibile... non mi fa male, tranne quando cerco di spostarla. Ma va tutto bene sento che ce la posso fare. Alzo il pollice agli altri, gli faccio capire che sto bene. Riccadok mi segnala che la media sar? di 130 km/h. Faccio cenno che va bene, ma vorrei che fosse tanto pi? alta. Penso solo "portatemi a casa al pi? presto".
Dopo una 50ina di chilometri sento che va tutto bene, continuo a piangere, ma il piede sta comodo. La visiera si appanna nonostante la doppia membrana. Se non la smetto di versare lacrime tra un po non vedr? pi? nulla. Sono triste, e non so se ce la far?. Sono sempre pi? deciso ad abbandonare tutto, non appena arrivo a casa.
Dalla lieve nebbia che si ? formata all'interno della visiera vedo apparire delle moto, in lontananza. La lunga e semi deserta autostrada tedesca scopre una fila di moto, lente ed ancora molto lontane. Le guardo con attenzione, cerco di spostare su di loro la mia concentrazione, in modo da lasciarmi per un attimo il ricordo del dolore alle spalle.
Una volta raggiunte riconosco la prima. Ha due sci verticali fissati al portapacchi. E' il francese che mi ha aiutato al benzinaio. Riccardo davanti a me lo riconosce subito (impossibile non notare i due sci giallo fosforescente) e lo saluta, poi tocca a me. Lo affianco e lo saluto lasciando la mano dall'acceleratore, agitandola come farebbe un bambino al culmine della felicit?. Dapprima il suo saluto ? amichevole, ma quando mi riconosce fa uno scatto, come impazzito e inizia quasi a saltellare sulla moto per incitarmi e darmi coraggio (io l'ho interpretato cos?), poi conclude il saluto con il pollice alto, ed io caricato dal suo gesto chiudo la mano intenta a salutarlo e a pugno chiuso gli faccio capire che terr? duro, poi anche io alzo il pollice, rimetto la mano sul gas e do di acceleratore. Probabilmente non lo vedr? mai pi?.
Proseguiamo rapidi e veloci fino a Innsbruk, oramai non ho pi? lacrime da versare ed anche il fioretto di vendere tutto e ritirarmi non appena arrivo a casa... diventa un lascivo ricordo...
A 4 km dall'uscita c'e' un'area di sosta e ci fermiamo. Mi fanno scendere e mi siedono su una panchina. Riccardok mi offre un toscanello, e Mauro una brioche. Poi, mentre mangio e fumo compiaciuto, si mettono a confabulare sul da farsi. Sono le 17 e la notte ? gi? arrivata. Arrivare a Trento significa congelare, ma per me non ? un problema... ho un termosifone al posto della caviglia e mi scalda a dovere.
Con palmare e gps calcolano i tempi di arrivo. All'una siamo a casa. Si voltano verso di me, "che facciamo?"
"Io voglio un ospedale. Se ci fermiamo mi lasciate in ospedale e cercate un albergo. Ma sono pi? contento di andare a casa."
Ok, si va a casa.
Il dolore ? minimo e ho scoperto che la moto parte benissimo senza problemi anche di sesta, quindi caselli e autogrill diventano aree di sosta, e non calvari dove trovare sistemi per scalare e metter marce, evitando si sbilanciare la moto sulla sinistra per non evitare di sfracellarmi.
A Trento salutiamo Mauro che prosegue per Alessandria, anche se poi ce lo troveremo dietro fino al raccordo di Verona.
Non scendo pi? dalla moto e lascio a Riccardo e Riccardok l'onere di comperare da mangiare e da fumare (i toscanelli che mi fanno tanta compagnia).
Ad ogni sosta 3 rustichelle, tre red bull e tre caff?... tengo il morale alto...
La mia storia finisce qui, con i saluti ai compagni di viaggio e con la notizia, il giorno successivo al pronto soccorso di Ancona, dei 35 gg di gesso per il malleolo fratturato.
Per? sono contento, sfigato, ma contento. Avr? qualcosa da raccontare...
ciao ciao
Federico
fine
per chi non ha visto le foto
per chi non ha visto i video
riccardo scende nella fossa
un pazzo col sidecar si fa il giro della fossa
due inglesi nudi si fanno un giro in moto...
in sella alla moto di riccardo lungo la strada che porta all'entrata
uno scorcio di vita da campo
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