Questa ? la situazione attuale ma il governo dopo la finanziaria ha come primo obiettivo di mettere le mani su questo problema ... e non saranno certo dei miglioramenti.
UNA magra pensione attende i giovani tra i 25 e i 40 anni che lavorano da pochi anni: i dipendenti avranno al massimo il 50% degli ultimi stipendi, mentre i parasubordinati (collaboratori, venditori a domicilio, professionisti iscritti all?Inps) avranno al massimo il 30%. Un futuro nero che rende indispensabile la previdenza complementare. Il sistema, per?, stenta a decollare: i lavoratori hanno da un lato le idee confuse, dall?altro sono preoccupati di versare soldi per una pensione bis soggetta alle leggi di mercato e, quindi, agli alti e bassi della finanza.
Lavoro flessibile. Prendiamo i collaboratori coordinati e continuativi: incarichi pesanti e molto spesso analoghi a quelli dei rapporti subordinati, in cambio di stipendi modesti. Paghe pi? basse di quelle dei dipendenti, con un rapporto di lavoro di natura autonoma, quasi fossero liberi professionisti. E? la flessibilit?, bellezza: in nome della quale i lavori tendono a diventare tutti precari.
Per capire che pensione avranno gli interessati, basiamoci solo sulle leggi attuali e sulla riforma Berlusconi che scatter? dal 2008. Senza, quindi, neanche pensare a possibili future modifiche peggiorative: molti difensori del bilancio statale, infatti, gi? oggi spingono affinch? il sistema di calcolo contributivo delle pensioni sia reso ancor pi? restrittivo dell?attuale, andando a toccare i coefficienti di rendimento (tecnicamente coefficienti di trasformazione ) delle pensioni.
Gli ingredienti
per fare i conti
I fattori penalizzanti. Le future pensioni dei lavoratori flessibili sono frutto di due fattori che, incrociandosi, le impoveriscono rispetto al passato:
il sistema di calcolo contributivo , che abbraccia tutta la vita lavorativa degli interessati;
le aliquote di versamento dei contributi , pi? basse di quelle previste per i dipendenti.
Montante contributivo. Il calcolo della pensione contributiva che attende co.co.co. e co.co.pro. (lavoratori a progetto) parte dal montante contributivo : la somma, cio?, dei contributi versati in tutta la vita lavorativa. Questo sistema appiattisce l?importo della pensione proprio perch?, considera tutti i contributi, quindi anche quelli dei primi anni di lavoro, normalmente pi? bassi di quelli successivi. Quindi, anche chi compie una fulgida carriera, passando da lavori precari con stipendi modesti a incarichi altamente specializzati e pagati a peso d?oro, avr? una pensione ben lontana dai compensi degli ultimi anni.
Tassi di rivalutazione. Prima di sommare tutti i versamenti, entrano in gioco i tassi di rivalutazione dei montanti annui. Nella pensione, infatti, i contributi verranno rivalutati in base all?inflazione: pi? precisamente, ogni anno, a partire dal 1996, sar? rivalutato in base al tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale nei cinque anni precedenti .
Con questo sistema i contributi vengono allineati alquanto ai valori di oggi. E? lampante, infatti, che il potere d?acquisto di 2 milioni di lire di contributi versati nel 1996 fosse all?epoca molto superiore a quello di 1.033 euro di oggi. Bene: per pareggiare i conti, ai contributi del 1996 si applica il coefficiente 1,055871 (un aumento, cio?, del 5,60%). E cos? di anno in anno (vedi box): solo i compensi degli ultimi due anni non sono rivalutati (la regola vale anche per i dipendenti).
Coefficienti di trasformazione. Una volta aumentati i montanti annui si somma il tutto e si ha il ?capitale? versato, al quale si applica il coefficiente di trasformazione (da contributo a pensione), in base alle percentuali indicate nella tabella. Come si vede, pi? si ? giovani nel momento in cui si chiede la pensione, pi? ? basso il coefficiente.
Quei due requisiti
fanno la differenza
I l fattore contributi. Sui due fattori che determinano la pensione contributiva (cio? l?importo dei contributi versati e l?et? di chi chiede la pensione ) ? necessario soffermarsi con calma. Partiamo d ai contributi.
I lavoratori dipendenti versano il 32,70% della retribuzione (di cui l?8,89% di tasca propria, il restante 23,81% a carico dell?azienda): su una busta paga di 1.500 euro lordi al mese, all?Inps entrano 490,50 euro.
I parasubordinati, in base alla propria posizione, versano il 10% (se iscritti anche ad altre forme di assicurazione obbligatoria o titolari di pensione ai superstiti), il 15% (se sono titolari di pensione diretta: vecchiaia, anzianit?, invalidit?) o il 18,20% (se sono solo parasubordinati e senza pensione). va ricordato che il 18,20% si paga sui redditi fino a 39.297 euro annui, mentre sulle quote eccedenti si versa il 19,20%.
In generale, comunque, i contributi si pagano sui compensi fino a 85.478 euro annui: le quote eccedenti sono esenti dai versamenti Inps.
A seconda delle aliquote, comunque, su un compenso di 1.500 euro si pagano tra i 150 e i 273 euro: rispetto ai dipendenti, tra i 220,50 e i 337,50 euro in meno al mese.
Inevitabilmente, il montante contributivo globale con cui i parasubordinati si presenteranno all?Inps per chiedere la pensione, sar? ben diverso rispetto a quello dei dipendenti. I primi, a parit? di compensi mensili, avranno versato sul conto Inps molti meno soldi e quindi avranno una pensione di importo inferiore: dalla met? fino ai due terzi.
Il fattore et?. Chi va in pensione a 57 anni avr? una pensione inferiore rispetto a chi la chiede ad un?et? pi? elevata: il massimo lo ottiene chi va a riposo a 65 anni.
Prendiamo quattro parasubordinati che, nella loro carriera, abbiano tutti versato 200 mila euro di contributi (rivalutazioni comprese): la pensione Inps sar? di 9.440 euro l?anno per chi l?ha chiesta a 57 anni, di 10.326 euro a chi ha 60 anni, di 11.412 a chi ha 63 anni e di 12.272 euro a chi ha 65 anni. E l?orizzonte
? pieno di nuvole
Pensi one minima. Prima dei 65 anni, per avere la pensione bisogna raggiungere un importo mensile non inferiore all?assegno sociale Inps aumentato del 20%. Quest?anno la soglia minima ? di 5.954,83 euro: chi non raggiunge tale limite (che ovviamente cambia ogni anno) deve versare altri contributi. A 65 anni, invece, la pensione ? pagata comunque, anche se inferiore alla soglia.
Dal 2008. Quanto detto finora vale fino a dicembre 2007. Da gennaio 2008, in base alla riforma Berlusconi, le donne non potranno avere la pensione contributiva prima dei 60 anni, gli uomini non prima dei 65. La norma ripropone la divisione (ma molti parlano di discriminazione a danno degli uomini) dei sessi, cos? come accade per la pensione retributiva. Mentre la pensione contributiva ideata dal premier Dini aveva annullato la differenza d?et? tra i sessi, la riforma Berlusconi ha riproposto la differenza. Va sottolineato che il tetto dei 65 anni vale anche per le donne nei casi in cui non abbian o raggiunto un importo di pensione pari alla pensione sociale aumentato del 20%.
Nubi all?orizzonte. Molti tecnici ritengono che i coefficienti di trasformazione indicati nella tabella siano di ?manica larga?, cio? distribuiscano pensioni troppo ricche. E quindi auspicano una riduzione delle aliquote. Per i giovani di oggi, l?orizzonte pensionistico (reso gi? buio dalle norme attuali) rischia di diventare sempre pi? nero. Motivo in pi? per non continuare a guardare la previdenza integrativa come se fosse un?astronave aliena.
UNA magra pensione attende i giovani tra i 25 e i 40 anni che lavorano da pochi anni: i dipendenti avranno al massimo il 50% degli ultimi stipendi, mentre i parasubordinati (collaboratori, venditori a domicilio, professionisti iscritti all?Inps) avranno al massimo il 30%. Un futuro nero che rende indispensabile la previdenza complementare. Il sistema, per?, stenta a decollare: i lavoratori hanno da un lato le idee confuse, dall?altro sono preoccupati di versare soldi per una pensione bis soggetta alle leggi di mercato e, quindi, agli alti e bassi della finanza.
Lavoro flessibile. Prendiamo i collaboratori coordinati e continuativi: incarichi pesanti e molto spesso analoghi a quelli dei rapporti subordinati, in cambio di stipendi modesti. Paghe pi? basse di quelle dei dipendenti, con un rapporto di lavoro di natura autonoma, quasi fossero liberi professionisti. E? la flessibilit?, bellezza: in nome della quale i lavori tendono a diventare tutti precari.
Per capire che pensione avranno gli interessati, basiamoci solo sulle leggi attuali e sulla riforma Berlusconi che scatter? dal 2008. Senza, quindi, neanche pensare a possibili future modifiche peggiorative: molti difensori del bilancio statale, infatti, gi? oggi spingono affinch? il sistema di calcolo contributivo delle pensioni sia reso ancor pi? restrittivo dell?attuale, andando a toccare i coefficienti di rendimento (tecnicamente coefficienti di trasformazione ) delle pensioni.
Gli ingredienti
per fare i conti
I fattori penalizzanti. Le future pensioni dei lavoratori flessibili sono frutto di due fattori che, incrociandosi, le impoveriscono rispetto al passato:
il sistema di calcolo contributivo , che abbraccia tutta la vita lavorativa degli interessati;
le aliquote di versamento dei contributi , pi? basse di quelle previste per i dipendenti.
Montante contributivo. Il calcolo della pensione contributiva che attende co.co.co. e co.co.pro. (lavoratori a progetto) parte dal montante contributivo : la somma, cio?, dei contributi versati in tutta la vita lavorativa. Questo sistema appiattisce l?importo della pensione proprio perch?, considera tutti i contributi, quindi anche quelli dei primi anni di lavoro, normalmente pi? bassi di quelli successivi. Quindi, anche chi compie una fulgida carriera, passando da lavori precari con stipendi modesti a incarichi altamente specializzati e pagati a peso d?oro, avr? una pensione ben lontana dai compensi degli ultimi anni.
Tassi di rivalutazione. Prima di sommare tutti i versamenti, entrano in gioco i tassi di rivalutazione dei montanti annui. Nella pensione, infatti, i contributi verranno rivalutati in base all?inflazione: pi? precisamente, ogni anno, a partire dal 1996, sar? rivalutato in base al tasso medio annuo composto di variazione del prodotto interno lordo nominale nei cinque anni precedenti .
Con questo sistema i contributi vengono allineati alquanto ai valori di oggi. E? lampante, infatti, che il potere d?acquisto di 2 milioni di lire di contributi versati nel 1996 fosse all?epoca molto superiore a quello di 1.033 euro di oggi. Bene: per pareggiare i conti, ai contributi del 1996 si applica il coefficiente 1,055871 (un aumento, cio?, del 5,60%). E cos? di anno in anno (vedi box): solo i compensi degli ultimi due anni non sono rivalutati (la regola vale anche per i dipendenti).
Coefficienti di trasformazione. Una volta aumentati i montanti annui si somma il tutto e si ha il ?capitale? versato, al quale si applica il coefficiente di trasformazione (da contributo a pensione), in base alle percentuali indicate nella tabella. Come si vede, pi? si ? giovani nel momento in cui si chiede la pensione, pi? ? basso il coefficiente.
Quei due requisiti
fanno la differenza
I l fattore contributi. Sui due fattori che determinano la pensione contributiva (cio? l?importo dei contributi versati e l?et? di chi chiede la pensione ) ? necessario soffermarsi con calma. Partiamo d ai contributi.
I lavoratori dipendenti versano il 32,70% della retribuzione (di cui l?8,89% di tasca propria, il restante 23,81% a carico dell?azienda): su una busta paga di 1.500 euro lordi al mese, all?Inps entrano 490,50 euro.
I parasubordinati, in base alla propria posizione, versano il 10% (se iscritti anche ad altre forme di assicurazione obbligatoria o titolari di pensione ai superstiti), il 15% (se sono titolari di pensione diretta: vecchiaia, anzianit?, invalidit?) o il 18,20% (se sono solo parasubordinati e senza pensione). va ricordato che il 18,20% si paga sui redditi fino a 39.297 euro annui, mentre sulle quote eccedenti si versa il 19,20%.
In generale, comunque, i contributi si pagano sui compensi fino a 85.478 euro annui: le quote eccedenti sono esenti dai versamenti Inps.
A seconda delle aliquote, comunque, su un compenso di 1.500 euro si pagano tra i 150 e i 273 euro: rispetto ai dipendenti, tra i 220,50 e i 337,50 euro in meno al mese.
Inevitabilmente, il montante contributivo globale con cui i parasubordinati si presenteranno all?Inps per chiedere la pensione, sar? ben diverso rispetto a quello dei dipendenti. I primi, a parit? di compensi mensili, avranno versato sul conto Inps molti meno soldi e quindi avranno una pensione di importo inferiore: dalla met? fino ai due terzi.
Il fattore et?. Chi va in pensione a 57 anni avr? una pensione inferiore rispetto a chi la chiede ad un?et? pi? elevata: il massimo lo ottiene chi va a riposo a 65 anni.
Prendiamo quattro parasubordinati che, nella loro carriera, abbiano tutti versato 200 mila euro di contributi (rivalutazioni comprese): la pensione Inps sar? di 9.440 euro l?anno per chi l?ha chiesta a 57 anni, di 10.326 euro a chi ha 60 anni, di 11.412 a chi ha 63 anni e di 12.272 euro a chi ha 65 anni. E l?orizzonte
? pieno di nuvole
Pensi one minima. Prima dei 65 anni, per avere la pensione bisogna raggiungere un importo mensile non inferiore all?assegno sociale Inps aumentato del 20%. Quest?anno la soglia minima ? di 5.954,83 euro: chi non raggiunge tale limite (che ovviamente cambia ogni anno) deve versare altri contributi. A 65 anni, invece, la pensione ? pagata comunque, anche se inferiore alla soglia.
Dal 2008. Quanto detto finora vale fino a dicembre 2007. Da gennaio 2008, in base alla riforma Berlusconi, le donne non potranno avere la pensione contributiva prima dei 60 anni, gli uomini non prima dei 65. La norma ripropone la divisione (ma molti parlano di discriminazione a danno degli uomini) dei sessi, cos? come accade per la pensione retributiva. Mentre la pensione contributiva ideata dal premier Dini aveva annullato la differenza d?et? tra i sessi, la riforma Berlusconi ha riproposto la differenza. Va sottolineato che il tetto dei 65 anni vale anche per le donne nei casi in cui non abbian o raggiunto un importo di pensione pari alla pensione sociale aumentato del 20%.
Nubi all?orizzonte. Molti tecnici ritengono che i coefficienti di trasformazione indicati nella tabella siano di ?manica larga?, cio? distribuiscano pensioni troppo ricche. E quindi auspicano una riduzione delle aliquote. Per i giovani di oggi, l?orizzonte pensionistico (reso gi? buio dalle norme attuali) rischia di diventare sempre pi? nero. Motivo in pi? per non continuare a guardare la previdenza integrativa come se fosse un?astronave aliena.
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