La circolare del ministero dell'Istruzione e del Merito per «ribadire» che nelle comunicazioni ufficiali è «imprescindibile il rispetto delle regole della lingua italiana», e dunque «segni grafici non conformi» rischiano di «compromettere la chiarezza e l'uniformità della comunicazione»
Al ministero dell’Istruzione e del Merito negli ultimi mesi sono arrivate una decina di segnalazioni di uso dell’asterisco o dello schwa nelle comunicazioni nei siti di alcune scuole. Tanto è bastato al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara per far preparare ai suoi uffici una circolare il cui contenuto è sintetico: stop all'uso del genere neutro per declinare i sostantivi e basta con i segni grafici che indichino un linguaggio inclusivo nei documenti ufficiali e nelle comunicazioni.
Ecco che cosa si legge nel documento: «Nelle comunicazioni ufficiali è imprescindibile il rispetto delle regole della lingua italiana», e «l’uso di segni grafici non conformi, come l’asterisco (*) e lo schwa (ə), è in contrasto con le norme linguistiche e rischia di compromettere la chiarezza e l’uniformità della comunicazione istituzionale».
L'asterisco e il femminile sovraesteso
In realtà l’uso dell’asterisco, di cui si è discusso tanto in questi ultimi anni, non è così diffuso nelle comunicazioni scolastiche né nelle scuole in generale. Tanto che per risollevare il tema lo scorso anno il rettore dell’Università di Trento usò il femminile sovraesteso, cioè per indicare le cariche di tutti anche degli uomini, in un documento del Senato Accademico. Scoppiò il caso, ma la trovata non fu ripetuta.
Fece notizia, due maturità fa, la storia dello studente del Plinio Seniore di Roma che scrisse tutto il tema usando la schwa. Si temette in un brutto voto ma poi prese 17/20: «Lo schwa – aveva spiegato lo studente - ormai è entrato nel mio modo di pensare e sarebbe complicato non utilizzarlo per esprimermi. Volevo dimostrare che utilizzare una forma di linguaggio che rappresenti tutti e tutte è possibile, anche durante una prova importante come l’esame di Stato».
Cosa dice l'Accademia della Crusca sullo schwa
È stata invece l’Accademia della Crusca, a cui si rifà anche il documento voluto dal ministro Valditara, ad esprimersi due volte ultimamente sull’uso dello schwa nei documenti della pubblica amministrazione. Ad interrogarla era stata la Cassazione sull’uso dei generi nelle sentenze: il consiglio dei «custodi della lingua» è stato quello di evitare un suono che non esiste nel linguaggio parlato, come l’asterisco o lo schwa.
«La lingua giuridica non è sede adatta per sperimentazioni innovative minoritarie che porterebbero alla disomogeneità e all’idioletto (cioè una lingua individuale, ndr)», si legge nella risposta degli accademici, che hanno però individuato quattro regole di comportamento per usare un linguaggio che risulti comunque più inclusivo:
- evitare in maniera assoluta il maschile singolare con referente generico e indeterminato (da alcuni definito «inclusivo» o, meno correttamente, «neutro») perché a torto considerato «non marcato»;
- evitare l’articolo determinativo prima dei cognomi di donne, perché genera un’asimmetria con quelli di uomini;
- in caso di pluralità di nomi di genere grammaticale diverso, accordare il genere degli aggettivi e/o degli altri elementi ad essi riferiti con quello dei nomi che sono in maggioranza oppure con l’ultimo nome;
- usare il genere femminile per i titoli professionali che sono riferiti a donne.
Come consiglio pratico, i giudici aggiungono che, nei casi in cui risulta inevitabile, si può usare il maschile plurale al posto del raddoppiamento maschile/femminile (non dunque amici/amiche, cittadini/cittadine).
notizia da: corriere.it
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