Riporto la cronaca di un incidente scritta da colui che l'ha avuto...mi ha molto colpito ....
"Uno non pu? capire se non ci passa. Devo per forza cominciare cos?, visto
quello che sento e che ho dentro. Rabbia, perlopi?, affatto dissipata dalla
gioia (immensa) di aver visto ancora la Luce, di sentire vicina la persona
che amo, di capire che ? viva. ? successo tutto cos? in fretta che a fatica
mi sono accorto di quel pazzo criminale lanciato a tutta forza contro la mia
Varadero. Eppure era stata una giornata fantastica, iniziata all'unisono con
il sole e l'aria frizzantina che anche nell'estate pi? calda si riesce
inaspettatamente a respirare nell'Alta Irpinia. L'Honda 1000 parte subito,
al primo colpo, e sbuffa dolcemente ancora sul cavalletto, mentre io e
Raffaella chiudiamo le lampo ai giacconi in goretex. Il serbatoio ? pieno,
le gomme nuove (ma gi? rodate), olio a posto; il casco ? calzato e mi sento
sicuro con la mia compagna francobollata alla schiena. Lasciamo la Campania
e ci infiliamo nel Molise fino alla roccia di Campitello Matese, poi
scendiamo al mare di Termoli. Il serbatoio ? pieno, le gomme nuove (ma gi?
rodate), olio a posto; il casco ? calzato e mi sento sicuro con la mia
compagna francobollata alla schiena. Lasciamo la Campania e ci infiliamo nel
Molise fino alla roccia di Campitello Matese, poi scendiamo al mare di
Termoli. Qui, mentre quel disgraziato si prepara alla follia sbronzandosi da
qualche parte, io e Raffaella sediamo sul lungomare a sorseggiare acqua e
menta: l'indomani, pensiamo sconsolati, si torna a Firenze ed al lavoro. E
allora si riparte verso il punto di partenza del mattino. ? il 9 di agosto.
Fa caldo, abbiamo di nuovo sete. Sono le cinque e un quarto del pomeriggio
ed accenno una sosta lungo la Statale 90 delle Puglie, ma il bar non ?
quello giusto. Riparto senza nemmeno essermi fermato. I movimenti sono
meccanici: le ruote girano ancora mentre rimetto la prima, lascio lentamente
la frizione e la coppia del bicilindrico mi avverte di mettere la seconda.
Allungo un poco, ma proprio mentre ho davanti una curva a destra vedo
apparire una custom che mi punta inesorabile. Anche Raffaella ha gli occhi
avanti, sulla strada. Anche lei vede e si stringe d'istinto a me. ? il Buio,
fratello della strada, quello che mi hai sparato addosso, colpendomi in
pieno, scaraventandomi chiss? dove. Io capisco ma non posso realizzare
subito. Non ? automatico. Sento un rumore infernale proprio nel cervello,
vedo la strada fatta migliaia di volte che porta al mare dalla casa dei
nonni. Vedo numeri che si succedono sempre pi? rapidi, all'unisono col
rumore, ciclico, martellante. Sento il respiro che si affanna, che
diminuisce; avverto l'impossibilit? di sostenere quel peso che ho sui
polmoni. Sento che il mio corpo ? la gola, che ? piena di sangue e che si
riempie ancora. Muoio, e lo capisco. Il battito decelera fino a smettere, i
polmoni non si dilatano pi?. ? il silenzio assoluto per lunghi istanti. Un
senso di pace, poi una voce che ? pianto disperato si distingue dal nulla
fino a scuotermi e cresce d'intensit?. Devo scegliere se tornare da Lei e
alla vita. ? come se raccogliessi le forze e potessi sprigionarle per
raggiungere la concentrazione che mi serve. Brucia. Ma arriva un colpo di
tosse e tutto il sangue che avevo in gola lascia spazio all'aria fresca.
Vedo il cielo ed ? silenzio per un altro lunghissimo istante mentre un viso
mi parla ma non sento. Ecco ancora Raffaella che piange disperata il mio
nome e torno alla vita. Subito passo dal silenzio totale al rumore pi?
assoluto. Sento un'ambulanza che riparte e un Lorenzo Vigile del Fuoco che
mi chiede se ricordo.
Non ho pi? il casco, non sento le gambe, n? le braccia. Ogni respiro ? una
pugnalata. Mi concentro e chiedo calma alla concentrazione perch? la vita
che ? tornata in me vuole fuggire ancora. Ricordo tutto alla perfezione, ve
lo racconto, e vi dico che grido mentre una donna vuole mettermi qualcosa
sotto la testa. Non deve farlo perch? le vertebre cervicali si aprirebbero
come cozze se fossero fratturate e morirei all'istante. Non ci sono
soccorritori qualificati, lo capisco perch? qualcun altro vuol darmi da
bere. Non si pu?, non si offre da bere al traumatizzato. Mi brucia il
ventre, tra le gambe ho il fuoco e capisco di avere le cosce divaricate.
Sono supino e a Lorenzo Vigile del Fuoco chiedo con un filo di voce e con
difficolt? a mettere insieme la parole che tipo di lesioni ho. Non ti
preoccupare! dice, ma gli spiego che sono soccorritore specializzato, che
sono un poliziotto e che devo sapere per spiegare come raccogliermi dalla
strada e non peggiorare la situazione. Lorenzo Vigile del Fuoco si convince
e comincia. Hai le gambe aperte, in mezzo c'? sangue ma non c'? emorragia.
La gamba sinistra credo sia rotta al femore, ma non si capisce. Il braccio
sinistro ? rotto perch? ? tutto dietro la schiena, e quello destro ? normale
fino al polso, ma la mano ? girata. Il sangue ti esce dal naso, il casco te
l'hanno tolto. Chiedo di pizzicare piedi e capezzoli. Non sento niente.
Raffaella mi chiama e rispondo. Siamo di nuovo insieme. Arrivano le
ambulanze e prima un medico di passaggio mi conforta, mi trova i riflessi ai
piedi. Mi raccolgono come dico io, ma mancano le attrezzature: non ci sono
steccobende, immobilizzatori, tavole spinali, ma arriviamo in ospedale, a
Foggia. ? ancora calvario, per le lastre, per convincere chi mi soccorre che
il dolore ? insopportabile, ma dopo qualche ora ci trasferiscono a
Benevento. Ho pregato di avere la forza di resistere e sono stato
accontentato. La Tac scova la ragione del mio male, un dottore mi
tranquillizza, un infermiere mi conforta, la mia Raffaella mi accarezza.
Finalmente la pace della sala operatoria e il risveglio dolce in una stanza
piena di fili e di angeli. Sono vivo. Era quella la priorit?. ? andata bene,
e Raffaella ? vicino a me. Ma quanto ? costata la bevuta di un fratello
della strada, sconsiderato e criminale? 9 ossa fratturate, la pleura
sfondata, un trauma cranico di quelli che lasciano il segno, come tutti quei
chiodi piantati sulle braccia mie e di Raffaella, che ha l'ulna sinistra
polverizzata. Braccia rigide e segnate per sempre, che a distanza di mesi da
quel terribile istante ce lo ricordano in continuazione e ce lo ricorderanno
per sempre. Potr? dimenticare il rumore, il dolore, l'odore? No. Non potr?
archiviare alcun particolare del 9 agosto. Il colore del cielo, il profumo
di quelle praterie pugliesi in fiamme e spazzate dal vento resteranno per
sempre nella mia testa, come quei numeri in successione dopo la botta, come
il chilometro 48 e 878 di quella maledetta strada. Avr?, come Raffaella
ancora molti mesi di convalescenza per pensarci. Io che ho soccorso tanti,
che ne ho viste di tutti i colori sulla strada, questa volta, con Raffaella
anche lei poliziotta della Stradale, ho sentito sulla mia pelle il sapore
della tragedia.
Ho capito che la linea di confine fra la vita e la morte, vista da vicino ?
molto pi? sottile di quello che si pensi."
"Uno non pu? capire se non ci passa. Devo per forza cominciare cos?, visto
quello che sento e che ho dentro. Rabbia, perlopi?, affatto dissipata dalla
gioia (immensa) di aver visto ancora la Luce, di sentire vicina la persona
che amo, di capire che ? viva. ? successo tutto cos? in fretta che a fatica
mi sono accorto di quel pazzo criminale lanciato a tutta forza contro la mia
Varadero. Eppure era stata una giornata fantastica, iniziata all'unisono con
il sole e l'aria frizzantina che anche nell'estate pi? calda si riesce
inaspettatamente a respirare nell'Alta Irpinia. L'Honda 1000 parte subito,
al primo colpo, e sbuffa dolcemente ancora sul cavalletto, mentre io e
Raffaella chiudiamo le lampo ai giacconi in goretex. Il serbatoio ? pieno,
le gomme nuove (ma gi? rodate), olio a posto; il casco ? calzato e mi sento
sicuro con la mia compagna francobollata alla schiena. Lasciamo la Campania
e ci infiliamo nel Molise fino alla roccia di Campitello Matese, poi
scendiamo al mare di Termoli. Il serbatoio ? pieno, le gomme nuove (ma gi?
rodate), olio a posto; il casco ? calzato e mi sento sicuro con la mia
compagna francobollata alla schiena. Lasciamo la Campania e ci infiliamo nel
Molise fino alla roccia di Campitello Matese, poi scendiamo al mare di
Termoli. Qui, mentre quel disgraziato si prepara alla follia sbronzandosi da
qualche parte, io e Raffaella sediamo sul lungomare a sorseggiare acqua e
menta: l'indomani, pensiamo sconsolati, si torna a Firenze ed al lavoro. E
allora si riparte verso il punto di partenza del mattino. ? il 9 di agosto.
Fa caldo, abbiamo di nuovo sete. Sono le cinque e un quarto del pomeriggio
ed accenno una sosta lungo la Statale 90 delle Puglie, ma il bar non ?
quello giusto. Riparto senza nemmeno essermi fermato. I movimenti sono
meccanici: le ruote girano ancora mentre rimetto la prima, lascio lentamente
la frizione e la coppia del bicilindrico mi avverte di mettere la seconda.
Allungo un poco, ma proprio mentre ho davanti una curva a destra vedo
apparire una custom che mi punta inesorabile. Anche Raffaella ha gli occhi
avanti, sulla strada. Anche lei vede e si stringe d'istinto a me. ? il Buio,
fratello della strada, quello che mi hai sparato addosso, colpendomi in
pieno, scaraventandomi chiss? dove. Io capisco ma non posso realizzare
subito. Non ? automatico. Sento un rumore infernale proprio nel cervello,
vedo la strada fatta migliaia di volte che porta al mare dalla casa dei
nonni. Vedo numeri che si succedono sempre pi? rapidi, all'unisono col
rumore, ciclico, martellante. Sento il respiro che si affanna, che
diminuisce; avverto l'impossibilit? di sostenere quel peso che ho sui
polmoni. Sento che il mio corpo ? la gola, che ? piena di sangue e che si
riempie ancora. Muoio, e lo capisco. Il battito decelera fino a smettere, i
polmoni non si dilatano pi?. ? il silenzio assoluto per lunghi istanti. Un
senso di pace, poi una voce che ? pianto disperato si distingue dal nulla
fino a scuotermi e cresce d'intensit?. Devo scegliere se tornare da Lei e
alla vita. ? come se raccogliessi le forze e potessi sprigionarle per
raggiungere la concentrazione che mi serve. Brucia. Ma arriva un colpo di
tosse e tutto il sangue che avevo in gola lascia spazio all'aria fresca.
Vedo il cielo ed ? silenzio per un altro lunghissimo istante mentre un viso
mi parla ma non sento. Ecco ancora Raffaella che piange disperata il mio
nome e torno alla vita. Subito passo dal silenzio totale al rumore pi?
assoluto. Sento un'ambulanza che riparte e un Lorenzo Vigile del Fuoco che
mi chiede se ricordo.
Non ho pi? il casco, non sento le gambe, n? le braccia. Ogni respiro ? una
pugnalata. Mi concentro e chiedo calma alla concentrazione perch? la vita
che ? tornata in me vuole fuggire ancora. Ricordo tutto alla perfezione, ve
lo racconto, e vi dico che grido mentre una donna vuole mettermi qualcosa
sotto la testa. Non deve farlo perch? le vertebre cervicali si aprirebbero
come cozze se fossero fratturate e morirei all'istante. Non ci sono
soccorritori qualificati, lo capisco perch? qualcun altro vuol darmi da
bere. Non si pu?, non si offre da bere al traumatizzato. Mi brucia il
ventre, tra le gambe ho il fuoco e capisco di avere le cosce divaricate.
Sono supino e a Lorenzo Vigile del Fuoco chiedo con un filo di voce e con
difficolt? a mettere insieme la parole che tipo di lesioni ho. Non ti
preoccupare! dice, ma gli spiego che sono soccorritore specializzato, che
sono un poliziotto e che devo sapere per spiegare come raccogliermi dalla
strada e non peggiorare la situazione. Lorenzo Vigile del Fuoco si convince
e comincia. Hai le gambe aperte, in mezzo c'? sangue ma non c'? emorragia.
La gamba sinistra credo sia rotta al femore, ma non si capisce. Il braccio
sinistro ? rotto perch? ? tutto dietro la schiena, e quello destro ? normale
fino al polso, ma la mano ? girata. Il sangue ti esce dal naso, il casco te
l'hanno tolto. Chiedo di pizzicare piedi e capezzoli. Non sento niente.
Raffaella mi chiama e rispondo. Siamo di nuovo insieme. Arrivano le
ambulanze e prima un medico di passaggio mi conforta, mi trova i riflessi ai
piedi. Mi raccolgono come dico io, ma mancano le attrezzature: non ci sono
steccobende, immobilizzatori, tavole spinali, ma arriviamo in ospedale, a
Foggia. ? ancora calvario, per le lastre, per convincere chi mi soccorre che
il dolore ? insopportabile, ma dopo qualche ora ci trasferiscono a
Benevento. Ho pregato di avere la forza di resistere e sono stato
accontentato. La Tac scova la ragione del mio male, un dottore mi
tranquillizza, un infermiere mi conforta, la mia Raffaella mi accarezza.
Finalmente la pace della sala operatoria e il risveglio dolce in una stanza
piena di fili e di angeli. Sono vivo. Era quella la priorit?. ? andata bene,
e Raffaella ? vicino a me. Ma quanto ? costata la bevuta di un fratello
della strada, sconsiderato e criminale? 9 ossa fratturate, la pleura
sfondata, un trauma cranico di quelli che lasciano il segno, come tutti quei
chiodi piantati sulle braccia mie e di Raffaella, che ha l'ulna sinistra
polverizzata. Braccia rigide e segnate per sempre, che a distanza di mesi da
quel terribile istante ce lo ricordano in continuazione e ce lo ricorderanno
per sempre. Potr? dimenticare il rumore, il dolore, l'odore? No. Non potr?
archiviare alcun particolare del 9 agosto. Il colore del cielo, il profumo
di quelle praterie pugliesi in fiamme e spazzate dal vento resteranno per
sempre nella mia testa, come quei numeri in successione dopo la botta, come
il chilometro 48 e 878 di quella maledetta strada. Avr?, come Raffaella
ancora molti mesi di convalescenza per pensarci. Io che ho soccorso tanti,
che ne ho viste di tutti i colori sulla strada, questa volta, con Raffaella
anche lei poliziotta della Stradale, ho sentito sulla mia pelle il sapore
della tragedia.
Ho capito che la linea di confine fra la vita e la morte, vista da vicino ?
molto pi? sottile di quello che si pensi."
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