Sono le 19 del 10 giugno 1981, quarant’anni anni fa, quando il padre di Alfredino Rampi, allarmato dall'assenza del figlio, chiama la polizia. Da quel momento inizia un'agonia che durerà per 60 ore. Gli agenti si rendono subito conto della situazione:le urla del bambino di 6 anni provengono da un pozzo,con un diametro di appena 30 centimetri. La tragedia di Vermicino, piccola frazione vicino a Roma, si consumò sotto gli occhi di milioni di italiani, attraverso le immagini trasmesse dalle tv.
Il telegiornale dà subito la notizia, intanto i vigili del fuoco tentano di tenere sveglio il piccolo. Con il passare delle ore ci si rende conto che liberarlo non è facile, visto che i tradizionali mezzi di salvataggio si rivelano inutili. Sul posto tecnici e speleologici, ma senza alcun esito. Allora si domanda l'aiuto di contorsionisti, nani, circensi, fantini: il risultato non cambia, tutti falliscono, risalendo in superficie con ferite, escoriazioni, ma a mani vuote.
Il dramma tenne incollata l'Italia alla tv
La vicenda, grazie alla televisione, entra prepotentemente nelle case degli italiani diventando un vero caso mediatico: la sera del 12 giugno 28 milioni di telespettatori restano incollati al video a seguire la tragedia del bimbo, le cui grida sono amplificate da un microfono calato giù nel cunicolo. Tra i tanti tentativi di salvare Alfredino, quello del 37enne Angelo Licheri, ex tipografo di origine sarda che, complice il suo fisico minuto da contorsionista, si impegna nella missione impossibile di andare a prendere il bimbo nelle viscere della terra.
L'obiettivo, che poi risulterà vano, è tentare di imbragare il piccolo e portarlo su. Licheri ci va vicinissimo, ma fallisce. Quando torna in superficie scoppia in un pianto dirotto. Da quell'esperienza Licheri non si riprenderà mai più. Si cerca persino di scavare un pozzo parallelo per raggiungere più facilmente il bimbo, ma quanto più la trivella perfora il terreno, tanto più Alfredino sprofonda nel pozzo, sempre più esangue e disperato. Intanto giungono a Vermicino decine e decine di persone, compreso il presidente della Repubblica Pertini, che tenta di rincuorare personalmente il bimbo, incitandolo a resistere.
La situazione peggiora di ora in ora e ogni tentativo di salvataggio si spegne. Il fango all'interno del cunicolo, il terreno duro da penetrare, la confusione, l'impreparazione, la sfortuna, la fretta, tutto contribuisce a decretare la sconfitta.
La mattina del 13 giugno l'Italia si arrende al fallimento: dopo 60 ore di agonia, trasmessa in diretta a reti unificate, l'annuncio è del conduttore del Tg1 Massimo Valentini. In lacrime il giornalista comunica che il corpo di Alfredino è scivolato giù, sprofondando per 26 metri in fondo a quel pozzo nel quale sono rimaste sepolte anche le responsabilità, mai accertate, di chi lo lasciò scoperto.
da tgcom24
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