MOTO DEL MITO: KAWASAKI MACH III 500 H1
Fino al 1968 la Kawasaki era nota - a pochi appassionati - per le sue moto di media cilindrata a due tempi: le bicilindriche di 250 e 350 centimetri cubi ormai per? non raccoglievano pi? grandi consensi fuori dal Giappone e questo marchio giapponese voleva 'sbarcare', commercialmente parlando, sul mercato americano.
La Kawasaki Mach III 500 H1 fu soprattutto una eccellente operazione di marketing: la filiale statunitense della casa giapponese aveva chiesto di produrre una motocicletta potentissima, leggera, con una grande propensione all'impennata e con il rumore di scarico che assomigliasse al sibilo di un jet. Sembra strano - e non ? una 'leggenda metropolitana' - ma nacque proprio cos? quel mitico tricilindrico a due tempi che fece conoscere a tutto il mondo il marchio Kawasaki, ancora oggi sinonimo di mezzi di elevatissima potenza e raffinata tecnologia.
A met? del 1969 i primi esemplari della 500 H1 giunsero in Europa e stupirono subito i tester di allora per la elevatissima potenza ed accelerazione ma anche per l'altrettanta evidente carenza di telaio e sospensioni, certo non performanti come quelli offerti dalla scuola motociclistica inglese ed italiana. La Mach III 500 si impennava come un cavallo imbizzarrito e il suo rumore assomigliava davvero al sibilo penetrante di un aereo, inebriando cos? i motociclisti di allora e chi - appassionato di moto - non poteva rimanere insensibile ad uno schema motoristico del tutto nuovo e dalla grande efficacia.
Allora - si parla dei primi anni Settanta - gli appassionati si dividevano tra l'Honda 750 Four e le moto prime mitiche maximoto europee (Guzzi V7, Laverda 750 SF, Norton Commando e Bmw 75/5) e questo missile su due ruote che ben presto mise in luce qualche difetto di troppo: scarsa la frenata (almeno finch? non fu adottato il freno a disco anteriore) e soprattutto carente il telaio e le sospensioni che vennero in parte riviste nelle versioni successive.
Alla 500 seguirono poi i modelli di 750 centimetri cubici (ancor pi? indomabili) e quelli di cilindrata inferiore di 250, 350 e 400 cc. ma la fine del motore a due tempi - soprattutto per problemi di inquinamento atmosferico - decret? anche la discesa della Kawasaki tricilindrica che comunque rimase nei listini della casa giapponese sino al 1977, invero con un modello molto 'addolcito' e ben lontano da quel cavallo pazzo che esord? sul mercato europeo nell'estate del 1969 quando, in molti, non conoscevano neppure il nome Kawasaki.
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