Da MOTOCICLISMO
Sugo (GIAPPONE) 22 ottobre 2009 – EQUILIBRIO UNICO Abbiamo testato l’attesissima Super-tourer VFR1200F della Honda, affrontando uno dei circuiti più tecnici al mondo con gomme di serie. Su strada abbiamo percorso un tragitto strettissimo e tortuosissimo. La VFR ha sempre mostrato un equilibrio unico e una reattività rari su una moto di questa cubatura, che ha una potenza massima dichiarata di 170 CV a 10.000 giri e un coppia di 13,1 kgm a 8.750 giri. La sensazione in sella è che la gobba del serbatoio sia molto pronunciata, addirittura una spanna più alta rispetto alla piastra superiore di sterzo. Stupisce il rumore del V4 che si scatena sul rettilineo del circuito di Sugo. La VFR è rapida a scendere in piega, dotata di un’ottima trazione e precisa sia sul lento, sia sul veloce. È apparsa anche molto più maneggevole di quanto i suoi 267 kg lasciassero immaginare. La frenata è poderosa per una moto di questa stazza, grazie anche alla frizione antisaltellamento, e gli impulsi che si avvertono alla leva quando interviene l’ABS non pregiudicano la modulabilità d’intervento dell’impianto. Tuttavia, il 4 cilindri a V, soprattutto su una moto tourer, presenta dei limiti: il serbatoio di 18,5 litri è poco capiente per un turistica di 1.200 cc ed i valori di coppia massima e peso dichiarati non segnano una svolta epocale.
DUE MODELLI La nuova VFR1200F sarà venduta in Italia in due versioni: da gennaio 2010 la “base” a un prezzo indicativo di 15.500 euro e in tre colorazioni (rosso, grigio, bianco); da luglio il modello equipaggiato con il cambio automatico a doppia frizione DCT (Double Clutch Transmission), per cui bisognerà spendere circa 1.000 euro in più. Quella con il cambio DCT si distinguerà dalla base per le coperture plastiche del motore, per un aggravio di peso di quasi 10 kg e per un incremento della larghezza del carter frizione di 40 mm, caratteristica che, tuttavia, non incide sulle forme e sui volumi generali della carenatura.
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CAMBIO DA SUPERSPORTIVA Si passa da una marcia all’altra senza tempi morti, come se il motore non avesse bisogno di respirare. La sensazione è esattamente quella che si ha con una supersportiva quando, per guadagnare tempo sul giro secco in pista, si passa da un rapporto all’altro senza chiudere il gas, tirando appena la frizione. In scalata, invece, il passaggio da un rapporto all’altro tarda di una frazione di secondo rispetto alla richiesta del pilota, mentre è impossibile togliere due marce in rapida successione: il motore rifiuta il comando. La VFR scala autonomamente in doppietta col risultato che gli ingressi curva sono fluidi e il retrotreno non saltella mai. La nuova Honda nasce come turistica, perciò molti all’opzione “sequenziale” preferiranno quella “automatica”. In questa configurazione il cambio imposta da sé il passaggio di rapporti sia a salire sia a scendere rendendo la guida un po’ “passiva” ma, in virtù di innesti dolcissimi, estremamente confortevole. In opzione “D” - quella più turistica - viaggiando a filo di gas il V4, forte della sua formidabile coppia, innesta un rapporto dietro l’altro addirittura prima dei 3-4.000 giri; con la manopola ruotata circa a metà, il cambio si attiva intorno ai 5.000 giri; spalancando completamente l’acceleratore, il motore non oltrepassa i 7.200 giri indicati prima della cambiata. Anche decelerando a gas chiuso, la scalata avviene solo quando il motore quasi borbotta ai bassi regimi. Non ci è piaciuto l’innesto della marcia, stabilito autonomamente dalla moto, che può sorprendere il pilota a centro curva e, per quanto la cambiata sia veloce e fluida, può infastidire chi guida. In configurazione “automatica” avremmo, inoltre gradito un’opzione intermedia tra la “S” e la “D”: un po’ troppo sportiva la prima che si comporta come la modalità sequenziale, cambiando quasi a quota limitatore, un po’ troppo turistica la seconda.
INNOVAZIONI TECNICHE Grazie al cambio DCT e ad una serie di accorgimenti tecnici, la trasmissione finale cardanica di questa Honda sembra una catena e il suo Ride-By-Wire addomestica 172 CV con una sicurezza da supersportiva. Questa buona trazione della moto è prodotta anche dall’architettura del motore, così compatto in senso longitudinale da consentire, a parità di interasse, l’impiego di un forcellone più lungo. Inoltre, la distribuzione monoalbero UNICAM ha favorito un ulteriore risparmio di spazio in altezza, mentre la disposizione ravvicinata dei due cilindri posteriori determina la vita stretta della moto. L’abbinamento tra l’angolo di 76° compreso tra i cilindri e i perni di biella sfalsati di 28° (anziché i classici 180-360° ha reso possibile l’assenza del contralbero. Il carter sigillato è un’altra novità e riduce il lavoro di pompaggio, favorendo il rendimento meccanico e riducendo i consumi.
Sugo (GIAPPONE) 22 ottobre 2009 – EQUILIBRIO UNICO Abbiamo testato l’attesissima Super-tourer VFR1200F della Honda, affrontando uno dei circuiti più tecnici al mondo con gomme di serie. Su strada abbiamo percorso un tragitto strettissimo e tortuosissimo. La VFR ha sempre mostrato un equilibrio unico e una reattività rari su una moto di questa cubatura, che ha una potenza massima dichiarata di 170 CV a 10.000 giri e un coppia di 13,1 kgm a 8.750 giri. La sensazione in sella è che la gobba del serbatoio sia molto pronunciata, addirittura una spanna più alta rispetto alla piastra superiore di sterzo. Stupisce il rumore del V4 che si scatena sul rettilineo del circuito di Sugo. La VFR è rapida a scendere in piega, dotata di un’ottima trazione e precisa sia sul lento, sia sul veloce. È apparsa anche molto più maneggevole di quanto i suoi 267 kg lasciassero immaginare. La frenata è poderosa per una moto di questa stazza, grazie anche alla frizione antisaltellamento, e gli impulsi che si avvertono alla leva quando interviene l’ABS non pregiudicano la modulabilità d’intervento dell’impianto. Tuttavia, il 4 cilindri a V, soprattutto su una moto tourer, presenta dei limiti: il serbatoio di 18,5 litri è poco capiente per un turistica di 1.200 cc ed i valori di coppia massima e peso dichiarati non segnano una svolta epocale.
DUE MODELLI La nuova VFR1200F sarà venduta in Italia in due versioni: da gennaio 2010 la “base” a un prezzo indicativo di 15.500 euro e in tre colorazioni (rosso, grigio, bianco); da luglio il modello equipaggiato con il cambio automatico a doppia frizione DCT (Double Clutch Transmission), per cui bisognerà spendere circa 1.000 euro in più. Quella con il cambio DCT si distinguerà dalla base per le coperture plastiche del motore, per un aggravio di peso di quasi 10 kg e per un incremento della larghezza del carter frizione di 40 mm, caratteristica che, tuttavia, non incide sulle forme e sui volumi generali della carenatura.
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CAMBIO DA SUPERSPORTIVA Si passa da una marcia all’altra senza tempi morti, come se il motore non avesse bisogno di respirare. La sensazione è esattamente quella che si ha con una supersportiva quando, per guadagnare tempo sul giro secco in pista, si passa da un rapporto all’altro senza chiudere il gas, tirando appena la frizione. In scalata, invece, il passaggio da un rapporto all’altro tarda di una frazione di secondo rispetto alla richiesta del pilota, mentre è impossibile togliere due marce in rapida successione: il motore rifiuta il comando. La VFR scala autonomamente in doppietta col risultato che gli ingressi curva sono fluidi e il retrotreno non saltella mai. La nuova Honda nasce come turistica, perciò molti all’opzione “sequenziale” preferiranno quella “automatica”. In questa configurazione il cambio imposta da sé il passaggio di rapporti sia a salire sia a scendere rendendo la guida un po’ “passiva” ma, in virtù di innesti dolcissimi, estremamente confortevole. In opzione “D” - quella più turistica - viaggiando a filo di gas il V4, forte della sua formidabile coppia, innesta un rapporto dietro l’altro addirittura prima dei 3-4.000 giri; con la manopola ruotata circa a metà, il cambio si attiva intorno ai 5.000 giri; spalancando completamente l’acceleratore, il motore non oltrepassa i 7.200 giri indicati prima della cambiata. Anche decelerando a gas chiuso, la scalata avviene solo quando il motore quasi borbotta ai bassi regimi. Non ci è piaciuto l’innesto della marcia, stabilito autonomamente dalla moto, che può sorprendere il pilota a centro curva e, per quanto la cambiata sia veloce e fluida, può infastidire chi guida. In configurazione “automatica” avremmo, inoltre gradito un’opzione intermedia tra la “S” e la “D”: un po’ troppo sportiva la prima che si comporta come la modalità sequenziale, cambiando quasi a quota limitatore, un po’ troppo turistica la seconda.
INNOVAZIONI TECNICHE Grazie al cambio DCT e ad una serie di accorgimenti tecnici, la trasmissione finale cardanica di questa Honda sembra una catena e il suo Ride-By-Wire addomestica 172 CV con una sicurezza da supersportiva. Questa buona trazione della moto è prodotta anche dall’architettura del motore, così compatto in senso longitudinale da consentire, a parità di interasse, l’impiego di un forcellone più lungo. Inoltre, la distribuzione monoalbero UNICAM ha favorito un ulteriore risparmio di spazio in altezza, mentre la disposizione ravvicinata dei due cilindri posteriori determina la vita stretta della moto. L’abbinamento tra l’angolo di 76° compreso tra i cilindri e i perni di biella sfalsati di 28° (anziché i classici 180-360° ha reso possibile l’assenza del contralbero. Il carter sigillato è un’altra novità e riduce il lavoro di pompaggio, favorendo il rendimento meccanico e riducendo i consumi.
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