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Intervista al grande Ricky Johnson.

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    Intervista al grande Ricky Johnson.

    Un mito della mia giovinezza

    Intervista a Ricky Johnson: "il mio sogno continua" - Motocross - Moto.it


    Alto, biondo, bello, californiano: ce lo ricordiamo cos? nell?immensa vasca idromassaggio della splendida villa situata nel cuore della SoCal, mentre lo intervistavamo quando era in corsa per aggiudicarsi i sette titoli nazionali tra supercross e motocross che negli anni ?80 hanno dato lustro alla sua carriera.
    Grazie alla bravura di Pino Mangano e Bruno Morselli che sono riusciti a schierarlo al via della favolosa Transborgaro, Ricky Johnson ? ritornato in Italia con intatto tutto il suo carisma di pilota e di uomo, e Moto.it non si ? fatto perdere l?occasione di ripercorrere alcuni temi che lo hanno fatto diventare uno dei pi? grandi piloti della storia del motocross.

    ?Ho iniziato a girare con una minicross all?et? di tre anni seguendo le orme di mia sorella che aveva quattro anni pi? di me ? racconta il californiano di El Cajon, la localit? californiana situata nei pressi di San Diego che negli anni ?80 era il cuore del cross statunitense - io piangevo sempre perch? volevo salirci finch? un giorno mio padre non ne poteva pi? e l'ha comprata anche a me. Aveva le rotelle e la guidavo su e gi? per la strada, come quando si impara ad andare in bici, da allora nacque l'amore che mi fece capire che la passione della mia vita era guidare una moto da fuoristrada?.

    Lo avevi capito gi? a quell'et??
    ?Si, non volevo altro che stare in moto, anche quando cadevo, mi facevo male e piangevo volevo risalirci cercando dei modi per non farmi male ancora perch? trovavo molto divertente andare veloce. La prima gara l?ho fatta a sette anni, ma ci sono volute un paio di stagioni prima di vincere il campionato della categoria Expert. A dodici anni non volevo pi? stare nelle minimoto perch? non era un bell'ambiente, i genitori litigavano e imbrogliavano, cos? un giorno Broc Glover, mio vicino e buon amico, mi fece provare la sua Yamaha 125 preparata da mio padre, mi piaceva guidare le moto pi? grandi, con pi? potenza, anche se ero piuttosto piccolo.
    ?A dodici anni non volevo pi? stare nelle minimoto perch? non era un bell'ambiente, i genitori litigavano e imbrogliavano?
    A sedici anni passai da principiante a professionista correndo nel National supportato dalla Yamaha e aggiudicandomi il Rookie of the Year e l'ultima manche della stagione.
    Nell?82 sono arrivato secondo, ho rotto la ruota davanti e ho quasi vinto il campionato 250, mentre quello dopo ? stato un brutto anno perch? mi sono lussato un'anca e rotto la clavicola.
    Nell?84 ho vinto il National 250, il Trofeo e il Motocross delle Nazioni, e anche il mio primo Supercross oltre ad averne vinti altri due. L?85 ? stato un anno mediocre, ho concluso quinto sia nel supercross che nell'outdoor, ma mi sono rifatto nell?86 diventando campione National 250 e supercross e arrivando secondo al Nazioni. Nell?87 ho vinto i National 250 e 500, nell?88 il supercross e la 500 motocross arrivando secondo nella 250 per poi arrivare all?89 quando la frattura del polso ha praticamente chiuso la mia carriera?.

    Come sei diventato un fuoriclasse?
    ?Seguendo il buon esempio di Broc Glover in quanto aveva successo perch? si allenava e lavorava duramente, quando hai vicino un pilota straordinario come era lui puoi vedere cosa fa, imitarlo e cercare di fare meglio. Credo anche di aver preso dai miei genitori perch? odio perdere, mi fa innervosire e sono sempre stato severo con me stesso. E mi piace battagliare: ho lottato con campioni come Jeff Ward, Ron Lechien, David Bailey, Bob Hannah, ma alla fine anche se vincere ? bello la cosa pi? importante ? correre con la grinta?.
    ?Serve la capacit? di sopportare il dolore, i polmoni in fiamme, sbattere la faccia sui sassi, correre con le dita rotte, con un ginocchio che fa male: devi essere tosto per essere un campione?

    Ma cosa serve per essere un campione?
    ?Bisogna avere l'abilit? di adattarsi, se qualcosa va male, cambia. Se sei partito male cerchi di recuperare, se la moto inizia a fare un brutto rumore, cerchi di arrivare alla fine, se hai una brutta giornata ti adegui, se ce l?hai buona distruggi tutti. Serve anche la capacit? di sopportare il dolore, i polmoni in fiamme, sbattere la faccia sui sassi, correre con le dita rotte, con un ginocchio che fa male: devi essere tosto per essere un campione?.


    Quale ? la gara pi? combattuta che ti ricordi?
    ?In generale quelle fatte con Bailey. Una delle pi? dure ? stata quella del National 500 di Axton, in Virginia, sulla sua pista: da qualsiasi parte mi infilassi lui non faceva errori e pur rimanendogli addosso tutto il tempo non c?? stato verso di stargli davanti. Abbiamo lottato anche ad Anaheim, ma quella settimana ero stato malato e non ero in forma, mi arresi all'ultimo giro e serv? da stimolo per la mia motivazione, per continuare a dare il massimo. Ricordo anche una fantastica sfida con Ward che nessuno ha mai visto. Era il periodo degli allenamenti per il campionato 500, arrivai al Flower Track di Carlsbad e vidi Jeff da solo nel parcheggio che si sa vestendo. Mi piazzai anch?io e mi vestii pi? velocemente possibile per iniziare a girare assieme a lui. Lui entr? in pista e feci la stessa cosa separato da mezza pista di distanza con un punto contraddistinto da una salita e una discesa in cui potevamo vederci. A quel punto ? scattato la lotta per chi guadagnava terreno: ad ogni giro tiravamo sempre di pi? perch? nessuno di noi voleva mollare, lui guadagnava un po' di vantaggio e il giro dopo guadagnavo io, abbiamo girato quasi un'ora pi? veloci che potevamo senza che nessuno si fermasse per non darla vinta all?altro fino a quando lui fin? la benzina e torn? ai box spingendo la moto. Lo vidi seduto che mi guardava, e continuai a girare come un pazzo finch? prese su il pick-up e se n'? and??.
    Ricky Johnson (5)
    Ricky Johnson insieme a Martino Bianchi
    A met? degli anni ottanta eravate almeno sei o sette piloti a essere fortissimi, si pu? dire dire che sia stato il miglior momento del motocross negli USA?
    ?In quel periodo c'erano diversi avversari che se gli stavi davanti erano pi? motivati a correre. E? stato un periodo di cambiamenti, grazie anche alle moto che miglioravano sempre pi?. Negli anni ?70 non potevi guidare una moto a tutto gas perch? erano piuttosto fragili, per cui anche campioni come Robert, De Coster, De Soto dovevano darsi una regolata. Negli anni ?80 iniziavamo a vedere moto pi? performanti e meno fragili, e sono arrivati dei piloti che sapevano di poter arrivare al successo se si allenavano duramente. Da Glover ad Hannah a Bell, molti lavoravano moltissimo altri invece come Lechien non si allenava molto, ma era velocissimi perch? dotati di un talento naturale, oltre ai piloti europei come Thorpe, Malherbe, Geboers che facevano la differenza. Tutti poi provavano nuove parti e accessori per essere pi? veloci, anche se ora pneumatici e sospensioni sono migliori, se si pensa alle nostre quando arrivavamo in curva ci ribaltavamo perch? la ruota si piegava e nelle buche non sapevi mai se le ruote avrebbero resistito. Ma era il tempo in cui uomini forti ed aggressivi potevano avere successo in questo sport, adesso ci sono molte soluzioni tecnologiche ma vedo solo un paio di piloti tosti perch? molti invece di allenarsi vanno alle feste, anche se non voglio dire che ce ne sono comunque tanti bravi lo stesso?.

    Quale era il tuo punto di forza?
    ?Le frenate, potevo arrivare in curva pi? veloce di chiunque. E avevo anche la capacit? di adattarmi ai cambiamenti della pista, non so leggere bene sui libri ma so interpretare molto bene il terreno. Ho imparato guardando con attenzione e memorizzando bene, in un percorso della Baja di 500 chilometri sono in grado di dirti le traiettorie di tutto il tracciato?.
    ?Mi distraevo facilmente: ragazze, surf, qualsiasi cosa che mi facesse divertire. Cos? la mia forza era la mia ?sindrome da deficit di attenzione e iperattivit?? che era per? anche la mia debolezza?

    E il tuo punto debole?
    ?Mi distraevo facilmente: ragazze, surf, qualsiasi cosa che mi facesse divertire. Cos? la mia forza era la mia ?sindrome da deficit di attenzione e iperattivit?? che era per? anche la mia debolezza?.


    Il pilota che ti ha fatto arrabbiare di pi??
    ?Bailey e Ward sono quelli che mi hanno motivato di pi?, quelli che invece mi hanno fatto irritare di pi? sono stati Hannah per la sua arroganza e Lechien per la sua scorrettezza, se avesse potuto romperti una gamba non si sarebbe tirato indietro e ho dovuto imparare a non dargli mai l'occasione di venirmi addosso perch? l'avrebbe fatto senza problemi?.

    La moto migliore che hai mai avuto?
    ?Quella che non mai avuto la possibilit? di guidare in gara: la CR 250 ufficiale dell?85 che la Honda mi fece provare di nascosto ma che poi non vidi pi?. Era una moto incredibile, potente, scorrevole, equilibrata, leggera. Mi ricordo che ci salii sopra, sistemai il manubrio e al primo giro girai quattro secondi in meno della mia moto, era incredibile?.

    Quella che ti ? piaciuta meno?
    ?La Yamaha ufficiale dell?83, non avevo una posizione di guida comoda, era molto difficile da guidare, non curvava bene e anche se era leggera e aveva un bell'aspetto non era adatta a me, non mi ci sono mai trovato bene e il risultato fu un?anca lussata e una clavicola fratturata?.

    Qual ? l'aspetto del tuo lavoro che hai amato di pi??
    ?Girare in pista, anche se odiavo il momento prima della gara perch? sentivo molto la tensione. Se hai visto il film Rush, la storia di Niki Lauda e James Hunt, prima della gara il protagonista vomitava sempre, io non arrivavo a quel punto ma ci andavo molto vicino perch? avevo paura di sbagliare. Appena il cancello scendeva per? mi passava tutto?.
    Ricky Johnson
    Ricky Johnson in gara negli anni '80


    La gente crede che i campioni per andare cos? forte non pensino a niente.
    ?Invece io ho avuto sempre paura di sbagliare e di deludere la Casa produttrice, il mio team, i meccanici, i miei amici, i miei sponsor. Non volevo che dicessero che avevo fallito, che ero stanco, che avevo perso, volevo renderli fieri di me e psicologicamente questo peso era enorme?.

    C'? una vittoria tra le tante che preferisci?
    ?Quella che mi ha dato pi? soddisfazione ? stata l?ultima manche del National 125 di Carlsbad nell?81. Correvo da privato sulla pista di casa, e mi ricordo che giravo e vedevo tutti fare il tifo per me, la mia famiglia, i miei amici, e quando tagliai il traguardo pensai: mi merito di proprio di essere qui, ho raggiunto e sorpassato Johnny O'Mara, non cin posso credere!?.

    L'episodio pi? divertente?
    ?Ce ne sono tantissimi, ad esempio in una gara a Saddleback ero quasi arrivato alla fine e mi sembr? di vedere la bandiera a scacchi, per cui dopo il traguardo uscii dalla pista ma poi mi accorsi che mi urlavano di tornare indietro perch? era una bandiera bianca per cui rientrai per finire la gara. Un'altra volta stavo correndo con Ward e pensando di avergli dato un bel distacco mi rilassai un po', peccato che cos? all'ultima curva mi sorpass? e mio padre si arrabbi? tantissimo urlandomi che non dovevo mai e poi mai pi? mollare sino alla fine. Invece una volta in un GP in Belgio, Vromans e Lackey al primo giro sono andati dalla parte sbagliata seguiti da Thorpe, e stavo quasi per cascarci anch'io e mi divertii molto pensando a loro. Anche al Supercross di Bercy sono successe tante cose divertenti, sia in gara che fuori. Ad esempio la prima volta che venni in Francia non sapevo che quando qualcuno ti fischia non ? per incitarti ma per darti contro, cos? quando in qualifica mi capit? di urtare Jacky Vimond e sentii levarsi un coro di fischi pensai che facessero il tifo per me ma poi vidi un commissario che mi urlava dietro e compresi che i fischi non erano proprio una bella cosa?.

    Il tuo pi? grande errore?
    ?Probabilmente quello di Castle Rock, nel Colorado, nell?82. In campionato avevo 25 punti di vantaggio, stavo sorpassando Kenny Kylon che correva col supporto della Honda ma feci un salto troppo lungo e all?atterraggio ruppi la ruota, cos? dovetti spingere fuori la moto a braccia. Mi cambiarono la ruota e rientrai al 21? posto quando Donny Hansen era passato in testa seguito da Glover col quale stava facendo una battaglia molto dura, li raggiunsi ma tagliammo il traguardo secondo e terzo per cui Donny vinse il campionato per due punti. Non ci potevo credere, aver buttato via tutto in una manche da 45 minuti?.

    E la pi? grande soddisfazione?
    ?Ne ho avute tante: essere in grado di correre con i migliori piloti del mondo, e qualche volta batterli, partecipare al Motocross delle Nazioni con i colori degli Usa, correre a Las Vegas con 41 gradi e sorpassare Ward a due giri dalla fine, vincere il GP di Carlsbad che era quello di casa. Ed essere riconosciuto tra quelli che sono ritenuti tra i grandi del motocross?.

    Il contratto pi? ricco che hai avuto?
    ?Quando ho iniziato a correre con Honda era gi? 125.000 dollari, poi ? salito ogni anno per via dei campionati che ho vinto, ed ? arrivato a 350.000 dollari all'anno per il contratto con Honda nell'88 e nell'89. Per quei tempi erano un sacco di soldi, anche perch? in pi? se vincevi i campionati c?erano altri 100.000 dollari per ognuno. Ma di soldi ne ho anche spesi molti, tra barche, macchine...?.

    Hai viaggiato molto in tutto il mondo, qual ? il Paese che ti ? piaciuto di pi??
    ?Un po? tutti. Ad esempio amo l'Italia per il cibo e la passione della gente, non ci sono menate con gli italiani, sono molto sinceri e se non gli piaci ti mandano quel paese? Ma se gli vai a genio sei trattato come un Re. Al tempo del Fast Cross la famiglia Saporiti mi ospitava a casa sua, la mamma mi prepara quello che volevo per colazione, uova, pane tostato, marmellata, addirittura in frigorifero c?era una confezione di ketchup solo per me. Mi ? piaciuta anche Parigi perch? era cos? bizzarra e imprevedibile, con molta storia, camminare negli Champs Elis?e, salire sulla Torre Eiffel. Cos? come mi ? piaciuto anche andare in Belgio e Olanda e visitare i castelli antichi. Anche il Giappone ? stato bellissimo perch? anche l? percepisci la storia, gli abitanti sono educati e gli spettatori molto rispettosi, ti vengono vicino con discrezione e quando vengono a chiederti l'autografo ti portano un regalo. In America invece i fans pretendono il casco, la maglia, qualsiasi cosa, sono orribili?.

    E il Paese che non ti ? piaciuto affatto?
    ?Mi sono piaciuti tutti, ogni posto ha qualcosa di speciale, bisogna essere aperti. E' un'altra cosa che ho imparato da Broc: devi essere pronto ad accettare le tradizioni di tutti anche se avere una mentalit? aperta, anche se quando sei giovane ? difficile. Con il cibo in Giappone, per esempio, ti danno il polipo su uno spiedino e mangiano altre cose strane, ma io seguo il detto che quando sei a Roma comportati da romano. Potrei dire che quando correvo non mi piaceva lo stato di New York, ero un ragazzo della California che andava sulla costa Est e c'erano continuamente dei tifosi che volevano fare a pugni, fan di Ward o Lechien ai quali se non piacevi ti insultavano. E io mi scoccio se non piaccio a qualcuno, d?altronde che cosa ho fatto di male??.

    Anche quando noleggiavate le macchine succedevano situazioni divertenti!
    ?Ho imparato molto da Glover e da Donnie Cantalupi, che era un pilota Yamaha quando io avevo sedici anni, i quali erano tra i migliori ?noleggiatori di auto? ai quali ad un certo punto le compagnie di autonoleggio non gli davano pi? le macchine perch? tra derapare e salti nel paddock le riportavano distrutte. La mia migliore avventura non ? stata per? per andare a una gara, ma durante una vacanza in Messico con il proprietario della NoFear. Avevamo una Volkswagen Maggiolino sul cui tetto avevamo messo le tavole da surf, ci divertivamo ad usare il freno a mano, la mettevamo di traverso e andavamo a tutta canna. Mentre stavamo cercando una scorciatoia per la spiaggia non ci siamo accorti che dopo una curva il fiume aveva sfondato la strada, il problema era che stavamo andavo fortissimo e quando ho visto il dislivello non sono riuscito a frenare in tempo, allora ho accelerato e abbiamo preso il volo. Quando siamo atterrati dopo un salto di una ventina di metri in avanti e un metro e mezzo di altezza il tetto del Maggiolino ha ceduto, il motore ? collassato e mi sono bruciato i piedi con l?acqua del radiatore. Abbiamo continuato sino alla sede dell?autonoleggio col tetto schiacciato come una sogliola fermandoci continuamento per aggiungere liquido al radiatore, e quando l'abbiamo riportato indietro l?abbiamo parcheggiato come niente fosse. Ovviamente se ne sono accorti, e quando ci hanno detto che il motore era spaccato a met? abbiamo risposto che in fondo aveva solo una piccola crepa?. ?.
    Ricky Johnson (2)
    Ricky Johnson in azione coi 4X4, disciplina che lo vede ancora oggi vincere in America
    Come ti sentivi a far parte del team Honda, che negli anni ottanta era come la Ferrari in Formula 1?
    ?Era bello e spaventoso allo stesso tempo, perch? quando fai parte della squadra migliore ti danno tutto quello che chiedi ma in questo modo sai che tu devi essere assolutamente il migliore, ed ? una posizione difficile. Non esiste essere secondo, terzo, quarto, devi vincere e basta, amavo quella sensazione, di dover essere il migliore, ma a volte era veramente dura?.

    Anche perch? deve essere stato difficile mantenersi ai massimi livelli.
    ?S?, perch? tutti continuavano a migliorarsi, da Ward a Bailey, a O'Mara, tutti andavano sempre pi? veloci. Non potevi mantenere il tuo ritmo, se oggi giravi in un minuto, domani dovevi girare in 59 secondi, e dopodomani in 58. Dovevi trovare modi nuovi, c?era molta pressione ma d?altronde venivi pagato molto in cambio di questa tensione?.

    Hai mai pensato a dove saresti potuto arrivare se non ti fossi rotto il polso?
    ?S?, certo, a parte il libro dei record avrei guadagnato ancora molti soldi perch? avrei vinto molte altre gare. Ma se guardo a come ? la mia vita adesso non ho rammarichi in quanto ora sono sposato con una bella donna e l?incidente mi ha obbligato ad aprirmi ad un'altra persona perch? quando correvo non davo confidenza a nessuno. Quando mi sono infortunato invece lei ha visto una parte di me che nessuno aveva mai percepito, mi ha visto distrutto, mi ha visto chiedere a *** e a tutti i santi perch? era successo a me. Abbiamo avuto dei figli in giovane et?, e non sarebbe successo se non mi fossi fatto male, per cui finanziariamente e come stile di vita non sarebbe stato male, ma non tornerei indietro?.

    E? una bel sentimento.
    ?S?, per me ? un bella cosa, dipende da come la vedi perch? c'? anche chi guarda solo ai soldi, ai record e ai risultati. Perci? dico che non si pu? misurare un campione da quanto tempo ? stato il numero uno, o dalla quantit? di gare che ha corso.
    Adesso ci sono molte gare di supercross e le piste sono migliori. Ai miei tempi c'erano molti infortuni alle caviglie: Bailey, O'Mara, Ward, Hannah e anch?io abbiamo avuto dei brutti infortuni alle gambe perch? non avevamo i tutori per le ginocchia, ora ci sono molti accessori e pur essendoci ancora degli infortuni non sono cos? gravi. Noi correvamo sempre con qualcosa fuori posto, ecco perch? non credo che Carmichael sia il migliore di tutti, lui ? stato favoloso, ? stato un grande campione ma ? diverso dire che sia stato il migliore di tutti i tempi.
    ?Io posso guardare e capire come guidano Villopoto, Dungey, e tutti gli altri, ma James a volte non sai da dove tira fuori certe mosse?
    Nel nostro periodo ad esempio non credo che sarebbe sopravvissuto in quanto ? di statura bassa, e non avrebbe durato neanche negli anni ?70 perch? col suo stile avrebbe rotto le moto di allora. Voglio dire che lui ? il pi? grande del suo tempo, non di tutti i tempi. Se proprio vogliamo mettere un'etichetta, io penso che il miglior pilota in quanto a tecnica e velocit? sia James Stewart, non ? molto intelligente perch? cade molte volte, ma ? stato capace di inventarsi cose che non io stesso non mi sono mai immaginato e che non ho visto mai fare a nessuno. Io posso guardare e capire come guidano Villopoto, Dungey, e tutti gli altri, ma James a volte non sai da dove tira fuori certe mosse, il suo problema ? che non sa quando rallentare, che non capisce che non c'? bisogno di vincere con dieci minuti di distacco ma che bastano dieci secondi?.

    Segui ancora le gare?
    ?S?, anche perch? insegno ai ragazzi della mia scuola. Non ho pi? lo stile di una volta a causa del polso, non giro molto, ma vedo e percepisco tutto cos? riesco a trasmetterlo ai giovani. Lo feci a suo tempo con Sebastien Tortelli, che a suo tempo pass? dal sesto posto a battere Carmichael, ad aver il miglior tempo di qualificazione, ad essere il pilota pi? veloce sulle whoops, poi per? si ruppe il ginocchio. So di avere l'abilit? di insegnare, ma quando mi propongo ai piloti di oggi molti rimangono dubbiosi senza capire che io non cerco un lavoro, non voglio soldi, voglio solo aiutarli. Ma loro non accettano consigli, sono testardi e non vogliono ascoltarmi, forse pensano che voglio far fare loro quello che facevo io negli anni?80?.?.

    Cambieresti qualcosa del campionato AMA SX?
    ?Un paio di cose, ad iniziare dal sostituire le 450 con le 250 2 tempi perch? si vedrebbero delle gare pi? belle. La 250 ha molta potenza, ? economica da mantenere, la comprerebbe pi? piloti e ci sarebbe pi? gente che si prende cura della propria moto. Inoltre ci sarebbero pi? sorpassi, specie all'interno curva, perch? la guida sarebbe meno fluida e pi? reattiva, si frena facilmente, sono pi? leggere e maneggevoli. Ne ho parlato con Carmichael ed ? piaciuta anche a lui l?idea. Un'altra cosa che vorrei vedere sulle piste ? la formula della bandiera gialla per ricompattare i piloti. Una gara da venti giri, al dodicesimo li fermi tutti e riparti, dopo la prima curva quando il pilota in testa ? quasi raggiunto li fai ripartire. E? il sistema che usiamo nelle gare di 4x4 fuoristrada, le chiamiamo ?gare gialle? e lo spettacolo ? sensazionale?.

    Ti sembra strano vedere quanto questo sport sia cambiato in questi anni?
    ?No, anzi, credo che sia arrivato a un buon punto ma potrebbe essere ancora pi? avanti di quello che ?. Sarebbe migliore se i piloti si preoccupassero un po' di pi? dello sport che di loro stessi, a molti di essi non piacer? quello che dico, ma penso che il loro lavoro sia di rendere questo ambiente migliore per quelli che arriveranno dopo di loro. De Coster, Robert, Halmann hanno lavorato sodo per rendere migliore l'ambiente del motocross, perch? una volta non era una questione di soldi, se serviva si stava in giacca e cravatta e si rappresentava lo sport nella nazione mentre ora si atteggiano come delle superstar. Non voglio essere frainteso, ci sono dei bravi ragazzi, ma cosa stanno facendo per cercare di rendere questo sport migliore per la prossima generazione? Si allenano con impegno, vincono ma sono concentrati al 100% solo su loro stessi. Credo che il motocross sarebbe pi? popolare al di fuori se i piloti lavorassero un po' di pi? in questa direzione?.

    Mi ricordo infatti che tu sei sempre stato molto vicino al pubblico.
    ?Ho sempre cercato di fare il possibile, ad esempio andavo spesso in TV non perch? lo volessi in quanto sarei stato pi? volentieri a casa rilassarmi, ma era importante per chi rappresentavo trasmette un corretto stile di vita. Penso che i piloti di adesso siano dei grandi atleti, dei grandi campioni, ma cosa stanno facendo per rendere lo sport migliore? Spesso ? difficile anche solo intervistarli?.?.

    Infatti capita spesso ancora oggi che persino piloti ufficiali non si facciano vivi in sala stampa dopo un GP.
    ?E' quello che dico io, non si prendono la responsabilit? di essere dei campioni. Se guardi Valentino Rossi, fanno un'intervista in italiano, poi una in tedesco, poi una in inglese, e ci mettono del loro. I piloti americani sono disponibili ma pensano a ringraziare i loro sponsor e hanno le solite risposte di rito tutte uguali invece di mostrare chi sono e cosa ha significato la gara per loro. Sono come dei robot, e non ? bello. E non ? difficile comprendere che se ti tiri indietro ti freghi da solo perch? sei pagato anche per essere presente nei media, dovrebbe essere facile da capire ma non lo ? per tutti?.

    Ti ricordi di ogni tua vittoria?
    ?No, magari se ci penso o vedo una foto posso ricordarmi ma ? come ricordarsi una canzone, non sai le parole ma appena inizia la riconosci. Io per? cerco di non vivere nel passato, a volte quando rivedo un filmato a una foto non mi riconosco, ? la gente mi identifica con le mie vittorie ma io mi sento l?attuale pap? di Luke e Cassidy e il marito di Stephanie. I piloti tosti sanno chi sono, io sono solo uno al quale piaceva andare forte, ho guadagnato dei soldi negli anni ?80 e adesso devo lavorare sodo per pagare le tasse perch? il mio presidente Obama ha fatto un caos al governo, lavoro molto e le tasse aumentano sempre, come per molti altri americani?.

    Qual ? la cosa pi? strana che hai fatto con una moto da cross?
    ?Ero molto piccolo, avevo otto anni e stavo seguendo un amico che mi aveva detto: qualsiasi cosa facciamo non fermarti. Gli chiesi: ma cosa facciamo? E lui: non fermarti e basta. Partimmo con le nostre minicross e attraversammo un campo da golf mentre stavano giocando, l'erba era cos? morbida e ci stavamo divertendo un sacco, con le palle da golf che volavano intorno, ? stato davvero fortissimo?.

    Chi vincer? la 450 il supercross l'anno prossimo?
    ?Dipende se uno ? capace di mantenersi integro. Potrebbe essere Stewart che alla Monster Cup ? stato moto forte, Villopoto ? velocissimo ma rischia sempre un infortunio e se vuoi essere come lui devi aver voglia di morire perch? ? cos?, non si arrende mai. E c?? Ryan Dungey che ? come David Bailey, non fa errori, ha una grande base atletica e guida scorrevole ma dovrebbe correre appena pi? vicino al limite. Sar? un anno pazzesco, e se dovessi scommettere dei soldi direi Dungey, se mi chiedi chi sar? il pi? veloce direi James Stewart a pari merito con Villopoto, lotteranno molto e se uno vince l'altro torner? all'attacco la settimana dopo. E Dungey potrebbe trarne vantaggio. Senza nulla togliere a Tomac e Barcia, che l'anno prossimo sorprenderanno tutti?.

    Mitici anni '80: la sfida tra Johnson e Bailey ad Anaheim


    Ora corri coi truck 4x4, hai soddisfazione come quando guidavi la moto?
    ?S?, anche perch? avendo trovato la forma giusta ora posso correre al 100%. Mi piacerebbe essere pi? magro, ma mi piace mangiare e bere un bicchiere di vino con mia moglie per cui mi va bene cos?. A quasi 50 anni non mi stanco troppo, e anche se sudo e il respiro si accorcia posso ancora competere per vincere il campionato. Quest'anno sono arrivato terzo perch? ho avuto un problema meccanico, ma le ultime tre stagioni le ho vinte io?.

    Quindi non pensi ancora di appendere il casco al chiodo.
    ?Penso di fare ancora un paio d'anni, perch? ? arrivato il momento di dedicarmi a mio figlio Luke che vuole iniziare a gareggiare sul serio. E' il momento di pensare alle nuove generazioni, e di formare degli eroi tra questi giovani. Voglio essere come De Coster quando mi era a fianco come team manager, era incredibile perch? non ti faceva mai sentire inferiore a lui, ti trattava con rispetto e faceva di tutto per aiutarti ad essere pi? veloce. In qualsiasi ambito, in pista e in palestra, Roger lavorava per farmi migliorare. Questa ? la mia ispirazione, per dare la stessa cosa al prossimo pilota come fece lui con me. McGrath aveva una squadra, ma non sapeva se la voleva veramente, Carmichael ha una scuola e forse vuole fare un team ma conta molto sulla sua fama, Roger invece pensa pi? a creare il nuovo campione, ed ? un grande modello per tutti, cos? come fa Eric Geboers in Europa?.

    Hai un sogno nel cassetto?
    ?Il mio sogno io lo sto vivendo, perch? mi sto divertendo in quello che faccio anche se alcuni giorni sono pi? belli e altri pi? brutti. Ad esempio vado ancora in moto anche se il mio polso non funziona bene e mi fa ruotare la manopola in modo strano, la gente si chiede come mai mi muovo cos? ma non mi interessa andare pi? forte. A volte penso che sono partito con una piccola moto e per la strada ho incontrato gente famosa come il presidente Reagan, il signor Honda, ho viaggiato in Francia, Italia, Svezia, Finlandia, Germania, Olanda , Giappone, Canada, Messico, ho avuto la possibilit? di girare il mondo e di essere accolto da tutti, ho grandi amici ovunque, la famiglia Saporiti, la famiglia De Soto alle Hawaii, non sono solo amici, sono come la mia famiglia. E tutto perch? ho guidato una moto. Per questo io vivo gi? nel mio sogno?.

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    sempre il numero 1!!

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