Il Noma più che un ristorante è un icona della cucina: cinque volte numero uno al mondo, tre stelle Michelin, capace dal 2003 a oggi di riscrivere la storia della gastronomia mondiale.
Ma entro la fine del 2024 chiuderà i battenti. Complici la pandemia e la carenza di personale, lo chef René Redzepi ha realizzato che ormai questo modello non è più sostenibile. Ma da Copenaghen rassicura: "Chiudiamo un capitolo ma ne apriamo un altro più creativo".
Il progetto - Prima del Noma la cucina della Danimarca praticamente non esisteva: aringhe, patate e, al ristorante, piatti francesi. Redzepi invece costringe i danesi a usare i propri ingredienti nativi e con la sua nuova cucina nordica rape, renne e licheni hanno il diritto di stare in un menu di tutto rispetto, quello che nel 2013 il Times incoronò come "The gods of food". Ora, però, tutto questo sta per finire. O, come ha spiegato Redzepi sui social, "sta per trasformarsi radicalmente". Dal 2025 infatti il ristorante non esisterà più. Diventerà "il Noma 3.0: un laboratorio di sperimentazione permanente, alla ricerca di nuovi sapori e progetti dirompenti. Una fabbrica di natura". Ci sarà ancora il servizio agli ospiti a Copenaghen, ma solo ogni tanto, quando lo staff avrà trovato abbastanza innovazioni da farassaggiare. Per il resto, la brigata sarà in giro per il mondo a studiare e cercare idee, aprendo qui e là dei pop-up.
Perché chiudere? "Durante la pandemia - spiega lo chef in un'intervista a la Repubblica - , nel primo lockdown nel 2020, ho avuto per la prima volta dopo anni iltempo di riflettere. Lavorare come stiamo facendo per i prossimi dieci, vent' anni non è un modello sostenibile. Ci sono sempre meno cuochi disponibili nel nostro mondo, dobbiamo trovare un metodo che funzioni in modo diverso. Quindi ho deciso di provare a creare un piano per riuscire ad avere una nuova idea del fine dining , ed è così che è nato Noma Projects.Tante ore di fatica, almeno 60 alla settimana. Redzepi stesso ha più volte ammesso che questa organizzazione non è sostenibile, né umanamente né economicamente. "Pagare 100 dipendenti, garantire lo standard del cibo e tenere i prezzi affrontabili per il pubblico (una cena, oggi, costa già 470 euro a testa vini esclusi, ndr ) è matematicamente impossibile", ha detto al New York Times . Il 2021 si è infatti chiuso con 230mila euro di perdite. Il tema, dunque, è riscrivere il funzionamento dei ristoranti di un certo livello. "Dunque, quando chiuderemo, passeremo del tempo a costruire questa nuova piattaforma. "Il nostro sogno è creare una piattaforma finanziaria che possa permettere a chi lavora per noi di guadagnare di più. Forse nel futuro apriremo solo tre o quattro mesi all'anno, passando il resto del tempo a lavorare sulla creatività".
La ricerca di un nuovo modello - Per René Redzepi inizia una fase nuova, che da più spazio alla qualità del tempo. Nei "Paesi scandinavi i ristoranti sono più pieni che mai, ma il personale è sempre meno numeroso. Le persone scelgono altri posti, altre industrie in cui lavorare, e questo è un problema che continuerà a esserci se non troviamo un nuovo modello dove le persone possono lavorare un po' meno e guadagnare di più".Ovviamente un modo per farlo sarebbe alzare i prezzi, ma poi sarebbe troppo costoso. Rischiamo che il fine dining diventi come la Premier League del calcio: la proprietà è di persone che hanno tantissimi soldi e basta, che lo fanno quasi come un hobby".
da tgcom24