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Riflessioni giuridiche sul COVID19

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    Riflessioni giuridiche sul COVID19

    RESTARE APERTI OGGI COL RISCHIO DI CHIUDERE DOMANI

    Nel panorama delle discussioni legate all?emergenza Covid-19, si fronteggiano lo schieramento dei tolleranti e positivi, per i quali il mondo deve andare avanti, e quello dei categorici, per i quali occorre chiudere tutto e s?bito.
    Il giurista non ha competenze cliniche per affermare, scientemente, se la pandemia verr? regolata con la prima o con la seconda delle soluzioni offerte, e non ? questa la sede per argomentare politicamente ci? che accade: il giurista, per?, pu? ragionevolmente immaginare le conseguenze giuridiche che l?una o l?altra soluzione comporteranno.
    A onor del vero, ci sono in gioco tante vite umane, e questo, dal punto di vista etico, potrebbe bastare per imporre a ciascuno di fermarsi; ma anche il partito di quelli che sostengono che l?economia abbia il dovere di ?andare avanti?, hanno le loro ragioni.
    Una riflessione nemmeno troppo attenta, induce per? a ritenere che, dal punto di vista giuridico, tenere aperto oggi equivalga a correre il rischio di chiudere domani; e si tratta di due chiusure ben differenti, dal punto di vista del tempo, poich? nell?un caso (blocco totale per qualche settimana) il sacrificio sarebbe temporaneo, nel secondo (mantenimento delle attivit? produttive) potrebbe essere definitivo.
    I DPCM emessi in questi giorni chiudono negozi e bar, parchi pubblici e giardini, ma lasciano aperte le fabbriche, che in tutta evidenza non possono ricorrere al ?lavoro agile? nei reparti produttivi.
    Chi resta aperto, si legge testualmente nel DPCM 11.03.20, all?art. 1, n. 7, deve attrezzarsi per far s? che:
    - (lett. ?c?) ?siano sospese le attivit? dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione?;
    - (lett. ?d?) si ?assumano protocolli di sicurezza anti-contagio e, laddove non fosse possibile rispettare la distanza interpersonale di un metro come principale misura di contenimento, con adozione di strumenti di protezione individuale?.
    E? una norma tranello.
    Generica, inconcludente, fumosa, essa verr? interpretata e dimensionata a posteriori, in danno delle imprese.
    Un provvedimento serio avrebbe previsto un allegato precisando almeno le tipologie di reparti non indispensabili, le norme igienico sanitarie da adottare in concreto, e i protocolli (altrettanto concreti) da osservare.
    ?Li hanno fatti il 14 marzo 2020 coi Sindacati, i Protocolli?, si dir?. Vero: ma l?insidia risiede proprio nel fatto che quei protocolli non sono stati inseriti in una fonte normativa, venendo piuttosto relegati in un accordo fra Parti Sociali, che domani chiunque potr? sconfessare.
    E qui si annida la strategia populista di un Legislatore fintamente distratto, che vuole invece dolosamente mantenersi mano libera alla bisogna.
    Al termine della pandemia, quando conteremo i morti (e saranno stati tanti), ? facile prevedere che qualcuno si sollever?, e dir? che le fabbriche (ove si sar? contato il numero pi? alto di morti fra quelli non anziani, visto che gli altri saranno stati a casa) non hanno adottato i necessari presidi di sicurezza.
    Sar? un fioccare di cause di risarcimento danni da parte delle Famiglie che avranno perso un loro caro, o di lavoratori che avranno sub?to danni alla salute, o di famigliari infettati dai lavoratori (ancora non si conoscono gli effetti permanenti post guarigione del Covid-19: gli esiti da polmonite ?comune?, in ogni caso, ? certo che possono portare a fibrosi polmonare, e degenerare in tumore al polmone; chiss? quali effetti di medio/lungo termine si collegheranno al Covid-19).
    I motivi per i quali le imprese soccomberanno in questo contenzioso sono presto detti:
    1) Il rapporto di lavoro ? un contratto; il regime dell?onere della prova in materia contrattuale, ex art. 2697 c.c., ? tale che al creditore della prestazione basta eccepire l?inadempimento del debitore, toccando al debitore provare di avere adempiuto (su tutte, Cass. Civ. SS.UU. 30 ottobre 2001, n. 13533). Fra gli obblighi contrattuali del datore di lavoro, ex art. 2087 c.c., vi ? quello di ?adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarit? del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrit? fisica e la personalit? morale dei prestatori di lavoro [Cost. 37, 41]?. Gli imprenditori, a distanza di anni (la prescrizione ? decennale) non saranno in grado di dimostrare di aver adottato tutti i presidi necessari, al netto del fatto che quei presidi, lo sappiamo tutti, non ci sono sul mercato, perch? di mascherine, ad esempio, non se ne trovano, e l?Amuchina e l?alcool scarseggiano da giorni; dare una mascherina al giorno equivale a confezionare la prova, inconfutabile, del proprio inadempimento;
    2) L?imprenditore citato a giudizio cercher? di difendersi allora ?a monte? della questione, e dir?: ma dove sta scritto che il Covid-19 lo hanno preso in fabbrica? Presto risposto: lo diranno la Legge, e i Giudici per come la interpretano. In materia civile, vige la regola del ?pi? probabile che non?. Significa che il danneggiato non dovr? dare prova rigorosa che a danneggiarlo ? stato Tizio, bastando che ci? sia stato ?pi? probabile che non?. L?impresa, citata in giudizio, obietter? che Tizio potrebbe aver preso il Covid-19 al bar, ma non sar? in grado di dimostrare che Tizio ci ? andato. I Famigliari di Tizio, invece, avranno prova certa ed inequivocabile che in Fabbrica o in Ufficio Tizio ci ? andato: saranno le buste paga a parlare. E se fra i lavoratori di quella fabbrica pi? d?uno sar? stato infettato, ecco spalancata la porta del ?pi? probabile che non?. Game over.
    Dopo aver lavorato al servizio del Paese in condizioni di emergenza, ed aver contribuito ad evitarne il collasso garantendo produzione, salari e tasse, le imprese verranno punite da quello stesso Stato che avranno puntellato, i cui Giudici riconosceranno risarcimenti ai lavoratori e alle loro famiglie, facendo pagare l?ennesimo balzello a chi ha sostenuto l?economia.
    Ho letto da qualche parte che qualcuno ipotizza di ottenere che ciascuno dei dipendenti rilasci oggi una dichiarazione liberatoria scritta, attestando di voler correre il rischio di contrarre la malattia continuando a lavorare; ? una fesseria, considerato il carattere imperativo delle norme in materia di sicurezza, e la possibile declaratoria di nullit? della rinunzia perch? riferita a un diritto fondamentale e indisponibile, di rango costituzionale (art. 32 Cost.), quale ? quello alla salute.
    Se allora volete bene a Voi stessi, ai Vostri dipendenti, a questa Italia (per quanto certa parte del Paese non se lo meriti), chiudete le Vostre attivit? per almeno 2 o 3 settimane, a prescindere da quello che decider? il Governo nelle prossime ore.
    Qualcuno di Voi, saggiamente, lo ha gi? fatto, e lo ringrazio per avermi illuminato, inducendomi a riflettere.
    Il mio ? il consiglio, prima che del Vostro professionista di fiducia, di un amico che ha sempre cercato di servirVi al meglio delle proprie possibilit?.
    Con sincera stima ed amicizia.

    Avv. Bruno Arrigoni

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    #2
    ? un momento durissimo..sotto le nuove bombe

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