Lezioni di filosofia
Honda CBR 954 Fireblade (2003) vs Aprilia RSVmille (2002)
Le due moto sono ferme, una accanto all’altra, nel piazzale e l’emozione che si prova davanti a tanta tecnologia sportiva è notevole ancor prima di salire in sella. Le linee non sono particolarmente affilate ma un esame sommario lascia cadere l’occhio sugli infiniti particolari pregiati che invitano ad infilare immediatamente il casco. I curati telai in alluminio (pregevole in particolare quello italiano) unitamente al reparto sospensioni completamente regolabile promettono di fornire la giusta rigorosità mentre l’impianto frenante ben dimensionato assicurerà sempre spazi d’arresto sicuri.
Finalmente è giunto il momento di poter salire in sella a queste cavalcature che rappresentano il vertice della loro gamma di produzione. Entrambe sono dotate di semi-manubri piuttosto alti e larghi tali da evitare torsioni eccessive dei polsi e consentire una postura piuttosto rilassata. Le affinità tra le due sedute terminano comunque con questo particolare poiché la diversa concezione del propulsore si riflette in posizioni di guida altrettanti dissimili.
L'Aprilia, dotata di un serbatoio stretto, lascia che le ginocchia si stringano regalando la sensazione, quasi incredibile viste le dimensioni globali, di trovarsi in presenza di un mezzo di minore cilindrata. La Honda possiede, al contrario, un telaio molto largo che costringe a divaricare le gambe ma anche una seduta più bassa che consente di toccare meglio a chi non superi i 180cm.
L’atteso momento dell’accensione dei motori è finalmente giunto ed è stupendo poter udire il borbottio prepotente del bicilindrico di Noale confondersi con la voce, più sommessa, dell’unità giapponese. Sebbene siano entrambe al regime minimo, rileviamo la presenza dell’obsoleta levetta dell’aria sull’italiana, il canto che esce dagli scarichi di serie sembra richiamare il pilota come le sirene fecero per Ulisse promettendo una giornata memorabile.
Cavalleria rusticana
Decidiamo, per una piccola forma di nazionalismo, di scegliere per prima l’intrigante RSV alla potentissima Fireblade. Bastano pochi metri per accorgersi del carattere sportivo, scorbutico ed irruento che caratterizzano l’energico propulsore sopra il quale sediamo. La presenza dell’iniezione elettronica mitiga solo in parte queste peculiarità e la spinta si dimostra incredibilmente piena a qualsiasi regime. Basta sfiorare l’acceleratore perché questo trattore nostrano lasci scaturire valori di coppia pronti a garantire brividi ed accelerazioni sempre pronte. L’unico vero difetto di questa unità, percepibile soprattutto nei percorsi cittadini, risiede nell’erogazione irregolare sotto i 3500giri/min che costringe ad aiutarsi con la frizione.
Quest’ultima si dimostra discretamente modulabile e, grazie al sistema di servoassistenza, anche piuttosto morbida nell’utilizzo per un polso abituato a guidare correntemente. Il cambio, veloce e preciso, è l’amico migliore che si possa desiderare quando si decide di guidare con grinta e lasciar ruggire il leone veneziano sino al limitatore. Si registra unicamente un’eccessiva durezza del comando a pedale che, in ogni caso, non risulta particolarmente fastidiosa grazie anche all’elasticità di questo bicilindrico che permette di limitarne abbondantemente l’utilizzo.
Le strade di montagna misto/veloce sono decisamente quelle che questo frazionamento preferisce donando quel genere di soddisfazioni che portano il motociclista ad un grosso sorriso ebete. La sensazione di tenuta di questo mezzo trasmette è tanto elevata che anche il pilota meno esperto, una volta fatta l’abitudine alla potenza in gioco, si troverà costantemente a marciare ad un passo totalmente inaspettato. L’avantreno granitico disegna le curve veloci come un compasso e l’appoggio risulta sicuro anche quando il codice è stato involontariamente ed ampiamente superato. Tanta stabilità si paga con un’agilità piuttosto scarsa. Non ci si trova di fronte ad un fedele cagnolino pronto ad obbedire ai nostri ordini, quanto piuttosto ad un buon amico disposto a fare quanto richiesto solo se spronato da una guida di corpo piuttosto energica. La sella piccola ed il serbatoio stretto aiutano molto in questo frangente ma rimane comunque una guida poco intuitiva, all’inizio, per un neofita oppure un pilota abituato ad una naked.
Nel caso si esagerasse, per fortuna, si potrà confidare nell’ottimo impianto Brembo serie oro per frenare i nostri entusiasmi. I grossi dischi posizionati all’anteriore lavorano unitamente a pinze tradizionali, comunque ottime, e tubi in treccia presenti di serie per garantire un mordente di riferimento ed una modulabilità al vertice. E' sufficiente un dito per ottenere spazi d'arresto minimi e calibrare sempre la giusta forza sulla leva. Scarso, al contrario, il piccolo disco posteriore che risulta inutile nella maggior parte dei casi.
L’insostenibile leggerezza dell’iniezione
Lasciamo con un velo di tristezza la tracotanza del motore Aprilia per cambiare continente e filosofia di sportività. E’ giunto il momento di saggiare la tecnologia Honda ed uno dei suoi migliori prodotti, ovvero la CBR 954 Fireblade.
Appena toccata la morbidissima frizione ci si accorge immediatamente di quanto gli scrittori di questi libri siano dissimili tra loro sebbene perseguano il medesimo genere letterario. La moto parte quasi da sola sfiorando appena l’acceleratore e la sensazione è quella di trovarsi in presenza di una mappatura studiata attentamente nonché di un mezzo capace di un’elasticità fuori dal comune. Il propulsore gira piatto in sesta marcia a regimi che metterebbero in difficoltà un diesel per poi ripartire regolare con una discreta spinta al minimo comando del guidatore. Il vigore cresce senza sussulti sino alla quota di 8000giri/min. dove si trasforma da Dr. Jekyll in Mr. Hyde lasciando il cavaliere meno esperto letteralmente appeso ai semi-manubri. Niente paura comunque poiché la perfetta taratura, oltre alla manopola dell’acceleratore dalla lunga escursione, permettono di dosare sempre giusta potenza evitando situazioni imbarazzanti e derapate indesiderate come accade sull’italiana.
La coppia discreta permette di utilizzare poco il cambio che rappresenta, forse, il vero punto debole del progetto giapponese. Nel complesso risulta sufficientemente preciso ma è spesso duro e contrastato nell’uso rilassato abbassando la notevole qualità generale percepita.
Il peso del veicolo decisamente ridotto, per un mezzo di questa cubatura, facilita le manovre a bassa velocità e dona un’agilità sorprendente in ogni situazione. Impostare le curve diventa semplice ed intuitivo in ogni frangente anche per chi non è abituato alla guida sportiva. Tutte queste peculiarità riescono a rendere i 151CV dichiarati paradossalmente adatti a chiunque e, soprattutto, ad ogni genere di utilizzo (sempre a patto di usare la testa).
In città non ci si può aspettare la praticità di uno scooter ma cercate di non sorprendervi quando tenterete di sgusciare nel traffico esattamente come se aveste una di queste polivalenti armi urbane. Le vibrazioni piuttosto scarse, a patto di non portare il motore verso il massimo, consentono anche lunghi tratti autostradali senza particolari affaticamenti.
Nei percorsi misti la vera indole della belva può essere liberata, mantenendo un occhio ai pericoli della strada, e portare al piacere di approfittare della rapidità con cui la moto di Tokyo scende in piega oppure cambia direzione.
Un comportamento che ha nella parola “equilibrio” la sua massima espressione e che saprà accontentare sia chi percorrerà il tragitto casa-lavoro sia lo smanettone più impenitente. Solamente nei curvoni più veloci la stabilità scende a livelli solo discreti se paragonata con quella incredibile dell'avversaria veneta. In caso si necessiti di rallentare non ci saranno mai problemi grazie all’efficace sistema frenante Nissin montato di serie. Anche in questo caso le pinze tradizionali lavorano perfettamente seppur mancando dei tubi aeronautici e l’unico appunto potrebbe essere fatto all’azione troppo incisiva nella prima parte di escursione della leva, la quale potrebbe mettere in difficoltà i meno esperti. Sempre gestibile l’unità posteriore che si dimostra utile per correggere la velocità in traiettoria.
A ruote ferme…
Scendiamo a malincuore dopo centinaia di curve ben pennellate e cerchiamo di fare il punto della situazione analizzando anche ciò che, presi dall’entusiasmo, torna alla mente solo una volta lontani da queste meraviglie della tecnica.
La richiesta di carburante, una volta interesse unico degli automobilisti, comincia ad essere osservata anche dalla nostra categoria sebbene in secondo piano rispetto alle prestazioni. Questa voce rappresenta probabilmente il rovescio della medaglia per l’enorme generosità di coppia del motore italiano. L’Aprilia si attesta su valori sempre piuttosto alti che vanno dai 15-16Km/l per il turismo sino ai 10-11Km/l per l’utilizzo emozionante su strada limitando, purtroppo, anche l’autonomia totale. Nelle medesime condizioni la Honda riesce a fare decisamente meglio (il cruscotto propone anche il consumo istantaneo) attestandosi sui 19-20Km/l nel primo caso e ben 13-14Km/l nel secondo.
Leggibile e completa in entrambe le moto la strumentazione anche se, nel caso della giapponese, si ha una spia della riserva sicuramente più precisa.
Ultima nota infine per il calore prodotto visto che la prova è stata svolta in piena estate. Entrambe generano un calore notevole per alimentare questi 1000cc di puro divertimento, tuttavia, mentre l’italiana si limita a produrre aria calda, la cavalcatura dagli occhi a mandorla arriva, in città, ad arroventare il telaio in maniera indecorosa costringendo a scostare le gambe onde evitare di scottarsi.
Conclusioni
Finiture - Telai, sospensioni, forcelloni e freni sono perfettamente curati. Povere alcune plastiche sull’italiana ma anche sulla giapponese non mancano accoppiamenti imperfetti e piccole cadute di stile che portano ad un sostanziale pareggio.
Motore - Impossibile decidere un vincitore poiché entrambi emozionano il pilota con tonnellate di adrenalina utilizzando filosofie agli antipodi tra loro. Decisamente egregio nell'uso sportivo strade il bicilindrico di Noale che trovo, personalmente, più sfruttabile in tal senso e maggiormente emozionante. Eclettico e perfetto il propulsore Honda che permette di consumare meno mantenendo un passo comunque velocissimo ed una ripresa robusta anche ai medi regimi. Facile anche per un neofita è capace comunque di erogare un numero impressionante di cavalli difficilmente sfruttabili dal pilota comune senza chiudersi in un circuito.
Agilità - Questo settore rappresenta il punto debole per Aprilia e la peculiarità più esaltante della Honda. La prima imposta ancora la curva quando la seconda ha già preso la corda, ovviamente a meno di riuscire a guidare di forza ed avere notevole esperienza.
Stabilità - La rivincita della millona veneta ha la sua incarnazione in questa voce. L’avantreno sembra un bisturi nella gomma e rende sicuro anche il principiante nelle situazioni più impensabili. Buona comunque anche la prestazione della sportiva giapponese nonostante non raggiunga questa volta l’avversaria.
Sospensioni - Raffinate e completamente regolabili per entrambe i modelli. Difficile sfruttarle a pieno su strada. In ogni caso mi sono personalmente trovato meglio con l’italiana anche se questo giudizio non può prescindere dallo stile di guida.
Freni - Sostanzialmente si equivalgono e sono ben dimensionati. Promettono piccoli spazi d’arresto e mantengono ciò che dicono. Superiore, di poco, per modulabilità l’impianto Brembo mentre decisamente più utile il freno posteriore della Honda.
Consumi - Variabili ma sempre discreti con la giapponese. Decisamente salato il conto del benzinaio con l'italiana.
Guida in città - Motore regolare e frizione morbida donano la vittoria alla Fireblade. Non è un mistero d’altro canto che le sportive di Tokyo abbiano sempre avuto un occhio particolare ad abitabilità e polivalenza. Pessime sui tombini le sospensioni di entrambe.
Turismo - Mi sentirei di decretare una vittoria ai punti per la CBR, il cui motore eccelle per mancanza di vibrazioni e consumi. La posizione di guida sarebbe forse più rilassata sulla moto di Noale se non fosse per le pedane troppo alte che costringono ad una postura innaturale.
Riparo dall'aria - Un sostanziale pareggio. Le carene ampie proteggono discretamente. Leggermente migliore il riparo offerto alle gambe sull’RSV grazie al serbatoio più stretto che consente una posizione più raccolta.
Guida veloce (gita) - Decisamente migliore la Honda grazie al propulsore che permette di modulare sempre bene l'acceleratore (nonostante un leggero effetto apri-chiudi). Impossibile andare a velocità da codice con l'RSV.
Guida sportiva pura - L’RSV nasce dall’esperienza maturata dalle corse e questo è decisamente il segmento che predilige. In pista probabilmente si invertirebbero i ruoli grazie all'allungo del quattro cilindri, ma su strada è “il pompone veneto” che detta legge divertendo maggiormente e stampando sorrisi sul volto a profusione.
In coppia - Sostanzialmente sono due moto adatte prevalentemente all’utilizzo in solitario (l’Aprilia viene venduta con la copertura per il sellino di serie). La sella è poco imbottita, le pedane troppo vicine alla seduta e nessun appiglio è presente. La passeggera utilizzata per la prova, patita di prestazioni, ha preferito la scomodità dell’italiana grazie alle continue emozioni fornite dal possente motore.
Giudizio globale - Due ottimi prodotti venduti a prezzi del tutto simili. Se l’RSV incarna il mito della moto sportiva nostrana, è altrettanto vero che la Honda lascia poco spazio al caso, mostrando un progetto perfetto ed equilibrato. Si tratta, come già accennato, di un confronto che pone una di fronte all’altra due diverse filosofie sportive prima ancora che differenti architetture. L’utente non può fare altro che guardare dentro se stesso e capire se venga maggiormente attratto dalla sostanza alla “due e puri” dell’Aprilia o dall’eleganza della giapponese con uno sguardo particolare al genere di utilizzo che si intende fare del mezzo.
NOTA DELL'AUTORE : Ho posseduto entrambe le moto ma questo non mi rende automaticamente un giornalista. Ho provato a tramutare in parole le mie sensazioni e chiedo scusa a quanti le trovino poco aderenti alle reali caratteristiche dei mezzi.
P.s. L'articolo è vecchio e potreste averlo già letto su altri forum, ma l'ho interamente scritto io.
Honda CBR 954 Fireblade (2003) vs Aprilia RSVmille (2002)
Le due moto sono ferme, una accanto all’altra, nel piazzale e l’emozione che si prova davanti a tanta tecnologia sportiva è notevole ancor prima di salire in sella. Le linee non sono particolarmente affilate ma un esame sommario lascia cadere l’occhio sugli infiniti particolari pregiati che invitano ad infilare immediatamente il casco. I curati telai in alluminio (pregevole in particolare quello italiano) unitamente al reparto sospensioni completamente regolabile promettono di fornire la giusta rigorosità mentre l’impianto frenante ben dimensionato assicurerà sempre spazi d’arresto sicuri.
Finalmente è giunto il momento di poter salire in sella a queste cavalcature che rappresentano il vertice della loro gamma di produzione. Entrambe sono dotate di semi-manubri piuttosto alti e larghi tali da evitare torsioni eccessive dei polsi e consentire una postura piuttosto rilassata. Le affinità tra le due sedute terminano comunque con questo particolare poiché la diversa concezione del propulsore si riflette in posizioni di guida altrettanti dissimili.
L'Aprilia, dotata di un serbatoio stretto, lascia che le ginocchia si stringano regalando la sensazione, quasi incredibile viste le dimensioni globali, di trovarsi in presenza di un mezzo di minore cilindrata. La Honda possiede, al contrario, un telaio molto largo che costringe a divaricare le gambe ma anche una seduta più bassa che consente di toccare meglio a chi non superi i 180cm.
L’atteso momento dell’accensione dei motori è finalmente giunto ed è stupendo poter udire il borbottio prepotente del bicilindrico di Noale confondersi con la voce, più sommessa, dell’unità giapponese. Sebbene siano entrambe al regime minimo, rileviamo la presenza dell’obsoleta levetta dell’aria sull’italiana, il canto che esce dagli scarichi di serie sembra richiamare il pilota come le sirene fecero per Ulisse promettendo una giornata memorabile.
Cavalleria rusticana
Decidiamo, per una piccola forma di nazionalismo, di scegliere per prima l’intrigante RSV alla potentissima Fireblade. Bastano pochi metri per accorgersi del carattere sportivo, scorbutico ed irruento che caratterizzano l’energico propulsore sopra il quale sediamo. La presenza dell’iniezione elettronica mitiga solo in parte queste peculiarità e la spinta si dimostra incredibilmente piena a qualsiasi regime. Basta sfiorare l’acceleratore perché questo trattore nostrano lasci scaturire valori di coppia pronti a garantire brividi ed accelerazioni sempre pronte. L’unico vero difetto di questa unità, percepibile soprattutto nei percorsi cittadini, risiede nell’erogazione irregolare sotto i 3500giri/min che costringe ad aiutarsi con la frizione.
Quest’ultima si dimostra discretamente modulabile e, grazie al sistema di servoassistenza, anche piuttosto morbida nell’utilizzo per un polso abituato a guidare correntemente. Il cambio, veloce e preciso, è l’amico migliore che si possa desiderare quando si decide di guidare con grinta e lasciar ruggire il leone veneziano sino al limitatore. Si registra unicamente un’eccessiva durezza del comando a pedale che, in ogni caso, non risulta particolarmente fastidiosa grazie anche all’elasticità di questo bicilindrico che permette di limitarne abbondantemente l’utilizzo.
Le strade di montagna misto/veloce sono decisamente quelle che questo frazionamento preferisce donando quel genere di soddisfazioni che portano il motociclista ad un grosso sorriso ebete. La sensazione di tenuta di questo mezzo trasmette è tanto elevata che anche il pilota meno esperto, una volta fatta l’abitudine alla potenza in gioco, si troverà costantemente a marciare ad un passo totalmente inaspettato. L’avantreno granitico disegna le curve veloci come un compasso e l’appoggio risulta sicuro anche quando il codice è stato involontariamente ed ampiamente superato. Tanta stabilità si paga con un’agilità piuttosto scarsa. Non ci si trova di fronte ad un fedele cagnolino pronto ad obbedire ai nostri ordini, quanto piuttosto ad un buon amico disposto a fare quanto richiesto solo se spronato da una guida di corpo piuttosto energica. La sella piccola ed il serbatoio stretto aiutano molto in questo frangente ma rimane comunque una guida poco intuitiva, all’inizio, per un neofita oppure un pilota abituato ad una naked.
Nel caso si esagerasse, per fortuna, si potrà confidare nell’ottimo impianto Brembo serie oro per frenare i nostri entusiasmi. I grossi dischi posizionati all’anteriore lavorano unitamente a pinze tradizionali, comunque ottime, e tubi in treccia presenti di serie per garantire un mordente di riferimento ed una modulabilità al vertice. E' sufficiente un dito per ottenere spazi d'arresto minimi e calibrare sempre la giusta forza sulla leva. Scarso, al contrario, il piccolo disco posteriore che risulta inutile nella maggior parte dei casi.
L’insostenibile leggerezza dell’iniezione
Lasciamo con un velo di tristezza la tracotanza del motore Aprilia per cambiare continente e filosofia di sportività. E’ giunto il momento di saggiare la tecnologia Honda ed uno dei suoi migliori prodotti, ovvero la CBR 954 Fireblade.
Appena toccata la morbidissima frizione ci si accorge immediatamente di quanto gli scrittori di questi libri siano dissimili tra loro sebbene perseguano il medesimo genere letterario. La moto parte quasi da sola sfiorando appena l’acceleratore e la sensazione è quella di trovarsi in presenza di una mappatura studiata attentamente nonché di un mezzo capace di un’elasticità fuori dal comune. Il propulsore gira piatto in sesta marcia a regimi che metterebbero in difficoltà un diesel per poi ripartire regolare con una discreta spinta al minimo comando del guidatore. Il vigore cresce senza sussulti sino alla quota di 8000giri/min. dove si trasforma da Dr. Jekyll in Mr. Hyde lasciando il cavaliere meno esperto letteralmente appeso ai semi-manubri. Niente paura comunque poiché la perfetta taratura, oltre alla manopola dell’acceleratore dalla lunga escursione, permettono di dosare sempre giusta potenza evitando situazioni imbarazzanti e derapate indesiderate come accade sull’italiana.
La coppia discreta permette di utilizzare poco il cambio che rappresenta, forse, il vero punto debole del progetto giapponese. Nel complesso risulta sufficientemente preciso ma è spesso duro e contrastato nell’uso rilassato abbassando la notevole qualità generale percepita.
Il peso del veicolo decisamente ridotto, per un mezzo di questa cubatura, facilita le manovre a bassa velocità e dona un’agilità sorprendente in ogni situazione. Impostare le curve diventa semplice ed intuitivo in ogni frangente anche per chi non è abituato alla guida sportiva. Tutte queste peculiarità riescono a rendere i 151CV dichiarati paradossalmente adatti a chiunque e, soprattutto, ad ogni genere di utilizzo (sempre a patto di usare la testa).
In città non ci si può aspettare la praticità di uno scooter ma cercate di non sorprendervi quando tenterete di sgusciare nel traffico esattamente come se aveste una di queste polivalenti armi urbane. Le vibrazioni piuttosto scarse, a patto di non portare il motore verso il massimo, consentono anche lunghi tratti autostradali senza particolari affaticamenti.
Nei percorsi misti la vera indole della belva può essere liberata, mantenendo un occhio ai pericoli della strada, e portare al piacere di approfittare della rapidità con cui la moto di Tokyo scende in piega oppure cambia direzione.
Un comportamento che ha nella parola “equilibrio” la sua massima espressione e che saprà accontentare sia chi percorrerà il tragitto casa-lavoro sia lo smanettone più impenitente. Solamente nei curvoni più veloci la stabilità scende a livelli solo discreti se paragonata con quella incredibile dell'avversaria veneta. In caso si necessiti di rallentare non ci saranno mai problemi grazie all’efficace sistema frenante Nissin montato di serie. Anche in questo caso le pinze tradizionali lavorano perfettamente seppur mancando dei tubi aeronautici e l’unico appunto potrebbe essere fatto all’azione troppo incisiva nella prima parte di escursione della leva, la quale potrebbe mettere in difficoltà i meno esperti. Sempre gestibile l’unità posteriore che si dimostra utile per correggere la velocità in traiettoria.
A ruote ferme…
Scendiamo a malincuore dopo centinaia di curve ben pennellate e cerchiamo di fare il punto della situazione analizzando anche ciò che, presi dall’entusiasmo, torna alla mente solo una volta lontani da queste meraviglie della tecnica.
La richiesta di carburante, una volta interesse unico degli automobilisti, comincia ad essere osservata anche dalla nostra categoria sebbene in secondo piano rispetto alle prestazioni. Questa voce rappresenta probabilmente il rovescio della medaglia per l’enorme generosità di coppia del motore italiano. L’Aprilia si attesta su valori sempre piuttosto alti che vanno dai 15-16Km/l per il turismo sino ai 10-11Km/l per l’utilizzo emozionante su strada limitando, purtroppo, anche l’autonomia totale. Nelle medesime condizioni la Honda riesce a fare decisamente meglio (il cruscotto propone anche il consumo istantaneo) attestandosi sui 19-20Km/l nel primo caso e ben 13-14Km/l nel secondo.
Leggibile e completa in entrambe le moto la strumentazione anche se, nel caso della giapponese, si ha una spia della riserva sicuramente più precisa.
Ultima nota infine per il calore prodotto visto che la prova è stata svolta in piena estate. Entrambe generano un calore notevole per alimentare questi 1000cc di puro divertimento, tuttavia, mentre l’italiana si limita a produrre aria calda, la cavalcatura dagli occhi a mandorla arriva, in città, ad arroventare il telaio in maniera indecorosa costringendo a scostare le gambe onde evitare di scottarsi.
Conclusioni
Finiture - Telai, sospensioni, forcelloni e freni sono perfettamente curati. Povere alcune plastiche sull’italiana ma anche sulla giapponese non mancano accoppiamenti imperfetti e piccole cadute di stile che portano ad un sostanziale pareggio.
Motore - Impossibile decidere un vincitore poiché entrambi emozionano il pilota con tonnellate di adrenalina utilizzando filosofie agli antipodi tra loro. Decisamente egregio nell'uso sportivo strade il bicilindrico di Noale che trovo, personalmente, più sfruttabile in tal senso e maggiormente emozionante. Eclettico e perfetto il propulsore Honda che permette di consumare meno mantenendo un passo comunque velocissimo ed una ripresa robusta anche ai medi regimi. Facile anche per un neofita è capace comunque di erogare un numero impressionante di cavalli difficilmente sfruttabili dal pilota comune senza chiudersi in un circuito.
Agilità - Questo settore rappresenta il punto debole per Aprilia e la peculiarità più esaltante della Honda. La prima imposta ancora la curva quando la seconda ha già preso la corda, ovviamente a meno di riuscire a guidare di forza ed avere notevole esperienza.
Stabilità - La rivincita della millona veneta ha la sua incarnazione in questa voce. L’avantreno sembra un bisturi nella gomma e rende sicuro anche il principiante nelle situazioni più impensabili. Buona comunque anche la prestazione della sportiva giapponese nonostante non raggiunga questa volta l’avversaria.
Sospensioni - Raffinate e completamente regolabili per entrambe i modelli. Difficile sfruttarle a pieno su strada. In ogni caso mi sono personalmente trovato meglio con l’italiana anche se questo giudizio non può prescindere dallo stile di guida.
Freni - Sostanzialmente si equivalgono e sono ben dimensionati. Promettono piccoli spazi d’arresto e mantengono ciò che dicono. Superiore, di poco, per modulabilità l’impianto Brembo mentre decisamente più utile il freno posteriore della Honda.
Consumi - Variabili ma sempre discreti con la giapponese. Decisamente salato il conto del benzinaio con l'italiana.
Guida in città - Motore regolare e frizione morbida donano la vittoria alla Fireblade. Non è un mistero d’altro canto che le sportive di Tokyo abbiano sempre avuto un occhio particolare ad abitabilità e polivalenza. Pessime sui tombini le sospensioni di entrambe.
Turismo - Mi sentirei di decretare una vittoria ai punti per la CBR, il cui motore eccelle per mancanza di vibrazioni e consumi. La posizione di guida sarebbe forse più rilassata sulla moto di Noale se non fosse per le pedane troppo alte che costringono ad una postura innaturale.
Riparo dall'aria - Un sostanziale pareggio. Le carene ampie proteggono discretamente. Leggermente migliore il riparo offerto alle gambe sull’RSV grazie al serbatoio più stretto che consente una posizione più raccolta.
Guida veloce (gita) - Decisamente migliore la Honda grazie al propulsore che permette di modulare sempre bene l'acceleratore (nonostante un leggero effetto apri-chiudi). Impossibile andare a velocità da codice con l'RSV.
Guida sportiva pura - L’RSV nasce dall’esperienza maturata dalle corse e questo è decisamente il segmento che predilige. In pista probabilmente si invertirebbero i ruoli grazie all'allungo del quattro cilindri, ma su strada è “il pompone veneto” che detta legge divertendo maggiormente e stampando sorrisi sul volto a profusione.
In coppia - Sostanzialmente sono due moto adatte prevalentemente all’utilizzo in solitario (l’Aprilia viene venduta con la copertura per il sellino di serie). La sella è poco imbottita, le pedane troppo vicine alla seduta e nessun appiglio è presente. La passeggera utilizzata per la prova, patita di prestazioni, ha preferito la scomodità dell’italiana grazie alle continue emozioni fornite dal possente motore.
Giudizio globale - Due ottimi prodotti venduti a prezzi del tutto simili. Se l’RSV incarna il mito della moto sportiva nostrana, è altrettanto vero che la Honda lascia poco spazio al caso, mostrando un progetto perfetto ed equilibrato. Si tratta, come già accennato, di un confronto che pone una di fronte all’altra due diverse filosofie sportive prima ancora che differenti architetture. L’utente non può fare altro che guardare dentro se stesso e capire se venga maggiormente attratto dalla sostanza alla “due e puri” dell’Aprilia o dall’eleganza della giapponese con uno sguardo particolare al genere di utilizzo che si intende fare del mezzo.
NOTA DELL'AUTORE : Ho posseduto entrambe le moto ma questo non mi rende automaticamente un giornalista. Ho provato a tramutare in parole le mie sensazioni e chiedo scusa a quanti le trovino poco aderenti alle reali caratteristiche dei mezzi.
P.s. L'articolo è vecchio e potreste averlo già letto su altri forum, ma l'ho interamente scritto io.
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