A Milano Cityscoot ha deciso di "sospendere le operazioni": è solo l'ultimo di una lunga lista. Le ragioni? Alti costi di gestione e manutenzione, scarsa sostenibilità finanziaria e la concorrenza da parte dei monopattini elettrici
Con una mail molto chiara e onesta inviata ai suoi clienti, Cityscoot (il gigante francese della sharing mobility, sbarcato in Italia nel 2019) ha annunciato che il servizio sarà sospeso in Italia dal 30 novembre. Gli scooter elettrici della Govecs quindi non circoleranno più a Milano e Torino, ossia le città dove Cityscoot ha concentrato i suoi sforzi, dopo aver lasciato Roma. Alla base della decisione, ci sono le "notevoli difficoltà finanziarie" in cui versa la società.
L'ULTIMO DI UNA LUNGA LISTA
In passato altri big del settore si sono scontrati con le difficoltà del mecato italiano dello scooter sharing. Il primo fu Enjoy, che lanciò nel 2015 un servizio di scooter condivisi per poi chiudere bottega due anni dopo. Ma altri soggetti hanno avuto una vita breve e sfortunata, come il colosso spagnolo Acciona, che ha lanciato il servizio poco prima della pandemia di Covid per sospenderlo nell'aprile di quest'anno. A oggi quindi gli unici ancora attivi con servizi di scooter sharing nelle grandi città restano Cooltra e Telepass (che opera con mezzi dell'ex flotta Mimoto, poi confluita in Helbiz).
I MOTIVI DI UN FLOP
Ma perché sempre più soicetà decidono, dopo un momento di iniziale entusiasmo, di cessare le operazioni in Italia? I costi di gestione sono comunuque elevati: i mezzi in sharing vengono infatti trattati male dagli utenti, necessitano di continui interventi meccanici oltre che di personale sempre disponibile che si occupi della sostituzione delle batterie.
In più, c'è un motivo di sostenibilità finanziaria: molte di queste società non generano valore, perché erogano servizi a basso costo come il noleggio a tempo di uno scooter, ma attirano capitali e finanziamenti perché operano in un settore strategico come quello della mobilità. Poi, a un certo punto, i round di finanziamenti finiscono. E il business appare per quello che è realmente, ovvero un pozzo senza fondo.
Infine, non è da sottovalutare la concorrenza a prezzi stracciati rappresentata dai monopattini in sharing. Statisticamente, le tratte percorse con gli scooter in condivisione sono brevi (in media mai sopra i 3 km), e per percorsi così veloci il monopattino - che ha un prezzo di noleggio bassissimo, oltre al fatto che non richiede l'obbligatorietà della patente - rappresenta una alternativa sempre più valida e praticata.
E' ancora presto per intonare il de profundis per il settore, ma è un dato di fatto che lo scooter sharing sta vivendo un momento di forte stagnazione.
notizia da: dueruote.it
Con una mail molto chiara e onesta inviata ai suoi clienti, Cityscoot (il gigante francese della sharing mobility, sbarcato in Italia nel 2019) ha annunciato che il servizio sarà sospeso in Italia dal 30 novembre. Gli scooter elettrici della Govecs quindi non circoleranno più a Milano e Torino, ossia le città dove Cityscoot ha concentrato i suoi sforzi, dopo aver lasciato Roma. Alla base della decisione, ci sono le "notevoli difficoltà finanziarie" in cui versa la società.
L'ULTIMO DI UNA LUNGA LISTA
In passato altri big del settore si sono scontrati con le difficoltà del mecato italiano dello scooter sharing. Il primo fu Enjoy, che lanciò nel 2015 un servizio di scooter condivisi per poi chiudere bottega due anni dopo. Ma altri soggetti hanno avuto una vita breve e sfortunata, come il colosso spagnolo Acciona, che ha lanciato il servizio poco prima della pandemia di Covid per sospenderlo nell'aprile di quest'anno. A oggi quindi gli unici ancora attivi con servizi di scooter sharing nelle grandi città restano Cooltra e Telepass (che opera con mezzi dell'ex flotta Mimoto, poi confluita in Helbiz).
I MOTIVI DI UN FLOP
Ma perché sempre più soicetà decidono, dopo un momento di iniziale entusiasmo, di cessare le operazioni in Italia? I costi di gestione sono comunuque elevati: i mezzi in sharing vengono infatti trattati male dagli utenti, necessitano di continui interventi meccanici oltre che di personale sempre disponibile che si occupi della sostituzione delle batterie.
In più, c'è un motivo di sostenibilità finanziaria: molte di queste società non generano valore, perché erogano servizi a basso costo come il noleggio a tempo di uno scooter, ma attirano capitali e finanziamenti perché operano in un settore strategico come quello della mobilità. Poi, a un certo punto, i round di finanziamenti finiscono. E il business appare per quello che è realmente, ovvero un pozzo senza fondo.
Infine, non è da sottovalutare la concorrenza a prezzi stracciati rappresentata dai monopattini in sharing. Statisticamente, le tratte percorse con gli scooter in condivisione sono brevi (in media mai sopra i 3 km), e per percorsi così veloci il monopattino - che ha un prezzo di noleggio bassissimo, oltre al fatto che non richiede l'obbligatorietà della patente - rappresenta una alternativa sempre più valida e praticata.
E' ancora presto per intonare il de profundis per il settore, ma è un dato di fatto che lo scooter sharing sta vivendo un momento di forte stagnazione.
notizia da: dueruote.it
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