In India hanno lanciato la prima moto commerciale a metano e sembra apprezzata. In Italia questo non accadrà, o almeno per ora. Ma è davvero una soluzione così malvagia?
Lo vuole un po’ la cultura vera e propria del Paese e un po’ quella motociclistica, ma rimane il fatto che l’Italia ha una visione della moto abbastanza ristretta rispetto al resto del mondo. Rispetto a Cina e India è come parlare di bianco e nero ma anche con l’Europa ci sono differenze, dove comunque si vedono mezzi a due ruote di tutti i tipi per le strade. Nel Bel Paese invece rimane quel tarlo nella testa di molti motociclisti per cui la moto deve avere a tutti i costi una potenza elevata per ogni utilizzo.
Non si tratta di un problema, siamo un po’ la patria della moto, basta vedere quanti italiani (che vanno forte) ci sono nel motomondiale. Però proprio qui dove negli anni ’80 la moto era considerato anche un mezzo di trasporto, oggi rimane per lo più un divertimento. Non esiste un giusto o sbagliato, ma proprio per questo motivo l’Italia non è pronta alla diffusione di alcune soluzioni tecnologiche e tecniche.
Il caso della moto a metano
Senza andare a prendere prototipi di dubbio funzionamento e uscita, prendiamo il caso della Bajaj 125 Freedom CNG, una moto presentata da poco in India e pronta per il lancio nel 2025 con doppia alimentazione: benzina e metano.
La struttura è semplice; sotto la sella corre una bombola da 12,5 l capace di ospitare 2 kg di metano a 7 bar, mentre il serbatoio della benzina rimane piccolo, 2 l, per compensare in caso ci si trovi lontano dal distributore di metano. Il mix dei due carburanti permette di percorrere fino a 330 km (200 a metano e 130 a benzina).
Per quanto riguarda le prestazioni, il motore eroga 9,5 cv e 9,7 Nm di coppia, l’equivalente di un 110 cc, a causa della minor densità energetica del metano.
La ciclistica rimane semplice: forcella a steli tradizionali, monoammortizzatore posteriore e impianto frenante a tamburo sia davanti che dietro, mentre nella versione top di gamma i freni sono a disco. Il prezzo quindi rimane contenuto, parte dai 1.041 euro (convertiti) e arriva a 1.206 euro nella versione top di gamma.
Non si tratta di un prodotto di alta fascia, bensì di uno strumento che permetta di abbattere ulteriormente i costi di esercizio. Quindi qualcosa di ben pensato e non solo un’esaltazione della tecnica.
Perché non va bene in Italia?
Non si può dire che sarà sicuramente un successo in India ma vista la vastità del mercato moto e dal fatto che oggi aprono circa cento distributori di metano al mese lì, potrebbe essere una nuova soluzione per il Paese. Considerando inoltre che Bajaj dichiara costi dimezzati per quanto riguarda il rifornimento.
Le carte a favore della Freedom sono parecchie ma probabilmente si potrebbe essere scettici riguardo le bombole e la loro pressione di esercizio. Per questo Bajaj ha effettuato undici test per mettere alla prova l’efficacia del suo veicolo. In alcuni video si vede infatti come, dopo urti pesanti, da diverse direzioni e con diverse specifiche, le bombole non accusano alcun tipo di danneggiamento o perdita. Si tratta di sistemi di stoccaggio molto resistenti che a vuoto pesano 16 kg.
Quindi cosa le manca? In realtà nulla e da qualche recensore dall’India si ricevono riscontri positivi per quanto riguarda il funzionamento. I consumi parrebbero in linea con quanto dichiarato e non ci sono complicazioni considerando che per un pieno bastano 5 minuti.
In Italia la Freedom 125 CNG in particolare probabilmente non trova spazio per potenza e cilindrata. Un 125 qui quasi deve arrivare a 15 cv per poterne valutare l’acquisto e difficilmente verrà utilizzato come mezzo di trasporto, se non dai ragazzi a due anni dalla patente auto. Se si aumentasse la cilindrata il problema resterebbe lo stesso, poca potenza. Prendendo per ipotesi una moto alimentata a metano da 500 cc, a parità di cubatura, una puramente a benzina avrà un 10% in più di cavalli.
A qualcuno potrebbe andare anche bene ma basta confrontare il riscontro del pubblico alla Kawasaki Z o Ninja 7 Hybridper capirne lo scetticismo.
Non è sbagliato il ragionamento di Kawasaki; il 7 nel nome della Kawasaki sta per “700”, questo perché il motore termico da 400 cc, combinato con il boost offerto dall’elettrico offre le prestazioni di una 700, con lo spunto di un 1000, mantenendo i consumi del 400. La domanda che viene spontanea è: Perché prendere una moto più pesante e costosa se posso optare direttamente per una 700? E il ragionamento non fa una piega, ma non viene preso in considerazione il potenziale della tecnologia in questione.
Il metano e l’ibrido non sono la soluzione a tutto ma potrebbero essere d'aiuto a seconda delle esigenze, come lo sono state sulle auto tempo fa. E proprio dall’esperienza ultradecennale di quest’ultime le case moto possono trarne i vantaggi costruttivi per realizzare modelli intelligenti e in linea con le concorrenti termiche per prestazioni e feeling di guida.
Un senso per il futuro
Di certo nessuno può costringere nessuno, la moto è meno sicura dell’auto e ovviamente è un buon mezzo quasi solo per gli spostamenti individuali di corto o medio raggio. L’Italia, ma anche l’Europa, sono più sviluppate dell’India ed economicamente più forti; perciò, per alcune persone, la scelta di un altro mezzo prevede anche il comfort oltre che la necessità e la moto diventa lo strumento per il divertimento nel weekend. Tutto corretto, però non è che per questo motivo ci perderemo qualche innovazione tecnologica dell’ambito moto? Si sa che qualcosa prende piede e diventa economicamente accessibile a tutti solo se viene venduta in una certa quantità.
Passare all’ibrido è qualcosa di innaturale oggi per chi va in moto ma se un giorno dovessimo trovarci costretti a questa scelta, a causa di regole sulle emissioni, succederebbe come nel mondo auto che, proprio perchè le tecnologie (in questo caso l'elettrico) non sono state prese in considerazione così tanto prima degli obblighi, ha visto un’impennata dei prezzi per la “nuova” tecnologia.
notizia da: dueruote.it
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